SEGRETERIE NAZIONALI DI COORDINAMENTO B.N.L.
FABI FIBA/CISL FISAC/CGIL
UILCA
STRATEGIA E STABILITA’
Che il sistema finanziario e creditizio del nostro
Paese stia attraversando una fase di crisi, è più che evidente; che questa
crisi abbia caratteristiche internazionali e che stia diventando devastante sul
terreno sociale ed economico man mano che va avanti la depressione delle borse
e la perdita dei valori azionari, è fin troppo palese; e che poco e nulla si è
fatto per dotare il nostro sistema finanziario di attori con risorse e capacità
di governare questi processi con tutte le evidenti conseguenze, è lampante.
Eppure la Banca d’Italia,
che si era assunta il compito di ristrutturare e riorganizzare il sistema
creditizio italiano, aveva ben individuato i punti di debolezza e di forza e
aveva lanciato un progetto di modernizzazione basato, da una parte, sulla
costruzione di tre o quattro global
player, che fossero in grado di competere a livello europeo ed internazionale e
di innovare prodotti e, dall’altra, su una serie di medie e piccole aziende
bancarie, che con la loro forte presenza capillare fossero capaci di presidiare
il territorio.
A conti fatti, i risultati
sono stati disastrosi. La logica seguita dal Governatore della Banca d’Italia
non ha mai privilegiato l’interesse generale; infatti le aggregazioni
realizzate hanno, quasi sempre, risposto a logiche perverse di subalternità ai
grandi potentati del nostro paese, non seguendo minimamente quelle che erano le
intenzioni di partenza.
Al posto dei grandi gruppi capaci di competere in Europa, sono
state costituite delle mega-aziende bancarie impossibilitate ad intrecciare
risorse, mercati, professionalità e conoscenze. La tanto attesa capacità
innovativa è stata sostituita con ondivaghe ristrutturazioni di processo ed
organizzative, finalizzate più a logiche di controllo e di potere che a quelle
di efficienza e produttività.
Il sogno di costruire gruppi
bancari capaci di competere, almeno, a livello europeo, non si è minimamente
realizzato. In questo quadro la dismissione della rete estera della più grande
azienda creditizia italiana “Banca Intesa” e la presenza, nella maggior parte
dei piani industriali, di un disimpegno sui mercati internazionali, segna forse
una strada senza ritorno.
Eppure, in questo ultimo decennio, le occasioni di rinnovare in modo
sostanziale la mappa del nostro sistema creditizio non sono mancate, sia a
livello nazionale con un intreccio diverso da quello realizzato (le vicende
della Banca Commerciale Italiana e dell’INA sono esemplari in questo senso),
sia a livello comunitario, con la costruzione di aggregazioni su scala europea.
La responsabilità di questa
situazione non è solo da addebitarsi alla cecità dei governi che si sono succeduti
e alla Banca d’Italia, a cui è stata demandata la gestione dell’intera partita,
ma anche alle Aziende. Le inaccettabili, complesse ed articolate logiche di
potere, che hanno prevalso nei Consigli d’Amministrazione, hanno esaltato gli
interessi territoriali, politici ed economici di ogni singola impresa ed
impedito un diversa soluzione dei problemi.
In questo senso, le vicende BNL
- Banco di Napoli e quella Cardine sono esemplari, perché, se pur in modo contrapposto,
contengono tutti gli elementi per il fallimento di possibili aggregazioni, sia
dal punto di vista delle logiche di “potere aziendale” che di quelle della
mancanza di una direzione politica forte e definita.
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Alla luce delle precedenti
esperienze speravamo che la BNL fosse capace di affrontare la vicenda Monte dei
Paschi con maggior fermezza ed intelligenza. Invece, in questi mesi, abbiamo
assistito ad una lenta, progressiva ed a tratti inarrestabile azione
destabilizzante contro l’azienda, senza che la CONSOB abbia manifestato la
necessità di intervenire in difesa di tutti gli investitori.
Il valore azionario è solo
un aspetto di questa iniziativa; l’elemento più significativo è rappresentato
dalla costruzione di un teorema che ha al centro il bisogno aggregativo della
BNL, come base per la sua sopravvivenza. La continua ed esasperante
assegnazione di partner e l’intera vicenda Mps ha creato un esteso senso
d’insicurezza all’interno dell’azienda ed una sfiducia diffusa da parte della
clientela.
Per un’impresa non è
sufficiente giustificarsi denunciando le logiche predatorie dell’avversario,
l’assenza e l’aleatorietà di direzione politica delle istituzioni preposte e le
campagne stampa diffamatorie e interessate.
Un’azienda deve trovare al
proprio interno il motivo della propria esistenza e della sua missione e con
serietà, senso di responsabilità e fermezza, deve sviluppare un percorso di
crescita, rifiutando tutte quelle logiche attendiste e subalterne che la
penalizzano.
In questo senso, non
possiamo non identificare nella proprietà l’elemento di maggior debolezza di
questa azienda, un nucleo di controllo, che sembra ignorare le responsabilità
di partecipare ad una Public Company con un azionariato diffuso enorme e che
sembra passare il suo tempo a non decidere. Un modo di agire preoccupante, che
lo porta ad essere non protagonista delle vicende che interessano la vita
dell’azienda e ad avere una subalternità continua nei rapporti con gli
interlocutori.
Oggi, come non mai, è velleitario continuare a vivere la partecipazione al capitale BNL e al cosiddetto “nocciolo duro”, come un investimento da cui lucrare con qualche plus valenza o su cui costruire qualche sogno egemonico; la drammaticità della fase obbliga all’assunzione di responsabilità ben precise.
E’ quanto mai chiaro, che in
questa fase, il Consiglio di Amministrazione della banca deve rapidamente
fissare il suo progetto futuro, definendo in modo chiaro e preciso un piano
strategico di gruppo. Non è più sufficiente muoversi nella genericità,
occorrono scelte chiare e precise. Al centro dell’iniziativa del CdA ci deve
essere una politica di sviluppo e crescita aziendale, in grado di
costruire una ridefinizione del Gruppo
e della sua missione, facendo delle possibili dismissioni un elemento di
rilancio e di forza e non di indebolimento. In questo quadro, la vicenda
Artigiancassa è emblematica.
Spetta al CdA il compito di
elaborare un indirizzo strategico, capace di divenire elemento di stabilità nel
mercato e su cui basare il rilancio della BNL; un programma che deve mettere al
centro il gruppo e che sia in grado di fissare le prospettive per le possibili
ed eventuali aggregazioni; un progetto che faccia della trasparenza e della
nitidezza un elemento vitale contro l’incertezza e l’insicurezza, che sta
penalizzando la nostra azienda, e contro tutti i giochi speculativi.
Il Coordinamento Nazionale
Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca chiede al consiglio d’amministrazione di
fissare rapidamente un progetto futuro credibile inserito in un chiaro disegno
strategico e ricorda ai Consiglieri d’Amministrazione le loro responsabilità:
“nel Consiglio d’Amministrazione della BNL ci si siede solo per tutelare gli
interessi della BNL”.
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L’altro elemento di difficoltà,
in questa fase, è rappresentato dal Management aziendale; infatti il gruppo
dirigente, pur avendo avuto, in questi anni, margini di gestione, non ha avuto
la capacità di rappresentare e governare il gruppo nella sua complessità.
Troppo spesso si sono privilegiati interessi specifici a scapito dell’interesse
generale, non riuscendo a coordinare la complessità della riorganizzazione e
della ristrutturazione e ignorando qualsiasi logica sinergica.
L’incapacità di coniugare le
priorità, di non riconoscere i momenti di frizione organizzativa e culturale,
di non saper accompagnare il cambiamento e di non costruire il giusto clima di
tranquillità e collaborazione, sono gli elementi principali di critica ad una
gestione troppo spesso pressappochista ed emergenziale.
La continua drammatizzazione e l’astrattezza degli obiettivi non ha permesso, finora, la costruzione di una circolarità dei flussi informativi e delle conoscenze e ha impedito interventi mirati di sostegno e rettifica. Eppure, rispetto alle altre imprese bancarie, che avevano dovuto sopportare aggregazioni e intrecci vari, avevamo il vantaggio di operare in uno schema di gruppo, più o meno, stabile nel tempo.
Il Coordinamento Nazionale Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil e Uilca, che da sempre rifiuta quella assurda logica dell’addossare responsabilità ad altri e creare un circolo vizioso senza uscita, invita il Management ad una maggiore presenza e partecipazione alla vita reale dell’azienda uscendo dalle logiche burocratiche o virtuali per cimentarsi in modo reale con le dinamiche del cambiamento e con i bisogni del mercato.
Il nuovo Piano Industriale
“stand alone” è l’occasione per rivedere l’insieme di queste questioni e ridare
senso alle politiche aziendali. Occorre ritrovare fiducia e tranquillità.
Occorre uscire dall’emergenza e dall’insicurezza. Un ampio approfondimento del
Piano Industriale è in questa fase è un elemento prioritario, perché bisogna
rompere con la logica del sospetto e della paura e ridare certezze e stabilità
a tutti i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo BNL.
La disponibilità del gruppo
dirigente a discutere con il sindacato in modo approfondito il nuovo Piano
Industriale, anche in risposta alle richieste sindacali, è un primo segnale,
certamente, importante per capovolgere
una situazione, che ogni giorno che passa, diviene più instabile, ma non
sufficiente, senza un progetto strategico della proprietà, o meglio del
cosiddetto “nocciolo duro”, capace di dare prospettive strategiche alla nostra
azienda.
Oggi, come non mai, il
Sindacato intende percorrere tutte le strade possibili per contrastare tutti
quei disegni predatori e speculativi, che si nascondono dietro le dinamiche dei
mercati azionari, e intende incalzare l’azienda affinché il gruppo BNL ritrovi
prospettive e stabilità.
Roma, 15 ottobre 2002
Coordinamento
Nazionale
Fabi Fiba-Cisl Fisac-Cgil Uilca