FEDERAZIONE AUTONOMA BANCARI ITALIANI

 

 

Roma, 25 ottobre 2002

Spett.le

Segreteria di Coordinamento

Gruppo Intesa BCI

Milano

 

Oggetto:  Fondo straordinario di sostegno al reddito.

 

Si risponde di seguito ai quesiti posti dalla Segreteria di Coordinamento del Gruppo Intesa BCI.

 

1.  Il campo di applicazione del d.m. n. 158 del 2000 comprende tutte le aziende cui si applicano i contratti collettivi del credito. Pertanto qualora un’azienda applichi il c.c.n.l. del credito, ma sia controllata da un’altra che non applica tale c.c.n.l., occorre ugualmente includere la predetta nel campo di applicazione della norma in esame.

Tale posizione è confermata anche dalla circolare ABI n. 67/2000, secondo cui «decisivo ai fini del campo di operatività del Regolamento è l’elemento costituito dalla regolamentazione contrattuale applicabile al rapporto di lavoro del personale interessato».

 

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2. L’accordo sindacale che prevede l’esodo non volontario dei lavoratori può ricomprendere anche i dirigenti, nonostante lo stesso non venga firmato da una organizzazione sindacale rappresentativa dei medesimi. E ciò in quanto la norma prevede che l’accesso alle prestazioni straordinarie possa avvenire previo espletamento delle procedure contrattuali e di legge.

Orbene, le procedure di legge non sono applicabili ai dirigenti; quanto alle procedure contrattuali, il c.c.n.l. dei dirigenti del 1° dicembre 2000 non si occupa direttamente del problema, ma, nel richiamare il d.m. in esame (v. art. 12 c.c.n.l. cit.), rinvia di fatto al protocollo del 1997, all’accordo quadro del 1998 e all’accordo per l’istituzione del Fondo di solidarietà, tutti sottoscritti dalle OO.SS. degli impiegati e dei dirigenti congiuntamente.

In tal modo la disciplina della materia rientra nei suddetti accordi a cui tutte le OO.SS. hanno partecipato e, in quanto firmatarie dei predetti accordi, possono tutte allo stesso modo gestire la vicenda degli esodi.

Si ricorda, fra l’altro, che le OO.SS. del personale impiegatizio (fra cui la Fabi) firmano per adesione il c.c.n.l. dei dirigenti.

 

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3. L’accesso alle prestazioni straordinarie è subordinato alla stipulazione di un accordo “aziendale” (art. 7, co. 2, dm cit.). Non è dunque praticabile la strada della stipulazione di un accordo sindacale a livello di gruppo vincolante per tutte le aziende del medesimo.

Tale questione viene definita allo stesso modo dalla circolare Abi sopra citata.

 

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4. In caso di ricorso alle prestazioni straordinarie del Fondo su base non volontaria si deve negare la possibilità dell’azienda di procedere a “nuove” assunzioni nell’ambito del settore in cui si è manifestato l’esubero. La legge n. 223 del 1991, a cui fa riferimento il d.m.. in esame nell’ambito delle procedure da esperire per l’accesso alle prestazioni (art. 7), prevede che il datore di lavoro sia tenuto, nei limite di un anno, ad assumere dalle liste di mobilità quei lavoratori già licenziati (art. 8, comma 1, l. n. 223/1991).

Ciò non significa, tuttavia, che sussiste un divieto assoluto di assumere, potendosi censurare soltanto quella condotta datoriale che risulti palesemente in contrasto con le regole di correttezza e buona fede, ovvero quel comportamento dell’imprenditore volto a determinare maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali (v. in tal senso Cass., sez. lav., 22-08-2001, n. 11194, secondo cui «Nella materia dei licenziamenti collettivi per riduzione del personale, la l. 23 luglio 1991 n. 223, nel prevedere agli art. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione; i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più, quindi, gli specifici motivi della riduzione del personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo), ma la correttezza procedurale dell’operazione, con la conseguenza che non possono trovare ingresso in sede giudiziaria tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati art. 4 e 5 senza fornire la prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, si finisce per investire l’autorità giudiziaria di un’indagine sulla presenza di «effettive» esigenze di riduzione o trasformazione dell’attività produttiva; ne deriva che, a differenza di quanto accadeva prima dell’entrata in vigore della l. n. 223 cit., condotte datoriali - quali la richiesta di svolgimento di lavoro straordinario, l’assunzione di nuovi lavoratori o la devoluzione all’esterno dell’impresa di parte della produzione - successive al licenziamento collettivo non sono suscettibili di incidere sulla validità del licenziamento stesso, una volta che la procedura per mobilità si sia svolta nel rispetto dei vari adempimenti previsti»).

 

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5. Il criterio da preferirsi, secondo il d.m. più volte citato, è quello della “volontarietà” (art. 8 comma 3), peraltro confermato anche dalla delibera n. 2/2001 dell’INPS emanata dal Comitato amministratore del Fondo, per cui l’azienda dovrebbe a questo uniformarsi ed accedere eventualmente a quello della “non volontarietà” – ovviamente ricercata fra coloro che sono più prossimi alla pensione secondo i criteri indicati all’art. 8 comma 2 del suddetto decreto – esclusivamente in via residuale, ovvero solo nel caso di accertata impossibilità di reperire le disponibilità sufficienti fra i soggetti coinvolti.

 

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Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti ed integrazioni della presente risposta e mi è gradita l’occasione per inviare i miei più cordiali saluti.

(Avv. Sofia Cecconi)