FABI PENSIONATI
Esecutivo nazionale |
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In
relazione a diverse richieste pervenuteci in Federazione, occorre tenere presente
che la normativa vigente che regola il “cumulo” tra pensione e redditi da
lavoro è abbastanza complessa.
Essa,
nel corso degli anni ha subito (e continua a subire) profonde innovazioni
legislative. La stessa legge finanziaria per il prossimo anno 2003, in corso di
approvazione al Parlamento, prevede alcune modifiche sostanziali.
Pertanto,
in attesa del varo definitivo delle eventuali e prossime norme di legge,
riteniamo opportuno evidenziare la situazione attualmente in vigore, con una
breve sintesi delle norme in essere.
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I titolari di pensione di vecchiaia, prestazione che spetta al compimento dell’età pensionabile (60 anni per le donne e 65 per gli uomini), non subiscono alcuna decurtazione dell’assegno pensionistico, nel caso decidano di intraprendere un’attività lavorativa, sia essa autonoma o dipendente.
40 ANNI
Lo stesso vale per le pensioni di anzianità o assegni d’invalidità liquidati sulla base di almeno quarant’anni o più di contributi (nel totale si tiene conto anche di quelli versati dopo la decorrenza della pensione e utilizzati per supplementi di quest’ultima).
Diverso è il discorso se la pensione di anzianità o l’assegno d’invalidità sono stati ottenuti con meno di quarant’anni di contributi. In questo caso le conseguenze per l’esercizio di un’attività lavorativa possono essere anche piuttosto pesanti. Se ad esempio l’attività è da lavoro dipendente, si perde totalmente la pensione di anzianità, mentre gli invalidi devono rinunciare alla metà della quota di pensione eccedente il trattamento minimo (che per il 2002 è di 392,69 euro). Fanno eccezione alcuni casi particolari. Se l’attività esercitata ha invece carattere autonomo si perde, sia nel caso della pensione di anzianità sia nel caso di invalidità, solo il 30% di quella parte di pensione che supera l’importo del trattamento minimo.
RIDUZIONE ASSEGNO D’INVALIDITA’
Inoltre, i titolari di assegno d’invalidità che percepiscono redditi da lavoro dipendente, autonomo o d’impresa superiore a determinati limiti, subiscono una riduzione del 25% dell’importo dell’assegno quando i redditi sono superiori a quattro volte il trattamento minimo (20.419,88 euro) e del 50% quando i redditi superano cinque volte il minimo (25.524,85 euro). Vengono prima applicate le riduzioni del 25% o del 50% e sulla rimanenza (se questa è superiore al trattamento minimo) si applicano le trattenute indicate in precedenza. Ovviamente, se l’assegno è stato liquidato con 40 anni di contributi si applicano soltanto le riduzioni.
ETA’ PENSIONABILE
In ogni caso, quando il titolare di pensione di anzianità o di assegno di invalidità compie l’età prevista per il diritto alla pensione di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne), si applica la disciplina del cumulo in vigore per le pensioni di vecchiaia.
PENSIONE CONTRIBUTIVA
Anche per le pensioni contributive esistono delle norme relative al cumulo con eventuali redditi da lavoro, in relazione all’età. I pensionati di età inferiore a 63 anni non possono cumulare la pensione con i redditi da lavoro dipendente, e perdono la metà della quota eccedente l’importo del trattamento minimo dell’assicurazione generale obbligatoria se i redditi sono invece da lavoro autonomo. Se l’età è pari o superiore a 63 anni, si perde la metà della pensione che eccede il trattamento minimo sia in caso di lavoro dipendente sia in caso di lavoro autonomo.
Roma, 12 novembre 2002
FABI PENSIONATI