Federazione Autonoma Bancari Italiani
Sindacato Autonomo Bancari
di Brescia e Provincia
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“…Il vertice di Banca di Roma è
consapevole che la forza di un istituto come Bipop Carire – oltre ai business
innovativi – risiede nel rapporto con il territorio. La ex Popolare è uno dei
motori dello sviluppo imprenditoriale della provincia bresciana. Non sono,
perciò, in discussione il rapporto col territorio, l’efficacia e la rapidità di
risposte alle richieste delle imprese bresciane, la presenza del livello
decisionale a Brescia”.
Queste le dichiarazioni di Geronzi ed Arpe, rispettivamente Presidente ed Amministratore Delegato di Capitalia.
Noi comprendiamo che sotto i riflettori della ribalta spesso le parole sono iperboliche ed i toni rassicuranti così come i sorrisi sciorinati davanti alle telecamere ed ai fotografi.
Tuttavia – ahinoi! – la realtà è ben diversa e, passati i giorni dell’annuncio del “matrimonio” ora lo sposo cerca ogni giorno di mortificare la malcapitata consorte, relegandola ad un ruolo subalterno, sacrificandola per altri suoi interessi, avvelenandola piano piano.
Che cosa sta succedendo nei fatti?
Hanno decapitato la direzione aziendale, stanno vendendo i gioielli di famiglia, continuano a mortificare il personale, distruggendo un patrimonio umano e professionale di grande valore ed ora addirittura rinnegano gli accordi sindacali, uno in particolare: quello che prevede di coinvolgere direttamente il personale nello sviluppo della crescita aziendale, con azioni della Banca. Queste azioni erano il frutto di un accordo tra Azienda e Sindacato, il quale, responsabilmente, aveva rinunciato ad una parte economica per rafforzare quel senso di appartenenza e quello spirito di gruppo che hanno da sempre caratterizzato Bipop Carire.
Si dirà che non è vero, che è impossibile che dei managers dotati di un minimo di serietà e di capacità agiscano in questa maniera, che solo degli sconsiderati porterebbero avanti un simile disegno distruttivo…
Eppure è così. Ma perché, perché santiddio?! Che cosa si nasconde dietro questa strategia?
La memoria del passato ci può venire in soccorso.
Di promesse e di piani industriali elaborati nel massimo pensatoio di Banca di Roma - infatti - ne abbiamo visti molti.
Nel 2000 il ROE di Banca di Roma era il 4%. Nel mese di aprile la Banca annuncia un piano triennale che prometteva di portare il Roe al 13,6% nel 2002.
Nel 2001 il ROE crolla all’1,6%. A settembre il vertice aziendale annuncia un nuovo piano industriale con l’obiettivo di un ROE del 12,7% nel 2003.
Nel primo semestre del 2002, Capitalia (la vecchia Banca di Roma, dopo una delicata operazione di chirurgia estetica…) va addirittura in perdita. Ecco allora l’ennesimo piano industriale che promette un ROE del 9,3% nel 2005.
Va da sé che ogni piano che vedeva la luce, dopo aver rinnegato i precedenti, aveva la pretesa di presentarsi come il migliore, quello in grado di cambiare finalmente le cose.
Anche l’ultimo piano industriale – infatti – non si è sottratto a questa liturgia: così, dopo le meste esequie del vecchio, le campane hanno suonato a festa annunciando la nascita del nuovo.
Ma i genitori chi sono? Certamente non gli stessi – supporranno tutte le persone di buon senso…!
E invece si sbagliano, perché il comune buon senso, la serietà, l’intelligenza, il senso di responsabilità ed il senso del pudore non sono fra gli attributi richiesti per sedere ai posti di comando di Capitalia.
Ma vediamo che cosa dice il neonato piano industriale.
Si sono individuati i punti deboli di Capitalia. (alla buonora!!!)
“Rete costosa ed inefficiente, bassa qualità del credito, scarsa patrimonializzazione”.
E la scarsa capacità dei managers? Neanche una parola, ovviamente.
E allora parleremo noi, come sindacato di grande maggioranza nella vecchia Bipop Carire ed anche in Capitalia.
Innanzitutto conviene ricordare che il sindacato non ha la possibilità d’interferire nelle scelte aziendali.
Quando ci è stata annunciata la fusione tra Banca di Roma e Bipop Carire noi abbiamo espresso un giudizio positivo.
Perché?
Primo, perché era l’unica soluzione concreta e praticabile sul piatto.
Secondo, perché Banca di Roma aveva dato le “garanzie” che sopra abbiamo già illustrato.
Terzo, perché ritenevamo – soprattutto dopo l’autorevole benedizione del Governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, che dall’unione fra Bipop Carire e Banca di Roma potessero scaturire quelle sinergie in grado di rafforzare il nuovo gruppo, garantendo un futuro all’azienda ed ai lavoratori.
Come Fazio sapeva bene, infatti, mentre Bipop Carire era penalizzata da una crisi, pur grave, ma contingente, i problemi di Banca di Roma erano indubbiamente di natura strutturale e bisognava mettervi mano in fretta.
Così il prudente e saggio Governatore ha pensato che, valorizzando, come meritava, Bipop Carire, l’intero Gruppo ne avrebbe riportato vantaggi enormi.
Ma cos’è successo?
Prima della fusione, le sofferenze di Bipop Carire erano inferiori all’1%; le sofferenze di Banca di Roma, al contrario, erano talmente alte che oggi, per tappare quei buchi, si vendono i migliori gioielli di Bipop Carire.
La vecchia Bipop Carire aveva affidato ad una strategia di attacco molte delle sue speranze: si erano aperti 61 sportelli al Centro Sud, che effettuavano una raccolta davvero insperata e redditizia.
Il pensatoio di Capitalia ora ha venduto 41 di quegli sportelli, ritenendoli “non strategici”.
Gli altri 20, lasciati soli in terra di conquista hanno un destino segnato, come gli assediati di Fort Apaches.
Certo, dalla vendita hanno ricavato dei bei soldi, necessari per tappare i buchi neri, ma ora come pensa di crescere Capitalia?
Insomma, anche un pecoraio sa che ad ogni tosatura si può ricavare della buona lana, ma se si vende la pecora per pagare un debito, poi non ti rimane più nulla da tosare.
E così sta capitando in Bipop Carire: nessuna progettualità per il futuro, dirigenti emarginati e senza autonomia decisionale, lavoratori delusi, demotivati, lasciati a se stessi, senza possibilità di giocare la loro partita.
Tristezza e rabbia sono i sentimenti più diffusi e noi vogliamo farcene portavoci ed amplificatori.
E mentre la nave sembra incagliata e corre il rischio di affondare in un mare basso e nebbioso, il minimo che ci si aspetti è che non venga più manovrata da quegli incapaci che l’hanno condotta in queste secche, ai quali noi non affideremmo nemmeno il lavoro di mozzo.
E invece loro restano là, sul ponte di comando, attaccati come vischio alle loro poltrone ed ai loro ingaggi megagalattici, che intascano senza vergogna, senza nemmeno batter ciglio.
E Banca d’Italia che ne pensa ora?
Il Governatore non si sente preso in giro o tradito?
Chiediamo a lui un giudizio.
La Segreteria di Coordinamento FABI – BIPOP
CARIRE
La Segreteria
Provinciale FABI
Brescia, 15 Gennaio 2003