LA SEGRETERIA NAZIONALE
C
O M U N I C A T O
Riteniamo opportuno spiegare, molto brevemente, i motivi che
stanno alla base della nostra adesione allo sciopero generale contro la guerra.
La posizione della FABI, così come è stata chiara all’inizio, vuole essere coerente nel
procedere degli avvenimenti: a favore della pace e contro, di conseguenza, a
decisioni di guerra che non siano l’extrema ratio di fronte ad un pericolo
esplicito ed imminente.
Posizione, questa, tra l’altro coerente con il dettato della
Carta costituzionale.
Ora – pur con tutte le motivazioni e le giustificazioni che
gli Stati Uniti possono avere – non ci pare che siano stati esauriti tutti i
tentativi della diplomazia internazionale intesi a scongiurare l’ipotesi
estrema.
Anzi
i contrasti, le differenze e la confusione che hanno attraversato le
comunicazioni politiche degli Stati si sono dimostrati un motivo grave di
rottura di equilibri consolidati: in Europa; tra una parte dell’Europa e gli
Stati Uniti; tra le tradizionali “grandi potenze”.
Non
solo, lo stesso ruolo dell’ONU è stato posto in seria e grave discussione.
La
posizione, dunque, non è contro la guerra senza se e senza ma, non è insomma, quella di un pacifismo retorico
e velleitario. E’, invece, contro la
guerra se non c’è l’avallo dell’ONU; contro la guerra, ma non a tutti i costi,
compreso quello di subire aggressioni.
Non
vi è alcun dubbio che il regime dell’Iraq sia dittatoriale e sanguinario, non
solo ma anche potenzialmente pericoloso all’esterno, verso altri Stati, ma non
vi è altrettanto dubbio che i mezzi per un disarmo senza guerra aperta non sono
stati pienamente utilizzati.
Ecco
il perché della nostra adesione allo sciopero generale, che non ci sentiamo di
definire politico – indipendentemente
da tutte le possibili interpretazioni strumentali – bensì il gesto di una
testimonianza che va al di là degli schieramenti, o delle alleanze internazionali.
Roma, 20 marzo 2003