Al CNEL un convegno organizzato dal Centro Studi Sociali

“Pietro Desiderato”

“per un contributo all’elaborazione del testo unico sulla sicurezza nel lavoro: esperienze ed esigenze del settore credito”

Successo dell’iniziativa: Parti sociali, operatori di settore, rappresentanti delle Istituzioni ed esponenti del Parlamento si sono confrontati a tutto campo e senza pregiudizi – Maggioranza e minoranza parlamentare d’accordo: subito una legge sul mobbing.

 

 

“Arrivare ad un Testo Unico per l’igiene e ola sicurezza sui luoghi di lavoro”.

Questo, in sintesi, l’obiettivo primario cui devono tendere la politica, le parti sociali, gli enti preposti allo studio dei problemi e alla ricerca delle soluzioni riguardanti la sicurezza sul lavoro.

Un contributo importante in questa direzione è stato offerto da un convegno organizzato  dal Centro Studi Sociali “Pietro Desiderato”, che ha messo intorno ad un tavolo diversi esperti nella prestigiosa sede del CNEL.

Proprio nel dicembre scorso da un Gruppo di lavoro interno al CNEL, che si occupa di sicurezza sociale, prevenzione infortuni e malattie professionali, erano venute specifiche osservazioni e proposte in tema di salute e sicurezza dei lavoratori, che hanno costituito la base di discussione del confronto a più voci presentato da Mauro Bossola, il presidente del Centro Studi “Pietro Desiderato”.

Il Consigliere del CNEL, Fulvio Perini, illustrando l’indagine svolta e partendo da significativi dati statistici, ha spiegato che l’intento è quello di “approfondire l’andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali correlate al lavoro dipendente ed autonomo e di esaminare le possibili azioni utili al miglioramento delle attività di prevenzione”.

Si tratta, secondo l’esponente del CNEL, che si è confrontato con rappresentanti dell’Inail, dell’Ispesl, delle banche, del sindacato e con due insigni esponenti della politica, l’On. Giorgio Benvenuto (DS) e l’On. Filippo Ascierto (AN), di “agire sul piano normativo per favorire lo sviluppo di un’azione pubblica tesa a migliorare la cultura della prevenzione nel nostro Paese”, ma anche di “favorire e sostenere” le azioni concrete di prevenzione.

A quasi un decennio dall’approvazione delle norme del D. Lgs 626/94, a fronte di un generale miglioramento del sistema di prevenzione e di igiene del lavoro, è lo stesso legislatore ad evidenziare la necessità di una modifica delle norme, nel senso della semplificazione e dell’adeguamento delle norme alle esigenze espresse dalla verifica “sul campo”, in azienda.

Ottima, quindi, l’idea che ha ispirato il Centro Studi Sociali “Pietro Desiderato”, non solo perché si è fatto promotore dell’iniziativa, ma soprattutto perché, secondo le parole di Mauro Bossola, intende dar vita ad “un cenacolo di esperti, di ricercatori, di rappresentanti delle parti sociali che – affiancando il Comitato Scientifico – possano aiutare il sindacato e, in  particolare, la Fabi nella conoscenza delle varie problematiche di una società complessa come la nostra, contribuendo anche ad avvicinare le posizioni fra le parti in causa”.

Una di queste è senz’altro l’Ispesl, in nome del quale è intervenuto Carlo Gentili, che ha illustrato le specifiche competenze e le iniziative dell’istituto, riguardanti la prevenzione degli infortuni e la formazione ed informazione dei lavoratori.

Le esperienze maturate in materia di formazione, con particolare riferimento al settore del credito, costituiranno un contributo importante finalizzato alla riforma legislativa.

Molto interessanti e nuove alcune ricerche, che tendono ad evidenziare fattori di rischio, eventi generatori di stress, vere e proprie patologie post rapina, oltre a quelle derivanti da prolungate adibizioni al videoterminale o dal particolare microclima degli ambienti chiusi.

I dati in possesso dell’Inail non sono bastanti a descrivere tutte le realtà e tutti i fenomeni, “perché l’ente ha dati relativi alle denunce presentate, ma molto spesso infortuni, incidenti e situazioni di rischio non vengono affatto comunicate”, come ha denunciato Gianfranco Ortolani.

Il dirigente dell’Inail ha auspicato, a questo proposito, una maggiore collaborazione fra gli enti preposti e le stesse parti sociali, in una visione partecipativa e collaborativi fra soggetti diversi “che ancora manca nel nostro Paese e che crea diseconomie, poca trasparenza, insufficiente coordinazione e, quindi, limitata capacità d’intervento”.

Una piccola, ma significativa, prova di una lavoro a compartimenti stagni che dovrebbe cedere il passo a maggiore collaborazione, è stata fornita dall’intervento del rappresentante di Unicredito, Bruno Sebastiani, che ha “assicurato come l’esigenza di misurare il rischio criminoso sia sempre stata avvertita come prioritaria da ogni Responsabile per la Sicurezza aziendale.

Interrotto dalla domanda di un sindacalista e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, che gli chiedeva con chi avesse confrontato i dati in suo possesso e le proposte avanzate, Bruno Sebastiani ha dovuto ammettere che mai si era confrontato con rappresentanti dei lavoratori.

Tuttavia, così com’è vero che non si possono programmare con cognizione di causa gli interventi a protezione delle persone e dei beni dell’azienda, senza sapere quali sono le persone ed i beni più a rischio, è altrettanto vero che non si possono proteggere adeguatamente persone e beni, senza interpellare i diretti interessati, tramite i loro rappresentanti.

Il lavoro presentato da Bruno Sebastiani, insomma, è stato per molti aspetti interessante, ma ha pure mostrato i limiti di un’azione autonoma delle aziende, non coordinata con gli enti istituzionali, col sindacato e con i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.

Che il cammino da compiere sia ancora lungo è stato confermato anche dall’atteso intervento di Giorgio Benvenuto, già segretario generale della Uil ed ora membro di spicco della minoranza parlamentare, il quale ha parlato di “gap da colmare rispetto ai nostri partners europei”

“Il Parlamento è attento, indipendentemente dagli schieramenti politici – ha assicurato – ma non bisogna nascondere che ci sono problemi nel contrasto alla criminalità comune ed alla micro criminalità”.

I dati che mettono l’Italia in cima alle classifiche europee per quanto concerne rapine, scippi ed altri episodi criminosi contro il patrimonio, dipendono dal fatto che nel nostro paese c’è ancora troppo denaro circolante, che c’è più popolazione anziana, tradizionalmente restia ad usare forme alternative di pagamento, che c’è scarsa informazione e scarsa cultura, ad esempio, sul plastic money.

“Dobbiamo anche denunciare con forza il drammatico e male utilizzato coordinamento delle Forze dell’Ordine” – ha detto Benvenuto, il quale ha anche puntato l’indice contro la “scarsa trasparenza dei dati forniti dagli enti interessati alle stesse Istituzioni, oltre che al sindacato, per ciò che concerne la tutela fisica e psichica del lavoratore”.

Certo, la particolare situazione italiana non favorisce l’acquisizione dei dati. Basti pensare alla Lombardia, con oltre un milione di imprese, che hanno in media sette addetti ciascuna. E’ del tutto evidente che, in una realtà così frammentata, vi siano difficoltà a tener sotto controllo i problemi riguardanti la sicurezza.

“Proprio per questo è indispensabile arrivare in fretta ad un Testo Unico che dovrà preoccuparsi di salvaguardare non solo l’integrità fisica dei lavoratori, ma anche quella psichica, per la quale è ancor più difficile misurare il danno”.

Benvenuto ha fatto esplicito riferimento al mobbing, per il quale in Italia – diversamente da altri paesi -non esiste ancora alcuna norma specifica e certa.

“Il motivo della mancata legiferazione da parte del Parlamento, dove pure esiste una larga maggioranza trasversale – sostiene Giorgio Benvenuto – sta nella resistenza delle grandi lobbies di Confindustria e di Abi, che non vogliono aprire ad ulteriori diritti dei lavoratori, temendo quelle che giudicano ingerenze del sindacato”.

Tra l’altro, i bancari, insieme con gli ospedalieri ed i lavoratori degli Enti locali, sono tra i più “mobbizzati”, secondo <le statistiche ufficiali.

Allora come uscire da quest’ impasse?

“Sensibilizzando l’opinione pubblica” secondo Benvenuto “facendo capire che si tratta di una battaglia di civiltà, non per mettere lacci e laccioli agli imprenditori, ma per salvaguardare l’integrità complessiva dei lavoratori”.

Gli ha fatto eco Filippo Ascierto della maggioranza parlamentare che, riprendendo il problema della maggior esposizione dei bancari a taluni rischi criminosi con ricadute sulla psiche, ha sottolineato la necessità di una sicurezza sussidiaria, da parte del privato.

“Alla ormai vecchia 626 manca una fetta, quella che riguarda la sicurezza in generale. Bisogna introdurre un concetto di sussidiarietà anche nella sicurezza in cui, accanto a quella garantita dallo Stato per tutti i cittadini, devono esserci accorgimenti ed investimenti anche da parte dei privati, per dare maggior sicurezza agli addetti ed al pubblico”.

Ascierto propone l’introduzione di un “security manager” in tutte le aziende con più di cinquanta dipendenti, con competenze specifiche per contrastare i rischi e per il tranquillo esercizio dell’attività lavorativa.

“Aumentando lo standard di sicurezza, aumentiamo la libertà e la qualità della vita dei cittadini. In questo senso bisogna contrastare con ogni mezzo a disposizione anche il mobbing – ha concluso Filippo Ascierto – cui bisogna porre rimedio con una normazione severa, che lo qualifichi come atto criminale”.

In Italia, lo ripetiamo, non esiste una normativa specifica sull’analisi e la gestione di questo rischio, ma le continue denunce dei lavoratori hanno risvegliato la classe politica, che ora si sta muovendo per dare risposte legislative ad un’esigenza purtroppo diffusa.

A richiamare quest’esigenza, anche l’intervento di Lucio Napodano, dell’AIPROS (Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza), che ha riguardato le linee guida per la gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro e la gestione del cosiddetto “rischio esogeno”, con particolare riferimento proprio alla categoria dei bancari.

“Finché la sicurezza verrà considerata un costo tout court, non si potrà avere una vera e propria tutela per tutti, salvaguardando l’integrità psico-fisica e la dignità delle persone”.

Questa la conclusione di Gianfranco Amato, Segretario Generale Aggiunto della Fabi, cui è toccato chiudere l’intensa giornata di studio. “Occorre un’opera di sensibilizzazione, occorre un grande impegno da parte di tutti, anche se non è difficile prevedere che, ancora una volta, toccherà al sindacato il lavoro maggiore”.

Vogliamo ricordare che, oltre all’impegno del Centro Studi Sociali “Pietro Desiderato”, il cui obiettivo di avvicinare le parti interessate al problema della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro è stato centrato in  pieno, la riuscita del convegno è da ascriversi al lavoro ed alle capacità di Loris Brizio, neo Responsabile del Dipartimento Salute e Sicurezza della Fabi.

 

 

Gli atti integrali del convegno saranno presto editi dal Centro Studi Sociali “Pietro Desiderato”, dal cui sito internet saranno scaricabili tra breve.

 

 

 

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