Doccia
fredda sulla Banca del Mediterraneo . “Se lo stato della discussione in Italia
e nel Mezzogiorno è quello che osservo - afferma Gianni De Michelis, presidente
dell’Istituto per le relazioni tra l’Italia e i Paesi dell’Africa, dell’America
Latina e del Medio Oriente (Ipalmo), nel convegno dal titolo Credito nel
Mezzogiorno e Banca Euromediterranea - avremo poche possibilità che
l’istituzione si faccia e, tantomeno, che abbia a Napoli la sua sede“.
L’ex-ministro degli Esteri ribadisce la posizione già espressa dal vice
presidente del Consiglio d’Europa, Claudio Azzolini e invita tutti i
responsabili istituzionali a interventi coerenti con l’obiettivo che si
dichiara di voler raggiungere. L’assessore regionale alle Attività produttive,
Gianfranco Alois, difende invece l’operato della Regione Campania.
Alois
è il promotore, insieme con Gaetano Cola, presidente della Camera di Commercio
di Napoli, di uno studio di fattibilità per l’ubicazione a Napoli di una vera e
propria banca autonoma dalla Banca europea per gli investimenti (Bei).
L’iniziativa, “che verrà completata entro poche settimane — annuncia Alois —
prevede il cofinanziamento della struttura da parte della Regione Campania,
delle categorie produttive e degli enti locali campani”. E in una seconda fase
sarà chiamato a partecipare anche il mondo del credito. Ad organizzare l’incontro,
svoltosi ieri a Napoli, sono le tre sigle sindacali autonome del credito, Fabi,
Sinfub e Federdirigenticredito, rappresentati rispettivamente dai segretari
Gianfranco Amato, Piero Pisani e Fausto De Santis e promosso da Antonino Di
Trapani, segretario del Sinfub. Ai partecipanti arrivano i saluti del
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, del presidente del Consiglio
regionale della Campania, Bruno Casamassa e degli amministratori delegati del
Sanpaolo-Imi e del Sanpaolo-Banco di Napoli, rispettivamente Alfonso Iozzo e
Bruno Picca.
Due
posizioni a confronto
Alois
spiega che, per il successo del centro finanziario, non bisogna dimenticare
l’aspetto sociale dell’operazione: “Dobbiamo lavorare sulla coscienza culturale
del Mediterraneo”. L’assessore chiede un segnale al Governo: che la candidatura
di Napoli sia l’unica per l’Italia: “Con più città concorrenti si rischia che
Bruxelles le bocci tutte”. L’ex-ministro degli Esteri ammonisce le Regioni, in
particolare quelle del Sud. A suo dire, lo sviluppo del bacino del Mediterraneo
passa attraverso una propedeutica integrazione dei Paesi dell’area. E critica
il ritardo accumulato dalle Regioni nella progettazione di strumenti come la
Banca del Mediterraneo. De Michelis avverte che “occorre affermare una
dimensione mediterranea dell’Europa subito, prima che sia troppo tardi. Per
creare un ponte tra l’Ue e i Paesi del Mediterraneo — prosegue — bisogna
lavorare seguendo una logica di integrazione, che presuppone l’organizzazione
delle libertà di movimento delle persone, delle merci, delle idee, delle
imprese e del denaro”. Una visione a 360 gradi del problema, dice De Michelis,
sfuggirebbe alle Regioni. Con il processo di Barcellona, partito l’anno scorso,
si lavora per creare nel 2010 “un’area di libero scambio delle merci con i
dodici Paesi partner del Mediterraneo”, ricorda Gennaro Ferrara, rettore
dell’Università Parthenope di Napoli. Una Banca del Mediterraneo potrebbe
favorire uno sviluppo “esplosivo dell’area”, continua il rettore, “ma non può
prescindere dalla creazione di infrastrutture e di un sistema formativo
adeguato”.
Cultura
e formazione
Sul
tema della formazione interviene Fabio Merolla, presidente del Gruppo Giovani
Imprenditori di Confindustria Campania, secondo il quale “manca oggigiorno una
classe dirigente come quella che, in passato, si formava nell’alveo dei
partiti”. Le banche potrebbero diventare “un luogo ideale di formazione come le
imprese e le università”, conclude. Anche la Banca del Mediterraneo potrebbe
assolvere al compito, osserva Michele Capasso, presidente della Fondazione
Laboratorio Mediterraneo, “purché abbia una missione culturale e di formazione.
Senza interscambio culturale — sottolinea — non può esserci sviluppo condiviso
e, quindi, sviluppo economico”. Capasso si mostra però scettico sulla banca:
“Non si farà e se si farà non sarà a Napoli la sede”. Per il numero uno della
Fondazione, “è innanzitutto indispensabile comprendere le forti differenze
culturali presenti nell’area, che costituiscono un ostacolo al successo di
qualunque iniziativa”. La soluzione, conclude Capasso, risiede nella creazione
“prima di un’agenzia di sviluppo, poi di una banca”.
L’agenzia
di sviluppo
Al
progetto di un’agenzia di sviluppo per il Mediterraneo lavora il ministero alle
Attività produttive guidato da Antonio Marzano, spiega l’economista Fabio
Lancillotti, che collabora alla stesura del piano assieme a Mario Mustilli,
docente di Economia e gestione delle imprese della Seconda Università di
Napoli: “Si tratta di un tavolo tecnico per la comprensione del problema
dell’area, che ha tre civiltà e tre religioni monoteiste”. Tale agenzia ha il
compito di favorire la cooperazione internazionale mediante l’intervento del
Fondo monetario, della Banca mondiale e della Bei e, per la prima volta, l’Islamic
Development Bank e l’Organization for Islamic Cooperation. Riunisce
partecipazioni pubbliche e private, che ragionano secondo un’ottica aziendale,
badando cioè al ritorno dell’investimento. Quattro i pilastri dell’iniziativa:
finanziamento delle infrastrutture, dei servizi di pubblica utilità, della
formazione manageriale e creazione di poli industriali. La creazione della
banca può avvenire, continua De Michelis, purché si accompagni ad un
contestuale rafforzamento del sistema del credito meridionale. E suggerisce il
coinvolgimento del Sanpaolo-Imi, un gruppo a forte vocazione internazionale
che, con il Sanpaolo-Banco di Napoli, “potrebbe fare verso il Mediterraneo
quello che Unicredit e Banca Intesa hanno fatto verso l’Est europeo” aprendo
filiali in diversi Paesi. “Sarebbe un modo per evitare che scompaia il sostegno
bancario al Sud — commenta l’europarlamentare ed ex-banchiere, Generoso Andria
— dal momento che la Banca del Mediterraneo non può sostituire il sistema
creditizio tradizionale”. Gli fa eco Mauro Pantaleo, direttore generale al
Bilancio della Regione Calabria: “Più che una nuova banca forte nel Sud, serve
una banca che conosca bene i problemi del Sud”.
Autostrade
del mare e Iit
Accanto alle banche, De Michelis suggerisce di non dimenticare altre opportunità, quali le autostrade del mare (“che rischiano di finire nelle mani della Grecia”) e l’Iit, l’Istituto italiano per le tecnologie previsto dalla Finanziaria (“bisognerebbe lottare per una sede nel Sud”). De Michelis sottolinea, infine, che la classe dirigente si forma intorno ai grandi progetti, non nei partiti o nelle banche: “Il rischio per il Sud non è il declino, bensì il suo declassamento”. di Sergio Governale