Questo documento, redatto dalle Rsa costituite a
norma di legge presso la Filiale di Trieste di Banca Intesa e titolari
dell’Azione Sindacale in tutte le Filiali della provincia, viene denominato “rapporto”; esso si propone:
-
di
evidenziare nel modo più tecnico, circostanziato e pertinente, proprio della
funzione sindacale, i comportamenti aziendali ritenuti illegittimi e,
conseguentemente lesivi dei diritti, della dignità e della salute delle
persone;
-
di
fornire all’Azienda un messaggio chiaro circa la volontà del Personale e delle
proprie Rappresentanze di svolgere il lavoro entro i limiti delle leggi, dei
contratti e delle comuni regole del vivere civile;
-
di
costituire un leale avviso, quale parte interessata al bene dell’Azienda, su
fattori giudicati negativi e controproducenti;
-
di
costituire una base di dialogo dalle Scriventi Rappresentanze finalizzata alla
risoluzione delle problematiche;
-
di
informare il Personale per una piena presa di coscienza sulle criticità
evidenziate;
-
di
rappresentare pro futuro, uno strumento probatorio, qualora si rendesse
necessaria la ricerca delle responsabilità dei comportamenti illegittimi posti
in essere.
1)
BUDGET
INDIVIDUALI E CONTROLLI A DISTANZA
Punto di partenza di questo rapporto è la vendita dei prodotti finanziari che l’Azienda, nella sua funzione principale di intermediazione finanziaria e di credito, propone al Pubblico.
Tale attività è esercitata da impiegati di vario livello. Rispetto a tali figure professionali, non bisogna dimenticare che i singoli contratti individuali di lavoro richiamano, ovviamente, il CCNL del Credito ove, all’art. 43, si esclude la possibilità di assegnare obiettivi quantitativi, a livello individuale. E’ prevista unicamente la possibilità di imporre un sistema incentivante che tenga in considerazione però degli obiettivi di gruppo. (art. 43 CCNL SISTEMA INCENTIVANTE).
In realtà invece, gli obiettivi individuali vengono assegnati (vedi allegato 1).
La violazione contrattuale però non si limita a
questo.
Una volta assegnato indebitamente il budget
individuale, la Direzione monitora costantemente le singole prestazioni di
vendita individuali tramite strumenti informatici, schede personalizzate e,
quel che forse è peggio, mediante pressanti e continue richieste al dipendente
- siano esse telefoniche o personali - sui singoli risultati di vendita (vedi
allegato 2, scheda monitoraggio).
Conseguentemente, le pressioni esercitate sui
lavoratori appesantiscono il normale svolgersi del rapporto di lavoro.
L’intera organizzazione aziendale esercita,
pertanto, un continuo controllo del dipendente e dell’attività da questi
esercitata. I rendiconti richiesti dall’Azienda e la sorveglianza a distanza
dell’attività del dipendente trascendono i normali poteri datoriali di
direzione e controllo, sfociando in una chiara ed arbitraria violazione delle
norme a tutela dei lavoratori, prima tra tutte quella prevista dall’art. 4
della legge 300/1970.
Le estenuanti pressioni esercitate, oltre a svilire
giorno dopo giorno lo stato psicologico del dipendente, impediscono la
quotidiana attività di assistenza e consulenza alla clientela, nonché il
perfezionamento amministrativo delle pratiche.
All’interno di una giornata lavorativa comprensiva
di parecchie ore di straordinario, il lavoratore non è materialmente in grado
di fronteggiare tutte le pressanti richieste, con l’assurdo risultato di
permettere all’Azienda di biasimare lo stesso soggetto sotto il profilo
dell’attività commerciale esercitata.
Ancora,
tanto per fare un esempio di quanto sopra riportato, basti por mente al
“progetto arcobaleno”, in essere da gennaio 2004 e ideato come strumento
d’ausilio dell’Azienda e dei lavoratori, che viene utilizzato come mezzo di
controllo e pressione sui dipendenti, in contrasto con le stesse direttive e
precisazioni della Direzione Generale.
Tale
strumento prevede la segnalazione agli addetti commerciali di un determinato
numero di clienti da contattare telefonicamente per le varie campagne
commerciali in essere, contatti il cui esito viene monitorato nella loro
quantità e nelle varie tipologie di successo, per singolo addetto, utilizzando
strumentalmente i dati estrapolati dal sistema. Si pone così in essere una
pressione di fatto nei confronti dei lavoratori, chiamati a rispondere dei
risultati di vendita su specifici prodotti, che collegati all’attribuzione di
obiettivi individuali, determinano comparazioni con altri soggetti e altre zone
e, tramite richiami ad una migliore prestazione, “moralmente” obbligati al
raggiungimento degli obiettivi stessi a qualsiasi costo. Va segnalato tra
l’altro che numerosi clienti hanno lamentato come sgradita, l’insistenza di
frequenti chiamate telefoniche.
2)
VALUTAZIONE
DEL DIPENDENTE E SUA RETRIBUZIONE
Il lavoratore dipendente assunto ed inquadrato come
impiegato ha certamente dei doveri e delle responsabilità deontologiche. Lo
stesso vale per il quadro direttivo, titolare di rapporto fiduciario, portatore
di più larga conoscenza professionale e di maggiori responsabilità: in entrambe
i casi il contratto di lavoro subordinato prevede, infatti, la diligente
osservanza delle direttive aziendali (art. 30 CCNL) nonché delle norme
legislative e contrattuali in materia.
A fronte della prestazione di lavoro eseguita con
diligenza e secondo le direttive aziendali, all’Azienda compete l’erogazione
della retribuzione; ma, tale obbligazione è dovuta per la prestazione di lavoro
eseguita e non può essere legata alla quantità di prodotti venduti (peraltro
misurata illegalmente a livello individuale) come avviene in tutt’altra
tipologia di figura professionale: quella dell’agente mono o plurimandatario,
legato all’Azienda da mandato di agenzia con parità di posizione contrattuale
(lavoro autonomo, soggetto mandante, soggetto mandatario) o da contratto di
venditore a regime provvisionale (piazzista dipendente).
Nella specie, seppur nel CCNL del Credito esiste la
previsione di salario variabile per i dipendenti e la valutazione secondo i
risultati raggiunti per il quadro direttivo, è ben vero che tale salario
variabile si limita al premio aziendale, il quale si riferisce, secondo
parametri stabiliti in Accordi Sindacali, al risultato globale dell’Azienda
secondo canoni legati alla produttività cui hanno contribuito tutti i
lavoratori eccetto quelli con valutazione negativa.
Quanto ai sistemi incentivanti o altre forme di
salario variabile, essi non si sono al momento verificati se non con completa
discrezionalità aziendale o senza trasparenza alcuna.
In ogni caso, l’attività di vendita di cui vengono
fatti carico Impiegati e Quadri Direttivi, appare impropria nei confronti dei
lavoratori dipendenti che andrebbero valutati per la qualità del proprio lavoro
e non per la quantità di prodotto venduto.
Questo rilievo è importante ad avviso delle
scriventi Rsa, perché negli ultimi tempi, come numerose testimonianze possono
avallare, l’Azienda imputa il mancato raggiungimento dei livelli di vendita,
stabiliti spesso in misura oggettivamente irraggiungibile, all’esclusiva
incapacità degli addetti.
Nei soggetti più deboli e stressati da un ambiente
così oppressivo questo addebito di incapacità, in grande misura falso, ha già
procurato danni alle persone in buona parte non ancora denunciati.
Bisogna ricordare all’Azienda che la vera attività
di vendita si basa su quattro elementi:
-
qualità
o caratteristiche del prodotto
-
modalità
e luogo della vendita
-
strategia
commerciale
-
opera
dell’addetto all’esecuzione della vendita.
Si dimentica quindi l’Azienda che ben tre dei
quattro elementi sono di propria pertinenza diretta.
Appare perciò quantomeno scorretta l’azione
dell’Istituto, nel momento in cui addebita l’insuccesso dei risultati
commerciali al venditore, il quale si trova nella posizione più debole, e
trascura che almeno tre elementi di responsabilità sono detenuti dal
Management. A tal proposito, si evidenzia come, recentemente, a seguito dei
sistemi organizzativi messi in atto, la responsabilità stessa è stata diffusa
in modo da non essere identificabile e quindi nemmeno retribuita.
3)
PRESTAZIONE
LAVORATIVA, ORARIO, FERIE, BANCA DELLE ORE
Ancora in dipendenza dell’unilaterale
“inquadramento” dei Lavoratori come “addetti alla vendita”, in loco è stato
affermato che i livelli di budget attribuiti costituiscono il principale
parametro di valutazione dei dipendenti che ne sono destinatari (ricordiamo che
se insufficiente essa esclude il pagamento del premio aziendale). Quindi soggetti a tempo di lavoro
delimitato per i più diversi motivi,
quali possono essere il part-time, la maternità, la malattia, l’impegno
sindacale, gli incarichi pubblici o di protezione civile vengono di fatto
penalizzati (ricordiamo che se insufficiente essa esclude il pagamento del
premio aziendale).
Parimenti, una valutazione mediocre o la non
partecipazione ad eventuali incentivi sono il risultato per colleghi che sono
stati mandati ad effettuare sostituzioni in altre filiali, cosa non sempre
facile per l’incaricato, così che l’impegno profuso a favore dell’Azienda non
viene riconosciuto né dalla Filiale che cede il collega, né da quella che
riceve la cosiddetta “Risorsa Umana”.
Per quanto concerne l’orario di lavoro l’azienda
prescinde – quindi - dall’esistenza di un tempo di lavoro stabilito dai
contratti e dalle leggi: lascia intendere che il contratto esiste solo per chi
vuole essere valutato negativamente.
L’Azienda “impone” a molti dipendenti, specie agli
addetti al “commerciale “ e al Responsabile Organizzativo di debordare
ordinariamente dall’orario di lavoro. Non si tratta ovviamente di una
imposizione espressa, ma derivante direttamente dagli oneri imposti. La sola
consultazione delle circolari, delle disposizioni, della posta elettronica e la
compilazione di schede monitoraggio, impegna una buona parte della giornata.
La centralizzazione, se non “l’esternalizzazione”,
di molte funzioni già tipicamente proprie di una filiale (ufficio legale,
ufficio personale, back-office amministrativo etc.) rendono imprevedibili i
tempi di soluzione di un problema. Il sistema organizzativo, e non l’opera del
singolo dipendente, allunga i tempi di lavoro e focalizza sul singolo la
responsabilità delle pratiche non evase anche se difficilmente eseguibili in 7
ore e 30 minuti.
Definiremo impossibile poi, lo svolgimento
delle mansioni e l’assolvimento di tutti gli oneri e i doveri imposti ai
Reggenti delle ex-agenzie di città, ora filiali autonome; senza contare la
richiesta di tenere i cellulari aziendali accesi anche durante il fine
settimana!
Per quanto riguarda le ferie e la fruizione
della “banca delle ore”, non ci si può esimere dal rilevare che la
continua serie di “campagne commerciali” proposte dall’Azienda impediscono di
fatto di godere dell’esercizio di un diritto fondamentale di ogni lavoratore.
Anzi, spesso, la fruizione di permessi o di ferie viene utilizzata a detrimento della propria valutazione, con
la percezione di possibili trasferimenti per il mancato raggiungimento del
risultato soggettivo prefissato entro tempi prestabiliti unilateralmente
dall’Azienda.
Inutile evidenziare come tali contesti sono il
frutto di un comportamento illegittimo della Direzione e per le quali ci si
riserva sin d’ora la valutazione di eventuali azioni a tutela delle ragioni dei
singoli lavoratori.
Le scriventi Rsa evidenziano che le ferie sono un diritto sancito principalmente dalla Costituzione. L’art. 36 Cost., infatti, stabilisce due principi fondamentali in materia: la irrinunciabilità delle ferie e la naturale continuità del periodo feriale, al fine di assicurare al lavoratore il godimento di un congruo periodo di riposo, sottraendolo all’attività lavorativa, in modo che egli possa ritemprare le energie psico-fisiche usurate dal lavoro e soddisfare le sue legittime esigenze personali e i propri interessi culturali, affettivi e familiari.
Se l’Azienda non è stata in grado di consentirne l’utilizzo è a sé stessa che deve imputare tale mancanza, oltre a trovarsi in un’evidente condizione di illegittimità qualora insistesse a scoraggiare la fruizione delle ferie e dei permessi nell’ambito, ad esempio, delle campagne in corso.
Quanto alla banca delle ore, istituto creato per
l’esigenza espressa dalle Aziende di ridurre i costi (per non pagare lo
straordinario) e avallato dalle Rappresentanze Sindacali per coniugare tale
necessità alla qualità di vita, essa si rivela un beneficio scarsamente
usufruibile specie nelle Filiali più piccole.
Non facilitando la possibilità della fruizione della
banca delle ore, l’Azienda non solo impedisce l’applicazione del CCNL, ma viene
a compiere un evasione contributiva nei confronti dell’INPS che, al mancato
pagamento di ore straordinarie (che hanno una elevata componente contributiva)
vede anche negare il diritto sostitutivo di ore libere per i dipendenti.
Anche con riferimento a tali questioni, le scriventi
Rappresentanze imputano all’Azienda, specie per i comparti commerciali,
l’impedimento di fatto al godimento delle ferie ed alle ore compensative
derivanti da straordinario prestato e non pagato.
A sostegno di quanto sopra è sufficiente constatare la quantità di ferie arretrate e banca delle ore non fruite relative all’anno precedente, in essere a Febbraio 2004.
Le medesime argomentazioni possono estendersi per i
Quadri Direttivi, che “beneficiano” di un riconoscimento economico forfettario
per l’impegno temporale eccedente l’orario di riferimento, in quanto l’Azienda
elude il pur vago disposto contrattuale considerando il QD sempre a
disposizione, senza diritto a maggior retribuzione e riconoscimento alcuno.
Questo comportamento
riferito ad una regola univoca e non prevista in alcuna fonte, si assimila a
quello inaudito tenuto prima dei rari, fortunatamente, scioperi di settore, che
si esplicita con la richiesta dell’informazione preventiva rivolta al Preposto
dell’unità lavorativa, sul numero delle Risorse che aderiranno allo Sciopero,
fornendo istruzioni sulla gestione di pertinenze direttive a quegli elementi
che, ancora univocamente, l’Azienda ritiene escluse dal Diritto di Sciopero!
4)
ELUSIONE
DEI DIRITTI SINDACALI
Un ulteriore punto sul quale le Rsa non possono fare
a meno di soffermarsi riguarda l’esercizio dei diritti sindacali: l’attuale
sistema organizzativo-strutturale della nuova Banca Intesa impedisce
l’effettivo esercizio della regolare attività sindacale. Infatti, allo stato, non
esistono Strutture Aziendali deputate alle relazioni sindacali se non presso i
centri di governo suddivisi per Macro-Regioni; le Rsa, titolari giuridiche
della rappresentanza sindacale nelle unità produttive non hanno un
interlocutore in loco e sono conseguentemente private della possibilità di
esercizio di un’azione sindacale diretta e tempestiva.
L’incontro semestrale avviene con molti mesi di
ritardo e, spesso, solamente quando la situazione di fatto e i problemi si sono
modificati.
La delegazione aziendale esterna non sempre può
valutare compiutamente le esigenze peculiari delle singole unità produttive e
fronteggiare le richieste in maniera adeguata.
Inoltre, come facilmente dimostrabile, l’attività
delle singole Rsa viene “snobbata” attraverso il mancato riscontro alle
comunicazioni e alle richieste delle stesse Rsa, anche laddove si tratti di
questioni urgenti e di notevole importanti pratica (come nel caso della lettera
dd. 23/01/2004 – all.3).
5)
CENTRALITA’
DEL CLIENTE ED ESPOSIZIONE MORALE E GIURIDICA DEL DIPENDENTE
Se le Direttive Europee e le più recenti leggi
nazionali in materia di trasparenza, diritto alla privacy, etc., pongono il
Cliente in una posizione di centralità, non è possibile che vengano formulati
imperativi al personale, come quello di non provvedere agli ordini di chiusura
dei rapporti disposti dal Cliente stesso.
E’ inaccettabile che tali richieste provengano dalla locale Direzione senza alcun ordine scritto che comprovi le direttive aziendali.
Le scriventi Rsa, si rifiutano, inoltre, di
accettare oggi – anche alla luce delle più recenti indagini della magistratura
sull’operato dei principali Banchieri nazionali ed esteri – le direttive di
vendita di un determinato prodotto finanziario imposte dall’Azienda al fine
esclusivo di raggiungimento del budget, sorvolando sulla reale convenienza per
il cliente di sostituire prodotti nuovi con investimenti già posseduti.
La scorrettezza diviene paradossale se si considera
poi che l’Azienda ufficialmente invita i Dipendenti a piazzare il prodotto
finanziario solo a Clienti ritenuti, dopo attenta valutazione, destinatari
appropriati alle caratteristiche del prodotto mentre, ufficiosamente, richiede
la vendita del maggior numero di prodotti possibili, sorvolando, talvolta,
sulle reali caratteristiche del cliente.
La scorrettezza è duplice: verso il Cliente e verso
il Dipendente. Quest’ultimo, infatti, sarà sicuramente chiamato a rispondere,
almeno formalmente nei confronti della Banca, allorquando sorgeranno problemi
per una vendita inopportuna e, nel mentre, i Responsabili saranno sicuramente
passati ad incarichi diversi.
Non possono coesistere pressioni sul raggiungimento
di obiettivi individuali e comportamenti “etici” nel collocamento del prodotto
adatto alle specifiche caratteristiche e volontà del singolo cliente (come
caldamente raccomandato dall’ABI con l’iniziativa Patti Chiari).
6)
PRESSIONE
PSICOLOGICA COLLETTIVA E INDIVIDUALE
La “spinta” alla vendita per raggiungere livelli
reddituali indicati come necessari a retribuire il Personale e, diremmo noi,
premiare economicamente organi direttivi che hanno procurato un bene agli
azionisti dell’impresa, viene esercitata con mezzi e metodi che le Scriventi
ritengono illegittimi.
Tale pressione si esercita anche collettivamente
attraverso continue riunioni, spesso fuori sede, che nella gran parte dei casi
nulla hanno a che fare con la formazione (peraltro fortemente elusa
dall’Azienda) e che sono soltanto l’occasione per la trasmissione di ulteriori
messaggi minatori espressi, spesso, anche in modi inopportuni e maleducati.
A prescindere dalla validità del metodo, che
facilmente appare superato e controproducente, in tali riunioni vengono
evidenziate situazioni individuali, con giudizi sull’operato e su aspetti della
vita privata. E’ il caso, per esempio, di Responsabili di Mercato che, per
incentivare i colleghi “all’iperlavoro” non disdegnano il riferimento
all’utilizzo delle ferie di alcuni come dimostrazione del mancato
raggiungimento dei risultati di altri o, ancora, attraverso la denigrazione di
taluni colleghi elogiano il risultato di altri.
Parallelamente, le Scriventi denunciano che riunioni
fuori sede, con viaggi di una certa entità, necessitano di un impegno temporale
che abbraccia l’intera giornata, a volte con rientri in tarda serata, senza
presupporre il pagamento di ore straordinarie o compensazioni d’orario.
Ancora, non può nascondersi che le riunioni in loco
(anche due-tre alla settimana) utilizzate per informare su obiettivi, andamento
dei dati (quasi sempre negativi e addebitati all’incapacità della forza lavoro)
e per l’esercizio delle citate pressioni, sottraggono tempo prezioso agli
addetti che, in genere nell’ultima ora della giornata lavorativa e nella prima
dell’eventuale straordinario, riescono a svolgere il miglior lavoro per la
tranquillità che si crea dopo la chiusura al pubblico.
Durante le riunioni e nei colloqui dei Responsabili
con i singoli dipendenti vengono prospettate poi, in mancanza dei risultati che
l’Azienda ha prefissato, conseguenze non bene definite che si possono leggere
facilmente come trasferimenti e spostamenti vari.
L’attività lavorativa, già sottoposta agli illegali
controlli a distanza, diventa così un autentico “incubo” per gli addetti.
Le
scriventi ritengono inoltre che, effettuare un viaggio fuori sede per sentire
una reprimenda, non faccia parte del rapporto di lavoro di un impiegato, a meno
che non si tratti di gravi infrazioni disciplinari.
7) MOBBING
L’ultima pratica adottata dai Responsabili di Zona è
quella di comunicare agli addetti che non vendono in quantità adeguata, che non
c’è alcun problema a pronunciarsi sinceramente sulla propria inadeguatezza a
coprire la posizione: si troverà un altro utilizzo per la risorsa (“quale e
dove” sono già una velata minaccia).
Un’autodenuncia quindi, che rappresenta non
un’alternativa lasciata all’impiegato, ma un atto grave di mobbing
dell’Azienda.
Dovrà essere il “censore” ad addebitare al soggetto
l’inattitudine alla posizione, dimostrandola con elementi oggettivi e non solo
numerici, rendendosi responsabile del provvedimento!
Questi inauditi sistemi dunque hanno causato dei
problemi di salute a numerosi colleghi, e sono in continuo aumento.
Amaramente, bisogna costatare che elementi giovani e
d’ottimo valore vengono demotivati gravemente e plasmati irrimediabilmente in
un atteggiamento privo d’entusiasmo e di fiducia, pur essi ritenendo che il
tipo di lavoro in sé potrebbe essere piacevole ed interessante.
Le conseguenze per l’Azienda possono essere serie:
dalla gestione irrazionale e controproducente per sé stessa e per il complesso
della sua forza lavoro, alla perdita d’immagine, all’onere di possibili
contestazioni giuridiche di una certa importanza.
7)
SICUREZZA
Le titolarità interne conseguenti alla Legge 626 non
sono aggiornate e non sono rese note al Personale. Se l’argomento relativo alla
portata di questa legge presuppone una trattazione specifica da rinviare ad
altra sede, si rammenta altresì che la sicurezza all’interno delle Filiali in
merito all’accesso a locali riservati o locali forti risulta alquanto precaria.
Desta comunque sempre maggiore preoccupazione
l’incremento di fatti criminosi perpetrati ai danni delle nostre filiali,
dovuti sicuramente alla palese mancanza di adeguati sistemi antirapina e alla
sottovalutazione da parte dell’Azienda dell’aumentata incidenza di questi
eventi sul territorio, che per puro “miracolo” non hanno portato a gravi
conseguenze per l’incolumità del Personale e della Clientela.
Il regolamento di cassa della ex-Comit, non è mai
stato sostituito da altro documento di Banca Intesa, strumento ritenuto
essenziale per l’attività di sportello.
8)
DOVERE
DI COLLABORAZIONE
Al generale senso di collaborazione espresso dal
tutto il Personale nello svolgimento giornaliero dell’attività, specialmente
nei recenti contesti di fusioni e di cambio delle procedure e dei sistemi
informatici, non corrisponde altrettanta collaborazione da parte
dell’Azienda nel supportare logisticamente e strutturalmente l’attività di
Filiale.
Ciò si estrinseca con la cronica mancanza di materiale di supporto all’attività lavorativa (modulistica, cancelleria etc.) e, cosa ben più grave, con la crescente inadeguatezza del servizio di pulizia.
Anche questi sono fattori visibili di qualità
della prestazione commerciale e lavorativa.
I principi ispiratori del Piano d’Impresa in atto,
le direttive del CEO, la filosofia d’azione del Centro di Governo, non sono, ad
avviso delle Scriventi interpretate correttamente dalle Strutture Territoriali
che, in pratica ne travisano l’applicazione; lo fanno soprattutto con un
intollerabile atteggiamento nei confronti del Personale, in particolare con
quello dell’area commerciale.
Non bisogna dimenticare che, in relazione ai recenti
devastanti avvenimenti economico finanziari che hanno sconvolto il paese, la
clientela, preoccupata e spaventata, si rivolge alla banca con rabbia e
sfiducia, arrivando a ingiuriare chi è deputato ad accoglierla. In questo
contesto le Direzioni, invece di supportare i propri collaboratori che stanno
significativamente limitando i danni, insistono con pressioni indebite e
miopi, a spingere prodotti ritenuti
dall’Azienda ad alto valore aggiunto piuttosto che modulare l’offerta alle
reali esigenze della clientela.
Si ha l’impressione che l’attività commerciale primaria sia mirata al solo raggiungimento di “obiettivi reddittuali” di breve periodo, senza definire una strategia precisa per il futuro, che sia fattore di una crescita e di una stabilità effettivamente ricercate. In un momento simile sarebbe più ragionevole non procurare ulteriore incertezza e sfiducia.
I vertici aziendali per primi dovrebbero vegliare su chi travisa la razionalità commerciale con gli obiettivi statistici temporali compromettendo la dignità degli addetti e la possibilità di esercitare la professionalità della forza lavoro con serenità e senza assurde vessazioni.