“NESSUNA SPONDA ALL’ABI”

le=”text-align: center”>Bancari pronti alle barricate per difendere l’ammortizzatore sociale Fabi, nessuna sponda all’Abi sul Fondo

(da Milano Finanza di martedì 23 novembre 2010)
di Mauro Romano
La rottura con l’Abi sul fondo di sostegno al credito è di quelle pesanti. Lando Maria Sileoni, Segretario Generale della FABI, la federazione autonoma dei bancari, a pochi giorni di distanza dalla dichiarazione di Francesco Micheli sull’intenzione di procedere verso lo scioglimento unilaterale del fondo, lancia un avvertimento alla controparte: «le trattative sindacali non sono una partita a biliardo, dove, giocando con la stecca, si cerca la sponda del tavolo. Noi non siamo disponibili ad offrire sponde. Il confronto deve essere chiaro, leale, trasparente anche nel metodo. Vale per tutti gli interlocutori».
Domanda. La trattativa è già saltata?
Risposta. Se una parte, in un negoziato, esprime una forte posizione di rottura (come quella del preteso scioglimento del Fondo) dà un netto segnale di arroganza, ma, poi, anche di miopia politica. La vera discontinuità è la non-ragionevolezza della posizione espressa da Abi. Non si pu ò cancellare unilateralmente, con un colpo di spugna, un istituto di protezione sociale (il fondo di Solidarietà) che trova il suo presupposto tecnico- giuridico in un accordo collettivo recepito da un Decreto Ministeriale. Tema ben diverso è quello di eventuali deroghe negoziate e condivise consensualmente dalle parti contraenti. Ma senza capricci e pregiudiziali. Posso citare, come esempio, un’ipotesi, tutta da verificare, di revisione concordata della durata della permanenza nel fondo, ipotesi che la Delegazione Abi ha respinto .
D. Ma se l’Abi insiste, che cosa succede?
R. La pretesa cancellazione del Fondo non esiste in natura: il solo pensarla è un atto di ostilità verso il sindacato, ma soprattutto verso i dipendenti. Che pone in fortissimo attrito le banche coi loro stessi collaboratori, inficia la buona fede di chi ha negoziato le uscite volontarie, si ripercuote sul clima aziendale. Insomma un disastro. Le stesse forze politiche e ministeriali (economia, welfare) non possono certo considerare positivamente l’apertura di un nuovo fronte sociale attraverso l’attacco all’occupazione del sistema bancario in un momento come questo, già gravato da pesanti vertenze. Le stesse autorità di Vigilanza (Governatore Draghi in primis), non dimentichiamolo, soltanto due settimane fa hanno auspicato la conferma dei precari negli istituti di credito. Anche l’Abi, coacervo di interessi talora divergenti e difficili da tenere uniti tra grandi istituti, gruppi e piccole Banche, rischia un isolamento politico che, poi, sarà difficile mascherare con presunte azioni di lobbing sul Parlamento.
D. Puntate ad isolare la controparte?
R. Il sindacato non pu ò essere irriso da chi vanta una presunta «superiorità intellettuale» e poi, rischia, come Abi, di utilizzare dati artificiosamente costruiti per gonfiare gli effetti negativi della crisi. Tutto ha un costo: anche la perdita di credibilità del sistema ha un costo, altissimo. Da un lato si rassicurano le Istituzioni internazionali, il governo e il Parlamento dicendo che la crisi è sotto controllo e le Banche italiane sono solide, ancora più solide delle altre europee e poi, per coerenza, si agita lo spettro della crisi per dire ai lavoratori delle Banche italiane che la situazione è talmente grave ed insostenibile da richiedere addirittura lo scioglimento dell’ammortizzatore sociale di settore.
D. Magari sono partiti pesanti per poi trattare. Non crede?
R. Un negoziato serio deve avere modalità di svolgimento ed obiettivi chiari, verificati preventivamente nella loro effettiva percorribilità. Siamo alle porte del rinnovo del CCNL di categoria, non ci piace affatto l’utilizzo del metodo rugbistico «spallate e sportellate». è compito di chi negozia saper fare sintesi nel proprio campo, senza inganni e senza appiccare il fuoco a tutta la città per invocare l’arrivo dei pompieri. La storia della Guerra di Troia insegna.
(riproduzione riservata)
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