iv>La FABI gioca d’anticipo. Prima che subentri qualche grande Gruppo nell’azionariato della Cassa di risparmio di Rimini (Carim), in amministrazione straordinaria dallo scorso ottobre, la segreteria provinciale riminese del nostro sindacato ha lanciato una proposta: dare la possibilità ai lavoratori della banca di acquistare azioni Carim e di costituire, così, uno zoccolo duro di azionisti locali che permetta all’istituto di credito di rimanere radicato sul territorio.
Un escamotage utile per garantire la “riminesità” della Cassa ed evitare l’avvio di eventuali riorganizzazioni- derivanti dall’ingresso di nuovi soci esterni alla provincia- che potrebbero portare a processi di mobilità del personale o alla mancata conferma degli apprendisti.
“Per ora”, rassicura Giuseppe Taddia, coordinatore provinciale di FABI Rimini, “i posti di lavoro non sono messi in discussione. Sicuramente per ò banca Carim, attualmente commissariata, a breve sarà costretta a far entrare nel suo capitale sociale nuovi azionisti. La Fondazione Cassa di risparmio di Rimini, che detiene il 70% dell’istituto, dovrà, in base alle regole di Bankitalia, abbandonare parte delle sue quote.
è proprio a quel punto che potranno entrare in gioco i lavoratori. Il nostro obiettivo è di acquistare tra il 20 e il 25% delle azioni della banca”.
Se infatti queste quote- è il ragionamento di Taddia- saranno acquisite da grandi gruppi bancari, il rischio sarà quello di vedere accorpate diverse filiali e di assistere al trasferimento di parte del personale in altre regioni.
Secondo la FABI, i dipendenti di Carim, circa 800, potrebbero rilevare le azioni della banca utilizzando parte del loro Tfr. La proposta verrà formalizzata ai commissari dell’istituto di credito alla prossima riunione di lunedì 20 dicembre. Successivamente sarà sottoposta al vaglio dei lavoratori che saranno liberi di aderire o meno al piano di sottoscrizione.
Intanto è già stato scelto il nome di colui che si farà garante del progetto di azionariato popolare. Si tratta di Paolo Conti, riminese, figura di alto profilo, già direttore nazionale del Caf Acli.
“Rappresenterà tutti i dipendenti azionisti”, dice Taddia, “nel caso entri nel cda della banca, ha già fatto sapere che rinuncerà a qualsiasi compenso”.
Il commissariamento della Cassa di risparmio di Rimini è stato disposto da Bankitalia lo scorso ottobre per le ingenti perdite patrimoniali accumulate dall’istituto nell’ultimo anno (sono stati bruciati 30milioni di euro) e per alcune gravi irregolarità e inadempienze riscontrate nell’amministrazione e nell’attività di direzione.
L’acquisto delle azioni da parte dei dipendenti sarebbe dunque l’unico modo per garantire il radicamento della banca sul territorio e mantenerne intatti i livelli occupazionali.
“La Carim, che ha alle spalle oltre 150 di storia come principale istituto di credito della Romagna, che ha finanziato la ricostruzione di Rimini e provincia, facendo crescere e prosperare l’economia locale”, tuona Taddia, “deve rimanere in mano ai riminesi”.
“Spiace per ò constatare”, conclude il coordinatore con una nota polemica, “che la FABI sia stata l’unica organizzazione sindacale a lanciare un piano di azionariato popolare per salvare la banca e i lavoratori. L’idea, infatti, non ha incontrato il favore degli altri sindacati. Ma, nonostante ci ò, siamo intenzionati ora più che mai a portarla avanti con la nostra consueta determinazione. In gioco c’è il futuro di centinaia di riminesi”.