Il 10 ottobre i lavoratori incroceranno le braccia in tutte le aziende del Gruppo. Lo sciopero proclamato dalla FABI e dagli altri sindacati contro le pressioni commerciali, le esternalizzazioni, l'azzeramento degli inquadramenti
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UNICREDIT, SI VA ALLO SCIOPERO

Il 10 ottobre i lavoratori incroceranno le braccia in tutte le aziende del Gruppo. Lo sciopero proclamato dalla FABI e dagli altri sindacati contro le pressioni commerciali, le esternalizzazioni, l’azzeramento degli inquadramenti
UNICREDIT, SI VA ALLO SCIOPERO
Il 10 ottobre i dipendenti del Gruppo Unicredit sciopereranno per tutto il giorno. Contestualmente a Palermo, Milano e Roma saranno organizzate tre manifestazioni nazionali a sostegno della protesta. Lo sciopero, il primo dopo la recente ristrutturazione di Gruppo ONE4C, è stato indetto dalla FABI e dalle altre organizzazioni sindacali del credito per protestare contro le esternalizzazioni, ultima delle quali quella dell'HR Shared Service Center, ceduto ad una Newco controllata da un'azienda non bancaria (Helwet Packard), l'imminente azzeramento dei contratti integrativi dei lavoratori di UCBP, UGIS E URE, aziende in predicato di esser fuse in un'unica società, UBIS , le pressioni commerciali, la carenza di personale nella rete, e l'azzeramento delle normative in materia d'inquadramenti.
I sindacati hanno inoltre annunciato la sospensione delle relazioni sindacali in tutte le aziende del Gruppo e a tutti i livelli.
"L'esternalizzazione dello HR SSC e l'azzeramento della normativa sugli inquadramenti", dichiarano in un volantino unitario i sindacati, "rappresentano una rottura nel rapporto con i Lavoratori, nelle modalità di gestione delle problematiche aziendali e nelle relazioni sindacali, rottura tanto più grave in considerazione delle difficoltà vissute dal Gruppo in un contesto di crisi economica globale che viceversa necessiterebbe di un atteggiamento aziendale diametralmente opposto".
Particolarmente sentito anche il problema della mancanza di personale con conseguente aumento dei carichi di lavoro per i dipendenti rimasti in servizio, vissuto soprattutto dalla rete.
"Questa carenza di organico" spiega Angelo Di Cristo, coordinatore nazionale Fabi in Unicredit, "è stata determinata dagli imponenti piani d'esodo avviati dall'azienda a partire dal 2007, dalla fusione con Capitalia. In quattro anni sono usciti quasi 10mila lavoratori e questo ha creato rilevanti problemi organizzativi soprattutto sulla rete. I lavoratori hanno già pagato il costo delle riorganizzazioni - conclude la Fabi - e non sono disposti ad accettare ulteriori tagli nel prossimo futuro".
Un avvertimento in vista del prossimo piano industriale.

v style=”text-align: justify”>Milano 22/09/2011

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