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Oggi è ufficialmente partita la procedura per gestire le ricadute del Piano strategico Unicredit 2011-15.
Da questo momento in poi i sindacati hanno 50 giorni di tempo per raggiungere un accordo con la controparte.
Al primo incontro con l’azienda, che segna l’inizio della trattativa e che si è svolto questa mattina a Milano, era presente anche Il Coordinamento FABI in Unicredit.
Netta la bocciatura del nuovo piano strategico.
“Siamo fortemente contrari all’utilizzo dello strumento delle uscite/esodi quale unica soluzione per la riduzione dei costi e ci opporremo, pertanto, in ogni modo a questa ennesima operazione di macelleria sociale che il piano in oggetto prevede ed anche a quelle forme di uscite mascherate che sono le esternalizzazioni di attività e lavoratori”, ha dichiarato il Coordinamento FABI al country manager per l’Italia di Unicredit, Gabriele Piccini, e ai Responsabili del personale di tutte le divisioni del Gruppo.
Il Coordinamento, come già fatto la scorsa settimana dal Segretario generale della FABI, Lando Maria Sileoni, ha duramente criticato le misure messe in campo dall’azienda per ridurre i costi di gestione.
“Purtroppo riscontriamo che anche in questo Piano Strategico, come già avvenuto un anno fa con l’accordo del 18/10/2010, l’unica leva di contenimento dei costi è rappresentata da un ulteriore taglio del personale e riduzione delle tutele e delle garanzie previste dall’attuale Contratto collettivo nazionale in termini di inquadramenti, flessibilità , fungibilità, mobilità, ferie, ex-festività.”
“Quindi ancora una volta assistiamo ad un’operazione che vede coinvolti i soli colleghi appartenenti alle Aree Professionali e Quadri Direttivi”.
“Riscontriamo tuttavia”, sottolinea il Coordinamento FABI, “la completa assenza di politiche di contenimento dei costi relativi al top management, che risulta essere il primo responsabile dell’andamento certamente non brillante delle performance del Gruppo e della banca in particolare.
Una classe dirigente numericamente doppia rispetto agli altri gruppi bancari in Italia, le cui retribuzioni e benefit non sono stati mai minimamente intaccati dalla crisi finanziaria”.
“Quello stesso management più o meno rimescolato responsabile nel corso degli ultimi anni di continui e spericolati riassetti organizzativi i cui risultati negativi sono sotto gli occhi dei lavoratori, del mercato e dell’opinione pubblica”, ha concluso il Coordinamento.
In base al nuovo piano strategico, fino al 2015 dovranno uscire circa 3.500 lavoratori che in questo arco di tempo matureranno i requisiti pensionistici, un numero che si va ad aggiungere ai già 4mila esuberi derivanti dal Progetto Banca Unica del 2010.
Per un totale di 7.500 uscite.
“Un numero spropositato che non siamo minimamente disposti ad accettare”, ha rincarato la dose il segretario nazionale della FABI, Mauro Morelli.
“Chiediamo al Gruppo una drastica riduzione degli esuberi e che le uscite avvengano solo su base volontaria, prassi da sempre seguita in Unicredit”.
“Il Ceo Federico Ghizzoni ambisce a fare di Unicredit la più grande banca commerciale del Paese, un obiettivo da noi condiviso, ma questi tagli”, ha fatto notare Morelli, “rappresentano l’ennesimo colpo di grazia alla rete, già privata duramente negli ultimi anni, prima con le 15mila uscite di Capitalia, poi con le successive, di importanti professionalità”.
“Ben altri sono gli strumenti che il Gruppo dovrebbe utilizzare per ridurre i costi di gestione”, ha sottolineato il Segretario nazionale, “dovrebbe tagliare salari discrezionali, bonus faraonici e sistemi incentivanti irragionevoli al top management e le inutili consulenze, ed evitare operazioni non strategiche, che in passato hanno soltanto danneggiato l’azienda”.
“Confidiamo, comunque, nel buonsenso del Ceo Ghizzoni e auspichiamo che con senso di responsabilità sappia ricondurre il numero delle uscite entro limiti accettabili”, ha concluso Morelli.
Milano 24/11/2011