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I lavoratori del Fonspa tornano a farsi sentire. Oggi una delegazione sindacale della FABI e delle altre sigle del credito ha manifestato davanti alla Borsa di Milano, facendo volantinaggio, in occasione dell’evento “Oscar dei bilanci”, manifestazione che ha chiamato a raccolta diversi banchieri italiani, tra cui Domenico Siniscalco, presidente di Morgan Stanley Italia, azionista unico del Fonspa.
Giunto in Piazza Affari nel pomeriggio per partecipare alla cerimonia, Siniscalco è stato letteralmente “placcato” dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali.
“Abbiamo simbolicamente dato al Presidente di Morgan Stanley l’oscar dell’irreperibilità, visto che sono 4 anni che chiediamo invano un incontro con lui per discutere del futuro lavorativi dei 150 dipendenti del Fonspa. Alle nostre domande, ancora una volta Siniscalco ha dato risposte evasive, limitandosi a dire che quando arriverà un acquirente pronto a rilevare la nostra banca saremo i primi ad essere informati”, ha raccontato Vittorio Saccoman, sindacalista della FABI presente alla manifestazione
“Ma questo”, ha sottolineato Saccoman, “non ci basta: pretendiamo precise garanzie occupazionali per i lavoratori e sul tema non siamo disposti ad arretrare di un millimetro”.
Una storia difficile quella del Fonspa (Credito Fondiario): l’istituto un tempo di proprietà delle tre banche d’interesse nazionale, Banca di Roma, Banca Commerciale italiana e Credito italiano, è stato venduto nel 2000 a Morgan Stanley, diventando un’azienda di credito leader nel comparto dei mutui e delle cartolarizzazioni.
“Con noi Morgan stanley si è arricchita”, ricorda Saccoman, “nel 2000 abbiamo supportato la più grande operazione di cartolarizzazione europea”.
Poi nel 2008, quando in America ha cominciato a imperversare la crisi dei mutui subprime e molte banche sono state travolte dall’onda lunga del dissesto finanziario, Morgan Stanley ha deciso di mettere in vendita il Credito fondiario, di fatto azzerandone l’operatività.
“Nonostante”, precisa il rappresentante sindacale della FABI, “fossimo un’azienda florida dal punto di vista economico e disponessimo di professionalità di prim’ordine. Ma tant’è: ad oggi la banca è diventata una scatola vuota e i suoi 150 dipendenti, ormai da ben 4 anni, non sanno che fine faranno”.
“Come FABI”, conclude Saccoman, “possiamo per ò dire con certezza che lotteremo fino in fondo affinché questo istituto venga salvaguardato e torni ad esser un punto di riferimento per l’economia reale. Per questo continueremo con le nostre iniziative, sia politiche che di protesta, a mantenere alta l’attenzione delle istituzioni sulla nostra vertenza”.
Roma 01/12/2011