Continua la trattativa sugli esuberi con Banca Monte Parma - Gruppo Intesa Sanpaolo. Prossimi incontri fissati il 12 e il 13 gennaio. Le proposte dei sindacati per risanare la banca: sì a sacrifici, ma finalizzati a integrazione. No ai licenziamenti. Le uscite siano solo volontarie
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MONTE PARMA, LA FABI RIBADISCE: NO A USCITE OBBLIGATORIE

Continua la trattativa sugli esuberi con Banca Monte Parma – Gruppo Intesa Sanpaolo. Prossimi incontri fissati il 12 e il 13 gennaio. Le proposte dei sindacati per risanare la banca: sì a sacrifici, ma finalizzati a integrazione. No ai licenziamenti. Le uscite siano solo volontarie
MONTE PARMA, LA FABI RIBADISCE: NO A USCITE OBBLIGATORIE

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Continua la trattativa sugli esuberi in Banca Monte Parma, l’istituto in crisi che da luglio è entrato nell’orbita del Gruppo Intesa Sanpaolo.
Meno di un mese fa il Gruppo Intesa ha fatto partire le procedure della legge 223/91 sui licenziamenti collettivi. E proprio ieri c’è stato un nuovo incontro per giungere a un accordo tra sindacati, FABI in testa, e vertici aziendali, al quale ha partecipato anche il Segretario nazionale della FABI, Luca Bertinotti.
La FABI ha ribadito che non è disposta ad accettare alcun licenziamento: dunque no categorico all’utilizzo del Fondo emergenziale, ai pensionamenti e pre-pensionamenti obbligatori e alla mancata conferma dei 41 apprendisti al momento in organico.
“Paletti” controbilanciati, comunque, da proposte costruttive finalizzate al risanamento della banca.
“Abbiamo chiesto”, spiega Franco Savi, rappresentante sindacale aziendale FABI in Banca Monte Parma, “che gli esodi e i pensionamenti avvengano soltanto su base volontaria e con precise garanzie, anche alla luce delle novità introdotte dalla riforma Monti. La volontarietà delle uscite, del resto, è stato da sempre un criterio seguito in Intesa Sanpaolo”.
“Quanto ai sacrifici per ripianare il passivo accumulato dall’azienda”, continua Savi, “vogliamo che questi siano limitati nel tempo e che siano misure sostenibili orientate a un serio e concreto rilancio della banca. Abbiamo quindi proposto alla controparte di accogliere le molteplici richieste di part time avanzate dai dipendenti: un’operazione che comporterebbe una diminuzione del costo del lavoro senza avere impatti traumatici sui lavoratori”.
“Infine”, conclude Savi, “abbiamo sollecitato Intesa ad estendere quanto prima ai dipendenti del Monte Parma l’applicazione degli accordi aziendali di Gruppo e a darci precise garanzie di investimenti per lo sviluppo della banca e per la valorizzazione del personale”.
L’incontro, secondo fonti sindacali, non ha avuto toni aspri: la controparte ha ascoltato le proposte dei sindacati e ha fissato due nuove giornate di confronto, previste per il 12 e il 13 gennaio.
Secondo i termini di legge, c’è tempo fino al 20 gennaio per raggiungere un accordo. Qualora ci ò non dovesse avvenire, si aprirebbe il tavolo di mediazione ministeriale.
Monte Parma Story. La vertenza Monte Parma va avanti ormai da luglio, da quando il gruppo Intesa Sanpaolo ha rilevato il controllo dell’istituto.
Il Gruppo ha sin dall’inizio mostrato la faccia feroce, dicendo di essere intenzionato a licenziare circa 100 lavoratori su 600 in organico, per ripianare il passivo di 47,5 milioni di euro che l’istituto parmigiano ha accumulato negli ultimi 6 mesi.
Di questi 100 lavoratori, secondo le intenzioni dei vertici, 80 sarebbero dovuti essere collocati obbligatoriamente in pensione o pre-pensionamento, mentre per gli altri 20 si sarebbero aperte le “porte” del Fondo emergenziale. Infine nessuna conferma prevista per i 41 apprendisti assunti dall’azienda.
Richieste portate avanti con inusuale intransigenza dal Gruppo Intesa, che hanno causato, il 15 novembre scorso, la rottura della trattativa con i sindacati. Successivamente il Gruppo ha disdettato il contratto integrativo aziendale e ha avviato la procedura prevista dalla legge sui licenziamenti collettivi.
Un’azione duramente stigmatizzata dalla Segreteria nazionale della FABI, che il 3 dicembre scorso in un comunicato stampa non ha risparmiato attacchi ai vertici di Intesa.
“Per i suoi effetti dirompenti la decisione del Gruppo”, scriveva la FABI in una nota data 3 dicembre, “rischia inoltre di avere ripercussioni per l’intero settore, coinvolto come non mai dal difficilissimo momento congiunturale, alla vigilia del rinnovo del contratto nazionale di lavoro”.
“La Segreteria Nazionale della FABI, stigmatizzando tale decisione, è quindi impegnata a ripristinare le condizioni per un confronto civile e rispettoso dei diritti e della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici della Banca del Monte di Parma”.
“A questo fine”, aveva ammonito la Segreteria, “intraprenderà ogni azione utile, comprese quelle legali, coinvolgendo le altre Organizzazioni Sindacali rappresentative del Credito”.
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