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UBI, QUANDO FUSIONE NON FA RIMA CON RAZIONALIZZAZIONE

Presentato oggi a Bergamo lo studio a cura della FABI “UBI tra passato e futuro: l’evoluzione del Gruppo nei primi cinque anni”. Dal 2007 ad oggi la “scure” si è abbattuta sui dipendenti, ma non su consulenze e compensi degli amministratori
UBI, QUANDO FUSIONE NON FA RIMA CON RAZIONALIZZAZIONE
Una razionalizzazione dei costi pagata soprattutto dai soliti noti: i lavoratori. Molto meno dai vertici e dai consulenti esterni. Questi gli effetti della maxi fusione che ha portato alla nascita del Gruppo UBI, quinto gruppo bancario italiano, costituitosi nel 2007 dall'unione di Banche Popolari Unite e di Banca Lombarda.

è quanto emerge dallo studio a cura del Coordinamento FABI del Gruppo UBI (autrice Monica Brunetin) "UBI tra passato e futuro: l'evoluzione del Gruppo nei primi cinque anni", presentato oggi a Bergamo presso la Casa del Giovane.

L’analisi, effettuata sui Conti economici consolidati riclassificati al netto delle più significative componenti non ricorrenti del Gruppo, evidenzia che dal 2007, anno della fusione, al 2011 le spese per il personale sono diminuite dell’8,7%. Sono, invece, calate soltanto dell’1,5% le spese per le consulenze esterne.

Anche nel 2011, nel confronto fra i principali 5 Gruppi bancari, UBI conferma il suo triste primato negativo sulle voci “compensi amministratori/sindaci su spese del personale”, “compensi amministratori/sindaci su proventi operativi” così come quello “compensi amministratori/sindaci su numero medio dei dipendenti”.

Quanto agli utili, la performance di UBI è stata negativa, sebbene in linea con quella degli altri Gruppi. A fronte di una contrazione degli oneri operativi del 7,1%, i proventi operativi sono calati più che proporzionalmente del 22,4%, con un ovvio deterioramento del cost/income (che si riconferma tra i più alti del sistema).

E nell’ultimo anno? Il trend si conferma invariato. Dal 31 marzo 2011 al 31 marzo 2012 il Gruppo ha diminuito le spese sul personale di 3,5 milioni di euro, mentre sono nettamente aumentati i costi delle altre spese amministrative, lievitati di 4,7 milioni di euro (di cui ben 4,4 milioni per consulenze esterne).

“Lo studio”, ha commentato Attilio Granelli, Segretario nazionale FABI “evidenzia che sussistono ancora diverse carenze nella gestione del Gruppo. Risultano, infatti ancora troppo elevati i compensi degli amministratori e i costi delle consulenze esterne a fronte di una redditività in netto calo. Per questo la FABI, in vista dell’assemblea dei soci del 2013, chiede ai lavoratori di partecipare attivamente al voto. Solo così potranno avere voce in capitolo sulla scelta di un nuovo Consiglio di Sorveglianza lungimirante e attento alle esigenze del personale e del tessuto produttivo locale. Come FABI”, ha concluso Granelli, “sosterremo solo la lista che dichiarerà apertamente nel proprio programma sostegno all’occupazione, al territorio e allo sviluppo e alla crescita del Gruppo. Qualora i candidati non soddisfino le nostre aspettative, valuteremo se scendere in campo con una nostra lista”.

“La crisi economica che abbiamo di fronte impone di cambiare, se non stravolgere, abitudini ormai non più sostenibili. L’austerità deve riguardare tutti, a partire dalle cariche più alte”, ha dichiarato Paolo Citterio, Coordinatore FABI del Gruppo Ubi, “Tutto il Sistema bancario si sta riorganizzando, in alcuni casi anche con soluzioni traumatiche. Ubi non pensi ad esternalizzazioni o a licenziamenti: con i necessari sacrifici tutti devono mantenere il posto di lavoro nel perimetro del Gruppo.”

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