L'azienda vuole 700 esodi e 2.500 part time obbligatori. La FABI e le altre organizzazioni dicono no e indicono assemblee dei lavoratori in tutta Italia per preparare la mobilitazione. Sileoni: "è un'aberrazione. Tagliare piuttosto le rendite di posizione del management"">

UBI, ROTTA LA TRATTATIVA SUGLI ESUBERI

L’azienda vuole 700 esodi e 2.500 part time obbligatori. La FABI e le altre organizzazioni dicono no e indicono assemblee dei lavoratori in tutta Italia per preparare la mobilitazione. Sileoni: “è un’aberrazione. Tagliare piuttosto le rendite di posizione del management”
UBI, ROTTA LA TRATTATIVA SUGLI ESUBERI
Rotta la trattativa sul piano di riorganizzazione nel Gruppo Ubi. Dal prossimo lunedì saranno indette assemblee dei lavoratori in tutta Italia per valutare possibili azioni di mobilitazione contro l'azienda.

A scatenare lo strappo la proposta che i vertici hanno presentato oggi ai sindacati. Il Gruppo si è detto disponibile a rinunciare all'applicazione di deroghe al contratto nazionale e agli accordi aziendali, come ventilato inizialmente, a patto che 700 lavoratori siano collocati sul Fondo esuberi e ad altri 2500 sia applicato il contratto di lavoro part time, di fatto su base obbligatoria.

“Sono richieste inammissibili, che creerebbero un precedente pericoloso per tutto il sistema”, ha dichiarato Attilio Granelli, Segretario nazionale FABI, “a queste condizioni non siamo disponibili a trattare”.

Il piano di riorganizzazione era stato presentato a fine luglio: inizialmente si parlava di 1578 esuberi per raggiungere un obiettivo di taglio strutturale del costo del lavoro di 115 milioni di euro.

La proposta iniziale dell’azienda prevedeva l’attivazione del Fondo di Solidarietà e del part time e una serie di deroghe al contratto nazionale, su banca ore, straordinari, ex festività, ferie e missioni, e su quello aziendale in tema di inquadramenti, automatismi, indennità di mobilità, ticket pasto, rimborso kilometrico, premi fedeltà.

“Nessuna deroga al contratto”, aveva tuonato la FABI. Nell’incontro di oggi l’azienda ha ritirato la proposta ma a caro prezzo: uscite e part time obbligatorio per i lavoratori.

Un aut aut che le organizzazioni sindacali, FABI intesta, hanno prontamente rispedito al mittente.

L’affondo di Sileoni. “I 115 milioni di euro di riduzione dei costi richiesta dal Gruppo Ubi”, ha attaccato il Segretario generale della FABI, Lando Maria Sileoni, “rappresentano un’aberrazione, in quanto, come più volte giustamente rivendicato dall’Amministratore delegato Victor Massiah, l’azienda nel suo complesso, pur in presenza di problemi da risolvere, non si trova nelle condizioni negative di altri gruppi bancari”.

“La delegazione aziendale conosce perfettamente il nostro no a livello di sistema sui prepensionamenti obbligatori, così come affrontare una trattativa con le organizzazioni sindacali a senso unico senza entrare nel merito delle rendite di posizione del top management e delle prebende dei numerosi consiglieri d’amministrazione risulta impraticabile. Vogliamo una riduzione netta dei costi di struttura dei consigli di gestione, sorveglianza e amministrazione e una loro significativa riduzione numerica, così come vogliamo capire a quanto ammontano le consulenze esterne e le sponsorizzazioni, argomenti che devono essere messi, questi, sul tavolo della trattativa per un trasparente confronto con le organizzazioni sindacali”, ha concluso il leader della FABI.

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