Il Segretario Generale Sileoni a Repubblica.it, Libero e Milano finanza: «Chiediamo 3 cose ai vertici: approfondimento tecnico giuridico del modello proposto, riscontro formale di Bankitalia e possibilità di avviare discussione dentro la FABI e con i lavoratori»
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BPM, LE CONDIZIONI DELLA FABI PER POTER VALUTARE LA NUOVA GOVERNANCE

Il Segretario Generale Sileoni a Repubblica.it, Libero e Milano finanza: «Chiediamo 3 cose ai vertici: approfondimento tecnico giuridico del modello proposto, riscontro formale di Bankitalia e possibilità di avviare discussione dentro la FABI e con i lavoratori»
BPM, LE CONDIZIONI DELLA FABI PER POTER VALUTARE LA NUOVA GOVERNANCE

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Il Segretario Generale Sileoni a Repubblica.it, Libero e Milano finanza: «Chiediamo tre cose ai vertici: un approfondimento tecnico giuridico del modello di governance proposto, un riscontro formale di Bankitalia e la possibilità di avviare una discussione all’interno della FABI e con i lavoratori». I servizi sono di Puledda, De Dominicis e Gualtieri
MF-MILANO FINANZA mercoledì 13 febbraio 2013
Parte la Bpm spa targata Bonomi
L’aspetto mutualistico della vecchia popolare sarà ereditato dalla Fondazione, alla quale potrà essere girato il 5% dei profitti della banca.
Già quest’estate il piano sarà sottoposto all’assemblea
di Luca Gualtieri
La Banca popolare di Milano lancia la volata finale per la nuova governance targata Andrea Bonomi. Ieri i consigli di gestione e di sorveglianza si sono riuniti per avviare la fase decisiva delle discussioni, che dovrebbe trasformare l’istituto di Piazza Meda in un unicum nello scenario bancario italiano.
In particolare il consiglio di sorveglianza «ha deliberato di procedere su un percorso comune di approfondimento», come spiegato in una nota diffusa a borsa chiusa.
Il cambiamento era stato annunciato dallo stesso Bonomi nel dicembre scorso, alimentando una ridda di indiscrezioni e ipotesi che solo in questi giorni trovano le prime conferme. Ora l’obiettivo sarebbe presentare la proposta ai soci in assemblea già in estate, probabilmente già nel mese di luglio. Secondo quanto previsto dalla bozza in 12 pagine recentemente sottoposta ai sindacati, Bpm dovrebbe assumere una governance ibrida, a metà strada tra una cooperativa e una società per azioni. L’aspetto mutualistico della vecchia banca popolare dovrebbe infatti essere ereditato dalla Fondazione Bpm, alla quale potrebbe essere versato il 5% dei profitti della banca, per finanziare attività di formazione e assistenziali dirette a dipendenti ed ex dipendenti.
Dall’altro lato dovrebbe esserci invece la banca guidata dal numero uno operativo Piero Montani, divenuta nel frattempo una società per azioni a tutti gli effetti e dunque non più soggetta agli stringenti vincoli del voto capitario. La trasformazione studiata dai consulenti legali, tra cui il notaio Pier Gaetano Marchetti, garantirebbe inoltre ai dipendenti un certo peso all’interno dell’istituto: a loro infatti verrebbero riservati cinque degli undici posti nel nuovo consiglio di sorveglianza.
Il sistema duale, per il momento, non sembra in discussione, anzi, la bozza di statuto prevede che la Fondazione possa eleggere tre consiglieri di sorveglianza su undici complessivi.
Il progetto sembra insomma uscito dalla sua fase embrionale e la Banca d’Italia avrebbe già espresso indicazioni positive sul lavoro svolto dai vertici. All’orizzonte per ò permangono molte incertezze, come fa notare il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni: «Chiediamo quattro cose ai vertici della banca: un documento ufficiale, un riscontro formale di Bankitalia e la possibilità di avviare una discussione all’interno della Fabi e con i lavoratori», conclude Sileoni.
In ogni caso è assodato che il progetto piace alla borsa, visto che aumenta la contendibilità di Piazza Meda. Lo dimostra il fatto che ieri in Piazza Affari il titolo Bpm ha strappato il 6,74% a 0,57 euro. Sono passati di mano oltre 146 milioni di pezzi, ovvero più del doppio rispetto alla media dell’ultimo mese. (riproduzione riservata)
LIBERO mercoledì 13 febbraio 2013
Bonomi prova lo strappo – Solo alla Borsa piace PopMilano Spa –
Il Consiglio di sorveglianza della banca discute della possibilità di creare una fondazione per i dipendenti e la trasformazione in società per azioni.
Titolo su del 6,7%.
Ma i sindacati puntano i piedi
FRANCESCO DE DOMINICIS
Un numero, su tutto. Quello della Borsa: più 6,7%. Nel giorno in cui Bpm compie il primo passo formale verso la trasformazione in «spa», piazza Affari fa capire che l’addio al modello popolare è la scelta giusta. Il titolo della Banca popolare di Milano è arrivato a quota 0,57 euro. Tuttavia, se i mercati sembrano premiare la strategia del presidente di piazza Meda,Andrea Bonomi, i soci si mostrano un po’ più freddi del previsto. Secondo fonti ben informate, infatti, chi ha partecipato alle due riunioni strategiche in programma ieri mattina a Milano non ha dato l’attesa benedizione al progetto illustrato da Bonomi.
Si tratta probabilmente di tattica.
Un modo come un altro per trovare i giusti equilibri in vista di un passaggio storico non solo per Bpm, ma per l’intero mondo delle banche popolari.
L’idea di Bonomi, illustrata ai membri del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza, si ispira al modello francese del Credit Agricole. Dovrebbe nascere una fondazione all’interno della quale prenderebbero posto i rappresentanti dei dipendenti oltre che delle organizzazioni di categoria e associazioni locali. Un nuovo soggetto a cui verrebbe assicurato un ruolo importante a piazza Meda (specie sul welfare), ma non più decisivo: avrebbe 5 membri nel consiglio di sorveglianza.
Circa il 10% delle “nuove” quote (50mila euro a testa) verrebbero distribuite ai lavoratori-soci parallelamente all’ingresso dei nuovi azionisti con un aumento di capitale. Addio dunque al «voto capitario» salvato dalla riforma appena varata in Parlamento e superato, nel caso Bpm, dall’evoluzione naturale del mercato. Che spinge in questa direzione: secondo Mediobanca, infatti, le discussioni su un cambio di governance potrebbero avere un effetto positivo sul titolo ben oltre il target price già fissato a 0,50 euro.
I giochi, comunque, non sono fatti.
Anzi. Sul via libera finale peserà, ovviamente, la «voce» forte dei sindacati. Fabi e Fiba viaggiano in parallelo.
Le due organizzazioni, per ò, prendono tempo.
«C’è una ragione precisa» dice il segretario generale della Fabi, prima sigla del comparto creditizio, Lando Maria Sileoni. Il quale spiega di voler giocare d’attesa per motivi specifici: «Vogliamo vedere il modello di governance nero su bianco, vogliamo verificare la riforma da un punto di vista e tecnico e giuridico, aspettiamo il parere della Banca d’Italia e, infine, il voto delle nostre assemblee con il coinvolgimento dei lavoratori Bpm». Le quattro condizioni Fabi, dunque, si intrecciano con la posizione di via Nazionale. In pratica, la Fabi vuole mostrare il semaforo verde a Bonomi solo dopo aver incassato l’ok ufficiale di Bankitalia che in passato è intervenuta a gamba tesa più volte proprio a piazza Meda. A palazzo Koch si guarda con fiducia al laboratorio Bpm. Mentre gli addetti ai lavori si interrogano sulla fase 2, l’ipotesi di matrimonio tra PopMilano e Ubibanca. twitter@DeDominicisF
REPUBBLICA.it 12 febbraio 2013
Bpm, parte il confronto nei consigli sul passaggio a società per azioni
La riforma della governance comincia il suo percorso: Fondazione onlus e azioni ai dipendenti i punti-chiave.
Il fattore tempo gioca un ruolo forte: a luglio devono essere rimborsati i Tremonti bond o si paga la cedola maggiorata del 9%
VITTORIA PULEDDA
MILANO – Prima il consiglio di gestione, in mattinata, poi il consiglio di sorveglianza, hanno iniziato ufficialmente le riflessioni sul cambiamento di governance in Bpm; un percorso che dovrebbe portare, nei programmi del presidente-azionista Andrea Bonomi, alla trasformazione della popolare in spa.
Le linee guida sono quelle ormai note. E’ prevista la nascita di una Fondazione con i rappresentanti di dipendenti e pensionati Bpm, che riceverà dalla banca una dotazione iniziale, eleggerà tre (su 11) membri del consiglio di sorveglianza e ogni anno avrà per Statuto il 5% degli utili netti dell’istituto di credito. Ai dipendendenti verrà distribuito, in azioni della nuova spa, il 10% del patrimonio della banca (un po’ meno di 400 milioni, quindi) e in questo modo dovrebbero eleggere, con la lista di minoranza, altri due consiglieri. Infine, il consiglio di sorveglianza dovrebbe dimagrire, a 11 membri, e quello di gestione salire a sette.
Il percorso è appena partito (anche se le riflessioni vanno avanti da tempo) e l’esito non è scontato, ma sotto sotto molti sono tentati dalla trasformazione. Magari, cercando di partecipare il più possibile alla festa: i vari interessi in campo sono molti e tutti agguerriti. Ad esempio dal fronte dei pensionati pare ci sia la voglia di far parte in qualche modo alla spartizione di azioni a titolo gratuito, forti del fatto che hanno partecipato anche loro allo sviluppo della banca.
Altro dettaglio non irrilevante, la Fondazione è prevista sotto forma di onlus, non la classica Fondazione bancaria e dunque non è soggetta al controllo del ministero dell’Economia. Inoltre è chiaro che tutti i passaggi ipotizzati ora devono avere una formalizzazione "forte", per evitare che nuovi Statuti aboliscano con facilità quello che adesso viene concesso.
"Per quanto ci riguarda, le condizioni sono quattro – spiega Lando Sileoni, responsabile nazionale della Fabi – vogliamo avere un documento ufficiale, abbiamo bisogno di un approfondimento giuridico e tecnico, riteniamo necessario sapere con chiarezza cosa ne pensa Banca d’Italia e, infine, occorre interpellare i lavoratori".
Quasi un sì, dunque, nella sostanza, seppure con qualche condizione. Del resto, ricalcando un detto milanese, piuttosto che niente è meglio piuttosto, si sente dire nei corridoi della popolare, un tempo saldamente gestita dall’associazione Amici (e per questo multata da Bankitalia).
Altro elemento da tenere sotto controllo, il fattore-tempo: i sindacati probabilmente vorrebbero spostare le lancette più in là, per poter trattare con la base, Bonomi invece vuole correre, arrivando all’assemblea straordinaria di approvazione della progetto entro il luglio prossimo. Nel frattempo, occorrerà "incastrare" altri fattori di non poco conto: occorrerà infatti che si concluda l’ispezione di Bankitalia (la quale potrebbe essere tentata di non togliere le tende se non vede completamente "normalizzata" la situazione interna) e nello stesso tempo si avvicina la scadenza, sempre a luglio, dei Tremonti bond. Entro quella data, o si restituiscono le obbligazioni al Tesoro (500 milioni) o si paga la cedola maggioranza del 9% di interessi.
Se si dovesse arrivare alla trasformazione in spa, quella potrebbe anche essere l’occasione di un aumento di capitale e quindi anche i Tremonti bond potrebbero entrare a far parte della trattativa complessiva. Per questo, i motivi per fare in fretta si equivalgono alle ragioni della riflessione.
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