ESTERNALIZZAZIONI UNICREDIT, LA FABI NON MOLLA
Martedì l’incontro sindacati azienda per chiarire i termini della procedura di cessione dell’area Infrastructure Management. La FABI: “No al peggioramento delle condizioni professionali”. Il CAE: “Rilancio senza forte riduzione del costo del lavoro”
La FABI non molla sulle esternalizzazioni nel Gruppo Unicredit. E torna a ribadire il suo no fermo a qualunque procedura che determini, nei fatti, un peggioramento delle condizioni normative e professionali dei lavoratori. Sulla stessa lunghezza d'onda, il Comitato Aziendale Europeo di Unicredit, riunitosi in sessione plenaria il 28 maggio, che ha ribadito e rivendicato l'importanza del dialogo sociale, da praticare in tutte le realtà ed in tutti I Paesi in cui il Gruppo Unicredit è presente, riaffermando come i piani di rilancio del Gruppo non possano passare esclusivamente attraverso la forte riduzione del costo del lavoro.
Intanto è già partito, due settimane fa, il processo di esternalizzazione dell'area Infrastructure Management e dei suoi 309 lavoratori, di cui 117 nel polo di Verona, 88 in quello di Milano, 68 a Roma, 17 a Palermo, 12 a Bologna, 5 a Torino, uno a Brescia ed a Ancona. Ed è previsto per martedì 11 giugno il primo incontro sindacati azienda, in cui quest'ultima, chiarirà i termini della procedura che si concluderà già il 1° luglio. Ma la FABI è pronta a dare battaglia.
“Cercheremo di dare tutte le certezze ai lavoratori coinvolti – ha dichiarato Francesco Colasuonno, Segretario Coordinatore FABI UBIS – sia per quanto riguarda i livelli occupazionali e retributivi sia quelli di welfare. Siamo convinti che questi processi non portino ad alcun risparmio né tantomeno ad un miglioramento qualitativo o di evoluzione del credito, almeno a breve termine”.
La Federazione dei bancari è compatta sul punto: difendere l’occupazione in un’azienda solida e grande, in cui sono coinvolti migliaia di lavoratori, è ben altra cosa che difenderla in strutture più piccole con un numero di impiegati sicuramente più ridotto.
“L’azienda ha dimostrato in precedenza – ha proseguito Colasuonno – disponibilità alla contrattazione; già in casi analoghi siamo riusciti ad ottenere garanzie sia occupazionali che di contratto. Ora, intanto dobbiamo capire le intenzioni di IBM nella gestione di questo personale, poi saremo pronti a fare tutte le considerazioni caso per caso. Prima di trovare soluzioni traumatiche, credo ci siano altre strade da percorrere, quale per esempio quello della diminuzione delle consulenze che, soprattutto in UBIS, è particolarmente sentito”.
Va sottolineato che il “caso” UNICREDIT esce da quelli che sono i perimetri nazionali. Il Gruppo, infatti, sta affrontando la stessa situazione nelle UBIS sparse in altri Paesi, dove ad essere coinvolti sono circa 400 lavoratori.
“Sappiamo che poche settimane fa i sindacati tedeschi – ha concluso Colasuonno – hanno firmato un accordo con garanzie sul quinquennio. Noi ci sederemo al tavolo per cercare di migliorare le condizioni”.
Milano 07/06/2013