ASSEMBLEA ABI, LA FABI SULLA STAMPA
I banchieri vogliono di nuovo tagliare il costo del lavoro ma la FABI non ci sta. Leggi la dichiarazione della Segreteria Nazionale su Corriere della Sera, Il Giornale, Il Tempo, MF, Republica.it e su tutte le Agenzie di Stampa
MF-MILANO FINANZA giovedì 11 luglio 2013
E si accende un nuovo scontro tra banchieri e sindacati
di Gianluca Zapponini
Ancora uno scontro Abi-sindacati. Da una parte il presidente dell’associazione dei banchieri, Antonio Patuelli, che ieri nelle sua relazione annuale ha paventato il rischio di ulteriore caduta del reddito degli istituti, con effetti nefasti sull’economia, qualora non si intervenisse tempestivamente sui costi, personale bancario su tutti. «In un’industria ad alta intensità di lavoro come quella bancaria», ha detto Patuelli, «vanno considerate misure, anche di natura temporanea, per ridurre le spese per il personale in rapporto ai ricavi». In questo senso «gli accordi a livello aziendale volti a coniugare flessibilità e solidarietà, contenuti nel contratto nazionale firmato nel 2012, muovono nella giusta direzione», ha proseguito il numero uno di Palazzo Altieri. Data la sfavorevole congiuntura è quindi necessaria maggiore «austerità ed efficienza in tutte le direzioni e bisogna affrontare le nuove sfide con spirito innovativo, con riflessioni profonde che riguardino tutti gli aspetti e le connessioni dell’operatività bancaria in Italia, anche con un nuovo confronto costruttivo fra istituzioni, Associazione bancaria e parti sociali». Le parole di Patuelli non sono piaciute neanche un po’ alla Fabi, il sindacato dei bancari, per il quale la relazione ha rappresentato «l’apoteosi del progetto di creare un’Italia, un’Europa, un mondo, governati dalle banche e dalla finanza, in sostanza dal capitalismo più spinto». Per i sindacati, che accusano l’Abi di aver cambiato rotta sulle relazioni coi sindacati, «l’attenzione di questo progetto alle persone, ai bisognosi, al mondo del lavoro, ai popoli in generale è risultata praticamente inesistente: quelle che per noi sono persone, nel settore bancario vengono definite risorse umane». è paradossale poi che l’equazione per la soluzione dei problemi del settore si concretizzi in «rafforzamento del patrimonio e aumento della redditività-riduzione del costo del lavoro», ha rincarato la Fabi, che ha puntato il dito anche contro la Banca d’Italia, accusata di avallare le tesi dell’Abi. «è stato un attacco chiaro e voluto ai diritti dei lavoratori e a un sistema di relazioni industriali che ha governato il settore negli ultimi anni, ormai ritenuto solo un fastidioso vincolo da eliminare da parte dei banchieri». (riproduzione riservata)
IL TEMPO giovedì 11 luglio 2013
Abi: Italia più povera Visco: pil giù del 2% Il presidente Patuelli: le banche meritano più rispetto. Il caro fisco ostacola il credit
Laura Della Pasqua l.dellapasqua@iltempo.it s
L’Italia si sta impoverendo ma non si possono mettere le banche sul banco degli imputati. Se non riescono a far fronte alla richiesta di prestiti è perchè sono appesantite dall’eccessivo carico fiscale e hanno margini ridotti al lumicino. Il presidente dell’Abi, l’Associazione delle banche italiane, Antonio Patuelli, coglie l’occasione dell’Assemblea annuale per togliersi qualche sassolino dalle scarpe e per lanciare un appello al governo. Troppo spesso le banche sono indicate come irresponsabili delle difficoltà dell’economia reale. Ma, incalza Patuelli, si tratta di «preconcetti». Le banche non possono più essere considerate «un settore ricco». Lo dimostra la forbice tra raccolta di risparmio e impieghi, che «passata dai 300 punti base di prima della crisi ai circa 170 attuali, il margine più basso di tutta l’operatività commerciale di ogni genere in Italia». Quindi basta con i pregiudizi, le banche «non possono essere confuse con chi ha provocato la crisi», afferma il presidente dell’Abi «meritano rispetto per i grandi passi avanti fatti in questo ventennio, per gli investimenti, per l’innovazione. Esemplare, fra gli altri, il ruolo delle Fondazioni, investitori istituzionali stabili e di lunga prospettiva». Per frenare l’impoverimento del Paese e promuovere la ripresa «occorrono sforzi decisive convergenze nuove rafforzate volontà di correzione delle anomalie italiane». Patuelli lamenta il fatto che il comparto «affronta la crisi senza alcun aiuto di Stato e soltanto con i mezzi propri e dei propri azionisti». E per far fronte alle difficoltà, anche le banche, secondo il numero uno dell’Abi, «necessitano più austerità ed efficienza in tutte le direzioni». Parole che hanno fatto scattare l’allarme tra le fila della Fabi, il sindacato autonomo dei bancari: «Nella relazione di Patuelli è emerso un unico obiettivo: ridurre i costi a scapito dei lavoratori». Un atteggiamento che per il segretario nazionale Lando Sileoni esemplifica «un repentino e controproducente cambiamento di rotta che apre di conseguenza una nuova fase di contrapposizione» tra le parti. Patuelli ha poi lanciato una richiesta al governo affinchè «si trovino soluzioni tecniche che dispongano l’integrale deducibilità fiscale delle perdite, conseguenti ai nuovi prestiti, nell’anno in cui fossero evidenziate nel bilancio civilistico». Una richiesta che trova risposta nel successivo intervento del ministro dell’Economia. Il tema è «all’attenzione del governo», ha detto Saccomanni, e «si stanno valutando tutte le opzioni idonee per eliminare le penalizzazioni derivanti dalla vigente disciplina con l’ineludibile rispetto dei vincoli di bilancio». Parlando di conti pubblici, per il numero uno dell’Abi bisogna tagliare il debito con le privatizzazioni, «Non bisogna rassegnarsi all’inevitabilità della crescita del debito pubblico: in una fase di bassi tassi occorre invertire la tendenza e iniziare a ridurre il debito pubblico senza patrimoniali o misure da economia di guerra, ma con accurate privatizzazioni delle proprietà mobiliari e immobiliari dello Stato e degli enti locali che troppo spesso sono anche holding societarie e immobiliari». E in tema di conti, sono arrivatele anticipazioni del Bollettino di Bankitalia da parte del governatore, Ignazio Visco: il Pil nel 2013 diminuirà di quasi il 2%, con una ripresa moderata da fine anno e una crescita debole nel 2014, superiore allo 0,5%. Visco ha anche speso una parola sulle banche popolari, auspicando di fatto per le maggiori il passaggio alla forma di spa. Abi: Italia più povera Visco: pil giù del 2% Il presidente Patuelli: le banche meritano più rispetto. Il caro fisco ostacola il credito Ue La Commissione europea ha accolto la proposta che regolamenta il fallimento ordinato. L’onere delle perdite ricadrà sui banchieri Abi Il presidente Patuelli e il governatore di Bankitalia Visco
LA REPUBBLICA.it 10/07/2013
Patuelli: “Banche meritano più rispetto”. Visco vede il Pil in calo di quasi due punti – Il presidente dell’Abi all’assemblea annuale dell’Associazione delle banche italiane. Sui conti pubblici: “Tagliare il debito con le privatizzazioni”. Messaggio di Napolitano: “Le banche si adeguino per aiutare la ripresa”. Le anticipazioni del governatore sul Bollettino di via Nazionale
All’Abi è arrivato anche un messaggio del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “E’ interesse di tutti gli operatori economici che le banche affrontino le nuove sfide anche attraverso l’adeguamento dei propri assetti ed il miglioramento della produttività aziendale, in modo da fornire il necessario apporto alla ripresa dell’economia”, si legge nella lettera inviata a Patuelli. Anche il premier Enrico Letta ha fatto arrivare la sua voce: “Restituire liquidità alle aziende è il primo passo per uscire dalla crisi e generare sviluppo e lavoro”, ha scritto.
Quanto alla categoria che rappresenta, ecco la rivendicazione di Patuelli: “Le banche in Italia meritano più ispetto, senza preconcetti e senza venire confuse con chi ha causato la crisi, per i grandi passi avanti fatti in questo ventennio, per gli investimenti, per l’innovazione. Esemplare, fra gli altri, il ruolo delle Fondazioni, investitori istituzionali stabili e di lunga prosepettiva”, ha aggiunto Patuelli.
Anche le banche, secondo il numero uno dell’Abi, “necessitano più austerità ed efficienza in tutte le direzioni”. Il motivo è presto detto: “Hanno ridotto all’osso i propri margini: la forbice fra raccolta del risparmio e impieghi, sempre medi, è passata dai 300 punti base di prima della crisi, ai circa 170 attuali, il margine più basso di tutta l’operatività commerciale di ogni genere in Italia”. Patuelli lamenta il fatto che il comparto “affronta la crisi senza alcun aiuto di Stato e soltanto con i mezzi propri e dei propri azionisti”. Il richiamo ai piani di austerity ha fatto scattare l’allarme tra le fila della Fabi, il sindacato autonomo dei bancari: “Nella relazione di Patuelli e nella controrelazione di Visco”, si legge in una nota, “è emerso un unico obiettivo: ridurre i costi a scapito dei lavoratori”. Un atteggiamento che per il segretario nazionale Lando Sileoni esemplifica “un repentino e controproducente cambiamento di rotta” che apre di conseguenza “una nuova fase di contrapposizione” tra le parti.
Secondo l’Avi, per di più sulle banche pesa scure del Fisco, tanto che gli istituti “sono oberati da imposte deliberate soprattutto negli anni precedenti e che sono oggi del tutto sproporzionate”. Per questo “occorrono nuove iniziative tollerabili per il Fisco e che diano nuovo respiro a banche, imprese e famiglie, perciò chiediamo con forza che si trovino le soluzioni tecniche che, innanzitutto per i nuovi presiti, dispongano l’integrale deducibilità fiscale delle perdite, conseguenti ai nuovi prestiti, nell’anno in cui fossero evidenziate nel bilancio civilistico”, propone.
Parlando di conti pubblici, per il numero uno dell’Abi bisogna tagliare il debito con le privatizzazioni: “Non bisogna rassegnarsi all’inevitabilità della crescita del debito pubblico: in una fase di bassi tassi occorre invertire la tendenza e iniziare a ridurre il debito pubblico senza patrimoniali o misure da economia di guerra, ma con accurate privatizzazioni delle proprietà mobiliari e immobiliari dello Stato e degli enti locali che troppo spesso sono anche holding societarie e immobiliari”, il suggerimento.
Proprio in tema di conti, sono arrivate le anticipazioni del Bollettino di Bankitalia da parte del governatore, Ignazio Visco: “Il Pil italiano nel 2013 diminuirà di quasi il 2%, con una ripresa moderata da fine anno e una crescita debole nel 2014, superiore allo 0,5%”, ha detto. Secondo Standard&Poor’s, il Pil calerà dell’1,9% e secondo il Fmi dell’1,8%. “L’attività economica – ha sottolineato Visco – tornerebbe a espandersi a ritmi moderati dalla fine dell’anno, con una crescita complessiva superiore al mezzo punto percentuale nel 2014”. La situazione, in sostanza, “è difficilissima ma si vedono delle prospettive di ripresa”. La posizione è simile a quella espressa dal titolare dell’Economia, Fabrizio Saccomanni: “Siamo in una fase cruciale della vita economica e politica del Paese”, ha detto, “e l’Italia ha il potenziale per invertire il ciclo sfavorevole durato fin troppo a lungo, a patto di utlizzare tutti i margini di manovra”.
Il ministro dell’Economia concorda con Patuelli nel ritenere le “dismissioni indispensabili per tagliare il debito pubblico”, mentre accusa S&P – che ha tagliato il giudizio sull’Italia – di “guardare al passato, ignornando le misure” adottate dal governo. Quanto alle misure ancora da prendere, Saccomanni promette “una sistemazione definitiva alle questioni rimaste aperte con il rinvio dell’Imu e dell’Iva” con “soluzioni condivise”. Il ministro ha poi aperto a una revisione delle quote di Bankitalia in mano agli istituti di credito e ha assicurato che il governo lavora sulla fiscalità delle sofferenze.
Tornando a Visco, secondo la sua analisi a causare la diminuzione del Prodotto nel primo semestre del 2013 è stata in “larga misura la caduta della domanda interna”. Nel breve termine, “la domanda interna dovrà trovare sostegno nella tempestiva esecuzione del pagamento dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche”, ha spiegato Visco. Il governatore ha definito “non motivati” i dubbi di alcuni analisti sulla tenuta delle banche italiane, mentre ha accolto come un “passo importante” gli accordi europei che portano verso l’Unione bancaria. Visco ha anche speso una parola sulle banche popolari, auspicando di fatto per le maggiori il passaggio alla forma di spa. Nel complesso, alle banche va un invito preciso: “Aumentare i prestiti a famiglie e imprese e diminuire l’esposizione verso il settore pubblico”.(10 luglio 2013) ©
CORRIERE DELLA SERA giovedì 11 luglio 2013
Patuelli: «Troppe tasse sulle banche» Ma Visco chiede un taglio al costo del lavoro: valutate i contratti di solidarietà
ROMA — Il tono è come sempre pacato ma le esortazioni che il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, rivolge agli amministratori e ai manager delle banche italiane dal palco dell’assemblea annuale dell’Abi, sono severe e soprattutto numerose. Il fatto che non siano tutte nuove ma reiterate aggiunge e non toglie forza alle raccomandazioni.
«Non vanno sottovalutati i timori degli analisti internazionali sulla solidità dei bilanci delle banche italiane, anche se non sempre ben motivati. Devono proseguire le politiche aziendali volte a contenere i costi, migliorare la gestione dei rischi, ampliare la base patrimoniale delle banche» avverte Visco. Il Governatore nel suo discorso concentra l’attenzione sulle Fondazioni, che in taluni casi devono «allentare i legami con le banche di riferimento» consentendo — ed è il caso di alcune banche di medie dimensioni — l’apporto di capitale di nuovi azionisti, e sulle Banche Popolari, soprattutto le maggiori sollecitate ancora una volta a modificare il modello cooperativo. Quanto ancora alle Fondazioni Visco chiede di vietare il passaggio dai vertici degli enti a quelli delle aziende di credito.
Gli avvertimenti del Governatore al sistema bancario nascono non già da dubbi sulla loro solidità, ribadita anche dal Fmi, ma dalle incertezze sul futuro dell’economia: «L’azione di rafforzamento patrimoniale dovrà nondimeno proseguire», dice Visco che ricorda la flessione del 5% su base annua dei prestiti alle imprese, che costano circa lo 0,75% in più che nel resto dell’area Euro. Così come rimarca l’aumento al ritmo del 4,5% delle sofferenze, cioè i prestiti definitivamente non rimborsati, richiamando gli interventi di urgenza, quali le cartolarizzazioni, adottati a metà degli ani Novanta. Le tensioni nel mercato del credito sono destinate a proseguire nei prossimi mesi dice Visco, aggiungendo che le banche «devono cautelarsi contro il rischio di un peggioramento delle condizioni di raccolta» e devono puntare a una maggiore redditività. «Nell’industria bancaria ad alta intensità di lavoro vanno valutate con attenzione misure, anche di natura temporanea, volte a ridurre in misura significativa le spese per il personale in rapporto ai ricavi», afferma poi attirando le proteste dei sindacati.
La platea — molte le figure di spicco del sistema bancario — ascolta e prende atto delle esortazioni del Governatore ma mostra di apprezzare di più le aperture del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni sulla deducibilità delle perdite in risposta alle richieste del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. «Sulle banche in Italia sono caricati troppi oneri di ogni genere. Chiediamo con forza che si trovino le soluzioni tecniche che, innanzitutto per i nuovi prestiti, dispongano l’integrale deducibilità fiscale delle perdite conseguenti, nell’anno in cui fossero evidenziate nel bilancio civilistico», ha insistito infatti Patuelli. Stefania Tamburello
IL GIORNALE giovedì 11 luglio 2013
Visco richiama le Popolari: «Le maggiori diventino spa – Nuovo avviso di Bankitalia alle coop quotate. Bpm vola in Borsa (+6%) Il governatore: «Prestiti ancora in calo». Patuelli: «Tagliare il costo del lavoro
Gian Maria De Francesco
La prima assemblea dell’Abi della presidenza di Antonio Patuelli ha segnato un punto di svolta rispetto ai paradigmi consolidati del sistema bancario italiano. La vera sorpresa è stata il gioco di sponda con il governatore Ignazio Visco sul tema degli esuberi negli istituti di credito. «In un’industria ad alta intensità di lavoro come quella bancaria vanno considerate misure, anche di natura temporanea, per ridurre le spese per il personale in rapporto ai ricavi», ha sottolineato Patuelli anticipando un brano dell’intervento del governatore. Parole che hanno scatenato l’indignazione del sindacato («Un attacco ai lavoratori», ha chiosato Sileoni della Fabi). Creditcrunch e crisi, però, sono due facce della stessa medaglia. Come ha ricordato Visco, nel secondo trimestre 2013 i finanziamenti alle imprese sono diminuiti del 5%annuo e quelli alle famiglie dell’1,6 per cento. Le sofferenze non accennano a diminuire(+4,5%nelprimotrimestre) e «le tensioni sul credito sono destinate a proseguire». Ecco perché il nuovo numero uno dell’Abi ha riaperto il confronto con il governo sul fisco troppo penalizzante (serve la deducibilità integrale delle perdite sui nuovi prestiti) e anche sulla disciplina delle quote in Bankitalia (il titolare del Tesoro Saccomanni ha aperto a una revisione). Il governatore Visco è ritornato poi su alcuni temi già analizzati nell’ambito delle Considerazioni finali. In primo luogo, l’opportunità di trasformare in spa le banche popolar i più grandi, prima che intervenga la vigilanza unica europea. La spa è «il modello in grado di favorire apporto di capitale e trasparenza dell’assetto proprietario e della governance», ha rimarcato Visco auspicando anche l’apertura dei board ai fondi. Il balzo in Borsa di Bpm (+5,93%) dove il dossier-Bonomi è ancora aperto (sebbene congelato) ha fatto da contraltare all’ubbia dei banchieri popolari che si aspettavano toni più soft. Altrettanto duro il governatore è stato nei confronti delle Fondazioni denunciandone alcuni «eccessi». è tempo, ha aggiunto, che le Fondazioni diversifichino i portafoglio «al fine di allentare i legami con i risultati della banca di riferimento e di evitare interferenze nella governance». Un riferimento alle designazioni al Banco di Sardegna. Ma anche a Mps e ai tentativi del Pd senese di «bloccare» il tentativo del tandem Profumo Viola di eliminare il blocco del 4% nell’assemblea del 18 luglio. Il presidente Acri, Giuseppe Guzzetti, ha evitato le polemiche: «Visco ha ragione: siamo contrari alle “porte girevoli” tra Fondazioni e banche ma evitiamo generalizzazioni». Ultimo ma non meno importante, un riferimento a Rcs. Le banche che partecipano al capitale delle aziende» devono fare fronte a i rischi di «atteggiamenti collusivi o finalizzati a ritardare l’emersione di situazioni di difficoltà». Sulle operazioni con parti correlatela politica è “tolleranza zero”.
BLOG IL GIORNALE.it/wallandstreet 2013/07/10/
Visco alla guerra Popolare
il bloog di MASSIMO RESTELLI E GIAN MARIA DE FRANCESCO
Visi scuri e occhi dominati da orgoglio frammisto a desiderio di rivalsa tra i «Signori» delle Popolari, seduti in prima fila nel salone dell’Eur per la riunione dell’Abi numero 53, quella che ha visto il debutto sul palco del presidente Antonio Patuelli per la sua prima relazione annuale. Il banchiere, con un trascorso in Parlamento nelle fila del Partito Liberale ha tenuto un discorso perlopiù istituzionale, ripercorrendo i nodi anticipati martedì scorso dal Giornale. A imbracciare il bazooka ci ha pensato però il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, insistendo sul fatto che le Popolari di dimensioni maggiori, debbono rottamare gli assetti cooperativi su cui si reggono da oltre un secolo e trasformarsi in società per azioni, anche per affrontare a testa alta il prossimo appuntamento con la supervisione unica europea.
Un modo per dire che la riforma delle cooperative varata dal Parlamento lo scorso anno dopo una difficile gestazione, è perlomeno insufficiente se osservata dalle finestre di Palazzo Koch. La Spa è «il modello più coerente», «in grado di favorire l’apporto di capitale e la trasparenza dell’assetto proprietario e della governance», ha insistito Visco: «Tanto più marcate e ingiustificate» saranno le differenze con le altre banche «tanto più repentina potrà essere la richiesta di cambiamento» ha avvisato Bankitalia. Un aut aut, in cui si sente chiaro il riferimento alla storia di Bipiemme, dove il presidente Andrea Bonomi si è visto di recente affossare sul nascere dalla base sociale il progetto di trasformazione in ” spa ibrida”. Visco aveva pungolato il mondo delle mutue al cambiamento anche poche settimane fa nelle Considerazioni finali, ma ora la Vigilanza torna implicitamente a chiedere com forza di cambiarsi d’abito anche al Banco Popolare e a Ubi Banca, dove la scorsa primavera il vertice ha faticato non poco a contenere gli attacchi della falange organizzata da Giorgio Jannone e a preservare la linea della continuità. Forse anche per questo motivo, e per la storica battaglia di Gianpiero Samorì contro la gestione del gruppo Bper, sono ormai anche le cooperative a pensare come cambiare gli equilibri di governance. In particolare alcuni banchieri del comparto cullano l’idea di impastare una legge che ponga una barriera al libro soci, vincolandone l’ingresso all’acquisto di un pacchetto minimo di azioni, per un controvalore equivalente al costo di una utilitaria: 8-10mila euro. Il problema, però, resta capire quale è il vero obiettivo di Bankitalia, visto che ben difficilmente Deputati e Senatori voteranno provvedimenti contro il loro stesso bacino elettorale. Molto più semplice, se ogni percorso di evoluzione delle cooperative fosse stoppato, sarebbe quindi il ricorso alla decretazione d’urgenza.
Le preoccupazioni della Vigilanza sono puntate su Bipiemme, dove ora Bonomi sta studiando una modifica che vincoli le decisioni del Consiglio di sorveglianza alla logica delle maggioranze qualificate, così da dare un maggiore peso specifico ai fondi e agli investitori istituzionali rispetto al coacervo dei dipendenti-soci da sempre dominante in Piazza Meda. A fine mese proprio Bpm attende peraltro anche la relazione di Bankitalia con i risultati, che si prospettano severi, dell’ispezione.
«è sintomatico che Visco rimetta in discussione il principio mutualistico previsto dalla Costituzione e percepito come un vincolo alla possibilità di gestire a proprio piacimento un’azienda bancaria», replica però la segreteria nazionale della Fabi guidata da Lando Maria Sileoni, il primo sindacato del settore con oltre 100mila iscritti. «La trasformazione delle Popolari in spa renderebbe queste banche più appetibili alla speculazione, rendendole vulnerabili all’assalto dei capitali stranieri».
Bankitalia ha però riaperto il conflitto anche sul fronte dei costi dell’intero sistema bancario che, oltre ai 15mila esodati, ha comunque già deciso di prepensionare 19mila addetti da qui al 2020 attraverso il Fondo esuberi, l’ammortizzatore sociale del settore. Ma i bilanci delle banche soffrono, schiacciati dalla rehole di Basilea e dal peso di 130 miliardi di sofferenze lasciate dalla difficoltà con cui famiglie e imprese stanno cercando di rispettare le rate di mutui o prestiti spesso ricevuti negli anni in cui gli istituti di credito finanziavano con generosità la clientela, nel tentativo di centrare gli ambiziosi obiettivi contenuti nei piani industriali e reggere alle aspettative della Borsa.
Al netto delle partite straordinarie, come le svalutazioni o gli avviamenti, il Roe medio delle prime 39 banche della Penisola, è infatti ormai ridotto a valori da prefisso telefonico. Visco ha così spronato gli istituti a mettere in atto misure, anche di «natura temporanea», finalizzate a ridurre «in maniera significativa» le spese del personale, così da livellarlo con il livello dei ricavi falciati dalla crisi. Anche in questo caso è stata sferzante la replica del fronte sindacale, che giudica messa in pericolo la stessa idea di “concertazione”. Ai vertici dell’Abi c’è stato «un cambio di rotta, avvallato da Bankitalia» che si è risolto in un «attacco chiaro ai diritti dei lavoratori», ha restituito il colpo la Fabi, sottolineando come nella parole del governatore sia invece mancata «una riflessione critica sugli ancora troppo alti stipendi dei manager, sul business delle consulenze incrociate e sull’adeguatezza dell’attività di vigilanza esercitata da Bankitalia».
La campagna contro i super-compensi vede impegnata in prima linea la Fiba-Cisl di Giulio Romani che ha avviato un’operazione a tappeto, sparpagliando nelle principali città italiane banchetti e camper chiamati a raccolta firme a sostegno di un apposito disegno di Legge. La Fiba giunge inoltre a definire «irritante» una relazione, «contraddistinta dall’assenza di qualunque proposta strategica e la totale rimozione di autocritica del sistema». «Bankitalia, anzichè intervenire, come potrebbe, sulle remunerazioni dei manager, si sofferma ancora sulla pretesa di ridurre il costo contrattuale dei lavoratori, ignorando che esso è già ridotto all’osso». Risposta corale anche da parte della Uilca-Uil di Massimo Masi, che stigmatizza come nella propria analisi Visco non consideri i sacrifici già sostenuti dai 300mila bancari italiani (anche con i contratti di solidarietà) e da parte della Fisac-Cgil di Agostino Megale: «E’ tempo di dire basta alla logica della riduzione dei costi e del taglio dell’occupazione». Wall & Street – http://blog.ilgiornale.it/wallandstreet/2013/07/10/visco-alla-guerra-popolare/
L’ECO DI BERGAMO giovedì 11 luglio 2013
Visco: Spa per le Popolari Sindacati furenti, Borsa ok
l governatore di Bankitalia Ignazio Visco insiste e chiede ancora una volta la trasformazione in Spa delle banche Popolari di dimensioni maggiori anche in vista dell’Unione bancaria e della supervisione unica della Bce. Una sortita che ha subito scatenato la reazione dei sindacati, secondo i quali una mossa simile «sarebbe solo in grado di generare speculazioni». In compenso Piazza Affari ha invece reagito positivamente con i principali istituti popolari in crescita. Tornando a Visco, il governatore, all’assemblea annuale dell’Abi, ha definito «il modello più coerente» quello della Spa, «in grado di favorire l’apporto di capitale e la trasparenza dell’assetto proprietario e della governance». «Tanto più marcate e ingiustificate» saranno le differenze con le altre banche «tanto più repentina potrà essere la richiesta di cambiamento», avvisa Visco. In particolare «le popolari più grandi devono aprirsi a questa trasformazione – ha detto Visco – agevolandola con quorum assembleari realisticamente raggiungibili». Per le banche maggiori, «un’applicazione rigida di alcuni istituti tipici del modello cooperativo può avere ricadute negative sulla qualità degli assetti di governo e sulla capacità di rafforzamento patrimoniale». La revisione degli assetti di governo può essere realizzata, ha ancora detto Visco, «lungo due direttrici:
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