ABI DISDETTA IL CONTRATTO, FABI RISPONDE
La FABI contro la disdetta del Contratto Collettivo. Leggi le dichiarazioni del Segretario Generale Sileoni su tutti i principali quotidiani nazionali e locali, e su tutte le Agenzie di Stampa
IL MESSAGGERO Martedì 17 Settembre 2013
Bancari, disdetto il contratto. Sciopero – L’Abi: costi insostenibili – I sindacati: «Inaudito» LO SCONTRO mobilitazione il 31 ottobre
ROMA Seppure un po’ in anticipo sulla scadenza, la mossa era attesa – l’aveva anticipato il Messaggero – ed è arrivata puntuale: il contratto dei 330.000 lavoratori bancari firmato solo 20 mesi fa (con un aumento medio di 170 euro a regime) è già da riscrivere per l’Abi, l’associazione bancaria italiana. Colpa della crisi e degli oneri diventati «gravosi» e «non più sostenibili» da parte degli istituti, alle prese con 140 miliardi di sofferenze. Risultato: quelle condizioni in scadenza a giugno 2014 sono ora congelate (aumenti automatici compresi che aggraverebbero il costo del lavoro di un altro 2%). Ma i sindacati sono già sul piede di guerra. Per la prima volta dal 2000 il sistema del credito nazionale potrebbe essere travolto da un’ondata di scioperi. E la prima mobilitazione unitaria è già fissata in coincidenza con la Giornata mondiale del risparmio, il 31 ottobre.
Del resto la posta in gioco è alta. Le banche devono fare i conti con margini risicati (il settore bancario vanta un roe tra i più bassi dell’industria, atteso al 2,1% contro l’11,7% del 2006) e con il 50% dei dipendenti bancari con un contratto da quadro, quindi abbastanza oneroso. Senza contare che il costo del lavoro unitario (74.800 euro secondo Bankitalia) supera la media Ue e in Italia ci sono più filiali rispetto all’estero, con un numero di transazioni allo sportello praticamente dimezzato in 4 anni. Sono i «troppi squilibri tra costi e ricavi» sottolineati da Francesco Micheli, banchiere alla guida della delegazione sindacale Abi, a dettare la strada. Si tratta dunque di rispondere alle «nuove esigenze». Al punto che «la contrattazione integrativa aziendale dovrebbe essere sostituita da regole derogatoria o sostitutiva di quelle nazionale»: sono parole dello stesso Micheli.
LE PROSPETTIVE
E’ in questo scenario che torna ad incombere la stima di altri 40.000 esuberi da far digerire al settore dopo i tagli già subiti nel quinquiennio tra il 2008 e il 2012 (28.500 posti di lavoro andati in fumo) e le circa 19 mila uscite ancora da gestire nei prossimi anni. Ulteriori sacrifici che possono passare da pre-pensionamenti per gli over 55 all’azzeramento degli inquadramenti fino al congelamento della parte economica. Non solo. Tra le ipotesi c’è anche l’utilizzo di un doppio binario per la parte economica, prevedendo un trattamento diverso per chi è nelle agenzie e chi è negli uffici con una distinzione precisa, quindi, tra area commerciale e attività di supporto.
Condizioni e prospettive inaccettabili, queste per i sindacati che vedono nella mossa unilaterale dell’Abi una via per ricostruire un intero sistema, oltre che per fare pressioni sul governo anche in coincidenza con la scadenza per l’adeguamento del Fondo esuberi.
LE REAZIONI
La disdetta del contratto è «un attacco inaudito ai diritti dei lavoratori», risponde Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, che ha proposto, assieme al segretario della Fisac-Cgil, Agostino Megale, un’autolimitazione delle retribuzioni dei top manager per un biennio con un tetto a 600mila euro l’anno. Massimo Masi (Uilca), invece, prevede uno scontro «non solo a Roma ma anche nei gruppi bancari».
Inoltre, avverte, «senza contratto nazionale gli accordi aziendali perderanno valore». Da parte sua, invece, la Fiba Cisl sottolinea come la mossa dell’Abi «mandi a monte 15 anni di concertazione». Roberta Amoruso
IL MESSAGGERO Martedì 17 Settembre 2013
Martedì 17 Settembre 2013 Chiudi chiudi finestra – Lo spettro degli accordi separati banca per banca
IL DOCUMENTO
ROMA Modello Marchionne anche allo sportello. La disdetta anticipata del contratto dei bancari formalizzata ieri dall’Abi potrebbe dar luogo a contratti separati dei singoli istituti, se entro giugno 2014 banchieri e sindacati non riuscissero a concretizzare un nuovo accordo. Col rischio tutt’altro che remoto di altri 40 mila esuberi oltre le 19.800 uscite volontarie già concordate, entro il 2020. Solo a Roma, secondo le prima sommarie ricostruzioni, sono a rischio altri 2.500 posti di lavoro.
Emergenza occupazione è il titolo di uno degli otto capitoli del documento sulla condizione di lavoro nel sistema bancario, consegnato ieri da Francesco Micheli, vicepresidente dell’Abi, accompagnato dall’altro vice Camillo Venesio e da Pietro Sella, ad del gruppo omonimo, agli otto segretari generali di categoria affiancati dalle rispettive segreterie nazionali.
SILEONI: UNA PISTOLA ALLA TESTA
«La disdetta non è tecnica come sostiene Abi – dice Lando Sileoni, leader della Fabi – ma rappresenta una pistola alla tempia per un contratto nazionale ad uso ed immagine delle banche che non accetteremo mai. Il teorema Abi di scegliere tra mantenimento dei livelli occupazionali o aumenti economici è inaccettabile. La disdetta, se non ritirata, rappresenta la fine della concertazione sindacale del settore». Ma perché i banchieri arrivano a tanto? La recessione provoca una caduta di redditività che mette in crisi gli istituti, anche perchè essi devono assecondare riforme regolamentari di rafforzamento del patrimonio. A questo si aggiunga che il costo del lavoro è elevato. Nel documento l’Abi spiega che l’incidenza dei costi operativi delle banche italiane è più alto del 22% rispetto alla media Ue, mentre se in Italia ci sono 55 sportelli ogni 100 mila abitanti, in Europa ce ne sono 41: nel Vecchio continente si accelera verso attività on line a discapito delle reti fisiche. La disdetta anticipata non mette in discussione gli aumenti tabellari: 170 euro medi in più, di cui 77 scatteranno a partire da giugno 2014. Ma, si legge a pag 17 del documento, «la tradizionale contrattazione integrativa aziendale dovrebbe essere sostituita da una regolamentazione derogatoria o sostitutiva di quella prevista dal contratto nazionale»: in futuro il contratto a livello di singole banche potrebbe prendere il posto del contratto unico nazionale. r. dim.
MF-MILANO FINANZA martedì 17 settembre 2013
L’abi disdice il contratto nazionale in anticipo e i sindacati vanno allo scontro – Sciopero dei bancari il 31 ottobre – Per le banche con la crisi le attuali regole sono economicamente insostenibili. L’obiettivo è arrivare a retribuzioni variabili, come quelle dei promotori. La risposta: prima tagliate i vostri super-stipendi
di Antonio Satta
Ieri è stato il giorno della rottura. Atteso, ma non per questo meno dirompente. L’Abi si è presentata al tavolo dei sindacati con un documento di 18 pagine per dire che così non si pu ò andare avanti: la crisi continua a mordere e anche il prossimo anno sarà durissimo.
Quindi va ripensato l’intero contratto di lavoro, perché nel 2014 non sarà più economicamente sostenibile, tanto vale disdirlo ora, con otto mesi d’anticipo e non con i soliti due trimestri, così da occupare il tempo restante fino alla scadenza naturale del giugno 2014, per ripensarne l’intero impianto e tagliare un costo del lavoro che resta tra i più alti in Europa (in media 78 mila euro all’anno circa per addetto). Un discorso che i sindacati non hanno gradito affatto, considerandolo una vera e propria provocazione e hanno risposto annunciando una giornata di sciopero, parola che da parecchio non si sentiva più in questo settore. Anche se la data che gira informalmente fra le organizzazioni sindacali sembra pensata per non portare subito lo scontro a un punto di non ritorno. Lo sciopero dei bancari dovrebbe essere indetto per il 31 ottobre, lasciando sei settimane di tempo per provare a ricucire.
I toni, per la verità, non sembrano comunque diplomatici, almeno quelli dei sindacati, ma a rendere complicata la trattativa è soprattutto uno degli aspetti chiave del nuovo modello bancario che hanno in mente all’Abi. Un modello che porta l’imprinting del vicepresidente vicario, Francesco Micheli, chief operating officer di Intesa Sanpaolo (intervista qui sotto).
Per usare una battuta si potrebbe dire che per Micheli il posto fisso in banca non c’è più, nel senso che in filiale dovranno rimanere in pochi, mentre gli altri dovranno fisicamente andare incontro ai clienti, assomigliando sempre più ai promotori finanziari che ai bancari di una volta. E considerando che l’età media dei dipendenti resta alta, come di livello medio alto è l’inquadramento della maggior parte del personale, si pu ò capire che una riconversione così radicale non è tanto semplice. Il numero di esuberi potenziali quindi, è alto. Si dice 20 mila e qualcun altro magari arriva a conteggiarne il doppio. Ma in questa fase anche i numeri fanno parte della pretattica. Quel che è certo è che la partita è appena iniziata e sarà impossibile per il governo pensare di starci fuori. I sindacati per ora sparano ad alzo zero e replicano ai banchieri dicendo che anche loro vogliono cambiare modello a cominciare dalla distanza abissale che c’è tra le retribuzioni medie e quelle dei top manager. Anzi, aggiungono provocatoriamente, cominciassero loro a mettere un salary cap. Seicentomila euro l’anno, per un biennio. E poi si cominci a discutere.
IL GIORNALE martedì 17 settembre 2013
Bancari senza contratto I sindacati: «è sciopero»
Massimo Restelli – Mar, 17/09/2013 – 07:20
Da prossimo giugno i 330mila addetti che lavorano nelle filiali e negli uffici delle banche italiane potrebbero restare senza contratto.
In difetto di «auspicabili accordi» con i sindacati, l’attuale impianto non sarà prorogato, avverte infatti l’Abi di Antonio Patuelli nella disdetta formalizzata ieri con dieci mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale di metà 2014. In pratica i bancari potrebbero vedersi spazzare via ferie, welfare, orari di impiego e si profilerebbe la deregolamentazione dei salari dei nuovi assunti. Una posizione durissima che avvia lo scontro finale da cui uscirà il modello di banca post-crisi: istituti molto più «leggeri» sul fronte delle filiali, integrati con il web e dal personale concentrato sul commerciale.
I sindacati del credito si preparano quindi alla mobilitazione, con uno sciopero generale che potrebbe cadere giovedì 31 ottobre. Non accadeva dal 2000 e segna la fine di quasi 15 anni di «concertazione»; tanto che le forze sociali vogliono bloccare anche tutti i tavoli aperti nei 13 gruppi che stanno gestendo piani di ristrutturazione. Ieri nella «sala verde» al primo piano di Palazzo Altieri è quindi stato deposto ogni fair play e si sono susseguiti fendenti tra i leader sindacali e il vicepresidente Francesco Micheli, davanti al vertice Abi presente al completo (ha ribadito la linea dura anche l’ambasciatore dei piccoli istituti Camillo Venesio). In un comunicato congiunto Fabi, Fiba, Uilca, Fisac, Ugl e Dircredito hanno definito la decisione delle banche di «inaudita arroganza». Ma il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, è convinto che il progetto di Palazzo Altieri sia più ampio: esasperare la tensione per indurre il governo Letta a concedere alle banche un trattamento fiscale perlomeno allineato a quanto accade alle concorrenti estere, e non più penalizzante come l’attuale. La voracità del fisco e i 140 miliardi di sofferenze che gravano sul sistema sono peraltro le cause «esogene» lamentate dalla stessa Abi nel vertice con i sindacati, cui va aggiunta quella «endogena» di un costo del lavoro ormai «insostenibile». A ribadirlo è Micheli: in un contesto di caduta della redditività «diventa difficile coniugare occupazione e retribuzione». L’Abi, nei documenti inviati a Palazzo Chigi, auspica «un processo solidaristico» per garantire gli addetti, perché gli interventi del passato non sono più sufficienti. In gioco ci sono i 35mila posti di lavoro degli over 55, che potrebbero essere pensionati obbligatoriamente tramite un apposito ente bilaterale. Potrebbe essere congelata la parte economica e azzerati gli inquadramenti.
LA REPUBBLICA MARTEDì 17 SETTEMBRE 2013
Il vice dei banchieri, Micheli: redditività in calo, modello da rivedere subito. I sindacati: inaccettabile – L’Abi disdice in anticipo il contratto bancari verso lo sciopero il 31 ottobre
ROSARIA AMATO
ROMA — Neanche un giorno di proroga per il contratto dei bancari: l’Abi ha dato disdetta con quasi dieci mesi di anticipo, una dichiarazione di guerra per i sindacati che hanno risposto annunciando lo sciopero per il 31 ottobre, una data simbolica, quella della “Giornata mondiale del risparmio”. Le banche, precisa Francesco Micheli, vicepresidente vicario Abi, applicheranno il contratto fino all’ultimo giorno, aumenti tabellari compresi. La disdetta anticipata (di regola arriva 6 mesi prima della scadenza) vuole essere un invito «a mettersi subito al tavolo, anche domani mattina». «Nessuno ha parlato di annullamento — dice Micheli — ma la complessità dello scenario è tale che
bisogna mettersi subito all’opera per dare risposte ai problemi organizzativi e del lavoro. La proroga automatica sarebbe stata insostenibile, ormai il contratto 2012 corrisponde a modelli organizzativi
superati».
Nonostante una quota rilevante delle operazioni di routine si effettui ormai su Internet, si legge in un documento consegnato dall’Abi ai sindacati, in Italia ci sono ancora 55 sportelli ogni 100mila abitanti rispetto a una media europea di 41. Troppi, visto che la clientela “da sportello” si è dimezzata, e ancora poco flessibili: è vero che le banche si stanno trasformando sempre più in “salotti” dedicati alla consulenza, gli orari iniziano ad allungarsi fino alle 20, per ò «si registra ancora una insufficiente disponibilità alla riconversione
e alla riqualificazione», denuncia l’Abi. A fronte di risultati economici che «continuano a registrare redditività e produttività in declino», l’attuale costo del lavoro «non è più sostenibile».
I sindacati contestano compatti la disdetta anticipata: «Il fatto grave è che ci mettono una pistola alla tempia, in stile Marchionne: — contesta Lando Sileoni, segretario generale della Fabi — o facciamo il contratto alle loro condizioni oppure restiamo senza, il che aprirebbe la possibilità per ogni azienda di stipulare il proprio contratto da applicare in via esclusiva. Questo è inaccettabile». Il segretario della Cisl Annamaria Furlan parla di «un atto che rompe una tradizione concertativa», l’Unisin di «segnale devastante».
CORRIERE DELLA SERA martedì 17 settembre 2013
L’abi disdice il contratto nazionale in anticipo e i sindacati vanno allo scontro – Sciopero dei bancari il 31 ottobre – Per le banche con la crisi le attuali regole sono economicamente insostenibili. L’obiettivo è arrivare a retribuzioni variabili, come quelle dei promotori. La risposta: prima tagliate i vostri super-stipendi
di Antonio Satta
Ieri è stato il giorno della rottura. Atteso, ma non per questo meno dirompente. L’Abi si è presentata al tavolo dei sindacati con un documento di 18 pagine per dire che così non si pu ò andare avanti: la crisi continua a mordere e anche il prossimo anno sarà durissimo.
Quindi va ripensato l’intero contratto di lavoro, perché nel 2014 non sarà più economicamente sostenibile, tanto vale disdirlo ora, con otto mesi d’anticipo e non con i soliti due trimestri, così da occupare il tempo restante fino alla scadenza naturale del giugno 2014, per ripensarne l’intero impianto e tagliare un costo del lavoro che resta tra i più alti in Europa (in media 78 mila euro all’anno circa per addetto). Un discorso che i sindacati non hanno gradito affatto, considerandolo una vera e propria provocazione e hanno risposto annunciando una giornata di sciopero, parola che da parecchio non si sentiva più in questo settore. Anche se la data che gira informalmente fra le organizzazioni sindacali sembra pensata per non portare subito lo scontro a un punto di non ritorno. Lo sciopero dei bancari dovrebbe essere indetto per il 31 ottobre, lasciando sei settimane di tempo per provare a ricucire.
I toni, per la verità, non sembrano comunque diplomatici, almeno quelli dei sindacati, ma a rendere complicata la trattativa è soprattutto uno degli aspetti chiave del nuovo modello bancario che hanno in mente all’Abi. Un modello che porta l’imprinting del vicepresidente vicario, Francesco Micheli, chief operating officer di Intesa Sanpaolo (intervista qui sotto).
Per usare una battuta si potrebbe dire che per Micheli il posto fisso in banca non c’è più, nel senso che in filiale dovranno rimanere in pochi, mentre gli altri dovranno fisicamente andare incontro ai clienti, assomigliando sempre più ai promotori finanziari che ai bancari di una volta. E considerando che l’età media dei dipendenti resta alta, come di livello medio alto è l’inquadramento della maggior parte del personale, si pu ò capire che una riconversione così radicale non è tanto semplice. Il numero di esuberi potenziali quindi, è alto. Si dice 20 mila e qualcun altro magari arriva a conteggiarne il doppio. Ma in questa fase anche i numeri fanno parte della pretattica. Quel che è certo è che la partita è appena iniziata e sarà impossibile per il governo pensare di starci fuori. I sindacati per ora sparano ad alzo zero e replicano ai banchieri dicendo che anche loro vogliono cambiare modello a cominciare dalla distanza abissale che c’è tra le retribuzioni medie e quelle dei top manager. Anzi, aggiungono provocatoriamente, cominciassero loro a mettere un salary cap. Seicentomila euro l’anno, per un biennio. E poi si cominci a discutere. (riproduzione riservata)
CORRIERE DELLA SERA martedì 17 settembre 2013
PARLA Micheli, VICEPRESIDENTE DELL’ABI
Ci vuole flessibilità
Francesco Micheli, vicepresidente vicario dell’Abi è il capo delegazione dei banchieri in questa delicata partita.
Domanda. Avevate avviato il percorso per recepire gli accordi sulla produttività e invece avete disdetto il contratto. Che cosa vi ha fatto cambiare idea?
Risposta.
Il trend del settore resterà negativo per i prossimi sei-dodici mesi, con uno squilibrio crescente tra costi e ricavi. Non potevamo aspettare il prossimo 30 giugno per cominciare a discutere con i sindacati. Con queste dinamiche nel 2014 i costi del contratto saranno insostenibili. è quanto abbiamo detto ai sindacati.
D. Non sembra l’abbiano presa bene.
R. La loro a mio parere è soprattutto una risposta politica, che va attentamente valutata, ma non possono negare le difficoltà del settore, con le rettifiche dei crediti in crescita esponenziale. Noi non intendiamo disapplicare le norme contrattuali. Vogliamo solo arrivare alla scadenza di quelle vecchie con le nuove già approvate.
D. Per voi la chiave è modificare il modello della retribuzione, introducendo una quota variabile?
R. La fotografia della situazione ci dice che le operazioni allo sportello calano del 60% e sale l’online. Se vogliamo salvare l’occupazione dobbiamo creare nuovi mestieri, trattandoli come avviene altrove.
D. Come nelle assicurazioni?
R. O come fra i promotori. Bisogna condividere modelli nuovi e capire che la flessibilità è vitale.
D. Chi metterà i soldi nel Fondo esuberi? Lo Stato?
R. Nessuno chiede soldi allo Stato, ma le banche versano 200 milioni l’anno in contributi alla disoccupazione che il settore non usa. Risorse che potrebbero confluire nel fondo. (riproduzione riservata)
LIBERO martedì 17 settembre 2013
I banchieri disdettano in anticipo il contratto. Sciopero il 31 ottobre
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PICCOLO martedì 17 settembre 2013
Rottura sull’accordo dei bancari. Sindacati: è sciopero
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CORRIERE DELLA SERA martedì 17 settembre 2013
LA RISPOSTA DI SILEONI, SEGRETARIO FABI
Non siamo loro pedine
Lando Maria Sileoni, segretario del principale sindacato di categoria, la Fabi, così risponde ai banchieri.
Domanda. L’Abi sostiene che si è limitata a disdire il contratto con un po’ di anticipo, rispetto ai sei mesi canonici, per aprire subito la discussione. Non ci crede?
Risposta.
Mentono sapendo di mentire. In realtà ci hanno detto: o rinnovate il contratto entro giugno, o dopo quella data restate senza contratto nazionale. Ma noi non accetteremo mai che ogni banca si faccia il proprio contratto.
D. Le perdite sui crediti, per ò, non se le sono inventate le banche.
R. No e hanno anche ragione a chiedere al governo che vengano modificate le regole fiscali al riguardo, che penalizzano pesantemente il sistema italiano rispetto a quelli degli altri paesi europei. Poi, per ò, se l’esecutivo risponde picche, non è che possono sperare che le castagne dal fuoco gliele leviamo noi.
D. In che senso?
R. Ma è chiaro che la disdetta del contratto serve solo a costringerci a uno sciopero, così da poter fare pressione sul governo, sperando che in nome dell’emergenza vengano aperti quei cordoni fiscali rimasti finora ben serrati. è un giochetto a cui non ci presteremo.
D. L’attuale modello di banca è sostenibile?
R. Ne possiamo discutere. Avanzino le loro idee e noi metteremo sul tavolo le nostre. Anche noi pensiamo a nuovi modelli, con figure indipendenti. Un progetto ampio. Se invece pensano alle mini filiali o ai bancari promotori, rinunciando al rapporto con il territorio, non ci stiamo. E a proposito di nuove organizzazioni un’idea forte c’è. I supermanager che guadagnano 100 volte quello che prendono i loro dipendenti, si taglino autonomamente il compenso a 600 mila euro, almeno per due anni. Se è dura, è dura per tutti. (riproduzione riservata)
BRESCIA OGGI martedì 17 settembre 2013
L´Abi disdetta il contratto dei bancari – Sindacati verso la mobilitazione per lo sciopero generale di settore
ROMA – Tra Abi e sindacati è rottura. A sei mesi dalla scadenza l´Associazione bancaria ha disdetto ieri il contratto di lavoro del settore. I sindacati, denunciano l´atto come grave colpo ai diritti dei lavoratori e annunciano mobilitazioni per indire uno sciopero generale di categoria. Al termine di un incontro ieri l´Abi ha comunicato la disdetta del contratto collettivo nazionale del 19 gennaio 2012 per i quadri direttivi e il personale delle imprese creditizie, la cui scadenza ufficiale era prevista il 30 giugno 2014. L´intento, afferma l´Abi, è di avviare in anticipo le consultazioni per arrivare a un nuovo contratto più coerente con la situazione del settore.
è il panorama che caratterizza il mondo del credito, frutto delle conseguenze della crisi, quello che, per l´Abi, ha indotto alla decisione e i banchieri ne sottolineano la liceità visto che la legge prevede che la disdetta sia data almeno sei mesi prima della scadenza.
Nella lettera ai sindacati l´Abi ricorda che «per le banche la caduta della redditività si conferma significativa e insostenibile». E sul settore pesa «un costo del lavoro tra i più alti, nel confronto con le banche europee e gli altri settori produttivi». Le banche, lamenta l´associazione, «si trovano pertanto a dover gestire gli addetti in eccedenza, con una vita lavorativa che è nel frattempo allungata per effetto della riforma delle pensioni, e le cui competenze e professionalità non risultano più coerenti con l´attuale modo di fare banca».
Lando Maria Sileoni leader della Fabi, parla di «attacco inaudito ai diritti dei lavoratori», sottolineando la «doppiezza delle banche»,definite «perfetti Giano Bifronte». La decisione dell´Abi è definita «un gravissimo errore» dal Agostino Megale, leader della Fisac Cgil, che annunciando la protesta sottolinea come i sindacati ieri abbiano chiesto all´Abi una riduzione dei compensi dei banchieri per i prossimi due o tre anni sotto i 600-700 mila euro annui per «dare il buon esempio, prima di mettere in discussione i diritti e le condizioni di lavoro». La disdetta «costituisce un atto che compromette le relazioni sindacali nel credito» per Massimo Masi, Uilca, mentre la Fiba Cisl sottolinea come la disdetta «mandi a monte 15 anni di concertazione».
I sindacati avevano già lanciato l´allarme e sottolineato come la rottura comporti il blocco degli accordi in atto sulle ristrutturazioni. Operazioni delicate e importanti in questa fase di criticità del settore, calcolando che nei prossimi anni ci saranno da gestire circa 19mila uscite dal comparto che lo scorso anno ha visto un calo di 7mila unità.
IL SOLE 24 ORE martedì 17 settembre 2013
Bancari, dall’Abi arriva la disdetta – I sindacati hanno proclamato uno sciopero, probabile nella giornata del risparmio LE MOTIVAZIONI Micheli (Abi): «Ci troviamo a gestire addetti con eccedenze che crescono a causa della riduzione di volumi e attività produttive»
Cristina Casadei
«Il modello contrattuale non tiene più: ci sono troppi squilibri tra costi e ricavi che non crescono». Francesco Micheli, presidente del Casl e vicepresidente di Abi, spiega così la decisione di usare la carta della disdetta con dieci mesi di anticipo rispetto alla naturale scadenza del contratto nazionale (si veda il Sole 24 Ore di giovedì scorso). Ieri, a Palazzo Altieri, ai sindacati dei bancari (Dircredito, Fabi, Fiba, Fisac, Sinfub, Ugl credito, Uilca, Falcri) è stata consegnata la lettera firmata dal direttore generale, Giovanni Sabatini, che formalizza la decisione.
Non si pu ò più aspettare perché «sono così complesse e articolate le questioni da affrontare che dobbiamo sederci al tavolo al più presto – osserva Micheli –. Ogni giorno che passa cresce la preoccupazione del settore soprattutto per quanto attiene alla questione occupazione. Noi registriamo un eccesso di capacità produttiva. Il contratto che scade il 30 giugno 2014 permanendo l’attuale situazione per le banche non è più sostenibile. Per questo motivo non si pu ò più aspettare, è arrivato il momento indifferibile di mettere le questioni sul tavolo».
La risposta dei sindacati non si è fatta attendere. Innanzitutto hanno chiesto ad Abi di ritirare la disdetta, ricevendo una risposta negativa. Poco dopo, prima il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, poi quello della Fisac Agostino Megale, e a seguire si sono uniti nella richiesta i segretari delle altre sigle, Fiba, Uilca, Dircredito, Sinfub, Ugl credito, Falcri all’unanimità, hanno invitato i banchieri a ridursi i compensi. Sul taglio degli stipendi Abi per ò fa notare che i tagli sono già in corso soprattutto per i top manager.
Alcuni gruppi, aggiunge Micheli, «hanno lavorato sui costi in modo eccellente, intervenendo su tutti i costi di struttura. In qualche gruppo virtuoso il costo medio del dirigente è sceso di quasi il 25% negli ultimi 12 mesi. Un risultato ottenuto intervenendo sugli stipendi, sulla parte variabile e sulla semplificazione delle strutture organizzative». Dopo l’incontro a Palazzo Altieri le 8 sigle si sono riunite e hanno deciso di proclamare uno sciopero, molto probabilmente nella giornata del risparmio, il 31 ottobre.
Ai sindacati Micheli riconosce l’esigenza «di una valutazione politica» dell’azione dell’Abi. In realtà per i banchieri la crisi non permette più agli istituti di avere una redditività adeguata a mantenere i requisiti patrimoniali di vigilanza. E quindi: «Qualcosa va fatto», continua Micheli. Non dice invece nulla su un’eventuale richiesta di intervento del Governo di fronte alla situazione di crisi.
«Il Governo conosce la situazione complessiva e ha gli stessi documenti consegnati ai sindacati», dice Micheli alludendo al fatto che i vertici dell’Abi prima della pausa estiva erano saliti a Palazzo Chigi presentando una serie di numeri e di richieste al premier Enrico Letta.
Entrando nel merito del documento illustrato ieri da Abi ai sindacati, le condizioni di scenario sono peggiorate, al di là di ogni previsione e l’ultimo contratto siglato quindi non è più sostenibile. I banchieri si trovano nella ne
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