SILEONI CONTRO LA MAXI-BUONUSCITA DI CUCCHIANI
La dichiarazione del Segretario Generale della FABI riportata da tutti i principali quotidiani nazionali. Leggi i servizi del Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, La Repubblica, Il Giornale, MF, Libero, Il Tempo
La dichiarazione del Segretario Generale della FABI riportata da tutti i principali quotidiani nazionali. Leggi i servizi del Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, La Repubblica, Il Giornale, MF, Libero, Il Tempo
IL SOLE 24 ORE mercoledì 2 otobre 2013
Intesa, il debutto di Messina nel board - A Piazza Affari il titolo rimbalza del 5,7% - I dettagli sulla liquidazione di Cucchiani - L'ex Consigliere Delegato resterà nel gruppo fino al primo aprile e risponderà al nuovo ceo
Nessuna clausola di non concorrenza
Marco Ferrando
Una prima delibera di peso per Carlo Messina nelle sue vesti di consigliere delegato: mentre il titolo in Borsa metteva a segno un balzo del 5,7%, ieri nella riunione del Consiglio di Gestione di Intesa Sanpaolo è stata approvato il nuovo piano di rientro sul debito della Carlo Tassara, la holding di Romain Zaleski indebitata per circa 1,2 miliardi verso l'istituto. L'operazione, una di quelle che avrebbero portato allo scontro tra il vertice e l'ex consigliere delegato Enrico Cucchiani, «dovrebbe consentire alla società una migliore valorizzazione degli asset da dismettere, i cui proventi saranno destinati al rimborso del proprio indebitamento finanziario», secondo quanto riportato in una nota del gruppo.
Il piano prevede, tra l'altro, una proroga al 2016 della moratoria sul debito della Tassara e una conversione di 650 milioni di crediti delle banche in strumenti finanziari partecipativi (di fatto azioni privilegiate), la parte più consistente dei quali a carico della stessa Intesa. Per il resto sul tavolo del Consiglio di Gestione sono finite questioni di ordinaria amministrazione (non la nomina del nuovo dg vicario), così come su quello della Sorveglianza che si è riunito nel pomeriggio. Qui, si apprende, si sarebbe tornati per qualche minuto anche sulla cronaca degli ultimi giorni, con l'uscita di Cucchiani e le successive precisazioni che la banca ha fornito al mercato anche su esplicita richiesta della Consob.
L'uscita di Cucchiani
Dopo le indiscrezioni che indicavano Cucchiani dg per altri sei mesi ma senza poteri e deleghe fino al raggiungimento della pensione, l'authority presieduta da Giuseppe Vegas è dunque intervenuta, per la seconda volta nel giro di due giorni, per chiedere ancora chiarimenti a Intesa sulla vicenda che ha portato alle dimissioni del manager: in una nota diffusa ieri mattina, Ca' de Sass spiega che «per quanto riguarda il rapporto di lavoro subordinato il consiglio di gestione ha deliberato di avvalersi della facoltà di recesso unilaterale con effetto dal primo aprile 2014». Come si è ribadito sempre ieri in Sorveglianza, Cucchiani - con il quale «non è stato previsto alcun patto di non concorrenza» - svolgerà le attività che gli saranno affidate dal nuovo Ceo, Carlo Messina (al quale riferirà) e percepirà la retribuzione prevista dal suo contratto di assunzione con il correlato trattamento previdenziale; in totale, ci sarebbe in ballo una somma di 900mila euro, che si andranno così ad aggiungere ai 3,6 milioni derivanti dalla doppia annualità prevista come buonuscita. Una cifra troppo elevata secondo i sindacati, con il segretario generale Fabi Lando Sileoni che ieri ha invocato «comportamenti e decisioni in linea con l'attuale e delicatissimo momento di crisi. Predicare bene e razzolare male fa perdere quel minimo di credibilità che il sistema bancario ancora pensa di avere».
Il tema governance
Durante la riunione della Sorveglianza di ieri, invece, non si sarebbe fatto alcun cenno al tema della governance, e in particolare al progetto di revisione dello statuto con l'addio del duale e il ritorno al sistema tradizionale. Domenica sera tutti i consiglieri, a partire dal presidente Bazoli, si erano trovati d'accordo su impegno, pur generico, a invidivuare e approvare le modifiche entro il mandato, che scadrà per ò solo nel 2016. Ora c'è da fissare i tempi della riforma, e in particolare decidere se prevedere o meno un rinnovo degli organi con le nuove modalità prima della scadenza naturale.
Oltre che alla Banca d'Italia, il tema sta particolarmente a cuore al primo azionista di Intesa, la Compagnia di San Paolo, che ieri ha radunato il proprio comitato di gestione per un aggiornamento sulle ultime vicende relative alla banca. Durante la riunione, a quanto si apprende, si sarebbe ribadito che per la Fondazione la cancellazione del duale è tema prioritario, così come l'implementazione in tempi rapidi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL GIORNALE mercoledì 2 ottobre 2013
Sindacati sul piede di guerra per l'accordo Intesa-Cucchiani
Massimo Restelli
La defenestrazione (dorata) di Enrico Cucchiani dal vertice di Intesa Sanpaolo non poteva cadere in un contesto peggiore. Solo poche settimane fa il sistema bancario italiano, piegato sotto 330 miliardi di crediti deteriorati e ridotto a una redditività da prefisso telefonico, ha disdettato il contratto che regola la vita dei 310mila addetti del settore perché «insostenibile».
Il calcolo è presto fatto: i 3,6 milioni di buonuscita (pari a due annualità) concessi a Cucchiani da Intesa Sanpaolo, sommati ai 900mila euro che intascherà nei prossimi 6 mesi per arrivare alla pensione, basterebbero per anticipare di un anno l'uscita dal lavoro di 110 bancari che lavorano nelle filiali o negli uffici di back office. La permanenza sul Fondo esuberi ha un costo medio prossimo a 200mila euro, diluito in 5 anni.
Da qui al 2018, l'ammortizzatore sociale del settore permetterà alle banche di scaricare sull'Inps altri 20mila addetti. L'Abi vorrebbe per ò sostituirlo con un «ente bilaterale» che consenta di aggirare il muro alle uscite posto dalla Riforma Fornero: lo scivolo si allungherebbe a sette anni, così da poter rottamare obbligatoriamente gli addetti over 55 con almeno 30 anni di contributi.
Visto che Cucchiani ha voluto restare fino ad aprile, senza alcun potere, pur di arrivare alla pensione, sorge spontaneo chiedersi quanto percepirà: sulla base dello stipendio attuale e dell'annual report 2010-2011 di Allianz, dove Cucchiani era entrato nel 2006, si pu ò ipotizzare che il top manager riceverà dall'Inps un assegno da 98.500 euro lordi annui, pari a 4.900 euro netti mensili: il calcolo è stato fatto con il software «Carpe», lo stesso impiegato dal nostro Ente previdenziale. La cifra, non faraonica, va poi sommata ai trattamenti integrativi: solo i versamenti Allianz potrebbero valere altri 80mila euro annui. Il cocktail crisi-buonuscite fa quindi venire la bile ai sindacati, vista anche la minaccia dell'Abi di lasciare il settore senza contratto se non sarà trovato un accordo per riscriverlo entro il giugno 2014. «In questo Paese si è superato ogni limite», denuncia il leader della Fabi, Lando Sileoni: «Predicare bene e razzolare male fa perdere quel minimo di credibilità che il sistema bancario ancora pensa di avere». Il 31 ottobre sarà sciopero nazionale. A chiedere un tetto per i maxi-stipendi dei top banker è poi la Fiba-Cisl di Giulio Romani che sta raccogliendo le firme per una legge di inizativa popolare, così come sono in guerra la Uilca di Massimo Masi e la Fisac di Agostino Megale.
A spargere sale sull'uscita di Cucchiani, maturata dopo che il manager ha preso le distanze dal presidente Giovanni Bazoli sui prestiti concessi alla Tassara di Romain Zalesky, è poi un particolare emotivo: il grande capo del personale di Ca' de Sass è Francesco Micheli, il banchiere al quale l'Abi ha affidatola trattativa con i sindacati e che è fresco di promozione nel consiglio di gestione di Intesa, si dice su espressa richiesta del neo ad Carlo Messina. Senza contare che, se messe con le spalle al muro, le banche potrebbero scegliere di mettere in mobilità i lavoratori in eccesso,chiedendo al governo di stornare una parte dei 200 milioni che, ogni anno, il comparto versa allo Stato per finanziare la cassa integrazione senza poi utilizzarla.
CORRIERE DELLA SERA mercoledì 2 ottobre 2013
Vertice Intesa, Messina: priorità alla trasparenza - L’ira dei sindacati: pensione d’oro a Cucchiani e tagli
MILANO — Con un balzo del 5,7%, quasi del tutto dovuto alla fiducia del mercato nella tenuta del governo Letta, Intesa Sanpaolo recupera in Piazza Affari buona parte delle perdite accusate nei giorni precedenti le dimissioni da consigliere delegato di Enrico Cucchiani, 63 anni. La polvere sulla breve e chiacchierata parabola dell’ex Allianz al vertice della prima banca italiana, per ò, non accenna a depositarsi. E anzi, una nuovo ciclone sembra essersi levato sulle condizioni d’uscita accordate a Cucchiani che lascia sì l’incarico di Ceo ma conserva il titolo di direttore generale (senza poteri) e il rapporto di dipendente della superbanca fino a fine marzo 2014 ai fini di maturare , almeno così pare, i requisiti per la pensione.
Un percorso di uscita a dir poco insolito per il capo di una grande azienda: inutile dire che in quell’olimpo retributivo il dimissionamento fa parte del gioco, è il rischio del mestiere. Ai 3,6 milioni (contrattuali) della buonuscita, Cucchiani aggiungerà oltretutto la retribuzione dei prossimi sei mesi, oltre al mantenimento dei benefit, auto blu compresa. «In questo Paese e nel settore bancario ormai si è superato ogni limite e ogni decisione, anche la più politicamente assurda, viene comunicata senza avere il minimo rispetto per l’intelligenza delle persone» ha tuonato Lando Maria Sileoni, il segretario della Fabi, il maggiore sindacato di categoria, ricordando che agli oltre 300 mila bancari italiani è stato appena disdetto il contratto. «Cucchiani non si preoccupi: se Intesa non paga le sue sei mensilità provvederemo noi a organizzare una colletta tra lavoratori» ha chiosato il sindacalista.
Per il nuovo numero uno Carlo Messina, 51 anni, 20 dei quali spesi nel gruppo presieduto da Giovanni Bazoli, ieri è stato il giorno del debutto da Ceo in consiglio. Il manager, secondo quanto riportato da Radiocor, avrebbe promesso trasparenza e un ampio coinvolgimento della prima linea con l’obiettivo di ritornare all’efficienza attesa dai soci e dal mercato.
Il primo atto è stato l’approvazione del piano di ristrutturazione del debito della Carlo Tassara di Romain Zaleski, un allungamento delle scadenze che sembra attenuare il grado di rischio per la stessa Intesa. Messina conserva per ora anche la delega sulla della Banca dei Territori. L’incarico di vicario che Messina ricopriva con Cucchiani consigliere delegato dovrebbe passare in prospettiva al capo del corporate Gaetano Miccichè.
Sul ribaltone alla Ca’ de Sass è da registrare la bacchettata della Lex Column del «Financial Times»: «Messina - ha scritto il quotidiano finanziario londinese - pu ò far meglio di Cucchiani. Ma l’impressione lasciata dal cambio è che il sistema bancario italiano è proiettato all’interno come mai prima». Paola Pica © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA REPUBBLICA mercoledì 2 otobre 2013
Intesa Sanpaolo - Sindacati furiosi “Faremo colletta per pensione Cucchiani”
MILANO — L’uscita di Enrico Cucchiani, con dote vicina a 5 milioni di cui uno per la carica di dg che terrà sei mesi a fini previdenziali, irrita i sindacati bancari. «Nelle banche s’è superato ogni limite — ha scritto la Fabi — se Intesa non paga le sei mensilità organizzeremo una colletta tra i lavoratori». Ieri nel Cdg Intesa che ha approvato il riassetto dei debiti Tassara ha esordito l’ad Messina, a fianco di Gaetano Micciché che potrebbe divenirne vicario.
MF-MILANO FINANZA mercoledì 2 otobre 2013
Intesa schiva il rischio Zaleski - L'estensione al 2016 della moratoria dà ossigeno al finanziere franco-polacco. Ma consente alla banca di non iscrivere un'ingente perdita sul credito che sarebbe emersa in caso di insolvenza
di Andrea Di Biase
Il primo consiglio di gestione operativo con Carlo Messina come consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo ha coinciso con il via libera del board, arrivato all'unanimità al piano di salvataggio della Tassara di Romain Zaleski.
I termini dell'accordo, i cui dettagli sono stati resi noti dalla società bresciana nella serata di lunedì, sono particolarmente impegnativi per la Ca' de Sass, che tuttavia, attraverso la proroga della moratoria sul debito da complessivi 2,3 miliardi fino al 31 dicembre 2016, pu ò evitare di contabilizzare una perdita su crediti da 1,2 miliardi, come avrebbe potuto fare nel caso in cui, nella peggiore delle ipotesi, la Tassara fosse stata dichiarata insolvente. Ma evitare questo rischio ha avuto comunque un costo elevato, non tanto perché alle banche toccherà convertire in strumenti partecipativi 650 milioni sull'esposizione complessiva di 2,3 miliardi, e perché a Intesa, meno garantita di Unicredit, toccherà farsi carico della parte più ingente, ma soprattutto perché, nel caso in cui la Tassara dovesse incorrere nei prossimi anni in perdite tali da rendere necessaria la ricostituzione del capitale, le banche, con la Ca' de Sass in prima fila, se ne faranno carico, trasformando in strumenti partecipativi anche i crediti residui.
L'altro vantaggio che l'istituto presieduto da Giovanni Bazoli ottiene dal rinnovo della moratoria sui debiti della Tassara riguarda il destino del pacchetto dell'1,73% di Intesa Sanpaolo ancora in portafoglio alla società bresciana.
Evitata la liquidazione, la holding presieduta da Pietro Modiano potrà procedere a una vendita ordinata della quota, in modo tale da massimizzare l'introito senza contraccolpi negativi per il titolo della Ca' de Sass.
Continua intanto a tener banco la vicenda dell'uscita dell'ex ceo Enrico Cucchiani. Le modalità con cui è maturata l'uscita dell'ex top manager di Allianz è stata oggetto di pesanti critiche da parte del mondo sindacale («se Intesa non paga le sue sei mensilità provvederemo noi a organizzare una colletta tra lavoratori bancari», ha attaccato Lando Sileoni della Fabi) al punto da costringere la banca, su richiesta della Consob, a trasmettere la seconda precisazione in due giorni sulla risoluzione del rapporto con l'ex consigliere delegato. Cucchiani, ha spiegato Intesa, resterà direttore generale per altri sei mesi in modo da raggiungere i requisiti pensionistici svolgendo le attività che gli saranno affidate da Messina e percependo la retribuzione prevista dal suo contratto. Non è stato previsto alcun patto di non concorrenza, mentre la buonuscita è stata fissata in 3,6 milioni. Cifra a cui si sommano i compensi maturati fino a due giorni fa e quelli come direttore generale per i prossimi mesi (circa 900 mila euro).
Per quanto riguarda invece gli impegni del nuovo capo azienda, dopo l'esordio come ceo in consiglio, la prima apparizione pubblica di Messina è attesa per la riunione del Fondo monetario internazionale (Fmi) in programma a Washington il prossimo 11-12 ottobre. Un appuntamento che arriverà subito dopo il roadshow negli Stati Uniti già programmato dalla banca per incontrare la comunità finanziaria di Wall Street.
Sul fronte della governance, invece, nel pomeriggio di ieri si è tenuto anche un consiglio di sorveglianza. L'appuntamento arriva all'indomani dell'incontro riservato tra i presidenti delle fondazioni azioniste di Intesa, che avrebbero avviato la riflessione sulla trasformazione della governance. Sembra tuttavia escluso, almeno in questa fase, che la banca possa accelerare sul passaggio dal sistema dualistico al modello tradizionale. Anche se qualche riflessione ci sarebbe comunque stata. (riproduzione riservata)
LIBERO mercoledì 2 ottobre 2013
Gli esodati pagano i sei mesi a Cucchiani - Oltre alla buonuscita, Banca Intesa ha garantito all’ex ad mezzo anno di stipendio per fargli maturare la pensione. I sindacati: accordo sulle spalle degli esuberi. La Fabi ironizza: organizzeremo una colletta
FRANCESCO DE DOMINICIS
«Cucchiani non si preoccupi: se Intesa non paga le sue sei mensilità provvederemo noi a organizzare una colletta tra lavoratori bancari». Per certi versi c’era da aspettarselo: siamo arrivati allo sfott ò. Quello dei sindacati nei confronti del vertice di IntesaSanpaolo. Perché la decisione di Ca de’ Sass di assicurare altri sei mesi di stipendio all’ex amministratore delegato, Enrico Cucchiani, è paradossale. Una scelta che rispetta il contratto, come si è affrettata a precisare ieri la banca. Ma che stride, eccome, se si guarda sia alla crisi economica sia alla situazione interna dei lavoratori di Intesa.
Fatto sta che dopo la levata di scudi di Fisac Cgil e Uilca di lunedì, ieri è scesa in campo la Fabi. Con il segretario generale, Lando Sileoni, che ha preso di mira, ironizzando, la vicenda Cucchiani, rimosso domenica e rimpiazzato dal direttore generale vicario, Carlo Messina. Ad aver fatto infuriare le sigle è la prosecuzione del rapporto di lavoro dell’ex ad. Al quale sono stati promessi altri sei mesi di stipendio, in modo da garantirgli il raggiungimento dei requisiti per l’età pensionabile. Indiscrezioni non confermate ufficialmente, ma che hanno creato comunque non poco malumore fra i lavoratori della banca. «Ci sono situazioni occupazionali drammatiche» spiegava ieri una fonte interna, ricordando pure, fra rabbia e incredulità, le migliaia di esuberi e qualche esodato ancora nel limbo della legge Forneroa cui, di fatto, viene presentato il conto dello stipendio di Cucchiani. Quella dell’ex alto dirigente Allianz è una «posizione blindatissima» si mormora nei corridoi del primo istituto di credito del nostro Paese. E c’è pure chi fa riferimento al suo passato tutto tedesco, associando il suo arrivo in Ca de’Sass come una sorta di favore dell’ex premier italiano, Mario Monti, alla cancelliera tedesca, Angela Merkel. La faccenda è complicata e sta Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
assumendo le caratteristiche di un intrigo che pare interessare le diplomazie internazionali. Financo Edward Lutwak ha voluto dire la sua.
Secondo l’economista e politologo americano, Cucchiani sarebbe stato costretto a lasciare Intesa perché «prestava i soldi agli imprenditori e non agli amici», voleva «internazionalizzare» la banca e invece hanno prevalso «metodi italiani». Il riferimento, non esplicito, è alla visione di «banca di sistema» più gradita al presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli. La banca ha provato
a difendersi, brandendo il contratto di assunzione. Come dire: era tutto previsto e già messo nero su bianco. Ne emerge, tuttavia, un quadro a tinte fosche. Secondo Sileoni questa decisione è stata presa «senza avere il minimo rispetto per l’intelligenza delle persone» mentre sarebbero «indispensabili comportamenti e decisioni in linea con l’attuale e delicatissimo momento di crisi. Predicare bene e razzolare male fa perdere quel minimo di credibilità che il sistema bancario ancora pensa di avere». Oltre alla prosecuzione del rapporto di lavoro, la polemica riguarda anche la super buonuscita intascata da Cucchiani: 3,6 milioni di euro che, sommati alla busta paga, diventano 7 milioni per un incarico di appena 21 mesi. Vallo a raccontare a chi è stato prepensionato o chi ha accettato di lavorare il sabato o la sera. La bufera è destinata a proseguire. Gli occhi sono puntati su Messina. La sua «promozione» sarebbe stata caldeggiata, in particolare, da Francesco Micheli. Al chief operating officer, dicono in banca, Messina si rivolge addirittura con l’appellativo di «maestro». Segno di grande deferenza, confermato dal fatto che sono i soli, fra i top manager del gruppo, a darsi del lei. twitter@DeDominicisF
Il Tempo mercoledì 2 ottobre 2013
Cucchiani trova l’Intesa. Sulla pensione
La buonuscita di 3,6 milioni per lasciare la banca di Bazoli non è sufficiente Resta altri 6 mesi per versare i contributi. I sindacati: facciamo una colletta
Filippo Caleri
In fondo con i soldi i banchieri italiani ci lavorano e ci guadagnano. Certo, se quando sono in sella alle principali banche si comportassero con la stessa cura con la quale guardano i loro affari, forse la crisi bancaria sarebbe solo una vacua affermazione. Non potrebbe essere altrimenti nel caso dell’uscita di Enrico Cucchiani da Intesa SanPaolo.
Il manager, detto il tedesco per la sua lunga permanenza in Allianz, accompagnato alla porta da soci non in linea con la sua strategia aziendale, avrà preso sicuramente consigli da Alessandro Profumo, ex golden boy di Unicredit, che per uscire dal gruppo di Piazza Cordusio si fece accompagnare dai legali in sede di contrattazione della buonuscita uscendone con un copioso assegno di 40 milioni di euro. Cucchiani non potrà competere con lui, visto che per la partenza da Ca’ de Sass si è fatto siglare un foglio di via con allegata la pregevole somma di 3,6 milioni di euro. Ma non è comunque male per la conduzione durata solo 1 anno e 9 mesi, e nel corso della quale la banca di «sistema» non ha fatto felice nessuno. Né i grandi soci, tenuti a stecchetto quanto a dividendi, né i piccoli azionisti che non hanno visto grandi aumenti del corso delle azioni. Trattandosi di banca privata le scelte dei soci, ovvero dei proprietari non si discutono. Quello che resta opinabile è stata la richiesta di Cucchiani di uscire dalla plancia di comando senza lasciare la pianta organica della banca, fino al primo aprile del 2014, per maturare i requisiti necessari ad andare in pensione.
Una notizia trapelata ieri da lanci di agenzia e che la banca su richiesta di Consob, con riferimento alla risoluzione del rapporto di lavoro, ha dovuto meglio precisare. Nella giornata di domenica 29 settembre 2013, ha ricordato la banca, Enrico Tommaso Cucchiani ha rassegnato le proprie dimissioni con decorrenza immediata dalla carica di componente il consiglio di gestione, consigliere delegato e ceo. Per effetto di tali dimissioni «cessa il riconoscimento dei relativi compensi». Il consiglio di gestione riunitosi nella serata del 29 settembre ha preso atto delle dimissioni dalla carica di consigliere e dalle funzioni ad essa collegate. Per quanto riguarda il rapporto di lavoro subordinato di Enrico Tommaso Cucchiani, il consiglio di gestione «ha deliberato di avvalersi della facoltà di recesso unilaterale dal rapporto medesimo con effetto dal 1° aprile 2014».
In relazione a tale risoluzione «trovano applicazione le condizioni economiche delineate al momento dell’assunzione di Enrico Tommaso Cucchiani e rese pubbliche nelle Relazioni sulle Remunerazioni e sul Governo Societario pubblicate nel 2012 e nel 2013 che prevedono la corresponsione di 3,6 milioni». Fino a tale data, Enrico Tommaso Cucchiani «svolgerà le attività che gli saranno affidate dal ceo, al quale riferirà, e percepirà pro rata temporis la retribuzione prevista dal suo contratto di assunzione, con il correlato trattamento previdenziale di cui alla citata Relazione sulle Remunerazioni e il Governo Societario». Intesa Sp puntualizza, infine, che «non è stato previsto il riconoscimento delle componenti differite derivanti dall’applicazione del sistema incentivante. Non è stato previsto alcun patto di non concorrenza». Tutto questo, conclude la banca, «è stato deliberato dal consiglio di gestione in applicazione delle condizioni contrattuali ed economiche già previste per il rapporto dirigenziale dell’interessato».
Ora è chiaro che la libera contrattazione va rispettata. Ma nel pantano nel quale è finita l’economia italiana, dove la metà dei pensionati non supera i mille euro netti al mese, gli esodati creati dal duo Monti-Fornero vagano nel limbo delle norme per capire se riusciranno a portare a casa un assegno, la pretesa di chi guadagna cifre non commisurate alla realtà, di restare al lavori senza poteri solo per percepire la pensione, stride non poco con l’etica. In fondo lasciato un incarico in modo non proprio elegante, i contributi Cucchiani li avrebbe potuti versare anche di tasca sua. Soprattutto perché il costo del suo sipendio resta in carica a una banca che, come tutte le altre, sta soffrendo la crisi del settore e ha disdettato, via Abi, il contratto collettivo per i lavoratori giudicato non più sostenibile economicamente.
Ora si tratta di capire come faranno i responsabili bancari delle relazioni sindacali a confrontarsi con le organizzazioni dei lavoratori chiedendo loro sacrifici. La tensione è palpabile. «Si è superato ogni limite» in Italia e nel settore bancario ha detto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. Al quale non è mancata l’ironia. Amara. «Predicare bene e razzolare male fa perdere quel minimo di credibilità che il sistema bancario ancora pensa di avere. Cucchiani non si preoccupi: se Intesa non paga le sue sei mensilità provvederemo noi a organizzare una colletta tra lavoratori bancari» ha chiosato Sileoni.