Il Segretario Generale della FABI contro l'ipotesi di una nazionalizzazione del Gruppo e gli eventuali prepensionamenti obbligatori. Leggi i servizi de Il Sole 24 Ore, Il Giornale, La Stampa, Il Corriere della Sera e il Resto del Carlino
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MPS, LA FABI SULLA STAMPA

Il Segretario Generale della FABI contro l’ipotesi di una nazionalizzazione del Gruppo e gli eventuali prepensionamenti obbligatori. Leggi i servizi de Il Sole 24 Ore, Il Giornale, La Stampa, Il Corriere della Sera e il Resto del Carlino
MPS, LA FABI SULLA STAMPA
Il Segretario Generale della FABI contro l'ipotesi di una nazionalizzazione del Gruppo e gli eventuali prepensionamenti obbligatori. Leggi i servizi de Il Sole 24 Ore, Il Giornale, La Stampa, Il Corriere della Sera e il Resto del Carlino
LA STAMPA mercoledì 9 ottobre 2013
IL PIANO AI SINDACATI - Montepaschi nuovo balzo a Piazza Affari
Nuova seduta positiva a Piazza Affari per Mps, salita dell' 1, 73% all' indomani della presentazione del piano di ristrutturazione. Dopo il 6, 2% della vigilia, il titolo è salito con vigore in mattinata per poi ritracciare nel pomeriggio, chiudendo in rialzo malgrado il ribasso dell' indice. Ieri il piano - 2, 5 miliardi capitale e rimborso di 3 miliardi di Monti bond entro il 2014 e oltre 5000 esuberi da aggiungere ai 2700 già realizzati - è stato illustrato ai sindacati. La Fisac- Cgil, il principale sindacato dentro la banca, chiede di aprire un tavolo con il governo. Di opinione opposta la Fabi: «Siamo contrari alle ingerenze esterne di chi vuole risolvere il problema esuberi prepensionando obbligatoriamente i lavoratori», ha detto Lando Sileoni, segretario generale della Fabi.
IL GIORNO/LA NAZIONE/IL RESTO DEL CARLINO mercoledì 9 Ottobre 2013
Mps, appello di Viola alla responsabilità «Ce la faremo. E senza licenziamenti» L'ad'chiama' i sindacati: «Nazionalizzazione non in agenda»
Il giorno dopo' l'ok del board di Rocca Salimbeni al piano di ristrutturazione è ricco di confronti accesi. E di sentimenti contrastanti. Da una parte i sindacati (con la Fisac-Cgil in testa) a chiedere all'azienda di riaprire le trattative e rivedere il taglio dei costi a favore di quello sugli esuberi. E con la Fabi a mettere in guardia la politica: «Stia lontana dalla Rocca, ha già fatto troppi guai» tuona il segretario generale, Lando Sileoni. Dall'altra il nuovo management che, dopo aver lavorato e limato il piano per recepire le indicazioni date dalla Commissione europea con Joaquìn Almunia, sa che la vera partita comincia adesso. E l'obiettivo è alto: risanare la terza banca del paese per riportarla alla redditività in 4 anni e, nel frattempo, rimborsare 4,07 miliardi allo Stato. Fallire significherebbe nazionalizzazione. Tout-court. Un'eventualità che l'amministratore delegato Fabrizio Viola non intende neanche prendere in considerazione. «Ce la faremo», assicura. Punto e basta.

Dottor Viola in che modo?

«Il management della banca è impegnato nel recepire i contenuti del piano di ristrutturazione nel piano industriale: molte delle attività già in essere saranno confermate, verranno aggiornati i target. E occorrerà arricchire il Piano di azione con i dettagli su come arrivare a generare il livello di redditività atteso. Evidentemente uno dei passaggi fondamentali, lato conto economico, sarà creare le condizioni per un significativo incremento della produttività commerciale, visto l’obiettivo di riduzione del personale previsto a piano».
I sacrifici saranno tanti. Soprattutto per i lavoratori…
«Nel piano comunque non c’è nessun licenziamento, ma un ulteriore ampio ricorso ai fondi di solidarietà che devono essere oggetto di trattativa sindacale. Del resto, nell’interlocuzione con la Commissione Europea, l’obiettivo della redditività alla fine del piano era un dato non negoziabile. Non c’erano alternative. Sin da quando siamo arrivati a Siena abbiamo difeso con i denti il nostro impegno iniziale di non aprire nessuna procedura di licenziamento. Realizzarlo dipenderà da noi e dalla nostra capacità di negoziare con gli organismi sindacali».
Alla Fisac che chiede di riaprire le trattative, quindi, cosa risponde?
«Quello che ho appena detto. Le relazioni sindacali in questa banca non si sono mai interrotte. La strada è tracciata, andremo avanti nella nostra direzione. Con l’auspicio che tutte le componenti sindacali si rendano conto che il percorso è lungo e impegnativo e che richiede grande senso di responsabilità. Da parte di tutti».
Due miliardi e mezzo di aumento di capitale. Non sono pochi. A chi vi rivolgerete?
«Al mercato. Chiaramente occorrerà che una parte importante di questo capitale venga sottoscritto da investitori con una visione strategica di medio lungo periodo e che, quindi, entrino nel capitale della banca non con una logica speculativa, ma di investimento. Va da sé che dovremo necessariamente uscire dai confini nazionali, cercare per lo più all’estero. Ci ò detto, se ci fossero soggetti italiani interessati, saremmo ben felici di averli nella compagine azionaria».
Senza la restituzione dei Monti bond il rischio è la nazionalizzazione. Che ne sarà della Fondazione Mps?
«La nazionalizzazione è un evento i cui effetti sono difficili da prevedere oggi e devo dire che, in questo momento, non è neanche nella nostra agenda, pur essendo consapevoli che, se al 31 dicembre 2014 non riusciremo a ricapitalizzare la banca e a rimborsare una fetta importante dei nuovi strumenti finanziari, quella sarà la conseguenza. Certamente, in quel caso, gli effetti per gli azionisti e, dunque anche per la Fondazione, saranno molto pesanti. Per questo faremo di tutto per evitarla».
CORRIERE DELLA SERA mercoledì 9 ottobre 2013
Montepaschi corre in Borsa Profumo vola negli Stati Uniti
Subito dopo l’approvazione del piano di ristrutturazione di Mps il presidente dell’istituto, Alessandro Profumo, è volato negli Stati Uniti. Non dovrebbe trattarsi di una missione americana per convincere nuovi potenziali investitori: Profumo parteciperà alla riunione dell’international board del brasiliano Banco Itaù, sembra senza altri appuntamenti fissati. Ma forse qualche collega gli chiederà del futuro di Rocca Salimbeni, che necessita di 2,5 miliardi di capitale fresco per rimborsare entro l’anno prossimo ben 3 dei 4,1 miliardi di euro concessi dal Tesoro come aiuto di Stato (i Monti bond) e ormai solo in attesa dell’approvazione finale da parte della Commissione europea, che quelle misure ha imposto. E se qualcuno gli tendesse una mano, certo non la tirerebbe indietro: «Siamo disponibili a valutare tutte le opzioni in Italia e all’estero. Per ora non c’è nulla di concreto», ha dichiarato al Sole 24ore . Le vie sono un’alleanza con un gruppo bancario o un investitore che rilevi almeno parte dell’aumento: l’alternativa è la nazionalizzazione.
Ieri il titolo ha guadagnato fino al 7%, per poi chiudere a 0,235 euro (+1,7%). Segno che il mercato vede con favore l’uscita dall’impasse, anche se sulla riuscita del piano le perplessità sono tante, come hanno sottolineato gli analisti: «Troppe variabili incerte e patrimonio finale ancora debole» (Mediobanca); «Target ambiziosi» (Icbpi); «La nazionalizzazione non si pu ò escludere» (Jp Morgan, Imi).
L’unica cosa considerata più realizzabile sono i risparmi, a cominciare dal personale. Il piano prevede un ulteriore taglio dei dipendenti, altri 3.300 che si aggiungono ai 4.700 già decisi nel piano del 2012 (di cui 2.700 già fuori dalla banca). In totale fanno 8.000 lavoratori entro il 2017, dai 31 mila originari. «Vanno evitati i prepensionamenti obbligatori», frena Lando Sileoni, della Fabi. E gli altri sindacati — Fisac, Uilca, Fiba, Ugl — puntano a riaprire le trattative. Fabrizio Massaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL SOLE 24 ORE mercoledì 9 ottobre 2013
Mps, aumento con diritto d’opzione – Piazza Affari punta sulle ipotesi di un nuovo socio: titolo in rialzo dell’1,7%
Cesare Peruzzi
FIRENZE – L’aumento di capitale di Banca Mps non escluderà il diritto d’opzione degli azionisti. è questo l’orientamento che sta maturando a Siena per la manovra da 2,5 miliardi, inserita nel piano di ristrutturazione concordato con Roma e Bruxelles, prevista nel 2014.
Insieme al vecchio aumento approvato in assemblea, quello da un miliardo affidato in delega al consiglio d’amministrazione, ritenuto inadeguato dalla Commissione europea, andrà dunque in soffitta anche il congelamento della prelazione per gli attuali soci, alcuni dei quali, come la Fondazione Mps (33,5% del Monte), non hanno comunque i mezzi per partecipare e dovranno diluirsi. A vantaggio di chi? Le condizioni del mercato e la tempistica con cui Rocca Salimbeni realizzerà le diverse fasi del piano, approvato lunedì e illustrato ieri alle organizzazioni sindacali, saranno determinanti.
A luglio del prossimo anno, il gruppo presieduto da Alessandro Profumo e guidato da Fabrizio Viola dovrà pagare allo Stato italiano gli interessi (9%) sui 4 miliardi di Monti bond sottoscritti dal Tesoro: 360 milioni che, a meno di operazioni straordinarie, verranno liquidati con l’emissione di nuove azioni Mps. Un po’ più del 10% della banca, insomma, finirà in mano pubblica. Non sarebbe la nazionalizzazione che qualcuno teme (gli azionisti attuali) e altri auspicano (il presidente del Consiglio provinciale di Siena, Riccardo Burresi), ma comunque aprirebbe allo Stato le porte di Rocca Salimbeni. Profumo e Viola hanno ripetuto che, per loro, la strada maestra è quella che porta al rilancio del Monte in autonomia: «percorso difficile, ma non impossibile», che dovrebbe prevedere l’aumento di capitale e il conseguente ingresso di nuovi azionisti come snodo decisivo per chiudere la partita dei Monti bond (il piano indica 3 miliardi da restituire entro il 2014). Il resto è affidato ai tagli (8mila esuberi al 2017 e 550 sportelli cancellati) e al rilancio del business, per arrivare tra quattro anni a generare 900 milioni di utile netto.
L’ipotesi di un intervento pubblico non piace al fronte sindacale, che ha accolto il nuovo piano con comprensibile apprensione. «Si possono raggiungere i numeri del piano attraverso esodi volontari e incentivati, senza licenziamenti e senza forzature, che non accetteremo mai», è il commento di Lando Silleoni, segretario generale della Fabi. Rocca Salimbeni, peraltro, non prevede il ricorso alla mobilità. Silleoni dice «no» anche all’intervento dello Stato nel capitale della banca, mentre il segretario generale dell’Ugl credito, Fabio Verelli, chiede alle «forze politiche e imprenditoriali di respingere il diktat europeo» che obbliga il Monte a nuovi sacrifici e Agostino Megale, segretario generale della Fisc-Cgil, auspica la «garanzia del Governo italiano sulle prospettive occupazionali» del gruppo.
Intanto, il mercato continua a premiare il titolo Mps (+1,73% ieri), nella convinzione che la strada del rigore e del ritorno all’equilibrio di bilancio sia ormai irreversibile. Magari con l’arrivo, nel 2014, di qualche "cavaliere bianco" in grado di stabilizzare gli equilibri senesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

IL GIORNALE mercoledì 9 ottobre 2013
Scontro Fabi-Fisac sul piano del Monte
Massimo Restelli
Accompagnare alla pensione i 2.900 dipendenti previsti dal nuovo piano industriale significa per il Monte Paschi esporsi a un impegno potenziale vicino a 600 milioni: mantenere un dipendente sul fondo esuberi per 5 anni ha infatti un costo medio di 200mila euro.
Il dato politico di ieri è tuttavia un altro: la Fisac-Cgil, il sindacato rosso del credito, ha chiesto al governo Letta di correre ancora in aiuto di Rocca Salimbeni dopo i Monti bond. Va detto che il primo azionista del Monte è la Fondazione Mps (33%) che, a sua volta, è espressione della politica senese dominata dal Pd. Per l’esattezza il segretario Fisac, Agostino Megale, vuole «riaprire il confronto con i vertici» di Mps e «avviare un tavolo con il governo». Il Monte e il suo rilancio sono un tema «nazionale» e quindi l’esecutivo «deve essere garante delle prospettive e della tutela occupazionale», ha proseguito la Fisac.
Fino a qui l’ufficialità, ma dietro le parole di Megale c’è un problema: per il Monte sarà complesso raggiungere i tagli pretesi da Bruxelles in cambio dell’ok ai Monti bond rispettando il principio della volontarietà degli esodi. Di conseguenza, pur di evitare il pericolo di una nazionalizzazione, il Pd potrebbe fare sentire il proprio peso perché lo scivolo verso la pensione diventi obbligatorio. Sarebbe la prima volta nella storia.
Da qui l’immediato scontro tra la Fisac e la Fabi di Lando Sileoni che ha, invece, all’esecutivo di stare «lontano» da Mps. «Siamo contrari alle ingerenze esterne di chi vuole risolvere il problema esuberi prepensionando obbligatoriamente i lavoratori del gruppo», ha attaccato Sileoni, notando come il presidente Alessandro Profumo e l’ad Fabrizio Viola, malgrado l’appoggio dato in Abi sulla disdetta del contratto, stiano dimostrando «di essere in grado di salvare» l’istituto di Rocca Salimbeni.
I leader sindacali nazionali erano collegati in conference call con Viola per l’avvio della trattativa sul piano industriale, ma i negoziati entreranno nel vivo a metà novembre, quando è atteso il via libera definitivo di Bruxelles al piano. Presenti il capo del personale Ilaria Dalla Riva e le rappresentanze aziendali: il Monte perderà altri 5.300 dipendenti: 1.100 con l’esternalizzazione delle attività di back-office (a cui sono interessati Bassilichi e Accenture), 700 con il turnover, 600 con le vendite e 2.900 tramite il fondo esuberi. Mps (+1,7% in Borsa) dovrà quindi controbilanciare i costi con altre misure di solidarietà, come è accaduto per sostenere i 1.700 addetti finiti sul Fondo quest’anno.
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