SCIOPERARE IL 31 OTTOBRE? ECCO PERCH?
I sindacati spiegano perché è bene un’adesione compatta allo sciopero del 31 ottobre. Sileoni e Bossola: “Se la categoria, non si mobilita, dal 30 giugno non ci sarà più un Contrato Nazionale per i bancari”. Leggi i servizi de Il Sole 24 Ore e Il Giornale
I sindacati spiegano perché è bene un'adesione compatta allo sciopero del 31 ottobre. Sileoni e Bossola: "Se la categoria, non si mobilita, dal 30 giugno non ci sarà più un Contrato Nazionale per i bancari". Leggi i servizi de Il Sole 24 Ore e Il Giornale
v>
IL SOLE 24 ORE 12 ottobre 2013
Sportelli bancari chiusi il 31 ottobre
Cristina Casadei
Sportelli bancari a rischio il 31 ottobre. Una giornata importante per i sindacati dei bancari perché non è soltanto quella dello sciopero per la disdetta del ccnl da parte di Abi, ma fa da spartiacque tra il vecchio e il nuovo corso delle relazioni industriali nel credito, come è emerso ieri a Roma nella conferenza stampa unitaria.
Il segretario della Fisac-Cgil, Agostino Megale, dice che i bancari «sono pronti ad una lunga battaglia». «La categoria è compatta e il 31 ottobre è solo la prima tappa», avverte Mauro Bossola, segretario generale aggiunto della Fabi per il quale «è inutile che l’Abi nasconda la decisione di disdettare il ccnl con dieci mesi di anticipo, dietro la scusa che si tratta di un atto tecnico. Non è così, è un atto politico a cui dobbiamo dare una risposta politica con la mobilitazione della categoria».
«La disdetta ha lo scopo di portare la categoria alle trattative con la pistola puntata alla testa», dice il numero uno della Fabi, Lando Sileoni. «Senza un accordo, dal 30 giugno, i lavoratori bancari rimarranno infatti senza contratto – spiega Bossola -. Non c’è da parte di Abi la reale volontà di trovare una soluzione condivisa, altrimenti anziché fare proclami avrebbero condiviso la nostra proposta di costituire una cabina di regia per definire un nuovo modello di banca».
I sindacati hanno confermato la decisione di bloccare le trattative aziendali. Nonostante il momento difficile. Giulio Romani, segretario generale della Fiba-Cisl, ne fa una questione di sistema e di metodo. La scelta dell’Abi «è sbagliata nei tempi e nei modi. Non possiamo accettare – ha detto Romani – che i guasti di un sistema che è stato prodotto in gran parte da scelte sbagliate del management ricadano sui lavoratori». E segna, aggiunge Megale, una frattura: «Mentre Confindustria si è impegnata con i sindacati nel patto di Genova, l’Abi è l’unica associazione che sceglie la strada della rottura e della =rammatizzazione, mandando all’aria un’antica e proficua storia di positive relazioni industriali. La nostra intenzione è di difendere l’occupazione». Che in banca si è assottigliata, in maniera soft, di anno in anno. Dal 2000 ad oggi infatti sono usciti con esodo volontario, incentivato, ricorrendo al Fondo di solidarietà, 48mila lavoratori e se consideriamo la data degli ultimi piani, ossia il 2020, le uscite arriveranno quasi a 70mila. «è un ammortizzatore fondamentale per la categoria», dice Massimo Masi, segretario generale della Uilca, preoccupato perché «la mossa dell’Abi fa correre il rischio di rimanere senza il fondo esuberi». =© =RIPRODUZIONE RISERVATA
IL GIORNALE 12 ottobre 2013
Le banche in crisi si preparano a vendere le “sim”. Il progetto delle filiali supermarket per comprare biglietti, viaggi, cellulari
Massimo Restelli
Bancari in rivolta contro la disdetta del contratto nazionale decisa dall’Abi: i sindacati hanno confermato lo sciopero per il 31 ottobre, minacciando che sarà soltanto la prima tappa della ribellione.
Passata la prova muscolare, sarà per ò il tempo di rimettersi al tavolo per Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Ugl e Dircredito. Il filo per ricucire sarà con ogni probabilità definire un allargamento dell’offerta delle filiali a una serie di servizi «collaterali». Prodotti che nulla hanno a che vedere con il risparmio tradizionale, ma su cui gli istituti appendono parte delle speranze per risollevare una redditività ormai ridotta a livelli da prefisso telefonico: 0,47% il Roe dei primi 39 gruppi una volta depurati svalutazioni e avviamenti. I 309mila bancari italiani, per salvare il posto di lavoro, potrebbero in sostanza reinventarsi venditori di ticket teatrali, biglietti per treni, navi o aerei, abbonamenti telefonici o dell’energia e forse di servizi immobiliari; mentre le piccole e medie imprese potrebbero trovare allo sportello una consulenza in materia fiscale e di bilancio.
L’idea, pur ancora allo stato embrionale, di allargare lo spettro di attività degli sportelli è all’attenzione sia delle banche sia dei sindacati del settore. Palazzo Altieri aveva forzato per evitare che la «ultrattività» dell’accordo comportasse una sua sostanziale immutabilità, ma ora l’auspicio è riprendere la strada della concertazione.
A lanciare un appello dalle colonne del Giornale è lo stesso Francesco Micheli, vicepresidente vicario dell’Abi e capo del Casl: «I sindacati tornino al tavolo della trattativa, nel solco della tradizione delle relazioni sociali del settore. Sono certo che troveremo le soluzioni più opportune».
Micheli, che fa parte del vertice di Intesa Sanpaolo, non si spinge oltre, ma è evidente che il presupposto è ottenere dal nuovo impianto un reale aumento di produttività. La proposta che le banche vendano anche servizi non finanziari era stato, peraltro, circoscritta anche dal leader della Fabi, Lando Sileoni, all’ultimo vertice con l’Abi. Le banche pretendono, per ò, un severo taglio dei costi. La prospettiva è giungere a due differenti livelli contrattuali tra adetti del back office e degli sportelli, mentre gli over 55 più esperti potrebbero essere riconvertiti in figure simili ai promotori finanziari. Il Fondo esuberi diventerebbe infine un ente bilaterale, per allungare lo scivolo al prepensionamento e liberarsi dai vincoli dell’Inps.