La crisi attuale conferma la necessità di un rapporto fra etica ed economia e mostra la fragilità di un modello sottomesso agli eccessi che ne hanno determinato il fallimento. FABI protagonista del presente e del futuro della categoria
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CREMONA, LE CORDE DELL?ANIMA

La crisi attuale conferma la necessità di un rapporto fra etica ed economia e mostra la fragilità di un modello sottomesso agli eccessi che ne hanno determinato il fallimento. FABI protagonista del presente e del futuro della categoria
CREMONA, LE CORDE DELL?ANIMA

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“Puntiamo il dito sulla mancanza di etica nei comportamenti dei principali attori economici, perché da qui partono tutti i risvolti negativi che hanno portato alla recessione”.
è racchiuso in questo duro j’accuse il senso più vero della relazione introduttiva di Danilo Piccioni, Segretario Coordinatore, al XIX Congresso Provinciale della FABI di Cremona.
Una riflessione sul contesto in cui viviamo, in modo distaccato, non emozionale, per riuscire a guardare i grandi temi universali.
Sviluppo sostenibile, equa distribuzione del benessere, sicurezza alimentare, grandi migrazioni e responsabilità ambientale, gli altri temi toccati, a dimostrazione di una sensibilità che va oltre i confini del settore bancario, ma che sono sempre stati patrimonio del sindacato.
Un sindacato, la FABI, non ripiegato su se stesso, ma attento ai problemi del mondo, senza confini geografici, temporali e culturali “perché concentrarsi solo sul lungo periodo significa – dice Piccioni – ignorare l’enorme sofferenza e le vite che la diseguaglianza sta distruggendo tra il nord e il sud del mondo”.
Poi, citando un celebre discorso del Presidente dell’Uruguay, José Mujica, al summit di Rio de Janeiro “Stiamo governando la globalizzazione o la globalizzazione ci governa? é possibile parlare di solidarietà e dello stare tutti insieme in una economia basata sulla competizione spietata?”.
è ora di cominciare a lottare per un’altra cultura, quindi, perché non possiamo continuare, indefinitamente, governati dal mercato, dobbiamo cominciare a governare il mercato.
“C’è bisogno di un’economia basata sulla onestà, sulla fiducia delle imprese, delle famiglie, dei cittadini, delle persone” – continua con vera passione il Coordinatore della FABI cremonese, che non risparmia affondi contro i banchieri italiani e i loro compensi milionari, che stridono sia con la situazione di recessione e di crisi che attanagliano il settore sia con i negativi risultati della gestione operata proprio dagli stessi manager.
Aspre le critiche anche alla politica economica, fiscale e di welfare seguita dai diversi governi che si sono succeduti in Italia, che ha contribuito ad allargare la forbice “Siamo il Paese nel quale il 10% della popolazione detiene il 50% della ricchezza del Paese”.
Piccioni invita la politica ed il governo a rivedere le regole che hanno permesso agli speculatori di guadagnare dalla crisi e propone di portare a galla il mercato ombra di alcune banche che fanno movimenti finanziari e non li inseriscono nei bilanci.
“Il sistema bancario italiano oggi non ha bisogno di essere salvato, ma di essere rinnovato” – continua la relazione di Danilo Piccioni – e questo in perfetta sintonia con l’analisi di Bankitalia che ha denunciato come i board delle banche italiane siano vecchi, maschilisti e provinciali. Sono i banchieri i veri responsabili della voragine di sofferenze delle banche – 140 miliardi di euro! – poiché hanno finanziato amici, amici degli amici e compagni di merende “e adesso non riescono a farsi restituire i loro soldi, ma anzi devono mettercene di nuovi per togliere le castagne dal fuoco alle banche straniere ed evitare che le circostanze non sempre limpide possano attirare l’attenzione della magistratura”. Una denuncia implacabile, già ripetuta più volte dal Segretario Generale della FABI e poi dai responsabili sindacali sul territorio, come il Segretario Coordinatore della FABI di Cremona, che snocciola dati inequivocabili a sostegno di quest’accusa: “Sul numero complessivo degli addetti del settore, solo l’1% ha autonomia deliberativa quasi illimitata ed ha provocato il 48% dell’ammontare delle sofferenze (Dirigenti apicali) e il 5% (dirigenti + consigli di amministrazione) hanno deliberato crediti deteriorati per il 68% del totale”.
E la magistratura, così sollecita in altre vicende, dov’è? E il governo?
Non una parola per i lavoratori, ma un grosso regalo alle banche, che hanno ottenuto con la legge di stabilità la possibilità di detrarre le perdite in bilancio in 5 anni, anziché in 18 come avveniva fino ad ora.
Piccioni ricorda i meriti dell’ultimo rinnovo contrattuale “positivo e per molti versi innovativo”, che è riuscito a ricomprendere tutte le componenti sociali della categoria: le lavoratrici ed i lavoratori attivi; le lavoratrici ed i lavoratori in uscita col Fondo di Solidarietà; le lavoratrici ed i lavoratori potenziali, cioè i giovani, i precari, i disoccupati, i portatori di diverse abilità, gli svantaggiati, le donne e i giovani delle aree territoriali marginali, ai quali il nuovo Fondo per la creazione occupazionale offre un’opportunità di lavoro e di futuro.
Quindi, la disdetta anticipata del contratto nazionale, nient’affatto solo tecnica, come sostiene Micheli (ABI), ma è politica, perché se entro il 30 giugno non si firmerà un nuovo CCNL, le aziende non avranno più l’obbligo di applicare il Contratto (ultrattività) e la categoria resterà senza coperture. Stessa sorte è toccata agli addetti del Credito Cooperativo, perché Federcasse, scopiazzando l’ABI, ha consegnato uguale disdetta pochi giorni fa.
“Le banche, anziché essere ossessionate dalla riduzione del costo del Personale devono prima di tutto ripulire i bilanci, valutare le esposizioni immobiliari, correggere le posizioni immobilizzate, limitare consulenze inutili e costose, eliminare direzioni centrali inefficaci, appalti, sponsorizzazioni, buone uscite e stock option immorali” – dice Piccioni, avviandosi verso la conclusione – che richiama la necessità di ripristinare nel sistema bancario un dialogo costruttivo e profondo. “Ne hanno bisogno le banche, alle quali è richiesto uno sforzo straordinario di cambiamento, e ne ha bisogno l’economia reale del nostro Paese”.
E la FABI? “In questi ultimi 7 anni la FABI è tornata ad essere il Sindacato di riferimento del Credito, grazie a uomini impegnati nell’esclusivo interesse dei lavoratori, con idee lungimiranti e politiche a tutela della categoria”.
Infine, la promessa: “Difenderemo il Contratto Nazionale per garantire i diritti dei lavoratori; lotteremo per mantenere il Fondo di Solidarietà, lotteremo per un modello di banca attento alla clientela, ai territori, ai lavoratori e alle loro famiglie”.
Al Congresso era presente anche il Sindaco di Cremona, Oreste Perri, già campione mondiale di canoa, che con parole “non da politico, ma da cittadino al servizio di altri cittadini”, ha richiamato la necessità di fare ciascuno la propria parte per uscire dalla crisi economica e sociale e per ridare slancio ai grandi Valori, senza i quali non si va da nessuna parte.
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