COSTO DEL LAVORO, SILEONI RISPONDE ALL?ABI
Il Segretario Generale smaschera i banchieri. “ABI abbaia alla luna: nei 75mila euro di costo medio per dipendente dei gruppi bancari italiani sono compresi anche i costi dei top manager. ABI smetta di invocare flessibilità organizzativa che ha già”
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“L’analisi politica che l’ABI ha elaborato nel rapporto ABI 2013 sul mercato del lavoro nell’industria finanziaria non ci convince affatto e la contrasteremo con ogni mezzo. L’ABI dica chiaramente all’opinione pubblica se, nei 75mila euro di costo medio per dipendente dei gruppi bancari italiani, sono compresi gli alti costi dei top manager e degli alti dirigenti. Noi sappiamo perfettamente che è così. L’ABI lo dichiari pubblicamente una volta per tutte, per evitare la solita disinformazione e la solita demagogia”.
Così il Segretario Generale della FABI, Lando Maria Sileoni, ha risposto al Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, che oggi ha presentato a Roma il Rapporto 2013 sul mercato del lavoro nell’industria finanziaria, sottolineando come, secondo lui, il costo del lavoro nelle banche italiane sia superiore alla media europea.
“Il teorema politico secondo cui “un significativo aumento di produttività e redditività possa passare attraverso una semplificazione delle strutture produttive e organizzative”, che tradotto significa più reddito e più guadagni ma con meno occupazione, la rispediamo al mittente”, ha detto Sileoni, “in quanto per noi, solo attraverso la valorizzazione del capitale umano e professionale insieme al mantenimento degli attuali livelli occupazionali, si possono raggiungere importanti risultati gestionali.
Ci dica, invece, l’ABI, come vuole uscire dalla crisi del settore, come vuole riportare la clientela allo sportello, quali iniziative organizzative e sociali vuole attuare per recuperare un rapporto di consulenza e assistenza ai territori, alle famiglie e alle imprese.
La smettano, i gruppi bancari, di invocare quella flessibilità organizzativa che contrattualmente hanno già, ma non sanno e non vogliono utilizzare per incapacità e per i soliti compromessi con i gruppi di potere dei territori. Abbiano il coraggio, i banchieri, di aprire un confronto con i sindacati sulle nuove professionalità e sui nuovi mestieri, anziché abbaiare alla luna, scaricando sui governi, sui lavoratori e sulla clientela la loro miopia politica e organizzativa. Non una riga di autocritica è stata spesa da loro nel rapporto ABI 2013. Sono decenni, ormai, che i gruppi dirigenti delle banche sono indottrinati ideologicamente sul concetto di recupero dei costi, con taglio dei posti di lavoro e professionalità. Si scordino, i banchieri, di avere mano libera sul tema della mobilità territoriale e, quando parlano di moderazione salariale, diano loro il buon esempio abbassandosi stipendi ed eliminando tutti gli incentivi economici legati ai risultati dei piani industriali.
Questo “piagnisteo” continuo dell’ABI rappresenta l’ennesima dimostrazione che per certi dirigenti bancari esiste una sola dimensione: quella dorata di certi personaggi rispetto dei comuni cittadini e lavoratori. Non è solo una questione economica, è soprattutto una questione di onestà intellettuale”.
Roma 17/12/2013
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