XX CONGRESSO NAZIONALE, LA REPLICA DI SILEONI

QUESTION TIME CON ARPE. Un colloquio a tutto campo con Matteo Arpe sul futuro del settore bancario. Il golden boy della finanza italiana, il protagonista del memorabile braccio di ferro con Cesare Geronzi ai tempi di Capitalia e attuale Presidente del Gruppo Sator, è stato al centro di un articolato question time con il Segretario Generale della FABI, Lando Maria Sileoni, e il Segretario Generale Aggiunto, Mauro Bossola, durante i lavori del XX Congresso Nazionale, in corso a Roma presso l’Ergife Palace Hotel.
A moderare il dibattito Lello Naso, Caporedattore di Imprese e territori, il dorso del Sole 24 Ore. Un confronto dove più volte è emerso il rapporto di stima reciproca che lega il banchiere e il Segretario Generale della FABI. Il leader della FABI ha esordito ricordando la battaglia che li ha visti uniti tre anni fa per cambiare la BPM.
“Tre anni fa in BPM con la lista Arpe prendemmo una marea di voti, nonostante la struttura dirigenziale della banca fosse in mano all’ Associazione Amici della BPM, che adesso la FABI ha spazzato via”, ha rivendicato Sileoni, definendo Arpe un banchiere fuori dal coro “perché ha idee innovative e una marcia in più rispetto agli altri”. Prova ne sono la sua storia personale: la sua esperienza alla guida della Banca di Roma, “completamente risanata senza ricorrere ad alcun piano lacrime e sangue” (leggi: esuberi).
Anche Arpe non ha risparmiato apprezzamenti sinceri al leader della FABI, a cui ha riconosciuto grande abilità “nell’aver saputo condurre vere battaglie contro i poteri forti”.
Poi si è entrati subito nel merito della discussione su come rilanciare il settore bancario. Arpe è convinto che sia necessaria “un’evoluzione”. “La banca deve ripensare i suoi modelli di servizio”, ma senza abbandonare il proprio rapporto con il territorio. Si deve, quindi passare da un modello “orientato alle transazioni” ad un altro più orientato alla gestione del patrimonio del cliente, con maggiore flessibilità oraria e aperture anche il sabato”. Infine sarà necessario distinguere l’attività bancaria da quella più strettamente finanziaria, “attività, quest’ultima che, secondo Arpe, nei prossimi anni andrà a svanire”.
Quanto all’ipotesi bad bank, “se è solo uno strumento per ripulire i bilanci delle banche dalle sofferenze non serve a nulla”, ha detto Arpe, “se invece è un un’area dove mettere le migliori professionalità per recuperare credito senza ricorrere al canale giudiziario, riportando le sofferenze in bonis, allora ben venga”. Perché, come ha ricordato il Presidente di Sator, “la bravura della banca non è solo gestire soldi ma intervenire quando cliente sta scivolando verso le sofferenza”.
Non sono mancati, nel dibattito, più volte interrotto dagli interventi dei delegati sindacali presenti in sala, accenni al passato di Arpe in Mediobanca, ai tempi di Enrico Cuccia, e a quelli più recenti in Capitalia.
“Quando ero in Mediobanca”, ha raccontato Arpe, “la banca aveva un afflato di servizio pubblico e non si faceva commistione con la politica. Poi dopo quell’esperienza il sistema ha fatto commistione”.
Infine una frecciatina ai banchieri di lungo corso, quelli con cui Arpe nella sua carriera si è spesso scontrato. “In Italia la crisi l’hanno pagata i lavoratori e gli azionisti, decisamente meno i manager”. Dal fondo della platea un lungo e sentito applauso.
LA REPLICA DI SILEONI. “Ricordiamoci che non possiamo più tornare indietro”. Con questa frase il Segretario Generale della FABI, Lando Maria Sileoni, apre la replica a conclusione dei lavori del XX Congresso Nazionale. Lavori che in tour de force di quattro giorni, hanno visto succedersi sul palco banchieri, giornalisti, ma soprattutto i veri protagonisti: i sindacalisti FABI. E proprio a loro, il leader Sileoni ha voluto rendere gli onori di questi ultimi quattro anni passati insieme, in cui il lavoro fatto a difesa della categoria è stato portato avanti con professionalità e con coesione. Con quella condivisione di idee e progetti che sono la caratteristica di un sindacato autonomo che ha saputo crescere e rinnovarsi, andando ad occupare un ruolo di primo piano nel settore. Una forza, quella della FABI, fatta di donne e uomini che hanno difeso i diritti dei lavoratori bancari con ogni mezzo a disposizione, nel periodo più buio vissuto dalla categoria. Sileoni ha ripercorso ogni momento cruciale, a partire dal Contratto Nazionale portato a casa nel 2012 senza un solo minuto di sciopero. Un Contratto che ha permesso alla categoria di non essere balcanizzata. E poi la difesa degli esodati, dei cinquantacinquenni, dei giovani precari. è un fiume in piena il numero uno della FABI, un fiume interrotto solo dagli applausi.
“Abbiamo mantenuto in vita il nostro ammortizzatore sociale di categoria, il Fondo esuberi – ha detto Sileoni – Abbiamo parlato di stabilizzazione dei precari e abbiamo ottenuto risposte concrete e creato un Fondo per la nuova occupazione, a cui per la prima volta hanno contribuito i banchieri con 4% dei loro stipendi”.
E poi c’è la necessità di un nuovo modello di banca, quella banca che la FABI ha presentato e proposto nella tavola rotonda a cui hanno partecipato i più importanti rappresentanti delle banche.
“Dobbiamo costruire un nuovo modello di banca che deve avere come obiettivo l’aumento dei ricavi e il mantenimento dell’occupazione. Con il nostro nuovo modello di banca dimostreremo ai banchieri che serviranno 20mila posti di lavoro in più non 40mila in meno”.
Insomma, la falange macedone è ancora in lotta, più forte di prima. Conosce bene i problemi, e con la lungimiranza intellettuale che la contraddistingue, è pronta a proseguire verso un cammino che sa bene essere ancora pieno di ostacoli.
Roma 13/03/2014
QUESTION TIME ALESSANDRO PROFUMO. Il presidente del Monte dei Paschi di Siena è salito sul palco del XX Congresso Nazionale della FABI. Ad accoglierlo, per un question time senza esclusione di colpi, il leader della FABI, Lando Maria Sileoni, il Segretario Generale Aggiunto, Mauro Bossola, e il giornalista del Corriere della Sera, Federico de Rosa. Attesissimo il confronto, e non poteva essere diversamente considerando le vicissitudini attraversate dalla banca, in quelli che sono stati due anni piuttosto difficili. E, infatti, il confronto va subito al dunque: i numeri.
“Per quanto riguarda i ricavi – ha detto Profumo – siamo sopra i dati che avevamo ipotizzato nel piano industriale. E questa è sicuramente una prima parte positiva. Dall’altra parte, per ò, le previsioni sulla perdita dei crediti sono invece andati in senso opposto”.
Ma c’è grande ottimismo da parte del Presidente, soddisfatto per la fiducia accordata a lui e all’intero management dal Consiglio di Amministrazione. Ora la via da percorrere è quella dell’aumento di capitale, attraverso la ricerca di nuovi soci, di cui, secondo Profumo, troppo spesso si pensa a guardare la nazionalità.
“Spetta alla Fondazione gestire il processo di vendita, il mio auspicio è che questa scelga dei soggetti che abbiano una visione a lungo termine della banca e accompagnino il progetto di MPS come banca che sta sul mercato in modo autonomo. Credo – ha proseguito – che in questo momento si debbano avere due livelli di priorità: il primo, è che chi entra oggi in Monte dei Paschi tenga presente che deve sottoscrivere l’aumento di capitale. Aumento necessario perché permetterà alla banca di essere risanata; il secondo, è che si tratti di azionisti che consentano alla banca di restare autonoma, perché ritengo che la terza banca italiana ne esprima la capacità”.
Quindi il discorso non pu ò non spostarsi sul futuro. E per Sileoni il futuro è quello che va verso un nuovo modello di banca. Una banca che rimanga attenta e presente sul territorio.
è sempre un rischio, infatti, che questa priorità venga meno nel momento in cui, in nome della razionalizzazione, si attui la chiusura progressiva degli sportelli. Su questo per ò, Profumo, ha la sua idea.
“La chiusura degli sportelli, quando vuoti e non redditizi, è necessaria. Se non riduciamo i costi immobiliari, scarichiamo tutto sui costi del personale”.
Infine, attenzione puntata sul modello MPS, una banca che, come ha riconosciuto lo stesso Presidente, ha potuto proseguire il suo cammino grazie alla relazione stretta tra personale e clientela, e sulle esternalizzazioni, il tallone d’Achille dell’istituto senese.
“Se quelle persone confluite in Fruendo, fossero rimaste in MPS – ha concluso Profumo – probabilmente oggi avremmo dei disoccupati”.
Ma l’ultima parola è del leader FABI: “Salvare 28mila lavoratori, è e rimane il nostro scopo principale”.
ITALIA EUROPA: UN NUOVO MODELLO DI BANCA PER IL RILANCIO DEL SETTORE. Banche italiane ai primi posti nella classifica europea per sofferenze. Nel primo semestre 2013, i prestiti non restituiti ammontavano a oltre l’11% del totale dei crediti concessi.
Ci ò significa che, nei primi sei mesi dello scorso anno, nel nostro Paese, più di un prestito su 10 non è stato saldato alla sua scadenza, oppure il pagamento di alcune rate è stato pesantemente ritardato. Una vera e propria escalation quella delle sofferenze bancarie italiane, che dal 2010 al 2013 sono aumentate di tre punti percentuali, passando dal rappresentare l’8,37% del totale dei prestiti nel 2010 e l’11,68% nella prima metà del 2013.
I dati sono emersi dallo studio “Italia- Europa. Un nuovo modello di banca per il rilancio del settore. Analisi e proposte”, a cura dell’Ufficio studi internazionali della FABI, presentato nel pomeriggio durante i lavori del XX Congresso Nazionale della FABI
L’indagine, incentrata sulla rielaborazione di dati della BCE, analizza i modelli distributivi dei principali sistemi bancari europei con un approfondimento, in particolare, sulle sofferenze accumulate negli anni cruciali della crisi (2010-2013) dai settori bancari di Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Austria, Olanda, Danimarca e Svezia .
Impietoso il confronto con gli altri Paesi europei. A fare peggio delle banche italiane solo gli istituti di credito greci, dove le sofferenze hanno toccato quota 21,86% nel primo semestre del 2013.
Subito dopo le banche italiane, si collocano le portoghesi, con il 7,57% di prestiti non restituiti, le spagnole (6,69%), le belghe (4,98%), le austriache (4,60%), le francesi (4,52%), le danesi (3,98%), le olandesi (2,55%), le tedesche (1,86%), le inglesi (1,86%) e, infine, le svedesi (0,78%).
A determinare una così forte incidenza delle sofferenze sui bilanci bancari italiani diversi fattori. Tra questi: una cattiva gestione del credito da parte dei piani alti delle banche (Direzioni Generali e CDA,), che hanno concesso prestiti a grandi gruppi industriali amici, talvolta secondo criteri più clientelari che di merito; la crisi economica; le regole fiscali in materia di deduzione delle perdite, spesso penalizzanti per gli istituti di credito; l’eccessiva lunghezza delle procedure fallimentari e, infine, gli scarsi interventi di sostegno statale ai gruppi bancari in difficoltà.
I dati emersi dallo studio sfatano, infatti, il pregiudizio che vedrebbe l’Italia tra i Paesi più propensi a “regalare” risorse pubbliche alle banche. Dal 2007 al 2010 lo Stato italiano ha iniettato a fondo perduto nel settore bancario “solo” 4,1 miliardi di euro (al netto dei Monti e dei Tremonti bond), contro i 114,5 del Regno Unito; i 47,9 della Svizzera; i 46,9 della Germania; i 31,5 dell’Irlanda; i 30 dell’Olanda; i 25,3 della Francia; i 23,5 della Spagna; i 20,94 del Belgio; i 20,3 della Grecia; gli 8,85 dell’Austria; i 7,6 della Danimarca.
LE PROPOSTE DELLA FABI PER UN NUOVO MODELLO DI BANCA. Subito dopo la presentazione è partita la tavola rotonda a cui sono intervenuti i maggiori banchieri italiani: Pierfrancesco Saviotti, Amministratore Delegato del Banco Popolare, Victor Massiah, Consigliere Delegato di UBI, Roberto Nicastro, Direttore Generale Unicredit, Piero Giarda, Presidente del Consiglio di Sorveglianza di BPM, Giampiero Maioli, CEO di Cariparma. Oltre a loro erano presenti l’economista Giulio Sapelli, l’editorialista Oscar Giannino e il caporedattore de Il Sole 24 Ore, Lello Naso.
Un ricco parterre di ospiti di fronte al quale il leader della FABI ha elencato le sue proposte per un nuovo modello di banca.
“Le strategie fin qui attuate dalle banche italiane e incentrate soltanto su un taglio lineare del costo del lavoro e degli sportelli e sull’outsourcing di attività non hanno portato a un rilancio del settore”, ha osservato Sileoni.
“Per questo, come sindacato, vogliamo impostare il confronto sul rinnovo del Contratto di categoria proponendo un nuovo modello di banca, che generi profitti, creando occupazione e posti di lavoro e che rafforzi i suoi legami con le imprese del territorio”.
“è necessario”, ha quindi proposto Sileoni, “che le banche abbandonino le vecchie politiche e che, invece, amplino la gamma di servizi, puntando, oltre che sulla tradizionale attività creditizia, anche sull’offerta di consulenze in materia assicurativa, pensionistica e fiscale e sulla vendita di carte di credito e polizze d’assicurazione, “rubando” quote di mercato a Banco Posta e Poste Vita.
Sarebbe, inoltre, auspicabile: un potenziamento delle attività di consulenze specializzata, anche in materia di commercio internazionale, ad oggi appannaggio di grandi studi che offrono servizi a costi molto elevati, un rafforzamento delle attività di credito specialistico, come quello industriale, marittimo, agrario e turistico, e di gestione delle incentivazioni pubbliche, soprattutto europee”.
“Infine un’importante area di business potrebbe essere rappresentata dalla gestione dei portafogli di crediti deteriorati, secondo modalità meno burocratiche e più propositive, e nella quale allocare personale ad elevata specializzazione”, ha concluso Sileoni.
Roma 12/03/2014
QUESTION TIME CON MESSINA. Ruolo della banca nell’economia del Paese, partecipazioni, sofferenze, bad bank, esuberi e nuove assunzioni. Sono questi, tanti e importanti, i temi che sono stati trattati nel corso del question time che ha visto confrontarsi Carlo Messina, Consigliere Delegato di Intesa Sanpaolo, Lando Maria Sileoni, Segretario Generale della FABI, Mauro Bossola, Segretario Generale Aggiunto della FABI e Federico De Rosa, firma del Corriere della Sera. è ancora il Congresso Nazionale del sindacato più rappresentativo della categoria a fare da sfondo alle tematiche più rilevanti del momento. Ancora una volta la platea è gremita. Messina, ad un anno dall’assunzione del suo ruolo, punta tutto sulla necessità di stimolare motivazione all’interno della banca, tramite percorsi di valorizzazione del personale.
“Intesa Sanpaolo è una banca dell’economia reale – ha puntualizzato Messina – una banca che vanta 300 miliardi di credito a famiglie e piccole e medie imprese, di cui 50 miliardi solo da quando è iniziata la crisi. Ora è mia intenzione azzerare le partecipazioni che hanno connotazioni istituzionali, lo abbiamo già fatto con Pirelli, ora lo stiamo facendo con Generali”.
Ma il sindacato non va per il sottile e sa dove mirare. Sileoni e Bossola incalzano, quindi, Messina su bad bank, riduzioni di filiali e tagli di personale.
“Nessuno ha intenzione di fare una bad bank che diventi una scatola in cui mettere le sofferenze che vanno a morire. Meglio creare una business unit in cui far confluire le sofferenze – ha assicurato il Consigliere Delegato -. Sui tagli: intanto non mi piace parlare di esuberi, abbiamo un approccio rispettoso della persona. Ma aziendalmente bisogna essere consapevoli che proprio per l’ambiente esterno in cui siamo inseriti, abbiamo in questo momento un eccesso di capacità produttiva. Quello che sto cercando di fare è riconoscere e valorizzare il merito: questo è quello che le persone ci chiedono. Un’azienda non motivata non farà mai reddito. Da qua il piano di impresa e la necessità di trovare un progetto comune. Per questo credo che creare percorsi di crescita e carriera all’interno della banca sia l’unico modo per generare energia all’interno della banca stessa”.
Ma Sileoni non si lascia certo sfuggire una risposta sulla chiusura delle filiali, che entro l’anno scenderanno a 3700. Se per Messina, infatti, questa situazione non creerà nessun problema nel portafoglio clienti, non è dello stesso avviso il numero uno della FABI: “Chiudere le filiali ha come conseguenza lo sradicamento dal territorio”.
E poi c’è l’aspetto finanziario.
“Sono orgoglioso di aver investito 60 miliardi nei titoli di Stato del mio Paese. Certo questa è una fase di transizione, con uno spread inferiore ai 200 punti sarà, infatti, molto ridotto il peso della componente finanziaria sui risultati della banca e quindi dovrà aumentare la leva commerciale”.
Battuta finale affidata a De Rosa, a lui il compito di parlare di nuove assunzioni.
“Credo che mirate e specializzate saranno necessarie, nel tempo”. Così, Messina ne esce indenne.
FACCIA A FACCIA MICHELI SILEONI SUL RINNOVO DEL CONTRATTO. Un match senza esclusione di colpi quello che si è svolto oggi pomeriggio, nell’ambito del XX Congresso Nazionale FABI, tra il Segretario Generale della FABI, Lando Maria Sileoni, e il Capo delegazione sindacale dell’ABI, Francesco Micheli, di fronte alla platea dei 2mila delegati sindacali, con Nicola Borzi, giornalista di Plus 24, nelle vesti di moderatore.
Al centro della discussione il rinnovo del Contratto Nazionale di categoria, che riguarda 309mila lavoratori bancari italiani.
Critiche, posizioni talvolta contrapposte, ma anche visioni comuni sulla strada che dovrà intraprendere il settore per riemergere dalla crisi.
A dichiarare a chiare lettere gli obiettivi del sindacato ci ha pensato subito il padrone di casa, Lando Maria Sileoni.
“Nella vertenza sul rinnovo del Contratto Nazionale, non intendiamo più confrontarci soltanto sui numeri della crisi, in una mera ottica di taglio dei posti di lavoro e delle garanzie contrattuali, ma vogliamo condividere un nuovo modello di banca. Siccome i vertici non, fino ad oggi, non si sono presi questa responsabilità ce la prendiamo noi”.
“Vogliamo un modello sociale di banca, che non faccia outsourcing di attività, ma che punti sulla consulenza allargata e specialistica a famiglie e imprese, che crei nuove professionalità, mantenendo così posti di lavoro e creando le condizioni per nuove assunzioni”.
Sileoni dunque sfida Micheli sul suo stesso terreno: quello dell’innovazione dei modelli di business, spesso invocato dalla controparte.
Ma se sugli obiettivi ci sono punti di convergenza tra banche e sindacato, ancora grandi restano le distanze sui metodi per realizzare questo cambiamento.
Micheli lo dice subito: “Non ci sono risorse economiche per rinnovare il contratto”. Tradotto: dimenticatevi aumenti salariali.
Pronta la replica di Sileoni: “Non siamo disponibili a un cambiamento a costo zero. Le professionalità vanno adeguatamente pagate”. Poi provocatorio si rivolge a Micheli: “Tu un cambiamento a 0 euro lo faresti?”
Il Capo delegazione sindacale dell’ ABI incassa e poi elenca, uno ad uno, le mire della sua organizzazione, nella vertenza del rinnovo contrattuale. “Abbiamo una parte normativa del Contratto che va completamente riformata. Sull’area contrattuale vanno prese decisioni. Non pu ò rimanere quella di 10 anni fa. Inoltre vanno rivisti gli inquadramenti, che devono tenere conto della nuova organizzazione del lavoro”.
Su inquadramenti e area contrattuale, il leader della FABI è irremovibile: “Non ci daremo mai la zappa sui piedi, non annulleremo mai 30 anni di conquiste sindacali”.
Quanto all’area contrattuale, Sileoni è tranchant. “Abbiamo fatto uno sforzo abissale per riportare le lavorazioni in Italia, con le procedure di insourcing previste dall’ultimo accordo di rinnovo del Contratto Nazionale, poi i gruppi (vedi Unicredit) hanno fatto come gli pare. Una cosa del genere non pu ò più accadere”.
Diverse le frecciate lanciate da Sileoni, nel corso del faccia a faccia con Micheli: Il leader della FABI chiama in causa i manager. “Tutti quelli che negli ultimi 15 hanno distrutto il sistema bancario, ora si candidano a rilanciarlo”. E ancora sull’ABI: “Se ogni gruppo va per conto suo nell’applicazione delle regole, significa che l’ABI politicamente non conta nulla”. E a proposito del costo del lavoro delle banche italiane più alto della media europea, il Segretario Generale della FABI puntualizza: sono le maxi retribuzioni dei manager a far lievitare il dato.
Ma, stoccate a parte, il leitmotiv del faccia a faccia rimane il contratto nazionale. E Micheli non si nasconde dietro a un dito: “sarà una partita molto più difficile rispetto a quella del 2012”.
Sileoni non si scompone. “Andremo fino in fondo per portare a casa il nuovo Contratto di categoria. Vogliamo per ò cambiare metodo. Vogliamo confrontarci non sui soliti numeri della crisi, ma su un nuovo modello di banca. Le priorità devono essere il mantenimento dell’occupazione, il recupero dell’inflazione e la tenuta della categoria”.
Roma 11/03/2014
“Oggi è indispensabile che le banche voltino pagina definitivamente”. Con queste parole il Segretario Generale della FABI, Lando Maria Sileoni, ha aperto i lavori del XX Congresso Nazionale FABI.
Una relazione introduttiva ampia, articolata, che non ha risparmiato aspre critiche al sistema bancario attuale, colpevole di “personalizzare i guadagni, attraverso gli alti stipendi dei manager, di socializzare le perdite”, tramite provvedimenti governativi che fanno pagare ai cittadini gli errori gestionali dei vertici, e di voler ridurre i costi sempre ricorrendo alla mannaia dei tagli al personale.
“Certi stipendi di certi manager stridono violentemente con il buonsenso, con le difficoltà economiche della povera gente, e stridono vergognosamente rispetto ai tagli dei posti di lavoro degli ultimi anni”, ha attaccato Sileoni.
Dal 2000 al 2020 i posti di lavoro persi nel settore toccheranno, infatti quota 68mila. E anche sul fronte delle sofferenze, ha ricordato Sileoni, la situazione non va meglio. Il sistema italiano ha accumulato crediti problematici “che hanno inciso, sul totale dell’attivo, in misura quasi pari a cinque volte rispetto al dato della Francia ed oltre 6 volte il costo registrato in Germania”.
Da qui la necessità di inventare un nuovo modello di banca, in grado di recuperare un ruolo sociale “indispensabile per rilanciare il Paese” e criteri di efficienza nella gestione del credito, presidiare il territorio, mantenere posti di lavoro, rispondendo con intelligenza alle sfide del mercato e della modernità.
C’è bisogno, ha argomentato il Segretario Generale “di una banca che sia in rapporto più stretto e organico con l’industria”, ma senza coltivare il disegno regressivo e perdente di un capitalismo di relazione, in virtù del quale “sono stati consegnati 8 miliardi di euro di affidamenti a Zalesky, Ligresti e Zunino, il 10% cioè dei crediti totali alle imprese destinati ad alimentare la montagna di sofferenze”.
Serve una banca nuova, diversa, che orienti il proprio modello di business verso “servizi ad alto valore aggiunto di consulenza alle imprese, tagliati sulle esigenze dei clienti”, che “riporti i giovani allo sportello”, che “tuteli i salari dei dipendenti”, che punti su “prodotti innovativi ad elevato contenuto etico, economico e sociale”, che si muova in anticipo e affronti i colossi digitali sul loro stesso campo “quello della raccolta ed elaborazione dati”.
“Anche la gestione dei portafogli deteriorati potrebbe rappresentare, contrariamente al passato, un’area di business, nella quale allocare personale di grande qualità, in grado di gestire tematiche della vita di una banca e dei suoi clienti”.
No categorico, invece, all’ipotesi bad bank. “La discarica delle sofferenze, invocata da più parti, pu ò anche rappresentare il pericolo di una strage d’imprese”.
Sileoni ha parlato a una platea di oltre 2mila delegati sindacali, interrotto per ben 39 volte da fragorosi applausi. Ha lanciato messaggi chiari al Presidente dell’ABI Patuelli, invocando la necessità di tornare a quel positivo clima di concertazione tra le parti, interrotto con la disdetta anticipata del contratto nazionale, poi stralciata dall’ABI a seguito dello sciopero nazionale del 31 ottobre.
Ma, a margine, sono emerse anche considerazioni sulla nuova piattaforma contrattuale, che dovrà essere presentata a breve dalle organizzazioni sindacali. Sileoni ne riassume obiettivi e caratteristiche: “Il suo primo cardine dovrà essere rappresentato dalla difesa dell’occupazione”.
Una piattaforma che sarà incentrata sulla proposta di un nuovo modello di banca, in base al quale “non solo aumenterebbero i ricavi, ma si creerebbero nel tempo almeno altri 20mila posti di lavoro” e che dovrà “potenziare le procedure di controllo, di discussione, di vincolo per rendere più difficili tutti i processi di espulsione, sia di manodopera sia di attività”.
“L’argomento esternalizzazioni”, ha proseguito Sileoni, “pu ò rappresentare un’incognita se non strettamente regolamentato, proprio per evitare che le stesse diventino strumento per espulsioni consistenti di lavoratori e conseguente restringimento dell’area contrattuale”.
“Quanto alle garanzie all’interno del prossimo Contratto Nazionale”, ha concluso il Segretario Generale della FABI, “un apposito capitolo dovrebbe prevedere che, per tutti i lavoratori coinvolti, e per i futuri assunti, sia applicato il Contratto Collettivo Nazionale ABI”.
Subito dopo Sileoni, sono intervenuti Antonio Patuelli, Presidente dell’ABI, e Alessandro Azzi, Presidente di Federcasse.
In particolare Patuelli si è scagliato contro il sistema di tassazione che penalizzerebbe particolarmente gli istituti del Paese.
Patuelli non è voluto entrare nel merito della relazione del Segretario Generale Sileoni, che ha attaccato più volte sia l’ABI sia i vertici bancari, ma ha "apprezzato" le parole del leader della FABI quando ha riconosciuto il suo impegno nella difesa delle banche italiane, ormai da qualche anno sotto attacco.
Mentre Azzi ha sottolineato che le BCC sono gli istituti “che più hanno sostenuto l’economia reale e che proprio per questo adesso, vista la situazione economica, si trovano a fare i conti con un peggioramento della qualità degli attivi”.
Tanti gli interventi sul palco della sala congressi dell’Hotel Ergife: da quello dell’Amministratore Delegato di MPS, Fabrizio Viola, a quelli dei rappresentanti delle altre Organizzazioni Sindacali del credito e del mondo delle banche.
Roma 10/03/2014

Il programma dei lavori del
XX Congresso Nazionale FABI
Roma 10 – 14 marzo 2014
Ergife Palace Hotel
Lunedì 10 marzo 2014