Il commento del Segretario Nazionale Milazzo sul nuovo piano di Intesa Sanpaolo: "bene mantenimento dei posti di lavoro attraverso i nuovi mestieri, ma no a scambio salario occupazione". Leggi i servizi di La Stampa, repubblica.it, corriere.it e affaritaliani.it
REPUBBLICA.it ECONOMIA & FINANZA 28 03 2014
Intesa in rosso per 4,55 miliardi dopo le maxi-rettifiche – Ca’ de Sass iscrive a bilancio 7,8 miliardi di accantonamenti e rettifiche, di cui 3,5 miliardi nel solo quarto trimestre. Il dividendo confermato a 5 cent, verrà pagato cash. Dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia un impatto di 2,56 miliardi. Nel piano al 2017 una business unit per i crediti difficili, 4.500 dipendenti in eccesso. Il mercato apprezza il piano e la solidità patrimoniale: +3,5% del titolo – Intesa in rosso per 4,55 miliardi dopo le maxi-rettifiche
MILANO – Le banche italiane ripuliscono i bilanci e scrivono piani industriali mirati a isolare i crediti difficili e a cedere le partecipazioni non strategiche, e il mercato apprezza. E’ accaduto nel caso di Unicredit e ora succede per Intesa Sanpaolo, che chiude una giornata in netto rialzo in Borsa (il titolo) dopo aver annunciato un esercizio 2013 in rosso per 4,55 miliardi e il ridimensionamento del suo ruolo di banca di sistema, annunciando la cessione del portafoglio di partecipazioni da 2 miliardi. Al mercato e agli analisti è piaciuta la solidità patrimoniale dell’istituto e anche il piano di sviluppo per il prossimo quadriennio. A trainare il comparto bancario è nel suo complesso anche il continuo calo dei rendimenti dei Btp, che rientrano a pieno nei portafogli degli istituti tricolori.
L’ampio rosso appena annunciato si confronta con un utile di 1,6 miliardi nel 2012, ma deriva dalla scelta del management di Ca’ de Sass di procedere a un ampia pulizia di bilancio, con accantonamenti e rettifiche di valore nette per 7,86 miliardi (5,2 miliardi nel 2012) di cui 3,5 miliardi nel solo quarto trimestre. A fronte di questo, la banca ha comunque potuto contare sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia, che ha avuto un impatto positivo per 2,56 miliardi sul conto economico (mentre sul capitale potrà influire solo dal 2015). Al netto degli accantonamenti, il risultato sarebbe stato positivo per 1,2 miliardi. Il consiglio di amministrazione, nonostante il rosso, ha quindi deciso di proporre all’assemblea un dividendo di 5 centesimi sia per le azioni ordinarie che per le risparmio, da pagare cash dalle riserve, in linea con la remunerazione degli azionisti dello scorso anno.
L’analisi. Italian Banking Pride di ANDREA GRECO
Nel comunicato che annuncia i conti, Intesa mette l’accento sul livello di patrimonializzazione dell’istituto. Il common equity ratio pro-forma Basilea 3 a regime è salito al 12,3%, dal 10,6% di fine 2012, “livello top tra le maggiori banche europee ed equivalente a circa 8 miliardi di euro di capitale in eccesso e a circa 11 miliardi di euro di buffer di capitale per l’Asset quality review” della Bce. Quest’ultimo parametro significa che la banca dispone di un cuscinetto di capitale – appunto 11 miliardi – che eccede la soglia dell’8% disposta dai test della Bce e senza considerare il beneficio della rivalutazione di Bankitalia, che si potrà scontare solo dal prossimo esercizio. Quanto alle disponibilità liquide, la banca sottolinea che ammontano a 124 miliardi (88 dei quali stanziabili presso la Bce), mentre i fondi raccolti con le due aste di liquidità di Francoforte (le Ltro) sono stati integralmente rimborsati nel 2013. Per l’ad Carlo Messina, che ha presentato i conti, la banca può contare su una “solida posizione”, è “fiduciosa nell’affrontare l’asset quality review della Bce” ed è “pronta a crescere”. Messina ha sottolineato più volte che, per patrimonio, liquidità e gestione dei costi, Intesa è “la migliore della classe in Europa”.
Intesa, in linea col suo principale competitor nazionale, ha adottato una politica di accantonamenti “particolarmente rigorosa e prudenziale” (7,1 miliardi nel 2013, +51,3%); ora Ca’ de Sass si ritrova con un livello di copertura dei crediti deteriorati in crescita al 46% a fine 2013, rispetto al 42,7% di fine 2012 (media italiana al 37% nel quarto trimestre 2013, Unicredit è al 52% dopo la recente pulizia), con una copertura specifica delle sofferenze salita al 62,5% a fine 2013 dal 60,5% di fine 2012. Il complesso degli accantonamenti e delle rettifiche di valore nette dell’esercizio 2013 è stato di 7.862 milioni di euro, rispetto ai 5.241 milioni del 2012. Si sente in particolare l’impatto delle rettifiche nette su crediti, di 7.131 milioni rispetto ai 4.714 milioni del 2012.
A incidere sulle ultime righe del conto economico è anche la svalutazione di valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali pari a circa 6,8 miliardi di euro ante imposte (svalutazione del 51%) – di cui circa 4,7 miliardi relativi ad avviamento (svalutazione del 55%), 0,5 miliardi a brand name (21%) e 1,6 miliardi a core deposits (azzeramento). Significa 5,8 miliardi al netto delle imposte, che però hanno impatti solamente di natura contabile e non incidono sulla generazione di cassa della banca.
Quanto infine ai punti salienti del piano al 2017, il management di Intesa Sanpaolo scrive che raggiungerà un utile netto di 4,5 miliardi alla fine del periodo; l’aumento di redditività è testimoniato dal balzo del Rote (il rapporto tra risultato netto pre-rettifiche e il patrimonio netto tangibile) dal 3,4% dell’ultimo esercizio all’11,8% del 2017. Durante il prossimo quadriennio si prevede la distribuzione di 10 miliardi di dividendi in contanti.
Dal punto di vista strategico, anche Intesa punta a isolare i crediti problematici in un’attività prodromica a una bad bank: il piano prevede la nascita di una business unit denominata “capital light bank” per la riduzione delle attività non core, cui sarà affidata la gestione di un portafoglio chiuso per 46 miliardi di valore che dovrà ridursi a 23 miliardi entro l’arco di piano. Oltre allo smaltimento di sofferenze e affini, Ca’ de Sass prevede la cessione dell’intero portafoglio delle partecipazioni in altre società per circa due miliardi e la diminuzione di altri asset non strategici per 11 miliardi. Nella business unit ci sarà spazio anche per una compagnia che avrà il compito di gestire i crediti in difficoltà del settore immobiliare.
Procede poi la razionalizzazione societaria, che farà scendere a 6 da 17 le banche partecipate, con Fideuram che verrà inclusa nel polo di private banking. Nascerà la nuova struttura commerciale di Banca 5 con 3mila persone dedicate. Nel comunicato, Intesa cita la presenza di 4.500 dipendenti in eccesso, il 5% del totale del gruppo, che per la banca verranno “riassorbiti” in altre attività senza esuberi. Nel piano esteso si legge però che il “conseguimento degli obiettivi patrimoniali che ci prefiggiamo sarà essenziale per proteggere l’occupazione”, il che lega la permanenza dei dipendenti al raggiungimento dei risultati economici. Nel documento si legge anche della razionalizzazione di altre 800 filiali (la rete è passata da 6.100 punti nel 2007 agli attuali 4.100). “Condividiamo l’obiettivo di mantenere i posti di lavoro”, commenta Giuseppe Milazzo della Fabi, “e aumentare la redditività attraverso la creazione di nuovi servizi e mestieri, ma ci troviamo in assoluto disaccordo con l’azienda quando parla di blocco salariale nel triennio e di temporanea sospensione del premio aziendale”, elementi emersi a margine della presentazione del piano. Insomma, per il sindacato autonomo il piano Intesa è “a luci e ombre”.(28 marzo 2014) © Riproduzione riservata
AFFARITALIANI.it Venerdì, 28 marzo 2014 – 13:25:00
10 miliardi di dividendi in 4 anni. Ecco il piano industriale di Intesa
di Andrea Deugeni
Utile netto a 4,5 miliardi di euro, con un tasso di crescita medio annuo del 38,3%, proventi operativi netti per 19,2 miliardi di euro (+4,1%) e un risultato corrente al lordo delle imposte pari a 7 miliardi di euro (+29,6%).
Sono i principali numeri che Intesa Sanpaolo punta a raggiungere nel 2017, in base al nuovo piano di impresa che Affaritaliani.it pubblica integrale prima della presentazione al mercato da parte del consigliere delegato Carlo Messina. Nell’arco di piano, tra 2014 e 2017, la banca prevede di distribuire agli azionisti dividendi in contanti per circa 10 miliardi di euro. Cifre che sono piaciute a Piazza Affari che ha premiato il titolo con un rialzo del 3,53%.
Per azionare i “motori della redditività”, Messina ha ridisegnato il perimetro della banca, costituendo nell’ambito della Divisione Banca dei Territori, Banca 5 (3.000 gestori ad hoc per 5 milioni di cilenti), un polo specializzato nei servizi retail che si occuperà di prodotti come la vendita di carte di debito e di credito, la concessione di prestiti personali, la vendita di assicurazioni danni e di piani d’investimento (di accumulo e previdenziali). In più, all’interno di Banca 5, ci sarà personale formato per l’offerta non bancaria, come la vendita di biglietti, di viaggi e l’intermediazione e la consulenza immobiliare.
Banca 5 fa parte delle nuove iniziative all’interno del primo pilastro del piano, che Intesa chiama new growth bank e che include tre poli (private banking, asset management e assicurativo). Nel private banking, la combinazione di Intesa Sanpaolo private banking, Fideuram investimenti e banca Fideuram “permette – si legge nel piano – di creare una delle più grandi realtà del private banking in Europa” pronta a espandersi all’estero “anche attraverso partnership”. Partnership internazionali e crescita saranno anche al centro del polo dell’asset management, che vedrà l’integrazione di Fideuram asset management Ireland nel gruppo Eurizon capital, e del polo assicurativo, che integrerà Fideuram vita. Nell’ambito del pilastro dedicato al business core già esistente, Intesa mira a un rafforzamento della presenza all’estero in mercati chiave come Slovacchia, Serbia, Croazia ed Egitto; sarà invece “razionalizzata” o “ristrutturata” la presenza in mercati come Albania, Bosnia, Slovenia, Ungheria, Russia e Romania.
Verrà venduto, entro il 2017, come annunciato da tempo, l’intero portafoglio di partecipazioni non core. Si tratta sostanzialmente delle partecipazioni non bancarie (fra cui Alitalia e Rcs), per un valore di libero complessivo che ammontava a 1,9 miliardi di euro alla fine del 2013.
Il nuovo piano (con un Roe target del 10%) prevede l’ennesima razionalizzazione della rete per 400 filiali (400 chiusure che si vanno ad aggiungere alle 400 del vecchio piano) che porterà il numero finale degli sportelli in Italia a circa 2.800, quasi la metà delle filiali possedute da Intesa prima dello scoppio della crisi del 2008.
La razionalizzazione delle filiali comporterà 4.500 esuberi (per circa 2.300 persone derivante dalla semplificazione organizzativa, per circa 300 dalla semplificazione societaria, per circa 1.000 dalla razionalizzazione del presidio territoriale, per circa 400 dalla digitalizzazione e per circa 500 dall’efficientamento della concessione del credito), 1.500 all’estero e 3.000 in Italia. Esuberi che, fa sapere la banca, saranno tutti riassorbiti nelle iniziative dell’istituto. Il piano infatti prevede un ”grande progetto per la riqualificazione, che permette di riassorbire la capacità in eccesso su iniziative prioritarie”. Messina poi ha sospeso il premio aziendale nel 2013 dato il via a una razionalizzazione societaria, che farà scendere a 6 da 17 le banche partecipate sul territorio.
Immediato il commento dei sindacati. Per Giuseppe Milazzo, segretario nazionale della Fabi, “il piano d’Intesa presenta luci e ombre”. “Condividiamo l’obiettivo di mantenere i posti di lavoro e aumentare la redditività attraverso la creazione di nuovi servizi e mestieri – ha aggiunto – ma ci troviamo in assoluto disaccordo con l’azienda quando parla di blocco salariale nel triennio e di temporanea sospensione del premio aziendale, oltre che del taglio di circa 400 filiali, operazione che contribuisce ad allontanare la banca dal territorio. Come sindacato, siamo disponibili a trattare sulle riconversioni professionali, che dovranno però essere adeguatamente retribuite, ma non accetteremo mai uno scambio tra salario e occupazione”.
CORRIERE DELLA SERA Venerdì, 28 marzo 2014
Intesa Sanpaolo, 4,5 miliardi – di perdite dopo la pulizia di bilancio – Nel piano al 2017 4.500 esuberi: «Tutti riassorbibili». Una nuova business unit per i crediti difficili
di Redazione Economia
Intesa Sanpaolo archivia il 2013 in profondo rosso a causa della pulizia di bilancio, svalutazioni e rettifiche su crediti, e presenta il piano 2014-2017 che prevede una crescita media annua dell’utile netto del 38% e la creazione di una divisione per i crediti difficili. Dal piano emergono esuberi per circa 4.500 persone, «tutti riassorbibili su iniziative prioritarie del gruppo». L’esercizio chiuso al 31 dicembre ha visto una perdita netta di 4,55 miliardi dovuta a «stanziamenti a fronte di rischi su crediti per 7,131 miliardi e svalutazioni su avviamenti per 5,8 miliardi» e nonostante il provento straordinario di 2,6 miliardi derivante dalla rivalutazione della quota in Bankitalia.
Proposto il dividendo
Viene proposto un dividendo invariato a 0,05 euro per azione sia per le ordinarie sia per le risparmio , mentre nell’arco del piano è prevista la distribuzione di dividendi cash per circa 10 miliardi. Nel dettaglio è prevista la distribuzione di 1 miliardo sul 2014, 2 miliardi sul 2015, 3 miliardi sul 2016 e 4 sul 2017. Nel piano è previsto un utile netto al 2017 di 4,5 miliardi . Grazie alla politica di accantonamenti rigorosa e prudenziale, si legge in una nota, la copertura dei crediti deteriorati a fine 2013 è salita al 46%, quella delle sofferenze al 62,5%. La banca dispone di «un elevato capitale in eccesso» pari a circa 8 miliardi. A partire dal 2016-2017 il capitale in eccesso non utilizzato per iniziative di crescita verrà distribuito agli azionisti.
Il piano
Il piano messo a punto dal consigliere delegato Carlo Messina prevede tra le alte cose la creazione di «una business unit dedicata alla riduzione delle attività non core»: si tratta di un portafoglio di 46 miliardi di euro con l’obiettivo di ridurlo a 23 miliardi entro il 2017 attraverso il recupero di 8 miliardi di sofferenze (su uno stock di partenza di 27). In quest’ambito è prevista anche la creazione di una newco per il real estate per il ripossesso delle garanzie immobiliari e la cessione di partecipazioni non core che a fine 2013 erano pari a 1,9 miliardi. L’obiettivo è la cessione dell’intero portafoglio partecipazioni entro il 2017.
Le partecipazioni
Le partecipazioni di Intesa Sanpaolo in Alitalia, Rcs e Telco saranno tra quelle dismesse «entro il 2017». Lo ha confermato l’amministratore delegato della banca, Carlo Messina, in conferenza stampa dopo la presentazione del piano. «Sulle vicende delle società quotate non faccio commenti perchè non ho nessuna intenzione di interferire sui valori di Borsa», ha detto. «Non diamo informazioni sulle singole poste di bilancio, ma il valore di carico di queste partecipazioni è di poche decine di milioni», ha aggiunto sul tema. Messina ha chiarito di volersi prendere la responsabilità di tutte le operazioni fatte dalla banca: «Anch’io – ha detto – le avrei fatte certamente, io sono il banchiere che in questo momento ha la responsabilità della banca e mi prendo la responsabilità di tutte le operazioni presenti e passate. Così si fa il capo». D’altra parte, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo ha ricordato che si tratta di scelte prese «quando il Pil non era crollato del 10%» e che quindi «potevano avere un significato perché eravamo in un momento di ricchezza del Paese e della banca». Incalzato su Rcs e, in particolare, sulla recente decisione del gruppo di vendere il palazzo di via Solferino, storica sede del Corriere della sera, Messina si è limitato a dire: «Io non faccio il capo di Rcs. Pensate che decida io? Io ho il 5% del gruppo e poi questi sono argomenti che guardano al passato e non al futuro della nostra banca». Su Alitalia il banchiere ha spiegato che, come succede con altre aziende, si sta cercando di lavorare «per evitare che vada in fallimento»; quanto infine ad altre vicende ancora aperte che coinvolgono Intesa Sanpaolo, come i casi Tassara e Risanamento, si tratta di «operazioni che rinegozi se non vuoi perdere soldi», ha sottolineato.
La posizione del sindacato Fabi
«Il piano d’Intesa Sanpaolo presenta luci e ombre», afferma invece Giuseppe Milazzo, Segretario nazionale della Fabi (il maggior sindacato dei bancari): «Condividiamo l’obiettivo di mantenere i posti di lavoro e aumentare la redditività attraverso la creazione di nuovi servizi e mestieri, ma ci troviamo in assoluto disaccordo con l’azienda quando parla di blocco salariale nel triennio e di temporanea sospensione del premio aziendale, oltre che del taglio di circa 400 filiali, operazione che contribuisce ad allontanare la banca dal territorio. Come sindacato, siamo disponibili a trattare sulle riconversioni professionali, che dovranno però essere adeguatamente retribuite, ma non accetteremo mai uno scambio tra salario e occupazione».