STANGATA SULLE BANCHE, L’APPELLO DI SILEONI SULLA STAMPA

“Con l’aumento delle tasse sulle banche a rimetterci saranno i bancari. Governo ci ripensi”. Leggi la dichiarazione del Segretario Generale della FABI nei servizi de Il Sole 24 ore, La Stampa, MF, Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Giornale, L’Unità e Il Giorno
IL SOLE 24 ORE giovedì 10 aprile 2014
«Serve un tavolo sugli esuberi dei dirigenti» TENSIONI SUL CCNL I sindacati chiedono tempo per fare le assemblee, Abi risponde ricordando gli impegni presi Salta l’incontro del 14 aprile
Cristina Casadei
Non solo c’è una strada diversa dal licenziamento individuale dei dirigenti nelle banche, ma la «linea unilaterale che ha determinato l’allontanamento di un consistente numero di dirigenti attraverso licenziamenti individuali ispirati a criteri discrezionali, certamente non è in linea con l’indirizzo della Corte di Giustizia europea». In una lettera a Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, Maurizio Arena, segretario generale del Dircredito – il sindacato dei dirigenti bancari – richiama l’attenzione sulle dinamiche gestionali che riguardano i dirigenti nel gruppo Unicredit. Allo stesso modo, in una seconda missiva, Arena si rivolge al presidente del Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Profumo, facendo presente il clima di forte apprensione che si è creato tra i colleghi dirigenti, «privi di un quadro chiaro e trasparente». Di qui la richiesta a Unicredit e Mps di aprire un tavolo negoziale per gestire attraverso un percorso condiviso e meno traumatico il tema del middle management dove sono stati individuati numerosi esuberi. Come ha fatto Intesa Sanpaolo dove «nelle scorse settimane è stato firmato un accordo che consentirà l’uscita di 170 dirigenti, agevolando la ricollocazione a quanti di questi non hanno la possibilità di accedere alla pensione o alle prestazioni del fondo di settore», ricorda la missiva.
Che si tratti di dirigenti, o di aree professionali, nei gruppi bancari così come in Abi il confronto col sindacato è teso. Ancor più dopo la cancellazione dell’incontro tra le parti del 14 aprile. Il mese di tempo in più per sottoporre la piattaforma del contratto alle assemblee dei bancari chiesto dai sindacati ad Abi è stato accolto con un certo nervosismo come si evince dalla risposta ai segretari generali delle sette sigle del direttore generale di Abi Giovanni Sabatini. Se a parole esprime «la preoccupazione che si riduca il tempo per una trattativa che si presenta comunque complessa», nella lettera scrive che le banche si riservano «ogni valutazione in ordine alla coerenza con gli impegni assunti» con il verbale di accordo del dicembre scorso. Equilibri difficili per i tempi, ma ancor più per le risorse, ai minimi storici, soprattutto dopo la decisione del Governo di aumentare la tassazione sulle plusvalenze delle quote di Bankitalia possedute dalle banche. Per il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, «spostare risorse sui redditi bassi in un Paese con una disoccupazione oltre il 12%, per aumentare i consumi, è la strada giusta, ma nel contempo pu ò mettere ancor più in difficoltà il settore con conseguenze che ricadrebbero sui bancari. Ancora di più alla luce del rinnovo del contratto che entra in una fase decisiva». © RIPRODUZIONE RISERVATA
MF-MILANO FINANZA giovedì 10 aprile 2014
Banche e bancari contro il Def – L’aumento della tassazione sulla rivalutazione delle quote in Bankitalia rischia di compromettere i rapporti tra il governo Renzi e le aziende di credito, indispensabili per il pagamento dei debiti della Pa
di Andrea Di Biase
La stangata fiscale del governo Renzi sulla rivalutazione delle quote nella Banca d’Italia, che porterà l’aliquota sulle plusvalenze dal 12 al 26%, ha scatenato la reazione delle banche italiane. L’Abi, oltre a sottolineare la propria contrarietà al provvedimento definito «miope» e «inaccettabile», sta già valutando di impugnare il decreto legge che renderà operativa la misura prevista dal Def.
Un’operazione che secondo i calcoli del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, permetterà al Tesoro di recuperare fino ad un miliardo di euro ma che ai due principali azionisti di Bankitalia, Intesa Sanpaolo e UniCredit, costerà fino a mezzo miliardo di tasse in più in bilancio. Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha chiesto «un confronto, un ragionamento» in vista del varo del decreto la settimana prossima, anche perché se la misura fosse confermata i rapporti tra le banche e l’esecutivo potrebbero risultare compromessi proprio alla vigilia del provvedimento sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, in cui gli istituti di credito avranno un ruolo centrale.
Anche il dg dell’Abi, Giovanni Sabatini, ha sottolineato come il provvedimento sia «illogico» per diverse ragioni, in primis «perché non tiene conto del ruolo delle banche in questo momento per far ripartire la ripresa». «Un miliardo di liquidità sottratta alle banche», ha spiegato, «è un miliardo di liquidità sottratta a finanziamenti a imprese e famiglie». Critici anche gli analisti di Mediobanca che, in un report dedicato alle misure contenute nel Def, hanno espresso le proprie preoccupazioni circa l’atteggiamento del governo sul carico fiscale delle banche. «è un dato di fatto», scrivono gli esperti, «che dopo aver aumentato l’Ires al 36% per l’anno 2013, il governo sta ancora utilizzando le banche per finanziare la riduzione della pressione fiscale». «A nostro avviso», osservano gli analisti di Piazzetta Cuccia, «in un anno dominato dalla revisione della qualità del credito, aumentando l’incertezza sulla normativa fiscale le banche non saranno incentivate a far fluire il credito verso l’economia reale in un modo più agevole». Come stima preliminare, Mediobanca calcola che la maggior pressione fiscale impatterà rispettivamente per il 16% e per il 7% sull’utile per azione di quest’anno di Intesa Sanpaolo e di Unicredit: 360 milioni e 160 milioni rispettivamente. Ma critiche alla manovra sono arrivate anche dal numero uno dalla Fabi, Lando Sileoni. La decisione del governo, secondo il sindacalista, «crea non pochi problemi al settore del credito», «siamo preoccupati che una tale soluzione possa mettere ancora più in difficoltà il settore, con conseguenze che ricadrebbero inevitabilmente sui lavoratori bancari; ancora di più alla luce del rinnovo del contratto nazionale che entra in una fase decisiva». Ma il premier, al momento, non sembra affatto turbato dalle rimostranze dei banchieri. «Chi non ha mai pagato deve pagare un po’ e chi ha pagato è giusto inizi a riscuotere», ha detto in conferenza stampa al Vinitaly a Verona. «Proviamo a chiedere un sacrificio» anche alle «banche che hanno usufruito dell’operazione Bankitalia». Il riferimento è proprio alla rivalutazione delle quote di Palazzo Koch, che ha avuto impatti positivi sui conti delle banche. (riproduzione riservata)
CORRIERE DELLA SERA giovedì 10 aprile 2014
Le banche: prelievo ingiusto, ci penalizza in Europa – Per Intesa stimato un aggravio superiore ai 300 milioni, 190 per Unicredit
DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON — Nella capitale Usa le banche italiane ricevono il riconoscimento del Fondo monetario. «Sono ben preparate ad affrontare una lenta ripresa. Hanno fatto un buon lavoro sul rafforzamento del capitale e sugli accantonamenti e questa è una buona notizia» ha detto José Vinals, responsabile del Dipartimento mercato dei capitali. «Le autorità italiane hanno preso importanti misure per portare le banche in una posizione molto solida». Certo bisogna aspettare l’esito della verifica sugli attivi di bilancio della Bce «per vedere se ci sarà dell’altro da fare. Ma il cammino intrapreso è positivo» ha aggiunto Vinals che pure ha segnalato come le banche europee abbiano raddoppiato, dal 2009 ad oggi, l’ammontare dei crediti difficili, non rimborsati, arrivati a toccare gli 800 miliardi di euro.
In Italia per ò le parole lusinghiere del Fondo, cadono quasi nel vuoto. Tra le banche infatti sale la tensione e avanzano le proteste per l’aggravio — dal 12% al 24% o 26% — dell’imposta sulle plusvalenze ottenute con la rivalutazione, per 7,5 miliardi complessivi, delle quote di Bankitalia per finanziare una parte del taglio del cuneo fiscale. E sono proteste — che vedono aziende e sindacati dalla stessa parte — finalizzate a convincere il governo a tornare sui suoi passi prima di mettere la norma nero su bianco. La tassazione aggiuntiva vale, al massimo dell’aliquota prevista, un miliardo e 50 milioni e ricade sulle 50 banche — nel panorama di 700 istituti di credito — partecipanti al capitale della Banca d’Italia che hanno peraltro via via versato al fisco il prelievo del 12% per la contabilizzazione in bilancio della rivalutazione delle quote possedute, ossia tra 850 e 900 milioni.
«Quando mi ha comunicato la decisione, ho detto al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che si era dimenticato del fatto che le banche stanno già pagando un’addizionale straordinaria Ires dell’8,5% oltre ad anticipare il 130% — una cosa mai vista — dell’imposta. Se il governo vuole insistere sulla maggiorazione dell’imposta sulle plusvalenze, deve togliere quanto meno l’addizionale» ripete il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Il quale aggiunge: «Noi vogliamo ragionare, non siamo capricciosi, ma non si possono cambiare le regole in corsa. E soprattutto non si possono cambiare le norme sul fisco che influendo sui bilanci, incidono anche sulle verifiche in corso da parte della Bce, in vista della vigilanza unica europea, senza contare che la modifica varrebbe solo per gli istituti italiani e sarebbe quindi una penalizzazione nel confronto internazionale». Insomma «anche le banche giocano con la maglia azzurra della nazionale italiana nella partita dell’Europa!» si sfoga Patuelli che ricorda gli aumenti di capitale in cantiere dei principali istituti .
Sulle difficoltà del settore convergono anche le contestazioni dei lavoratori. «La decisione del governo crea non pochi problemi» dice Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato più rappresentativo dei bancari, sottolineando le «inevitabili conseguenze che ricadranno sui lavoratori, in fase di rinnovo del proprio contratto di categoria: auspichiamo un ripensamento da parte del governo». Protestano anche le compagnie assicuratrici, Generali in testa, partecipanti al capitale di Bankitalia «c’è sorpresa e anche sconcerto per una decisione che interviene sui bilanci che sono stati approvati dai consigli di amministrazione», dice il direttore generale di Ania, Dario Focarelli. Intanto dagli analisti arrivano le prime stime: Intesa Sanpaolo, primo azionista di Bankitalia, che ha rivalutato la quota per 2,2 miliardi di euro potrebbe subire un aggravio superiore ai 300 milioni, UniCredit, secondo azionista, tra i 182 e 190 milioni. Stefania Tamburello
L’UNITA’ giovedì 10 aprile 2014

Sul Def via libera del Fmi ma il debito preoccupa l’ Ue – Italia promossa da Bruxelles e dal Fondo Sindacati soddisfatti degli sgravi Irpef ma sui tagli si deve ancora fare chiarezza Sanità: medici e dirigenti si mobilitano

BIANCA DI GIOVANNI
Italia va nella giusta direzione. è una promozione in piena regola quella del Fondo monetario internazionale sul Def appena varato dall’ esecutivo Renzi. I tecnici di Washington apprezzano la scelta di riequilibrare il bilancio attraverso la revisione della spesa e contemporaneamente ridurre il costo del lavoro. Secondo il direttore del dipartimento degli Affari fiscali del Fondo, Sanjeev Gupta l’ Italia deve comunque «continuare a fare progressi nei tempi giusti verso l’ obiettivo del pareggio strutturale». TAPPE ALLUNGATE Il fatto è che le tappe verso il pareggio del bilancio corrente si sono dilatate: Renzi ha rinviato l’ obiettivo di un anno dal 2015 al 2016. Per questo le reazioni di Bruxelles sono improntate alla cautela. Roma che «deve raggiungere il pareggio in termini strutturali per ridurre il debito pubblico», è il messaggio del commissario agli affari monetari Olli Rehn. Il quale non a caso punta il dito sul «fardello» del debito, che dall’ anno prossimo dovrà scendere stabilmente rispetto al Pil. Invece quest’ anno sale, anche se di qualche decimale. In ogni caso il premier assicura che non è in vista alcuna manovra correttiva, replicando a distanza a Stefano Fassina. Il nodo del risanamento dovrà essere sciolto presto nelle sedi europee. La Commissione già tre mesi fa giudicava l’ aggiustamento prospettato da Enrico Letta insufficiente. Ma stavolta l’ esecutivo italiano gode di un vantaggio: la scadenza politica di fine maggio. L’ aria in Europa sta cambiando e il fronte del rigore potrebbe mostrare incrinature vistose nel momento in cui proprio l’ Italia presiederà l’ Unione nel secondo semestre del 2014. Inoltre Renzi ha inviato ai «guardiani» di Bruxelles un corposo piano di riforme, che diventano il cuore della strategia di crescita. Insomma, con il sostegno ai redditi bassi, l’ apertura del mercato e l’ efficienza della Pa si punta a sostenere la crescita e quindi a ridimensionare il peso del debito. Così bene gli interventi per riformare lo Stato, bene coprire gli 80 euro per i lavoratori dipendenti a basso reddito con i tagli della «spending review», dice la Commissione. Positive le reazioni delle parti sociali, anche se con molti distinguo. Per Susanna Camusso nel Def «ci sono delle scelte che abbiamo condiviso come quella di mettere un criterio, un tetto, alle retribuzioni dei grandi manager, perché la diseguaglianza era diventata insopportabile. Ci riserviamo comunque un esame più attento per ò il nucleo fondamentale, che è il mantenimento dell’ impegno che era stato assunto con la restituzione fiscale, lo abbiamo sempre salutato con favore e continuiamo a confermare essere una scelta giusta». Raffaele Bonanni saluta con favore la manovra sull’ Irpef, ma chiede più impegno per lo sviluppo, ovvero più investimenti pubblici. A fare paura tuttavia sono i tagli, che si conosceranno in dettaglio solo la prossima settimana, quando sarà varato il decreto attuativo dell’ intervento in busta paga. La sanità è già in rivolta. I medici e i dirigenti annunciano la mobilitazione per via delle decisioni sul taglio degli stipendi, e chiedono chiarezza sull’ effettiva portata dei tagli di spesa. In realtà l’ intervento sul comparto salute preoccupa anche Camusso, che pensa ai servizi da assicurare ai cittadini. La ministra Beatrice Lorenzin ha sempre detto che non sarebbe stato toccato il fondo nazionale ripartito tra le Regioni, ma in diverse riunioni tecniche con gli assessori regionali il «fantasma» dei tagli è spuntato di nuovo. Se fosse vero, l’ effetto sulle famiglie sarebbe contrario a quello che si vuole ottenere garantendo fino a 80 euro in più in busta paga. Anche tra le imprese si registrano luci e ombre. Confindustria ritiene «un passo troppo timido» il taglio dell’ Irap (5% quest’ anno, 10% a regime) definendolo «un primo segnale». Rete imprese Italia parla di «svolta positiva», anche se le piccole imprese chiedono più sforzi per il taglio del cuneo. Una bocciatura su tutta la linea viene naturalmente dalle banche, che sono chiamate a pagare un miliardo in più di tasse per coprire lo sgravio Irpef. L’ Abi parla di mossa sbagliata, in un momento in cui ci sono difficoltà a finanziare le imprese. E non solo: all’ orizzonte c’ è anche il test della bce sulla solidità dei bilanci. «Quando gli esami sono iniziati – dichiara il presidente Abi Antonio Patuelli – le regole del gioco in un solo paese, l’ Italia, non possono e non devono essere cambiate, perché penalizzano solo i giocatori italiani». Preoccupati anche i lavoratori del comparto, che devono affrontare profonde ristrutturazioni e nel momento in cui si entra nelle fasi decisive del rinnovo del contratto dei bancari. Proprio ieri Fisac e fabi hanno comunicato alla controparte che utilizzeranno un altro mese, per sottoporre la piattaforma del contratto dei bancari alla valutazione delle assemblee dei lavoratori. Una decisione che non è piaciuta affatto alle banche. Che a questo punto faranno pesare nella trattativa i nuovi oneri fiscali appena introdotti dal governo.

IL MESSAGGERO giovedì 10 aprile 2014

Le banche in trincea sull’ inasprimento della tassa Bankitalia `Patuelli: «Scelta inaccettabile giuridicamente perchè retroattiva e porta al 26% l’ aliquota sulle plusvalenze

R O M A Banche sul piede di guerra contro l’ inasprimento dell’ aliquota dal 12 al 26% sulla rivalutazione delle quote in Bankitalia disposto nel decreto taglia- irpef del governo, collegato al def. Una stangata da un miliardo che manda su tutte le furie i banchieri pronti a passare al contrattacco, compreso il ricorso alla Corte Costituzionale o alla Ue. «è una mossa miope» attacca Antonio Patuelli, presidente dell’ Abi, conversando con il Messaggero. «Scelta inaccettabile, anche dal punto di vista giuridico, perché retroattiva visto che va a modificare l’ aliquota del 12% inserita come norma generale per tutte le plusvalenze nella legge di stabilità approvata lo scorso anno. Sembra che il nuovo governo si sia dimenticato di quello che ha fatto quello precedente». Le banche hanno già fatto i primi calcoli: Intesa Sanpaolo, che a livello di gruppo è il primo socio di via Nazionale con il 42%, ha stimato un costo aggiuntivo di circa 450 milioni, rispetto ai 350 da versare se l’ aliquota fosse rimasta al 12%. TASSE PIù ALTE DEL 10% Gli istituti sono infuriati se si pensa che fino allo scorso anno avevano un livello di tassazione di 10 punti percentuali superiore alla media europea, senza considerare l’ addizionale ires dell’ 8, 5% di tre mesi fa e la nuova batosta contenuta nella stangata di primavera organizzata per ridurre la tassazione delle buste paga fino a 25 mila euro. «Abbiamo subìto anche un’ imposta straordinaria sui redditi delle banche del 2013, addirittura pari a otto punti e mezzo -prosegue Patuelli -. La rivalutazione delle quote della Banca d’ Italia, peraltro, era un atto dovuto: l’ Italia era l’ unico Paese ancora fermo a valori prebellici, ed è stata già tassata con l’ aliquota ordinaria». Monta la rabbia dei banchieri perchè si sentono assediati. «Serve una tregua fiscale perché non si possono cambiare le regole mentre la partita è già in corso», continua il leader dell’ Abi. C’ è in pieno svolgimento l’ asset quality review, cioè la revisione degli attivi in vista della Vigilanza unica: un processo che sta opprimendo le banche costringendole a svalutazioni esagerate. In mattinata il dg dell’ Abi Giovanni Sabatini, parlando in un convegno, ha ventilato la possibilità di fare ricorso: «Vediamo quando uscirà la norma», ha detto, «è un provvedimento illogico: non tiene conto del ruolo delle banche, in questo momento per far ripartire la ripresa», sottrae «un miliardo di liquidità ai finanziamenti a imprese e famiglie». «Noi vorremmo un confronto di ragionamento, in questi pochi giorni che sussistono», aggiunge Patuelli riferendosi alla presentazione del decreto fissata il 18 aprile. «Il governo ha solo fatto un annuncio. Spero che di qui ad allora ci sia modo di ragionare: su un punto soprattutto, ovvero che con un provvedimento del genere si andrebbero a colpire banche che quest’ anno sono sottoposte agli stress test e all’ asset quality review. Una contraddizione maggiore di questa non c’ è: le banche italiane sono chiamate ad un passaggio delicato e l’ Italia cosa inventa? L’ anno delle mazzate, nuove tasse e addizionali anche fuori termine massimo». Secondo Lando Sileoni, leader Fabi, «l’ aumento della tassazione avrà un effetto negativo sui bancari in fase di rinnovo del contratto». Rosario Dimito

LA STAMPA giovedì 10 aprile 2014

«Purtroppo il sistema fiscale italiano conferma la sua caratteristica scorrettezza…».

In ambienti bancari – mentre l’ Abi già studia ricorsi – si mastica amaro il giorno dopo l’ approvazione del Def con cui il governo Renzi conta di raccogliere dagli istituti un miliardo di tasse in più dalla rivalutazione delle quote di Banca d’ Italia. Gli strali sono in parte rivolti alla probabile retroattività della nuova aliquota del 26% anziché il 12%. Toccherà pagare ancora sui benefici già riportati a bilancio, senza attendere la vendita di quanto va oltre il 3% e che difficilmente darà grandi plusvalenze. Sotto accusa, non c’ è solo la famosa certezza del diritto, questa volta in chiave fiscale. Il sistema bancario valuta già ricorsi e contenziosi sia alla Corte Costituzionale sia alla Corte di giustizia europea. La misura viene anzitutto considerata dalle banche «discriminatoria»: il 12% prima applicato era la stessa aliquota prevista nella Legge di Stabilità per&n

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