Consegnata la lettera di avvio procedura: entro il 2018 il Gruppo vuole far uscire 5100 lavoratori, di cui 2400 in pensione. Di Cristo: "azienda vuole distruggere contratto di secondo livello". Morelli: "piano inaccettabile perché non mette al centro il lavoro"
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UNICREDIT, LA FABI RISPEDISCE IL NUOVO PIANO AL MITTENTE

Consegnata la lettera di avvio procedura: entro il 2018 il Gruppo vuole far uscire 5100 lavoratori, di cui 2400 in pensione. Di Cristo: “azienda vuole distruggere contratto di secondo livello”. Morelli: “piano inaccettabile perché non mette al centro il lavoro”
UNICREDIT, LA FABI RISPEDISCE IL NUOVO PIANO AL MITTENTE

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Unicredit ha consegnato oggi a Milano ai sindacati la lettera formale di avvio procedura per gestire i 5100 esuberi del nuovo piano industriale 2014-18.
Come si legge nella lettera, il Gruppo vuole avviare un confronto serrato sulle uscite, che, secondo la tabella di marcia, saranno così scaglionate: 2400 saranno i lavoratori che dovranno andare in pensione entro il 2018, mentre altri 2700 sono gli esuberi che dovranno essere gestiti attraverso un confronto con i sindacati, che possa contemplare anche forme di flessibilità e incentivi agli esodi.
Poi c’è il capitolo riqualificazioni professionali, che riguarderanno 2200 dipendenti.
Tra gli obiettivi dell’azienda c’è quello di mandar in pensione tutti i lavoratori che siano in possesso dei requisiti anagrafici per andarci. Per raggiungere questo risultato, nella lettera si ventila anche l’ipotesi di ricorrere alla legge 223/91 sui licenziamenti collettivi.
Sono inoltre previsti altri duri interventi sul costo del lavoro, come il congelamento degli accordi di secondo livello, tagli sulla previdenza aziendale, sul premio di anzianità e fruizione obbligatoria di ferie e banca ore, con azzeramento degli anni pregressi.
“Questo piano”, ha dichiarato Mauro Morelli, Segretario Nazionale della FABI, “è totalmente inaccettabile perché ancora una volta penalizza i dipendenti e non mette al centro la tutela dell’occupazione, delle professionalità e del lavoro. Ricordiamo che, dal 2007 al 2018, il saldo dei posti persi in Unicredit ammonterà a circa 35mila, tra esuberi, prepensionamenti, esternalizzazioni e blocco del turn over. Una contrazione degli occupati di cui hanno risentito soprattutto le aree depresse del Sud e particolarmente la Sicilia. Inoltre se l’azienda confermerà l’obiettivo di congelare il Contratto Integrativo e tagliare il welfare per finanziare le uscite dei colleghi, la trattativa partirà certamente in salita e vedrà le parti in inevitabile e forte contrapposizione. Crediamo che un piano di rilancio debba ricomprendere necessariamente un nuovo modello di fare banca e nuove assunzioni, di cui purtroppo non vi è alcuna traccia nel progetto Unicredit”.
“In apertura”, ha poi aggiunto Morelli, “abbiamo voluto anche sottolineare come mentre si parla di rilancio, i lavoratori di UCCMB, società con Rating tripla A, fino a ieri considerati altamente strategici, sono in sciopero in quanto la stessa è stata inserita in un programma di incomprensibile cessione”.
“E’ un piano inammissibile”, ha ribadito Angelo Di Cristo, Coordinatore Nazionale della FABI in Unicredit, “anche perché tende a distruggere la contrattazione di secondo livello. Una proposta che la nostra organizzazione non potrà mai sottoscrivere”.
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