30 GENNAIO SCIOPERO NAZIONALE BANCARI, LA STAMPA DI OGGI

30 GENNAIO SCIOPERO NAZIONALE BANCARI, LA STAMPA DI OGGI
"Se ABI non cambia, sarà lotta dura e chiederemo intervento del Governo". Leggi la dichiarazione del leader FABI, Sileoni, presente su tutti i quotidiani nazionali e locali
Milano Finanza di mercoledì 28 gennaio 2015
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Il Sole 24 Ore di mercoledì 28 gennaio 2015
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MF-MILANO FINANZA mercoledì 28 gennaio 2015
I sindacati chiamano il governo - Verso l'adesione di massa allo sciopero del 30. E la riforma delle pop metterebbe a rischio 20 mila posti e 80 mld di crediti
di Claudia Cervini
Mondo bancario in subbuglio. Da un lato, sul rinnovo del contratto nazionale di categoria, le organizzazioni sindacali scrivono a Renzi e la Fabi rincara la dose chiedendo esplicitamente un intervento del governo se la partita non si sarà sbloccata nemmeno dopo il 30 gennaio, giorno dello sciopero che farà incrociare le braccia a 312 mila lavoratori del credito. Dall'altro lato, sul fronte della riforma delle popolari, Assopopolari torna a far sentire la sua voce contro il decreto Renzi-Padoan che, secondo uno studio dell'associazione presieduta da Ettore Caselli, mette a rischio 20 mila posti di lavoro come conseguenza del risiko innescato nel settore. La giornata di ieri ha visto un tiro incrociato da parte dei sindacati, riunitisi ieri a Milano, e di Assopopolari contro la riforma che prevede la trasformazione in spa delle popolari italiane con attivi superiori a 8 miliardi in spa. Secondo Assopopolari, il decreto non solo sarà nocivo sul fronte dell'occupazione, ma determinerà una contrazione del pil di 3%, «aggravando così l'attuale situazione recessiva e quella già di per sé drammatica dell'occupazione e annullando le debolissime possibilità di ripresa dell'attività economica», si legge nella nota diffusa ieri. Degli 80 miliardi di crediti che verrebbero meno, sottolinea Assopopolari, 25 miliardi sono destinati alle famiglie e 55 alle imprese. Con questo commento Assopopolari prosegue la dura presa di posizione contro la riforma.
Intanto le organizzazioni sindacali (Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Falcri) hanno confermato lo sciopero contro la decisione dell'Abi di disdettare e disapplicare a partire dal 1° aprile i contratti collettivi del lavoro «con un provvedimento senza precedenti in nessun'altro settore», hanno sottolineato i sindacati. «Dei 416 contratti in vigore nel privato e nel pubblico, solo quello dei bancari è stato disdettato». I lavoratori del credito sono pronti alla mobilitazione. Secondo le stime dei sindacati venerdì scenderanno in piazza 15 mila lavoratori. Verranno infatti organizzate quattro manifestazioni nazionali e cortei a Milano, Roma, Palermo e Ravenna.
Il dibattito ieri ha toccato anche il tema degli stipendi dei top manager nel settore bancario. L'Abi ha contestato le stime diffuse nei giorni scorsi e ha segnalato che i top manager delle banche italiane nel 2013 hanno ricevuto una retribuzione totale annua media pro capite pari a 245.400 euro (703 mila euro per gli amministratori delegati). Immediata la risposta di Lando Sileoni (Fabi). (riproduzione riservata)
LA STAMPA (16 EDIZIONI) mercoledì 28 gennaio 2015
Popolari: "Con il decreto a rischio 20 mila bancari" - Contro la trasformazione in spa fronte comune con i sindacati
FRANCESCO SPINI
MILANO - Una strana alleanza nel nome della lotta al decreto- legge con cui il governo Renzi punta a trasformare in Spa le prime 10 banche popolari del Paese. I sindacati dei bancari, mentre preparano lo sciopero che, venerdì - scommettono - porterà in piazza almeno 15 mila colletti bianchi contro la chiusura dell'Abi Abi su scatti e Tfr, tendono la mano alle banche popolari che per ò «devono decidere da che parte stare»: con l'Abi o aprire ai lavoratori e al contratto. «Ci attenderemmo che le 10 banche popolari suggeriscano all'Abi di rivedere il proprio atteggiamento», avverte Agostino Megale, numero uno di FisacCgil Cgil. L'alleanza alleanza - a quel punto - potrebbe decollare. Oggi l'associazione associazione delle banche cooperative, Assopopolari, tornerà a riunirsi per decidere la linea di contrasto al decreto. Nel frattempo, con una nota, segnala ai sindacati nuovi motivi d'allarme allarme sul decreto. Giù il Pil La misura contro le popolari, scrivono dall'associazione associazione, «determinerà, in termini di Pil, una contrazione pari a 3 punti percentuali». Secondo Assopopolari, se le 10 banche diverranno prede di grandi istituti esteri, 80 miliardi di euro di crediti alla clientela verranno a mancare. «I tagli imposti ai costi del personale saranno pari a oltre 1,5 5 miliardi di euro» e questo si tradurrà in «una contrazione del numero degli occupati pari a circa 20 mila unità». La missiva al premier In contemporanea dai sindacati, ieri, è partita una lettera indirizzata al premier Matteo Renzi, al presidente dell'Abi Abi, Antonio Patuelli, e a quello di Federcasse, Alessandro Azzi. Se la missiva chiede di «evitare una rottura senza precedenti» nelle relazioni coi banchieri (il leader della Fabi, Lando Sileoni, dice che «se l'Abi non cambierà atteggiamento sarà lotta dura a oltranza», col sindacato pronto «a chiedere l'intervento intervento del governo»), le sette sigle del credito esprimono anche «tutte le nostre riserve» sulla riforma anti- popolari. Il mercato, invece, continua ad applaudire la scelta di Renzi. è favorevole l'imprenditore imprenditore Andrea Bonomi, ex presidente del consiglio di gestione della Bpm che ora, secondo indiscrezioni, sarebbe tornata nel suo mirino insieme a Carige: «Solo speculazioni», dice lui. Il quale osserva che se «colgono l'occasione occasione, le popolari possono rimanere delle banche di stile popolare e costruirsi un futuro non completamente diverso da quello che avevano quando sono state concepite con una struttura che all'epoca epoca era innovativa e che oggi ha mancato di evoluzione».
CORRIERE DELLA SERA mercoledì 28 gennaio 2015
Assopopolari: nuove regole, a rischio 20 mila posti
Lo spettro di una forza lavoro ridotta di taglia entra nel dibattito relativo all'ipotesi ipotesi di trasformazione delle Popolari in società per azioni contenuta nel decreto varato del governo. Una bozza messa a punto in Assopopolari, l'associazione associazione che riunisce le banche popolari, calcola 20 mila addetti a rischio con la conversione del decreto in legge. Frutto del (presunto) combinato disposto tra possibili riduzioni di filiali frutto di aggregazioni e scalate ostili da parte di fondi e grandi banche internazionali per effetto di istituti effettivamente contendibili sul mercato. Il tema finisce così per sovrapporsi alle criticità di un settore alle prese con una difficile riconversione verso un modello più snello basato su una maggiore disintermediazione nel rapporto tra cliente ed istituto retaggio delle infinite possibilità dell'home home banking. Domani gli oltre 300 mila bancari d'Italia Italia incroceranno le braccia per protestare contro quella che Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, definisce un atteggiamento inaccettabile di chiusura da parte dell'Abi. L'associazione associazione bancaria ha disdettato il 31 dicembre il contratto nazionale perché intende rivisitarlo completamente. La richiesta è l'abolizione abolizione, per sempre, degli scatti di anzianità, o in alternativa la rimodulazione del trattamento di fine rapporto non considerando la previdenza complementare o gli assegni ad personam. Proposte ritenute irricevibili. Fabio Savelli © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL MESSAGGERO (13 EDIZIONI) mercoledì 28 gennaio 2015
Sos dell'Associazione: con la riforma oltre 20 mila posti di lavori in meno
Allarme di Assopopolari. Il decreto del governo sulla trasformazione in spa delle prime 10 banche cooperative con attivo oltre 8 miliardi (il 95% del sistema) determina una riduzione di circa 20 mila dipendenti con tagli ai costi del personale di 1,5 5 miliardi. Secondo l'associazione associazione, la misura contenuta nel provvedimento determinerà, in termini di pil, una contrazione pari a 3 punti percentuali aggravando così l'attuale attuale situazione recessiva. Questi dati sono emersi durante la conferenza stampa delle principali sigle sindacali in riferimento allo sciopero nazionale di venerdì 30 sul contratto, con manifestazioni in quattro città. Attualmente le Popolari erogano crediti a clientela per circa 375 miliardi, un valore che rappresenta il 27% degli impieghi complessivi del sistema bancario italiano: con la spa, secondo l'associazione associazione i crediti potrebbero diminuire di circa 80 miliardi (di cui 25 miliardi a famiglie e 55 miliardi a imprese). I sindacati hanno espresso le loro riserve sul decreto in una lettera inviata a Matteo Renzi. A proposito dello sciopero, il leader della Fabi Lando Sileoni alza i toni: «Se le banche non cambiano atteggiamento, sarà lotta dura, andremo avanti a oltranza chiedendo l'intervento intervento del governo e del presidente Renzi». Il decreto sulla trasformazione delle banche popolari in spa «è molto positivo», ha osservato ieri Federico Imbert, ceo del Credit Suisse Italia, perchè «permette aggregazioni» tra gli istituti e quindi in prospettiva di dotare l'Italia Italia di «altri campioni» del sistema bancario.
IL TEMPO (3 EDIZIONI) mercoledì 28 gennaio 2015
Venerdì la protesta - Quindicimila bancari scendono in piazza per il contratto
Saranno almeno 15 mila i lavoratori del settore bancario che, secondo le attese dei sindacati, scenderanno in piazza venerdì in segno di protesta contro la disdetta del contratto nazionale decisadall'Abi, l'associazione associazione delle banche. Stime più ottimistiche si spingono a prevedere numeri «molto più alti» per la manifestazione, la seconda in poco più di un anno, con otto- diecimila persone attese in corteo solo a Milano. Le manifestazioni saranno quattro e parteciperanno anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e quello della Uil, Carmelo Barbagallo. A Milano il corteo partirà alle 9.45 45 davanti alla sede dell'Abi, per arrivare in piazza Scala dove si terranno i comizi di Camusso e del segretario generale della Fabi, Lando Sileoni. A Roma i lavoratori saranno in «sit in» a piazza dell'Esquilino Esquilino con Barbagallo e il segretario generale della Fiba, Giulio Romani. Gli altri due cortei saranno a Ravenna, con il segretario generale della Fisac Agostino Megale, e a Palermo, guidato dal segretario generale della Uilca Massimo Masi. I segretari generali delle sigle sindacali del credito (Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Dircredito, Ugl credito, Sinfub, Unisin) hanno inviato una lettera al presidente del consiglio, Matteo Renzi, e ai vertici di Abi e Federcasse per chiedere che si facciano carico «di evitare una rottura senza precedenti nelle relazioni industriali del nostro Paese» con un intervento che «possa contribuire a recuperare ci ò che oggi sembra perduto». «Se l'Abi non cambia atteggiamento - ha affermato Lando Sileoni della Fabi - sarà lotta dura. Andremo avanti a oltranza chiedendo l'intervento intervento del governo e del presidente Renzi». «Coinvolgiamo Renzi perché è una questione che riguarda il risparmio del Paese» ha aggiunto Giulio Romano della Fiba. Con lo sciopero i lavoratori rivendicano la necessità di un nuovo modello di banca al servizio del Paese e di difendere il potere d'acquisto acquisto del salario contro l'Abi Abi che, affermano, intende «smantellare il contratto nazionale di categoria e le tutele contrattuali vigenti». «Sarà uno sciopero grande e partecipato - ha sintetizzato Massimo Masi della Uilca -. Porteremo in piazza quindicimila lavoratori». Leo. Ven.
IL GIORNALE mercoledì 28 gennaio 2015

Le banche popolari a Renzi: «A rischio 20 mila lavoratori» - La lobby del settore: la riforma cancella 80 miliardi di prestiti e 3 punti di Pil E i sindacati offrono appoggio in cambio di un'asse asse con le coop sul contratto

La trasformazione in spa delle prime dieci banche popolari italiane prevista dal decreto di Matteo Renzi distruggerà altri 20 mila posti di lavoro nel settore e 80 miliardi di prestiti a famiglie e imprese. In tutto 3 punti di pil in meno. A fare i conti è Asso popolari la lobby del settore. Ma i sindacati trasformano la bomba sociale in un’arma arma di pressione, promettendo alle coop il loro aiuto a cambiare la riforma in cambio di un’alleanza alleanza nella più ampia guerra in corso con l’Abi per il rinnovo del contratto dell’intera intera categoria bancaria. Un chiaro do ut des politico, di cui ieri si è fatto ambasciatore il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale: le cooperative «devono decidere da che parte stare. Ci attenderemmo che Asso popolari suggerisca all’Abi Abi di rivedere il suo atteggiamento», ha detto il sindacalista in una conferenza congiunta con la Fabi di Lando Maria Sileoni, la Fiba di Giulio Romani, la Uilca di Massimo Ma si e le altre sigle del settore. I sindacati del credito hanno anche spedito una lettera unitaria al governo. In sostanza se i vertici delle mutue, anzichè comportarsi come colombe nei negoziati aziendali, e trasformarsi in falchi nel «nido» dell’Abi Abi, faranno digerire le richieste sindacali alle intransigenti big bank, allora le forze sociali restituiranno il favore: cercheranno appoggi in Parlamento e muoveranno gli iscritti per ammorbi re l’esecutivo esecutivo. Questo pomeriggio intanto Asso popolari si riunisce in conclave a Roma con i suoi tre saggi (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio), per tradurre in pratica l’opposizione opposizione al decreto sancita unitariamente la scorsa settimana: l’associazione associazione vuole più tempo prima del grande salto verso la spa (da 18 a 24 mesi), progetta di ripiegare su una governance «ibrida» che di a peso ai piccoli soci in Cds, e di porre il 5 % come limite ai diritti di voto. Le popolari hanno alcuni pareri legali che considerano anti- costituzionale il decreto perchè non sussiste il carattere di «urgenza». Lunedì o martedì la riforma dovrebbe iniziare a passare al vaglio della commissione Attività produttive presieduta da una vecchia conoscenza della Cgil, Gugliemo Epifani. Le popolari sperano poi nella commissione Finanza, dove ci sono il forzista Daniele Capezzone, che si è già espresso contro il decreto Renzi, e il veltroniano Marco Causi. Il presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia (Pd) ha intanto ipotizzato di limitare l’ordine ordine di dire addio al voto capitario ai soli sette istituti quotati o di prevedere appunto un tetto del 5 % al diritto di voto. Se Renzi porrà la fiducia tutto sarà per ò più difficile. Un’ulteriore ulteriore incognita è poi la reale efficacia di usare la base come ariete contro l’esecutivo esecutivo. Il Banco Popolare di Carlo Fratta Pasini ha scritto agli addetti che farà di tutto per cambiare la riforma e altrettanto pugnace è apparsa la linea della Popolare di Bari così come quella della Vicenza di Gianni Zonin o della B per di Ettore Caselli. C’è è per ò chi, come Ubi o Bip emme, ha una posizione più conciliante. «Se le banche non cambiano atteggiamento» sul contratto, «sarà lotta dura, andremo avanti a oltranza chiedendo l’intervento intervento del governo e del presidente Renzi», ha tuonato Sileoni. Lo sciopero che venerdì dovrebbe portare in piazza 15 mila bancari promette quindi di essere solo il primo: i cortei sono a Milano (dove sono attesi il capo della Cgil Susanna Camusso e lo stesso Sileoni), Roma, Palermo e Ravenna (la città del presidente dell’Abi Abi, Antonio Patuelli).
LA STAMPA/CUNEO mercoledì 28 gennaio 2015
PROTESTA NEL CUNEESE PER LA DISDETTA DEL CONTRATTO NAZIONALE – Venerdì scioperano 2600 bancari cuneesi
Attivi solo i bancomat, mentre sono a rischio venerdì le attività di sportello delle banche. Il motivo: lo sciopero nazionale di 24 ore indetto dai sindacati (Dircredito, Fabi, Fiba- Cisl, Fisac- Cgil e Uilca) per protestare contro la disdetta del contratto nazionale da parte dell’Abi, l’Associazione Associazione che riunisce le banche italiane. Gli istituti di credito lamentano le difficoltà del settore (maggiori vincoli sul patrimonio, minori utili, crescenti perdite sui crediti) e i sindacati non vogliono «far pagare tutto il conto ai lavoratori bancari: l’Abi vuole un nuovo contratto con meno ferie, con stipendi sempre più legati ai risultati, con dipendenti che possano essere dequalificati o trasferiti anche a parecchi chilometri da casa. Inaccettabile». Sono 2.600 600 i bancari della Granda interessati dalla protesta. In questi giorni si stanno svolgendo 30 diverse assemblee negli istituti di credito della provincia. Non aderiscono alla protesta i dipendenti delle banche di credito cooperativo. «La loro vertenza avrà tempi diversi» dicono i sindacati.
Riorganizzazione Bre Intanto prosegue la riorganizzazione della Banca Regione Europea anche se sono ancora in corso alcune sistemazione del software e in provincia ci sono state code e disagi. Nessun licenziamento o cassa per i lavoratori Ubi- Bre, ma hanno chiuso 4 filiali (a Cuneo in via Gallo e corso Nizza, alla
Moretta di Alba e al Ferrone di Mondovì), oltre a 11 minisportelli (tra cui uno a Borgo, San Rocco di Bernezzo, Gaiola) mentre altre 16 filiali sono state declassate. Avviati 52 prepensionamenti, 20 addetti sono stati trasferiti nel Centro servizi di piazzetta Toselli a Cuneo. Ci sono state anche uscite su base volontaria, part- time e cambiamenti di mansione. [L. B]
EPolis Bari mercoledì 28 gennaio 2015
Sciopero dei bancari, attesi in 3.500 500 – Manifestazione venerdì in piazza del Popolo: 30 pullman in viaggio verso Ravenna
RAVENNA – Sciopero nazionale dei bancari, venerdì: attese a Ravenna oltre 3.500 500 persone pronte a manifestare contro l’Abi. No al mancato rinnovo del contratto, no ai tagli degli stipendi, no – dicono loro – alle esternalizzazioni e alla mancata riduzione delle maxi paghe dei dirigenti. No, ribadiscono, alle soluzioni a breve termine. Dunque oltre 30 pullman carichi di bancari in sciopero e provenienti da Veneto, Toscana, Umbria, Marche ed Emilia Romagna si danno appuntamento venerdì mattina a Ravenna: il corteo, da piazza Farini, è atteso per le 11.30 30 in piazza del Popolo, dove sono previsti gli interventi dei segretari nazionali di categoria. Quattro, in tutto, le manifestazioni organizzate in tutta Italia: oltre a Ravenna, i bancari si danno appuntamento anche a Milano, Roma e Palermo. Lo sciopero è voluto per «di- fendere il contratto nazionale di lavoro e contro la decisione unilaterale dell’Abi Abi di dare disdetta e conseguente disapplicazione dei contratti collettivi di lavoro dal primo aprile 2015». Le manifestazioni sono indette dalle sigle Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Dircredito, Ugl Credito, Sinfub e Unisin. «Davanti a una situazione dove ci sono 320 miliardi di crediti deteriorati, 180 di sofferenze e che produrranno costi, l’unica unica soluzione che trova l’Abi Abi è quella di ridurre i nostri stipendi che di fatto valgono solo 22 miliardi a livello di sistema. Non è la soluzione, specie quando poi le maxi retribuzioni non vengono tagliate – batte i pugni sul tavolo Roberta Scarpellini, segretario della Fiba Cisl per la Romagna -. Non è per noi un problema di stipendio, ma di prospettive. Mancano quelle a lungo termine. Non vediamo nella proposta di Abi una garanzia occupazionale. Vogliamo una banca al servizio del Paese e non un Paese al servizio delle banche». Tra i nodi, appunto, quello delle esternalizzazioni “forzate” e del non rinnovo del contratto. «La volontà dell’Abi Abi è quella di andare alla rottura della trattativa e cercare la destrutturazione del settore – chiosa Giancarlo Dal Re, segretario provinciale della Fisac Cgil -. Un anno e mezzo fa, a Ravenna ci fu un’altra altra manifestazione importante ma “solo” regionale. Questa volta, in città ci riuniremo a livello nazionale».
IL GAZZETTINO (ED. NAZIONALE) mercoledì 28 gennaio 2015
“La riforma solo per le quotate”
MILANO – Nuova levata di scudi contro la riforma della banche Popolari. A ribadire la contrarietà alla trasformazione in Spa delle più grandi banche cooperative sono i sindacati di categoria e l’associazione associazione di riferimento, Assopopolari. I primi, che si stanno peraltro preparando allo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, hanno inviato una lettera al premier Renzi per contestare in toto la manovra; la seconda, invece, ha lanciato un allarme occupazionale che per effetto della riforma potrebbe colpire 20 mila posti di lavoro. Insomma, una misura che continua a far rumore, anche all’interno interno della Consob dove si stanno monitorando le anomalie emerse in Borsa a ridosso dell’annuncio annuncio del Governo. Il tutto mentre l’iter iter parlamentare si preannuncia già in salita: il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica scorsa e che concede 18 mesi alle banche per cambiare pelle, è atteso in commissione Finanze alla Camera subito dopo la corsa al Quirinale, ma i deputati hanno già avviato una riflessione. In proposito è intervenuto il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia (Pd), che ha illustrato alcune delle ipotesi di modifica allo studio come la possibilità di limitare il provvedimento soltanto alle quotate, ovvero sette anziché dieci, in questo caso la riforma non riguarderebbe Popolare di Vicenza e Veneto Banca o porre un tetto del 5% per il voto in assemblea. In attesa che la discussione entri nel vivo e che il triumvirato nominato da Assopopolari (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio) fornisca il proprio parere, le otto sigle sindacali dei bancari hanno inviato una lettera a Renzi per respingere il decreto. Per loro si tratta infatti di un provvedimento che apre la strada a colossi bancari internazionali interessati soltanto alla «finanza speculativa e predatoria». Chi spezza lance in favore della riforma, invece, sono il banchiere d’affari affari, Federico Imbert (Credit Suisse), che vede con favore lo scenario delle «aggregazioni» e l’ex ex presidente della Bpm e uomo d’affari affari, Andrea Bonomi. Per quest’ultimo ultimo infatti, che aveva tentato (fallendo) di far imboccare la strada della Spa in Piazza Meda, adesso è l’ora ora di evolvere mantenendo intatto per ò il proprio Dna. Intanto, i sindacati si stanno preparando per lo sciopero dei bancari di venerdì contro la decisione dell’Abi Abi di disdettare il Ccnl. La categoria, che a livello nazionale conta circa 300 mila lavoratori, manifesterà a Milano, Ravenna, Roma e Palermo, dove sono attesi oltre 15.000 000 lavoratori. Sul tema del rinnovo si è soffermato il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale, scatenando l’immediato immediato intervento dell’Abi Abi. Secondo il sindacalista un banchiere guadagna mediamente all’anno anno 3,7 7 milioni ovvero quanto 150 giovani apprendisti. Una cifra che per l’associazione associazione delle banche è falsa visto che la media supera di poco la soglia dei 700 mila euro. «Di banchieri che hanno dato l’esempio esempio tagliandosi lo stipendio ce ne sono davvero pochi», ha chiuso Lando Sileoni della Fabi.
GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (TUTTE LE EDIZIONI) mercoledì 28 gennaio 2015
Popolari, tutti i «no» alla riforma A rischio 20mila mila posti di lavoro. Boccia: limitare il provvedimento alle quotate
MILANO – Nuova levata di scudi contro la riforma della banche Popolari. A ribadire la contrarietà alla trasformazione in Spa delle più grandi banche cooperative sono i sindacati di categoria e l’associazione associazione di riferimento, Assopopolari. I primi, che si stanno peraltro preparando allo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, hanno inviato una lettera al premier Renzi per contestare in toto la manovra; la seconda, invece, ha lanciato un allarme occupazionale che per effetto della riforma potrebbe colpire 20 mila posti di lavoro. Insomma, una misura che continua a far rumore, anche all’interno interno della Consob dove si stanno monitorando le anomalie emerse in Borsa a ridosso dell’annuncio annuncio del Governo. Il tutto mentre l’iter iter parlamentare si preannuncia già in salita: il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica scorsa e che concede 18 mesi alle banche per cambiare pelle, è atteso in commissione Finanze alla Camera subito dopo la corsa al Quirinale, ma i deputati hanno già avviato una riflessione. In proposito è intervenuto il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia (Pd), che ha illustrato alcune delle ipotesi di modifica allo studio come la possibilità di limitare il provvedimento soltanto alle quotate, ovvero sette anzichè dieci, o porre un tetto del 5% per il voto in assemblea. Secondo Boccia bisognava comunque «avviare prima una discussione anche sul ruolo del credito al tempo del capitalismo familiare che vive la sfida dell’economia economia globale e digitale» e arrivare a definire la riforma «alla fine del percorso». In attesa che la discussione entri nel vivo e che il triumvirato nominato da Assopopolari (Marchetti, Tantazzi e Quadrio Curzio) fornisca il proprio parere, le otto sigle sindacali dei bancari hanno inviato una lettera a Renzi per respingere il decreto. Per loro si tratta infatti di un provvedimento che apre la strada a colossi bancari internazionali interessati soltanto alla «finanza speculativa e predatoria», mentre continua a destare dubbi la scelta del governo di procedere per decreto, non ravvedendo «motivi di urgenza». Chi spezza lance in favore della riforma, invece, sono il banchiere d’affari affari, Federico Imbert (Credit Suisse), che vede con favore lo scenario delle «aggregazioni» e l’ex ex presidente della Bpm e uomo d’affari affari, Andrea Bonomi. Per quest’ultimo ultimo infatti, che aveva tentato (fallendo) di far imboccare la strada della Spa in Piazza Meda, adesso è l’ora ora di evolvere mantenendo intatto per ò il proprio Dna. Intanto, i sindacati si stanno preparando per lo sciopero dei bancari di venerdì contro la decisione dell’Abi Abi di disdettare il Ccnl. La categoria, che a livello nazionale conta circa 300 mila lavoratori, manifesterà a Milano, Ravenna, Roma e Palermo, dove sono attesi oltre 15.000 000 lavoratori. Sul tema del rinnovo si è soffermato il leader della Fisac- Cgil, Agostino Megale, scatenando l’immediato immediato intervento dell’Abi Abi. Secondo il sindacalista un banchiere guadagna mediamente all’anno anno 3,7 7 milioni ovvero quanto 150 giovani apprendisti. Una cifra che per l’associazione associazione delle banche è falsa visto che la media supera di poco la soglia dei 700 mila euro. &la

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