Continuando a camminare sull'orlo di un burrone, alla fine si rischia di farci l'abitudine. "La vertigine è una distorsione della percezione sensoriale dell'individuo" dice wikipedia o, molto più semplicemente, un sintomo. Una manifestazione fastidiosa di una malattia, nel nostro caso, pericolosamente vicina alla cronicità. La disdetta dei contratti e il rischio di disapplicazione sono gli strumenti "negoziali" privilegiati dalle parti datoriali. Modalità violente e in linea con la costante destrutturazione del diritto del lavoro e al lavoro, che sta caratterizzando questi nostri strani anni accartocciati. Proprio così, accartocciati.
Perché sembriamo come un foglio di carta stretto in una mano e poi stirato alla bell'e meglio. E, per quanto ti puoi impegnare, alla fine si vede che è successo qualcosa di brutto.
Infatti, non si pu ò cancellare la deflazione, la disoccupazione e il working poor. Non si pu ò cancellare il fatto che siamo in una fase di transizione e di cambiamento. Non si pu ò cancellare la prospettiva di un futuro, che non ha le sembianze che vorremmo.
Quello che si pu ò e si deve fare è intervenire per essere partecipi del cambiamento e costruire un domani sostenibile.
Non è sufficiente evitare di guardare verso il basso per non provare le vertigini, bisogna spostarsi o costruire uno spazio di sicurezza dal vuoto. Le vertigini forse le proveremo sempre, perché sono anche una forma di responsabilità e consapevolezza. Quello che non bisogna fare è arrendersi, oppure lanciarsi nel vuoto, nella vana speranza che spuntino le ali.
Viviamo una stagione delle relazioni industriali del nostro Paese (e non solo) decisamente complicata, in cui non esiste niente di scontato e ogni diritto è sempre in discussione.
Dobbiamo riconquistarci la nostra dignità di lavoratori ogni giorno, protesta dopo protesta e accordo dopo accordo. Perché il vuoto è sempre lì a due passi e, per quanto ti puoi abituare, alla fine hai la necessità di aggrapparti a qualcosa. Qualcosa di stabile e sicuro e la firma tecnica posta unitariamente dalle organizzazioni sindacali sull'ipotesi di accordo per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore ha proprio questa caratteristica: mettere in sicurezza la categoria. Ci consente di essere tutti potenzialmente al riparo dai venti che soffiano dal nord Europa o, almeno, ci dà gli strumenti per poterlo fare.
Questa camminata a due passi dal vuoto è stata lunga, ma nessuno di noi è mai stato solo. Ci siamo tenuti
per mano, passo dopo passo, privilegiando la partecipazione e la consapevolezza come armi raffinate da contrapporre alla spregiudicatezza di una parte datoriale che ci aveva chiesto di rinunciare alla centralità del contratto nazionale, all'area contrattuale, agli scatti di anzianità, alle tutele sui trasferimenti e, strutturalmente, alla base di calcolo del TFR. L'Abi ci aveva chiesto (per iscritto) anche l'estensione degli orari di lavoro e un'utilizzo più ampio di rapporto di lavoro autonomo per gli addetti di rete'. Una controparte spesso ingorda che si è scontrata con tre tornate assembleari (la quarta partirà tra pochi giorni) e due scioperi di categoria, con un'altissima percentuale di adesioni. Perché in ogni momento della trattativa abbiamo voluto discutere e confrontarci con le lavoratrici ed i lavoratori del settore.
Passo dopo passo, a pochi metri dal vuoto.
Non esistono scorciatoie, siamo evidentemente in un passaggio storico (non solo per il settore) e la conferma, l'ampliamento e la creazione di strumenti come il Fondo per l'Occupazione, il Fondo di Solidarietà (di cui è stata rafforzata la Sezione Emergenziale), la piattaforma per la ricollocazione del personale, l'aver aumentato le previsioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, l'aver inserito una prima previsione sulle politiche commerciali, l'aver difeso l'area contrattuale e individuato spazi di confronto sui'modelli organizzativi in funzione dei nuovi modi di fare banca, i nuovi mestieri e le connesse professionalità', rappresentano grandi passi in avanti per provare a gestire - e non soltanto subire! - i cambiamenti che investono il settore.
A quella strana sensazione di disagio che si prova a camminare a due passi dal vuoto ci si pu ò anche abituare, ma non se siamo tutti uniti.
Non possiamo farcela se ci rassegniamo al peso della nostra solitudine, se ci adeguiamo alla delegittimazione dei corpi intermedi e degli strumenti collettivi che sono evidentemente sotto attacco. Non possiamo abituarci, se rinunciamo ad un equilibrio collettivo per privilegiare interessi particolari.
Quella strana sensazione di disagio che si prova a camminare a due passi dal vuoto si pu ò anche superare, ma soltanto se siamo tutti convinti di poterlo fare con pazienza, un passo alla volta e preoccupandoci sempre di dare un'anima sociale a normative spesso algide.
v style=”text-align: right”>Mattia Pari
Coordinatore F.A.B.I. Giovani