MILANO FINANZA sabato 21 novembre 2015
Il cantiere del futuro – A pochi mesi dalla firma del contratto riprende il confronto tra Abi e sindacati. Si riparte dalle nuove regole per i permessi sindacali ma all’orizzonte c’è la discussione sugli inquadramenti. Parla Lodesani
di Mauro Romano
Il 25 novembre si riapre il confronto tra banche e sindacati. E l’appuntamento rappresenta anche l’esordio di Eliano Lodesani, chief operating officer di Intesa Sanpaolo, come nuovo presidente del Casl, l’organismo che per l’Abi cura le relazioni sindacali. Lodesani è il successore di Alessandro Profumo, uno dei protagonisti dell’ultimo contratto nazionale, che proprio nella riunione del 25 novembre avrà la sua prima verifica.
Due i punti principali in agenda: la questione dei permessi sindacali e il Foc, il Fondo per l’occupazione, ma sullo sfondo c’è pure l’avvio del ‘cantiere’ sugli inquadramenti, che vuol dire aprire il confronto sui temi del contratto prossimo venturo. «Ho trovato persone intelligenti e autorevoli nelle organizzazioni sindacali», dichiara Lodesani, «e nella continuità della gestione Profumo valorizzer ò ancora di più i rapporti con chi ha portato a casa assieme ad Abi un contratto nazionale sostenibile che garantisce fino al 2018 stabilità nel settore». Il riferimento probabilmente è in particolare al leader della Fabi Lando Sileoni, con il quale negli ultimi giorni ci sono stati alcuni malintesi. Lodesani conferma così il proprio impegno a migliorare ulteriormente le relazioni tra Abi e sindacati, anche attraverso la condivisione di un percorso su tempi e argomenti.
Domanda.
Dottor Lodesani, partiamo dal primo punto: l’agibilità sindacale, argomento che riguarda sostanzialmente i permessi, la quantità di tempo che i delegati possono sottrarre al lavoro per dedicarsi all’attività sindacale. Il meccanismo attuale scade a fine anno e bisogna trovarne un altro. Quale?
Risposta. Le regole attuali non fotografano l’effettiva rappresentatività e permettono alcuni disequilibri. Noi auspichiamo parità di trattamento. Il rapporto tra iscritti e ore di agibilità sindacale dovrebbe essere omogeneo.
D. Vuol dire che in futuro le deleghe verranno contate piuttosto che pesate?
R. Il nuovo meccanismo dovrà essere equo e omogeneo, a partire da una soglia ragionevole di rappresentatività.
D. Chi rappresenta, ad esempio, meno del 5% degli iscritti ai sindacati non avrà alcun permesso?
R. Noi crediamo che la rappresentatività debba essere significativa. Sono consapevole che si tratta di un tema che tocca sensibilità profonde, ma è reale e noi siamo pronti a confrontarci.
D. Poi c’è il Foc, lì per ò le distanze tra voi e i sindacati sembrano più contenute.
R. Sì, è stato già fatto un grande lavoro, siamo a un buon punto di approfondimento e soprattutto siamo consapevoli di quanto sia importante cominciare a ridistribuire ai giovani una parte della ricchezza accumulata nel Fondo per l’occupazione grazie ai versamenti di tutti. è un momento importante di solidarietà generazionale. La decisione di aumentare il salario d’ingresso dei giovani è stata una delle scelte più importanti dell’ultimo contratto, ora dobbiamo definire i dettagli e ci stiamo lavorando. Con grande convergenza.
D. Resta per ò sullo sfondo un punto sul quale la convergenza è tutt’altro che forte: quello degli inquadramenti. Il cantiere non è ancora partito, che cosa vi proponete?
R. Per la verità ci sono anche altri temi e tra questi la scrittura lessicale del contratto. Certo, gli inquadramenti sono una questione delicata ma ineludibile, dobbiamo usare intelligentemente il tempo che ci divide dal nuovo contratto per trovare una cornice comune.
D. Come?
R. I nuovi modelli di banca richiedono flessibilità. Oggi ci sono 13 livelli d’inquadramento; noi pensiamo che possano scendere, ma il problema non è solo quantitativo. Un sistema rigido rende impossibile adattare le strutture al cambiamento. Oltretutto il vecchio sistema ha portato un incremento degli organici nella parte alta della scala organizzativa e retributiva.
D. I sindacati vi rispondono che sono le banche stesse ad aver collocato i dipendenti in quelle posizioni.
R. Un sistema di questo tipo contribuisce a costruire le carriere in questo modo. In un mercato dinamico, che vive grandi cambiamenti, un sistema rigido è obsoleto. Ruoli e mansioni devono poter cambiare a seconda delle esigenze. I modelli distribuitivi delle banche stanno cambiando molto rapidamente. Entri in una filiale, in qualsiasi filiale, e mi dica se trova gli stessi ambienti di qualche anno fa. E non è questione di arredamenti. Ma le dir ò di più: ogni banca, a seconda delle proprie peculiarità, sceglie il suo modello di organizzazione. Ognuno è diverso dall’altro.
D. Questo cambia anche il ruolo del Casl che lei presiede?
R. La contrattazione nazionale rimane centrale ed è la guida per poi sviluppare gli accordi di secondo livello, che ovviamente saranno legati alle esigenze di ogni azienda.
D. La flessibilità che ricercate è anche di tipo territoriale?
R. è un problema delicato, ma esiste. è logico che la riorganizzazione interna dei gruppi e il processo di accorpamento delle filiali potrebbero comportare anche questa eventualità. In molte aziende creditizie si sta anche sviluppando lo smart working, ossia il lavoro da casa.
D. Ma lo smart working si tramuterà anche in smart earning, cioè si guadagnerà di meno?
R. Il riposizionamento fisico non comporta una riduzione di stipendio ma una trasformazione culturale. Bisogna cambiare logiche di lavoro e abitudini. Fa parte del discorso che facevamo prima sulla flessibilità, sulla banca che cambia, che fa anche altro.
D. Le banche ora vendono case, fanno consulenza alle imprese, propongono polizze. Ma agenti immobiliari, consulenti e assicuratori campano soprattutto di provvigioni. Come convincere i bancari a lasciare lo stipendio fisso?
R. Francamente non è un problema che ci stiamo ponendo. Partiamo da un altro punto di vista; le banche, oltre ai collaboratori, hanno un altro grande patrimonio, rappresentato dai clienti. Li conoscono da anni e conoscono anche le loro esigenze e oggi gli istituti si stanno attrezzando per offrire servizi che rispondano alla gran parte di esse. La sfida da giocare con i sindacati è come cogliere insieme tutte queste opportunità.
D. Ultimo punto, ma non meno spigoloso: gli esuberi. Popolari e bcc sono in grande movimento, ci saranno fusioni e accorpamenti. Se la sente di garantire che gli esuberi conseguenti e anche quelli che verranno dalla risoluzione delle crisi in atto saranno gestiti solo con i prepensionamenti volontari?
R. L’Abi ha il compito di trovare gli strumenti, poi le singole aziende li utilizzano secondo i loro piani. Rimane ovviamente fondamentale per le banche una rigorosa attenzione al controllo dei costi. Posso dire che negli anni scorsi il sistema nel suo complesso ha saputo gestire 50 mila esuberi in accordo fra le parti e facendo ricorso agli ammortizzatori finanziati dal sistema stesso. Voglio anche aggiungere una considerazione: la questione ‘sociale’ dell’occupazione non sta solo a cuore al sindacato ma anche alle banche. Siamo stati infatti per gli altri settori produttivi un esempio di grande collaborazione tra aziende e sindacati e intendiamo continuare a esserlo. (riproduzione riservata)