SALVATAGGI BANCARI, LA FABI SULLA STAMPA
Il leader della FABI Sileoni commenta il provvedimento governativo a favore delle quattro banche il crisi: Banca Marche, Banca Etruria, CARIFerrara e CARIChieti. “Bene Decreto. No a ulteriori sacrifici per lavoratori”. Leggi la dichiarazione su tutti i quotidiani nazionali e locali
MF-MILANO FINANZA martedì 24 novembre 2015
Banche, chi finanzia il salvataggio – Le tre grandi banche metteranno sul piatto 1,33 mld ciascuna. Una prima tranche da 780 mln di euro sarà rimborsata già a dicembre. La quota restante del finanziamento, garantita da Cdp, entro 18 mesi
di Andrea Di Biase
Intesa , Unicredit e Ubi Banca anticiperanno finanziamenti per complessivi 4 miliardi di euro (3,99 miliardi per la precisione) al Fondo di risoluzione delle crisi bancarie in attesa che venga completato il versamento da parte di tutte le banche del sistema del contributo straordinario necessario a capitalizzare il fondo stesso, cui da ieri fanno capo le quattro nuove banche buone (Banca Marche, Popolare dell’Etruria , Cr Ferrara, CariChieti) e la bank bad cui sono stati conferiti i crediti in sofferenza.
Lo schema seguito dal governo e dalla Banca d’Italia, d’intesa con la Commissione Europea, prevede il trasferimento dei crediti problematici dei quattro istituti (8,5 miliardi complessivi svalutati a 1,5 miliardi) a un’unica bad bank e la costituzione di quattro nuove banche pulite dalle perdite e ricapitalizzate dal Fondo di risoluzione. Quest’ultimo, in attesa che le banche del sistema procedano alla sua capitalizzazione e utilizzando il prestito ponte concesso da Intesa , Unicredit e Ubi, utilizzerà circa 1,7 miliardi a copertura delle perdite delle banche originarie, circa 1,8 miliardi per ricapitalizzare le banche buone (recuperabili con la vendita delle stesse), circa 140 milioni per dotare la banca cattiva del capitale minimo necessario a operare. Nel corso della giornata di ieri sono stati nominati gli amministratori delegati delle quattro banche buone, che affiancheranno Roberto Nicastro (presidente di tutti e quattro gli istituti) e Maria Pierdichi (presente in tutti e quattro i board).
Si tratta di Salvatore Immordino (CariChieti), Giovanni Capitanio (Carife), Luciano Goffi (Banca Marche) e Roberto Bertola (Etruria).
L’operazione di salvataggio, che non ha visto l’impiego di denaro pubblico, vedrà dunque le tre grandi banche anticipare 780 milioni a testa, nell’ambito di un finanziamento da 2,35 miliardi a brevissimo termine, che sarà infatti rimborsato dal Fondo nel corso del mese di dicembre 2015 con i contributi che saranno versati dalle varie banche del sistema. Intesa , Unicredit e Ubi erogheranno poi un secondo finanziamento da 1,65 miliardi (550 milioni ciascuna) con scadenza a 18 mesi meno un giorno, a fronte del quale la Cassa Depositi e Prestiti «ha assunto un impegno di sostegno finanziario in caso di inadempienza del Fondo alla data di scadenza finanziamento». Per quanto riguarda l’importo del contributo straordinario per le singole banca, Intesa Sanpaolo ha fatto sapere che la quota di sua competenza sarà di 380 milioni di euro ante imposte.
Tale uscita sarà contabilizzata nel conto economico del quarto trimestre 2015, in aggiunta ai 95 milioni relativi al contributo ordinario al Fondo per il 2015 già spesati nel primo semestre. Per Unicredit il contributo straordinario, anche in questo caso da registrare nel quarto trimestre 2015, sarà pari a 210 milioni di euro, che si andranno ad aggiungere ai 90 milioni di contributo ordinario già spesati nel primo semestre. Ubi Banca dovrà accantonare entro fine anno circa 70 milioni (oltre ai 22,8 già messi a bilancio) come contributo da versare Fondo. In tutto, secondo quanto si apprende, il contributo di Ubi sarà pari a 91 milioni pre tasse. Mps dovrebbe versare invece 160 milioni in quattro anni, ma anticipati. «L’anno scorso avevamo già accantonato 60 milioni per Banca Marche, ne restano da accantonare 100», ha spiegato l’ad Fabrizio Viola.
L’impegno «assai gravoso» (come definito dall’Abi) a carico delle banche italiane per il salvataggio dei 4 istituti di credito sarà in parte attenuato subito da alcune partite fiscali, peraltro dovute, che il governo ha permesso di ottenere grazie ad alcune modifiche legislative. Il primo aspetto è la possibilità di trasformare le imposte differite attive presenti nei bilanci delle vecchie banche, mandate in liquidazione, in crediti di imposta e quindi renderli fruibili dalle nuove banche. Il secondo aspetto riguarda invece tutte le banche del sistema che forniscono i contributi anticipati (oltre al 2015 anche i tre anni successivi) al Fondo che saranno deducibili ai fini Ires (ma non Irap) recuperando l’aliquota del 27,5%.
Sul piano di salvataggio si è espressa anche la Fabi. «Consideriamo positivo l’intervento del governo, oltre a quello di Intesa , Unicredit e Ubi, per risolvere l’impasse», ha dichiarato il segretario generale Lando Sileoni, che ha chiesto «di non imporre ulteriori sacrifici ai dipendenti». (riproduzione riservata)
LA REPUBBLICA martedì 24 novembre 2015
La Borsa premia il salva-banche ma salgono i costi – Gli istituti anticiperanno quattro annualità non tre e la somma delle linee di credito arriva a 4 miliardi
ROSARIA AMATO
ROMA. Le banche italiane dovranno anticipare al Fondo di risoluzione non tre ma quattro annualità (deducibili per ò ai fini Ires), un conto ancora più gravoso del previsto per il salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti, che da ieri hanno riaperto il battenti con le nuove società, alleggerite dai crediti deteriorati, confluiti in un’unica bad bank. E la somma delle due linee di credito anticipate da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi Banca, in attesa che confluiscano i contributi di tutti gli altri istituti, arriva a 4 miliardi: un primo finanziamento da 2.350 milioni di euro da restituire entro dicembre, un secondo da 1.650 milioni di euro a 18 mesi, garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti. Al presidente dei quattro istituti, Roberto Nicastro, e a Maria Perdicchi (ex ad S& Italia, nel cda delle quattro banche) si affiancano i nuovi amministratori delegati: Salvatore Immordino per la Nuova Carichieti, Giovanni Capitanio per la Nuova Carife, Roberto Bertola per la Nuova Banca Etruria e Luciano Goffi per la Nuova Banca Marche. L’operazione è stata ben accolta in Borsa: i titoli bancari hanno chiuso con rialzi medi del 2%. Il settore bancario, sottolinea l’Abi sta affrontando «grandi ed assai onerosi sforzi» per il salvataggio, oneri che «si assommano ai costi della crisi e agli sforzi di rafforzamenti patrimoniali delle banche stesse per sostenere la ripresa», senza alcun aiuto pubblico «a differenza di quanto avvenuto ed ancora avviene in altri Paesi europei». «Confido che le banche italiane siano più forti di questo sforzo straordinario, e che la spinta alla ripresa continui anche dopo di oggi», dice il presidente dell’associazione Antonio Patuelli, ricordando come questa soluzione sia risultata «l’unica giuridicamente possibile» dopo la bocciatura di Bruxelles, «che non ha mai messo per iscritto le sue obiezioni», dell’intervento del vecchio Fondo interbancario. L’auspicio è che adesso ci sia una rapida vendita all’asta in modo che le nuove banche vengano aggregate a gruppi italiani o esteri, permettendo in tempi stretti il recupero di buona parte dei fondi impiegati per il salvataggio. Favorevole il giudizio dei sindacati: la Fabi si augura per ò «che le banche in questione non vengano utilizzate come dei “laboratori” in cui sperimentare forme di deroghe al contratto nazionale». Tod’s compra Roger Vivier ma gli analisti si dividono sul prezzo Il marchio è in forte crescita valutazione a 2,8 volte i ricavi Decideranno le minoranze ©RIPRODUZIONE RISERVATA SARA BENNEWITZ DAL NOSTRO INVIATO ROBERTO MANIA IL PIANO I conti sono in rosso. Il piano di recupero al 2020 prevede 430 esuberi, la chiusura di 130 filiali e una ulteriore ricapitalizzazione ©RIPRODUZIONE
LA STAMPA (SU 17 EDIZIONI) IL SECOLO XIX (SU 5 EDIZIONI)
martedì 24 novembre 2015
I NOSTRI SOLDI – OPERAZIONE SALVATAGGIO – Soddisfatti i sindacati «Ora il rilancio degli istituti» I sindacati, Fabi e First- e Fisac- in testa, promuovono il salvataggio E ora chiedono il rilancio dei 4 istituti, senza ulteriori sacrifici per i lavoratori – Banche salve, Fondazioni in rosso I tre colossi anticipano 4 miliardi Sale il conto di Intesa, Unicredit e Ubi. Padoan: vicina la bad bank
ROMA . Anno tenuto aperto il portone, ripulite e rinnovate, le quattro banche salvate in extremis grazie al decreto domenicale del governo. Nuova Banca delle Marche da ieri mattina dispone di un capitale fresco di 1 miliardo, Nuova Banca Etruria di 400 milioni, Nuova Carife di 200 e Nuova Carichieti di 100. Il capitale delle quattro nuove entità, le cui attività sono diverse da quelle dei crediti in sofferenza (confluiti nella bad bank unica e svalutati da 8,5 a 1,5 miliardi), è stato ricostituito in misura pari a circa il 9% dell’attivo ponderato per il rischio. «Dalle zone basse a quelle alte della classifica, quasi in zona Uefa», scrivono ai dipendenti dell’istituto marchigiano il presidente Roberto Nicastro e il neo ad Luciano Goffi per annunciare il nuovo corso, «un male minore» non esente da sacrifici. Sì, PERCHÉ il salvataggio da 3,6 miliardi non ha toccato lo Stato (cioè i contribuenti), correntisti e i detentori delle obbligazioni senior dei quattro istituti, ma ha lasciato a bocca asciutta i possessori di obbligazioni subordinate e gli azionisti, quali si sono visti azzerare le proprie partecipazioni. Risveglio amaro, dunque, come per lo jesino Walter Darini, primo azionista Banca Marche, in un colpo solo ha visto polverizzarsi 20 milioni di euro. Ma a rischiare grosso sono anche le Fondazioni che, nel volgere di un weekend, hanno perso un patrimonio di 575 milioni. La Fondazione Cassa di Pesaro dovrà cancellare dal bilancio 94,67 milioni, la Fondazione di Macerata 80,22 e quella di Jesi 48,8 Sopravvivenza a rischio per Fondazione di Ferrara, che si vede azzerare una partecipazione da 72,4 milioni nel bilancio chiuso con un disavanzo di 17 milioni e un patrimonio di soli 55. Non va meglio per Chieti che, con un patrimonio di 89,2 milioni, ne vede sfumare 77,1 E poi ha pagato il sistema bancario nel suo complesso. «L’onere pesa ma non ci preoccupa», sottolinea il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, che ieri ha riunito il comitato di presidenza per valutare gli aspetti tecnico- dell’operazione di risoluzione, messa a punto da Bankitalia e Mef con l’ok di Bruxelles. a margine della presentazione del suo libro a Bologna, punta il dito contro «i governi passati che non sono intervenuti prima per collaborare e sostenere le banche a differenza di altri Paesi». Risultato: un salvataggio molto più oneroso. L’impegno di Ubi, Intesa e Unicredit, in termini di affidamenti al Fondo di risoluzione per permettergli di intervenire direttamente, è di 1,3 miliardi ciascuna. Poi ci sono i contributi diretti al Fondo da parte di tutte le banche (spa e popolari), in particolare ulteriori 300 milioni per Unicredit, 470 per Intesa, 91 per Ubi. Un impegno attenuato da alcune agevolazioni fiscali: le Dta (imposte differite attive) presenti nei bilanci delle vecchie banche potranno essere trasformate in crediti di imposta per le nuove e, inoltre, contributi al Fondo di risoluzione saranno deducibili ai fini Ires. MENTRE i listini europei chiudono in rosso, Piazza Affari brinda ai salvataggi con i titoli bancari che trainano il Ftse Mib su dello 0,70 Nel frattempo, schiarite in vista sul fronte delle sofferenze bancarie: «Nessun problema con l’Ue assicura il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Anzi, «siamo alla fase finale delle condizioni tecniche, della definizione di meccanismi di prezzo ‘ombra’ per far partire le transazioni». Poiché un mercato specializzato sui crediti deteriorari in Italia non c’è una bad bank di sistema è lo scatto decisivo.
LA STAMPA (SU 17 EDIZIONI) IL SECOLO XIX (SU 5 EDIZIONI)
martedì 24 novembre 2015
Ok il salvataggio da 3,6 miliardi – E Padoan rilancia sulla bad-bank – Il ministro: alle fasi finali il progetto per risolvere il problema sofferenza
FRANCESCO SPINI
MILANO. Il successo dell’operazione con cui governo e Bankitalia nel giro di 48 ore hanno salvato quattro banche in dissesto – Banca Marche, Banca Etruria, la Cassa di Risparmio di Ferrara e quella di Chieti, ora tutte rinominate con l’aggettivo «nuova» – induce l’esecutivo a rilanciare sul progetto «bad bank» per risolvere il problema delle sofferenze. Una montagna da 200 miliardi che grava sui bilanci del sistema del credito. «Con Bruxelles non c’è nessun problema – ha spiegato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – ormai siamo alla fase finale in cui si affrontano le condizioni tecniche, la definizione del meccanismo di “prezzo ombra” che permette di far partire le transazioni». Con la direzione generale Concorrenza della Commissione, ha assicurato il ministro, «abbiamo un rapporto molto, molto costruttivo come ha dimostrato la preparazione dell’operazione per le 4 banche decisa ieri e quindi siamo molto fiduciosi che anche su questa questione andremo avanti».
L’ok per la borsa
L’attenzione ieri, è rimasta concentrata, sull’operazione da 3,6 miliardi portata a termine col fondo di risoluzione. La creazione in poche ore delle 4 «banche ponte» della «bad bank» in cui saranno segregati gli 8,5 miliardi (via via svalutati fino a 1,5 miliardi) crediti deteriorati delle banche salvate ha galvanizzato anche Piazza Affari, dove era quotata solo la vecchia Etruria (sospesa da tempo). Il settore è stato premiato soprattutto con Popolare di Milano (+2,62 Credito Emiliano (+2,47 Pop Emilia Romagna (+2,40 e Monte dei Paschi (+2,28).
Il conto per i salvatori
Un salvataggio «positivo», lo ha definito il presidente dell’Abi Antonio Patuelli. «Gravando per oltre 2 miliardi sulle banche italiane, chiaramente va nelle poste dei costi del conto economico», ha detto. Una prospettiva che «non ci preoccupa ma ci pesa. Nel senso che è un ingente onere che si assomma ai costi della crisi». Le banche contribuiranno al fondo di risoluzione per 2,35 miliardi. Gli oneri maggiori graveranno sulle big»: Intesa Sanpaolo (475 mi- e Unicredit (300 milioni). Insieme con Ubi Banca, Intesa e Unicredit con un prestito hanno anticipato al fondo poco meno di 4 miliardi euro, somma che include un cuscinetto di liquidità oltre ai 3,6 miliardi di costo dell’operazione che è suddivisa in tre affidamenti da 1,33 miliardi.
Il ruolo della Cdp
C’è un ruolo anche per la Cassa Depositi e Prestiti che garantisce in caso di incapienza del fondo la restituzione alle tre banche di circa 1,65 miliardi, ossia il denaro eccedente le contribuzioni degli istituti. Ipotesi remota, quella di un intervento della Cdp: il fondo conta di recuperare denaro dalla vendita delle 4 nuove banche- dei «gioiellini» dopo la radicale ri- con la gestione attiva dei crediti dubbi della «bad bank» che – oltre a essere stati abbondantemente svalutati – per oltre il 50% sono assistiti da garanzie immobiliari.
I dolori degli azionisti
Nel salvataggio i vecchi azionisti non hanno avuto scampo. L’azzeramento del capitale di Banca Marche, per esempio, ha mandato in fumo 245 milioni di patrimonio diviso tra le fondazioni di Pesaro, Macerata e Jesi. lavoratori? sindacati del credito – Fabi, Fisac Cgil, First Cisl e Uilca – commentano positivamente il salvataggio. «Ai nuovi amministratori degli istituti chiediamo di non imporre ulteriori sacrifici ai dipendenti», ha detto il leader Fabi, Lando Sileoni. Secondo il presidente dell’Abi Patuelli ora non ci sono altre crisi urgenti da risolvere. Né considera essenziali le fusioni tra popolari. riforma «impone la trasformazione in Spa, ma non le aggregazioni». Perfino Mps potrebbe evitare le nozze se «la ripresa dovesse cambiare il quadro in cui erano state prese certe decisioni».
IL GIORNALE martedì 24 novembre 2015
E adesso scatta il risiko sugli istituti salvati – La Cassa depositi e prestiti garantirà i finanziamenti. Patuelli: «Aggregazioni, nessuna fretta
MASSIMO RESTELLI
C’è anche il timbro della Cassa depositi e prestiti nel piano ordito da Bankitalia e dal Tesoro per salvare Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti obbligando l’intera industria del credito a «pompare» denaro nel Fondo di risoluzione. La Cdp garantisce infatti, ma solo nel caso (remoto) d’incapienza gli 1,65 miliardi di finanziamenti a 18 mesi eccedenti la «rata» quadriennale (2,35 miliardi) che devono versare tutte le banche aderenti all’Abi Per Intesa Sanpaolo, che con Unicredit e Ubi ha firmato il prestito ponte da 3,9 miliardi, partecipare al salvataggio dei 4 istituti decotti costa 475 milioni di oneri. Per Unicredit, la cifra è di 300 milioni, per Ubi 91 milioni. terzetto eroga 2,35 miliardi a breve termine (780 milioni a testa) 1,65 miliardi a lungo (550 milioni). Scansato il bail- e riportate le aziende in bonis, pu ò partire la caccia al compratore per le «nuove» Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti Si scommette sull’interesse della stessa Ubi e di Cariparma. L’Abi di Antonio Patuelli, rimarcati «i grandi e assai onerosi» sforzi profusi dalle banche nel salvataggio, insiste sull’« delle norme» in Europa. Il riferimento implicito è allo svantaggioso trattamento dei crediti di imposta, su cui l’Abi ha già ottenuto una prima vittoria con l’erario Il decreto legge licenziato domenica dal governo Renzi (articolo 3 comma 1 e 4) prevede infatti il trasferimento delle plusvalenze attive, convertite in un crediti di imposta, dalle vecchie alle nuove banche. Un precedente importante, così come la nascita della bad bank per ripulire i quattro istituti ex commissariati potrebbe diventare l’anticamera di quella chiamata a smaltire i 200 miliardi di sofferenze lorde dell’intero sistema. Lo stesso Patuelli è comunque convinto che, risolta l’urgenza dell’Etruria & C, non ci siano altri diktat per l’industria né dal punto di vista delle finora disattese nozze tra le Popolari dopo la riforma Renzi né per Mps. «Sulle aggregazioni nulla è precluso e nulla è imposto», ha detto Patuelli rimarcando che non c’è necessità di altre azioni di salvataggio né esiste alcun “piano regolatore”». Non solo: la stessa situazione di Mps, a cui la Bce ha chiesto di andare all’altare potrebbe migliorare con la ripresa dell’economia Per l’intero sistema, ha detto il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, resta comunque il problema di aumentare la redditività del settore e i sindacati, con la Fabi di Lando Sileoni, hanno già messo le mani avanti sul rischio di ulteriori tagli. impieghi complessivi cresceranno comunque meno dell’ mentre per una vera svolta sulle sofferenze si dovrà attendere il 2017. Patuelli prevede, invece, «un aumento» entro dicembre delle cessioni dei crediti deteriorati.
LIBERO MERCATO martedì 24 novembre 2015
Il primo Bail-in ne bastona 100 – Il salvataggio di Banca Etruria, Marche, Chieti e Carife anticipa per metà le norme Ue. Migliaia di azionisti e obbligazionisti lasciano sul terreno 700 milioni. Unicredit, Intesa e Ubi recupereranno il 27,5 % di sgravio Ires. Niente soldi per i futuri crac
FRANCESCO DE DOMINICIS
– Non è un’operazione di fronte alla quale togliersi il cappello, ma è il solito pasticcio all’italiana Forse il male Il salvataggio di Banca Marche, Carife è stato messo a punto dai gruppi bancarie dalla Banca d’Italia Sul tavolo del governo, domenica, è arrivato un pacchetto a scatola chiusa, solo per dare l’ok a un decreto necessario a rendere utilizzabili, in anticipo rispetto al 2016, le regole Ue sulla risoluzione delle crisi bancarie. La soluzione prevede la creazione di una bad bank per di oltre l’ %) e di quattro banche fresche (avranno il vecchio nome, preceduto da «Nuova») operative da ieri. Ma ecco alcuni aspetti di rilievo. 1) Il paracadute aperto ieri è di fatto il primo caso di b in in Non è che il meccanismo «interno» di salvataggio delle banche: di euro), in linea con le nuove norme Ue, sono azionisti e possessori di obbligazioni subordinate investitori); mentre non è previsto un sacrificio per i bond «normali» né per i conti correnti con saldo superiore a 100 euro. 2) Le banche non sono diventate filantropiche all’improvviso Nessun atto di generosità, ma solo calcoli di convenienza: il quadruplo fallimento degli istituti avrebbe costretto il resto del sistema finanziario a garantire, così come previsto per legge, i depositi fino a 100 euro. sarebbe stato un bagno di sangue: in ballo c’erano oltre 12 miliardi di euro, molto meno rispetto ai 3,6 miliardi complessivi versati a partire di di Bankitalia. Il «sì» dei banchieri, dunque, è arrivato da un lato guardando al risparmio miliardi), guardando al terremoto, sul versante della fiducia, che sarebbe stato cagionato dal default: Obiettivo: evitare la corsa agli sportelli. 3) Il piano di salvataggio ha un impatto negativo sui conti pubblici (nonostante il «verbo» di palazzo Chigi): gli istituti recuperano sotto forma di sgravi Ires una parte dei 3,6 miliardi di girati via L’aliquota per la defiscalizzazione è pari al 27,5 %. Ne consegue che quest’anno lo Stato incasserà meno Ires per 990 milioni. Ma il governo non avrebbe dovuto individuare coperture finanziarie ? Mettiamola così: l’ammontare esatto dei versamenti non è stato definito nel provvedimento dell’esecutivo (anche già e Chigi hanno fatto finta di non accorgersi (tant che nel decreto non si menzionano gli apporti finanziari precisi, citati solo in un comunicato stampa di Bankitalia). fine anno, si tireranno le somme: ma è certo è un «buco» da 1 miliardo. 4) Spuntano aiuti di Stato, sotto forma di garanzia pubblica. Lo dice ufficialmente una nota della Commissione Ue che ha comunque avallato il sussidio: «Il beneficio connesso a garanzia è 400 milioni ulteriore supporto del fondo risoluzione. Tali di aiuti di Stato ai sensi delle norme europee sugli aiuti di stato». Comprese le minori entrate Ires, le risorse pubbliche ammontano a 1,4 miliardi. 5) Il futuro è al buio e senza scudi. 3,6 miliardi sono stati chiesti dei contributi (3 o 4 anni). Vuol dire che il Fondo di risoluzione ha bruciato risorse future. se una banca sarà vicina al fallimento l’anno prossimo ? Serviranno versamenti extra. 6) manovra, concertata in quattro giorni di negoziati segreti tra banchieri e regolatori col silenzio del governo, mortifica il mercato. twitter@DeDominicisF
IL CENTRO (SU 6 EDIZIONI) martedì 24 novembre 2015
La Fabi: si indaghi sulla possibilità di illeciti commessi in passato
CHIETI. «Consideriamo positivo l’intervento del Governo, oltre a quello di Intesa, Unicredit e Ubi, per risolvere l’impasse delle quattro banche in crisi: Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti. Ai nuovi amministratori degli istituti, designati oggi dalla Banca d’Italia chiediamo di non imporre ulteriori sacrifici ai dipendenti e che le banche in questione non vengano utilizzate come dei “laboratori” in cui sperimentare forme di deroghe al contratto nazionale, che noi non accetteremo e contrasteremo con tutti i mezzi». Lo dichiara Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. giudizio di Sileoni i lavoratori del comparto bancario «si stanno già facendo carico da tempo del risanamento degli istituti con le giornate di solidarietà e i prepensionamenti, negoziati su base volontaria e incentivata grazie agli accordi con i sindacati aziendali». Il segretario generale della Fai anche se considera positivo l’intervento del governo per mettere in salvo le banche in crisi auspica «l’intervento della magistratura per garantire la necessaria chiarezza sulle gestioni passate delle quattro banche istituti e siamo convinti che la stessa Bankitalia e i suoi commissari agiranno con la massima trasparenza e nell’interesse collettivo per segnalare alle autorità giudiziarie eventuali illeciti commessi dalle precedenti gestioni».
IL CENTRO (SU 6 EDIZIONI) martedì 24 novembre 2015
Sindacati: sugli esuberi la trattativa è ancora lunga – Il dubbio delle associazioni: il pre accordo raggiunto resta valido? La trattativa riprende oggi con il primo incontro del nuovo corso
«Siamo tutti un po’ più tranquilli». La frase del sindacalista della Fiba Cisl, Claudio Bellini, riassume il clima che si vive all’indomani del salvataggio della banca tra i sindacati che stanno portando avanti la delicata trattativa sugli esuberi in Carichieti. Caduta la spada di Damocle delle nuove regole in vigore dal primo gennaio (con la direttiva del Bail in che chiama i correntisti con depositi superiori a 100 mila euro a partecipare al risanamento della banca), si tira un sospiro di sollievo anche per quanto riguarda i tempi della trattativa. Sforare nel 2016 ora non è più un problema. Ci ò nonostante, sono molti ancora i nodi da sciogliere. «Si apre un nuovo momento storico che dovremo gestire comunque con attenzione altissima», dice Antonella Sboro sindacalista della Fabi, «il contesto si è sviluppato in una maniera veloce, è necessario dunque fare approfondimenti legislativi». Se è vero che i due commissari inviati da Banca d’Italia sono decaduti, è anche vero, per ò, che uno dei due, Salvatore Immordino, rimane in qualità di amministratore delegato della nuova banca e, dunque, anche con molti più poteri rispetto al passato. Si era partiti da quel 2 settembre scorso quando ai sindacati arriv ò una comunicazione ufficiale da parte della struttura commissariale che parlava di 135 esuberi sui circa 600 dipendenti. Numeri che sono tuttora al vaglio della trattativa, che dopo i primi momenti di difficoltà si era comunque incardinata sui binari giusti, arrivando a un decisivo pre- Ma ora, cambiamenti avvenuti, quell’intesa importantissima perché fissava le basi per l’accordo finale, è ancora valida? Gli stessi sindacati non riescono a dare una risposta. «La questione è di tipo giuridica», risponde Francesco Trivelli, Fisac Cgil, «abbiamo già allertato la nostra struttura nazionale perché ci aiuti a dirimere la questione. Intanto possiamo lavorare con un po’ più di serenità, sebbene la strada da fare sia ancora molta. Non abbiamo più la scadenza del 31 dicembre, sebbene prima risolviamo la questione esuberi e prima rimettiamo la banca sul mercato. Non dimentichiamo che in 18 mesi deve poter camminare da sola». I sindacati, che sin dall’inizio hanno sempre lavorato per cercare di evitare allarmismi, adesso inviano anche messaggi rassicuranti ai risparmiatori: «Con questa operazione», dice Alessandro Roselli della Uilca, classici depositanti, titolari di conto corrente, sono del tutto tutelati. Ci sarà solo un piccolo sacrificio richiesto ai titolari di alcune obbligazioni subordinate. Ma si tratta di percentuale ridottissima». Intanto la trattativa sindacale riprendere oggi pomeriggio con una riunione già convocata in Carichieti alla Colonnetta. La data ultima era stata fissata al primo dicembre. Data che, per ò, pu ò anche slittare un po’ più avanti, sebbene Immordino abbia fatto capire che preferirebbe mantenere il limite del primo dicembre. (a.i.)
IL MESSAGGERO ABRUZZO (SU 3 EDIZIONI) martedì 24 novembre 2015
Carichieti, la beffa per 400 risparmiatori – `Il Salva-Banche ordina di azzerare le obbligazioni subordinate Via Colonnetta aveva emesso bond per 25 milioni di euro – In fumo anche le azioni della Fondazione. sindacati ora temono i ricorsi: «Tutelare i colleghi nei confronti dei clienti» – IL DISTINGUO DELLA SBORO (FABI) «NON AMMETTEREMO ULTERIORI SACRIFICI A CARICO DEI LAVORATORI
Il commissario uscente di Carichieti, Salvatore Immordino, è stato nominato dalla Banca d’Italia amministratore delegato della Nuova Carichieti, nata dalle ceneri dell’istituto dopo il piano di salvataggio. Presidente è Roberto Nicastro, che ricopre la stessa carica presso gli altri istituti di credito salvati (Banca delle Marche, Popolare dell’Etruria e Cariferrara). L’altro componente del consiglio di amministrazione è Maria Pierdicchi, ex responsabile S& Italia. Entrano a far parte del Collegio sindacale della banca, invece, Paola Leone (presidente), Leonardo Patroni Griffi e Maria Teresa Bianchi. PAGA PER L’OPERAZIONE Chi paga per l’intera operazione? In primo luogo, non paga il contribuente e il carico finanziario ricade in prevalenza sul complesso del sistema bancario italiano. Sono salvi depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie. Una parte dell’onere tuttavia, viene posto innanzitutto a carico degli azionisti e dei titolari delle obbligazioni subordinate. una disposizione Ue recepita da Banca d’Italia Nel caso di Carichieti, una quota di 7,5 milioni di euro è andata già persa, mentre un’altra di circa 17- mili
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