FUSIONI E BANCA HUB, LA FABI SULLA STAMPA
Grande partecipazione al convegno FABI di Milano. Sileoni presenta il suo nuovo modello di banca e pone il diktat sulla fusione Banco-BPM: “Vogliamo garanzie”. Leggi i servizi su tutti i quotidiani locali e nazionali
IL SOLE 24 ORE sabato 13 febbraio 2016
Popolari. Colloqui in dirittura ma da Sileoni arriva l’altolà sul destino di Piazza Meda
Banco-Bpm, rush per chiudere il 21 Fabi in pressing: «Vogliamo garanzie»
Le parti trattano, gli advisor approfondiscono, la Vigilanza chiede qualche chiarimento e la politica – come ha fatto ancora intendere chiaramente ieri il ministro Padoan – apprezza. Ma nell’affollatissimo cantiere della fusione tra Banco e Bpm, al momento l’unico nel panorama bancario europeo, anche il sindacato vuole avere un ruolo di primo piano. Minacciando una sorta di potere di veto, da esercitarsi – come accaduto in passato – in assemblea.
Lo ha ricordato, senza mezze parole, ieri il segretario della Fabi, Lando Sileoni. «Noi non vogliamo andare all’assemblea per il rinnovo delle cariche ad aprile o a quella per la trasformazione in spa con una promessa verbale che avremo la Bpm spa autonoma per tre anni, sapendo che la promessa potrebbe essere smentita dalla Bce a cose fatte», ha detto Sileoni in occasione di un convegno organizzato a Milano per illustrare il «nuovo modello di banca» targato Fabi (si veda l’altro articolo a pagina 14).
Con i ceo dei principali gruppi bancari italiani si sono affrontati i temi della vigilanza, delle nuove regole sul capitale e della gestione dei crediti deteriorati. Senonché, quando sul palco sono saliti i ceo del Banco, Pier Francesco Saviotti, e quello di Bpm, Giuseppe Castagna, non si è potuto non parlare dei preparativi per le nozze. Che, come emerso nei giorni scorsi, richiederanno qualche giorno in più del previsto: «Ci vuole ancora un po’ di tempo ma sono fiducioso», ha dichiarato ieri il manager, aggiungendo che la firma potrebbe avvere «nel prossimo weekend, speriamo». Diversamente si scivolerà avanti di qualche altro giorno, ma in ogni caso, per la fusione tra le due popolari «non ci saranno tempi biblici, anche perché restare sul mercato con queste condizioni di volatilità obiettivamente è un rischio». Dall’incontro di mercoledì in Bce i vertici dei due istituti sono tornati con alcuni compiti a casa, infatti la Vigilanza avrebbe chiesto qualche informazione in più rispetto alla governance che dovrà avere la nuova banca ma anche al piano industriale, con particolare attenzione al tema della gestione delle sofferenze, che in ogni caso non dovrebbero avere impatti sul capitale visto che Saviotti ha escluso ogni possibilità di aumento. Castagna dal canto suo ha escluso che la Vigilanza abbia posto dei «paletti» alle due banche, e ha ricordato che «non si pu ò mettere fretta e ci vuole rispetto, non dipende solo dalla volontà delle due parti che stanno dimostrando di voler andare avanti».
E qui si è inserito Sileoni. Che ha chiesto dettagli sul destino della Bpm una volta che sarà costituito il bancone: la risposta, visto il momento, è stata parziale, e così il numero uno della Fabi ha incalzato il ceo di Bpm («Tu sei entrato in Bpm perché le quattro organizzazioni sindacali ti hanno messo lì tramite Giarda»), annunciando che «noi non vogliamo andare all’assemblea per il rinnovo delle cariche ad aprile o a quella per la trasformazione in spa con una promessa verbale che avremo la Bpm spa autonoma per tre anni, sapendo che la promessa potrebbe essere smentita dalla Bce a cose fatte». Senza scomporsi, Castagna ha risposto che «quando si arriverà al voto si avranno tutti gli elementi per decidere se dire sì o no», dunque non c’è alcuna rottura, nonostante l’uscita di Sileoni sia parsa “sopra le righe” ad alcuni degli ospiti presenti ieri al convegno Fabi.
Certo i passaggi assembleari non andranno sottovalutati, al Banco ma soprattutto in Bpm, dove i quasi 8mila dipendenti iscritti ai sindacati (di cui 2mila alla Fabi) tradizionalmente fanno sentire il proprio peso quando c’è da andare alle urne. Ad oggi i sindacati non paiono aprioristicamente contrari alla fusione con il Banco, ma chiedono che la Bpm non venga relegata al ruolo di mera banca rete (e di fatto svuotata dei principali poteri), e anche di poter decidere della fusione stessa, magari attraverso un voto unico che veda i soci della popolare esprimersi contestualmente sulla trasformazione in Spa e sulla fusione con il Banco. Questioni di forma ma anche di “politica assembleare”, che verranno chiarite nelle prossime settimane. Certo «l’autorizzazione della Bce» sarà necessaria, come ha ricordato Saviotti, e di qui alla firma di un primo memorandum non sono previste altre trasferte a Francoforte.
Intanto ieri, mentre la Borsa ha premiato sia il Banco Popolare (+11,4%) che Bpm (+8,3%) in una seduta euforica, Piazza Mesa ha annunciato di aver chiuso il contratto con Standard & Poor’s sui rating: Bpm continuerà a ricevere il rating da Moody’s e Fitch. .@marcoferrando77 © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Ferrando
MF-MILANO FINANZA sabato 13 febbraio 2016
RISIKO POPOLARI Sileoni chiede come condizione che Pop Milano conservi l’autonomia per tre anni nel nuovo gruppo. Gli ad Castagna e Saviotti fiduciosi. Annuncio in tempi brevi Bpm- aut aut della Fabi
di Luca Gualtieri
La fusione tra la Banca Popolare di Milano e il Banco Popolare potrebbe essere annunciata a giorni, auspicabilmente entro la fine della prossima settimana. scaldare il clima attorno alla prima partita del risiko bancario ci ha pensato venerdì 12 il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, nel corso di un convegno sul nuovo modello di banca. «L’autonomia della Bpm spa per tre anni è la condizione per la nostra adesione al progetto, altrimenti cambia tutto», ha dichiarato Sileoni incalzando l’amministratore delegato di Bpm Giuseppe Castagna durante una tavola rotonda. «Tu sei il nostro portatore di interesse dentro la Bpm e noi vogliamo essere tutelati», ha aggiunto il sindacalista. Castagna comunque ha rassicurato la platea: «Nel progetto
di fusione è chiaro il desiderio che la Bpm spa resti per un certo periodo di tempo con la sua identità. Questo è il progetto che abbiamo presentato». Anche l’amministratore delegato del Banco, Pier Francesco Saviotti, si è detto ottimista sulla trattativa: «Stiamo lavorando per chiudere. Potremmo farcela entro il prossimo fine settimana». Saviotti ha comunque escluso con forza un ricorso al mercato: «Non ci sarà mai un aumento di capitale per questa operazione». Durante il convegno la Fabi ha presentato un nuovo modello di banca più vicino alle economie dei territori e alla clientela. Al convegno hanno partecipato i ceo Federico Ghizzoni (Unicredit), Fabrizio Viola (Mps), Victor Massiah (Ubi) e Alessandro Vandelli (Bper). (riproduzione riservata)
LA REPUBBLICA sabato 13 febbraio 2016
Dopo il no di Ubi il titolo Mps cede Viola:” si rabbia”
ANDREA GRECO
MILANO. Le nozze di Mps, troppo rinviate, tengono in tensione i banchieri italiani e i loro investitori. Ieri l’azione senese ha aperto a -11% mentre il settore rimbalzava, e chiuso giù del 5,2 a 0,459 euro, per una capitalizzazione di 1,34 miliardi. Solo negli ultimi due anni la banca miliardi ne ha chiesti 8 ai soci. Ieri la Borsa vendeva per la presa di distanza di giovedì sera dell’ad di Ubi, Victor Massiah: «Escludo un merger in questo momento con Mps, non ci sono le condizioni». La banca di Bergamo e Brescia è considerata da un anno il possibile cavaliere bianco di Siena, per questo ha pagato un dazio pesante sul mercato nel 2016. A Rocca Salimbeni si continua a vivere in trincea. Ieri l’ad Fabrizio Viola, invitato a un convegno della Fabi, è sbottato: «Questo comportamento dei mercati mi disturba parecchio. Il mio stato d’animo più che depresso è arrabbiato, soprattutto dopo quattro anni di intenso lavoro per riportare in salute la terza banca del paese, posizione in cui Mps deve stare». Ma l’orgoglio ormai serve a poco. La banca, malgrado conti 2015 migliori delle attese, è vittima di attacchi quotidiani sui listini, che sfilacciano il valore delle sue 2.250 agenzie: la rete che sul territorio dovrebbe “pescare” denaro, per ò da gennaio ha perso acqua, complici i cali su azioni e bond nel contesto di panico. Dal maggio scorso – quando si seppe che la Bce autorizzava la ricapitalizzazione e il rimborso dei Monti bond solo a condizione che Mps trovasse presto un partner solido entro cui annacquare 25 miliardi di sofferenze creditizie senesi, con l’aiuto di Ubs e Citi, hanno cercato ovunque compratori. Nessuno ha risposto fino a gennaio, quando il clima s’era fatto cupo. A quel punto c’era stata l’idea della fusione a tre con Bpm e Ubi, cullata dal Tesoro (che a Siena è socio col 4%, residuo dei frutti del prestito pubblico). leader dei due compratori, Giuseppe Castagna e Massiah, il 27 gennaio ne avevano parlato col ministro Pier Carlo Padoan (anche se il primo era recalcitrante). Anche i responsabili nazionali dei sindacati Fisac Cgil e Fabi avevano definito, sempre con Padoan, i dettagli sulle eccedenze di personale (la stima su Mps era a 4mila Si dice dietro le quinte che tutto sia svanito per il colpo di coda del Banco popolare, che ha fatto leva sul sindaco di Verona Flavio Tosi, per convincere Matteo Renzi che il progetto a tre non si doveva fare. saltato per un calcolo politico», dice un negoziatore. Tosi, passato dalla Lega Nord a Fare!, ha una dote di 3 senatori e 4 deputati, che alla bisogna possono far comodo al governo del Pd. Da lì la bussola del risiko è tornata a puntare sulle nozze tra Milano e Verona: si attende l’annuncio a giorni. Ubi sdegnosa è tornata al suo Aventino: «Massiah ora aspetta che il governo lo richiami – rivela un banchiere – magari con qualche misura che possa agevolare un suo ritorno su Siena». Intanto il tempo passa, e Mps scende. Martedì Carlo Messina, leader di Intesa Sanpaolo, s’è spinto a dire a un pugno di investitori a Londra che Mps potrebbe comprarlo la Cassa depositi. Ipotesi suggestiva, benché ardita per gli impatti su conti pubblici e rispetto delle norme Ue sui salvataggi bancari privati. Forse il banchiere più “solido” d’Italia voleva rassicurare i fondi esteri che Intesa Sanpaolo non farà il salvatore di ultima istanza a Siena; scenario smentito più volte da Messina. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
CORRIERE DELLA SERA sabato 13 febbraio 2016
La proposta La Fabi lancia il nuovo modello di «banca hub»
Una «banca hub» che sia vicina a imprese e al territorio, riporti la gente allo sportello per far crescere i ricavi e crei nuova occupazione puntando su servizi di consulenza. E subito un codice etico del risparmio. è il nuovo modello di banca «al servizio del Paese» studiato dalla Fabi, il principale sindacato dei bancari, che ieri ha presentato a Milano il progetto elaborato in collaborazione con un team di analisti finanziari. «L’attuale modello di banca ha espulso 68 mila lavoratori e prodotto oltre 200 miliardi di sofferenze», in buona parte determinate dai «grandi prenditori: sono 5.834 soggetti, la maggior parte concentrati a Nord del Paese e 570, o buona parte di essi, sono il risultato del cosiddetto capitalismo di salotto e di relazione», ha denunciato Sileoni parlando davanti al gotha del sistema bancario. Per la Fabi serve discontinuità: «Dobbiamo ragionare in un’ottica di lungo medio termine e non di corto respiro, come oggi, senza trascurare il guadagno dell’azionista. Va riportata gente allo sportello, anche in presenza della cosidetta banca online, facendo crescere i ricavi e creando così le condizioni per mantenere e aumentare i livelli occupazionali». La «banca hub» pensata dalla Fabi è caratterizzata da nuovi prodotti e una molteplicità dei servizi di consulenza, finanziaria e fiscale, tecnologica e gestionale, in grado di recuperare attività già esternalizzate. «Le nuove tecnologie devono essere un volano di sviluppo della filiale e non un “killer” dell’occupazione». © RIPRODUZIONE RISERVATA
LIBERO sabato 13 febbraio 2016
Draghi benedice Banco e Bpm – Il matrimonio entro sette giorni – Dopo il via libera della Bce le nozze tra le due Popolari sono in discesa – Smentite le voci sull’aumento di capitale. titoli corrono in Borsa
NINO SUNSERI
In dirittura d’arrivo le nozze fra Banco Popolare e Bpm. via arrivare la settimana. Soprattutto ora che sembra essere arrivato anche il disco verde della Bce. «Siamo vicini», detto il consigliere delegato del Banco, Pier Francesco Saviotti, margine di un convegno organizzato dalla Fabi. sono ancora delle cose che devono andare a posto», ha aggiunto, «ma stiamo lavorando per chiudere e sono fiducioso». «Non ci un per questa ha proseguito, smentendo le voci secondo cui Draghi avrebbe chiesto ai soci di mettere mano al portafoglio in vista fusione. La indicazione è arrivata dal numero uno della Pop. Milano, Giuseppe Castagna: «No», ha ri seccamente a quanti chiedevano se ci sarà un aumento. Castagna ha poi voluto precisare che sulla fusione «non c’è ha spiegato, rispondendo alle domande sui tempi della convocazione dei consigli per il via libera all’aggregazione Castagna non ha fatto commenti sulle indiscrezioni riguardanti la Bce: «Non so come siano uscite fuori, diamo tempo e si è limitato a spiegare, in che sulla della futura banca «dalla indicazione precisa». «Abbiamo presentato l’operazione quello che ho detto al mercato l’ho detto anche alla Bce», ha puntualizzato il banchiere, aggiungendo che per il momento, non sono in programma altri incontri a Francoforte. «Avremmo preferito mercati più tranquilli, ma stiamo andando avanti. Non si pu ò mettere fretta perché l’operazione non dipende solo dalla volontà delle due parti, che dimostrando di Queste notizie hanno messo le al ai titoli: il Banco ha guadagnato l’ % a 7,1 euro. Popolare Milano l’ % a 0,63 euro. Nel frattempo, tra la banca popolare dell’Emilia Romagna da un lato e il Credito Valtellinese e la Popolare di Sondrio «ci sono messaggi natura e stima, tutto deve ancora svilupparsi». dirlo l’amministratore delegato dell’istituto Alessandro Vandelli, sempre a margine del convegno Fabi. Vandelli ha sottolineato che «i mercati questi buon per facilitare dialoghi e confronti», perché «c’è una schizofrenia che molto In deciso rialzo il titolo B salito dell’ % a 4,1 euro, il Creval cresce dell’ % a 0,61 euro, la Popolare di Sondrio del 5 % % a quota 3,1 euro.
LA STAMPA sabato 13 febbraio 2016
La fusione – Banco-Bpm, diktat Fabi sull’autonomia della Milano
FRANCESCO SPINI
MILANO. «Siamo vicini, sono convinto che in tempi brevi troveremo la quadra per formare un gruppo rilevante per il Paese». Pier Francesco Saviotti, ad del Banco Popolare, conta di annunciare la fusione con la Popolare di Milano «entro fine mese», probabilmente il prossimo fine settimana. Prima andranno sciolti alcuni nodi evidenziati dalla Vigilanza unica della Bce. In primo luogo il nuovo gruppo dovrà alzare le coperture sui crediti deteriorati, non particolarmente alte. Ma, assicura Saviotti, «non ci sarà mai alcun aumento di capitale», né vendite di asset. Confortano gli indici di patrimonializzazione che, in teoria, oggi permetterebbero a Verona di addebitare a conto economico più di un miliardo senza causare problemi di capitale. Piuttosto in casa Bpm crescono le pressioni dei dipendenti- e quindi dei sindacati. Il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni – nel corso di un convegno in cui ha presentato un nuovo modello di banca – va dritto al punto: «Siamo gli “azionisti di riferimento” della Bpm», dice. «Non vogliamo andare in assemblea con una promessa virtuale» sull’autonomia della Bpm per almeno tre anni e con un proprio cda, col rischio «che poi potrà essere smentita dalla Bce ad assemblee celebrate: vogliamo essere tutelati». Giuseppe Castagna non si sbottona e Sileoni attacca: «Non ti devi mai dimenticare dice all’ad – che tu sei stato messo in Bpm perché le 4 organizzazioni sindacali tramite Giarda (presidente del consiglio di sorveglianza, ndr) ti hanno messo lì». In sala molti delegati sindacali di Bpm (e alcuni molti consiglieri di sorveglianza) applaudono. Castagna a questo punto spiega che le assemblee saranno due, «una per il rinnovo del consiglio del consiglio di sorveglianza e un’altra successiva anche alla delibera della Bce, perché sarà relativa al progetto di fusione e trasformazione in Spa: quando si voterà ci saranno tutti gli elementi per decidere». La fusione avverrà con il voto capitario. E l’indicazione dei sindacati alla «base» dei dipendenti sarà – ancora una volta – assai incisiva. Il fatto per ò che l’operazione sia ormai vicina spinge i titoli in Borsa: il Banco fa +11,48 Bpm +8,33 Non va così per il Monte dei Paschi (-5,20 dopo che l’ad di Ubi Victor Massiah conferma il no a fusioni: «Non ci sono le condizioni». Anche la Popolare Emilia Romagna frena su Creval e PopSondrio «Con loro dice l’ad Alessandro Vandelli – nessun dialogo aperto, ma solo messaggi preliminari».
L’ECO DI BERGAMO sabato 13 febbraio 2016
Massiah: in Borsa contano i fondamentali, non i «giochini» – Ma ieri il titolo è risalito del 10,3 – Il consigliere delegato ribadisce: «Nessun dossier aperto» – La fusione Banco Popolare- vede il traguardo. Al convegno Fabi il nuovo modello di banca
«L’andamento del titolo Ubi Banca in Borsa non mi preoccupa affatto. Più che l’andamento interessano i fondamentali della banca che sono solidi, il resto sono giochini». Così il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah, ieri a Milano al convegno della Fabi, incentrato sul «nuovo modello di banca al servizio del Paese», che ha visto la partecipazione di banchieri, sindacalisti ed esperti. Sul tema delle aggregazioni, poi, Massiah ha ribadito i concetti espressi già nei giorni scorsi: «Non abbiamo dossier aperti, ribadisco che le condizioni di mercato sono bizzarre. Noi siamo stati sempre molto pazienti». Intanto, ieri in Borsa il titolo Ubi, dopo i ribassi (in altalena con i rialzi) dei giorni scorsi, ha messo a segno un recupero del 10,3 a 3,2 euro. Anche gli altri bancari sono risaliti, con la sola eccezione del Monte dei Paschi che ha vissuto ancora una seduta negativa (-5,2 a 0,45 euro) a causa anche delle parole pronunciate l’altroieri da Massiah che hanno gelato il progetto di fusione: «Escludo in questo momento una fusione con Mps». Sempre a proposito di aggregazioni, l’a.d del Banco Popolare Pier Francesco Saviotti si è detto fiducioso di chiudere la fusione con la Bpm nel weekend del 20 febbraio: «Stiamo lavorando, siamo vicini, sono alcune cose da mettere a posto», ha detto. l’a.d di Bpm Giuseppe Castagna ha confermato: «Lavoriamo e andiamo avanti». consigli di Bpm e Banco Popolare delibereranno la fusione sulla base di documenti completi, soggetti solo alle autorizzazioni della Bce. Gli advisor sono al lavoro e, per arrivare a mettere
a punto nei dettagli l’operazione la prossima settimana riprenderanno i contatti con la Bce.
CORRIERE VENETO sabato 13 febbraio 2016
Banco-Bpm, sette giorni per chiudere l’accordo – Saviotti: «Pronti per il prossimo weekend»
VERONA Banco-Bpm, l’operazione si chiuderà il prossimo weekend. Lo ha confermato ieri l’amministratore delegato di piazza Nogara, Pierfrancesco Saviotti, a Milano, a margine di un convegno del sindacato autonomo dei bancari Fabi. «Speriamo nel prossimo weekend: stiamo lavorando per chiudere. Ci vuole ancora un po’ di tempo, ma sono fiducioso», ha risposto il manager del Banco a chi gli chiedeva dei tempi per chiudere. Escludendo invece convocazioni dei cda già questo fine settimana per il via libera al memorandum d’intesa con Milano: «è già venerdì… Siamo vicini, ma ci sono ancora un po’ di cose da sistemare».
E tuttavia il piano ha superato ormai il punto di non ritorno. Su questo la conferma è arrivata invece da Castagna, di fronte alla domanda se siano escluse piste alternative, ad iniziare sempre da Ubi: «Se stiamo andando avanti su questo filone questa è l’indicazione – è stata la replica -. Certo, avremo preferito mercati più tranquilli, ma stiamo andando avanti». Proprio la situazione di Borsa (ieri, in una giornata di quotazioni positive, il progetto di fusione ha rappresentato una spinta in più per i due istituti, con il Banco che ha guadagnato l’11,48%, a 7,18 euro, e Bpm l’8,33%, a 0,637) consiglia ora di accelerare: «Non avremo tempi biblici: rimanere sul mercato in queste condizioni di volatilità rappresenta obiettivamente un rischio», ha sostenuto Saviotti, che ha ripetuto che l’operazione non comporterà un aumento di capitale.
Il punto decisivo a questo punto pare essere il via libera di Bce. Anche sui fronti di dettaglio. Se i due manager hanno escluso «paletti» da Francoforte sulla governance dopo la visita di questa settimana, è chiaro i due cda devono deliberare la fusione sulla base di documenti completi,soggetti alle autorizzazioni della Bce. Per mettere a punto nei dettagli l’operazione, la prossima settimana riprenderanno i contatti con Francoforte, telefonici o, se necessario, con una nuova visita degli Ad delle due banche. L’idea è di varare le nozze il prossimo weekend ma i tempi potrebbero anche essere leggermente più lunghi. E uno degli elementi che appare sul tavolo nel confronto con Bce è l’autonomia della rete Bpm nei primi tre anni. © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’UNITA’ sabato 13 febbraio 2016
RISIKO – Nessun cavaliere bianco, Mps affonda in Borsa – Siena perde più del 5%: oggi vale 1,3 miliardi dopo due aumenti di capitale da 8
R.E.
Il mercato rimbalza ma per Monte dei Paschi di Siena non è così. Rocca Salimbeni vive, ancora e per l’ennesima volta, una seduta da brividi in Piazza Affari. Sul Monte (-5,2 a 0,45 euro) pesa senz’altro la porta in faccia da parte di Ubi banca. Se al recente Forex di Torino un’eventualità del genere poteva essere accarezzata da Siena, le parole di giovedì del Ceo dell’istituto bresciano, Victor Massiah hanno spezzato il sogno di una fusione. «Escludo un merger in questo momento» con Mps, «non ci sono le condizioni», sono state le parole del banchiere. Tuttavia, «nella vita sono abituato a non escludere niente e quindi non si sa mai. In questo momento, per ò, abbiamo deciso di concentrarci su noi stessi», spiegando poi in generale che Ubi ha «fatto dei colloqui» con le banche interessate al consolidamento, «abbiamo verificato se c’erano possibilità, queste ad oggi non ci sono e quindi andiamo avanti con tutta serenità». Il riferimento è ovviamente all’i di una fusione a tre con Mps e Bpm, tramontata in seguito all’accelerazione tra la Milano e il Banco Popolare che a giorni potrebbero arrivare ad un matrimonio. Dal Ceo di Mps, Fabrizio Viola non sono arrivati commenti sul tema. Semmai il banchiere è sembrato più turbato dall’andamento del titolo in Borsa dove ormai la banca senese capitalizza poco più di 1,3 miliardi di euro, nonostante i recenti aumenti di capitale (per un totale di 8 miliardi) in due anni. «Questo comportamento dei mercati mi disturba parecchio – ha detto Viola ad un convegno della Fabi a Milano – è uno stato d’animo che più che depresso è arrabbiato, soprattutto dopo quattro anni d’intenso di lavoro per riportare in salute la terza banca del Paese, posizione in cui deve stare». Nel frattempo il Monte, almeno su un versante pu ò stare tranquillo, al momento il Tesoro non ha intenzione di liberarsi della quota pari al 4,02 che detiene nell’istituto.
IL TEMPO sabato 13 febbraio 2016
Criticità Fusioni tra le Popolari ferme. Le Bcc attendono il testo della riforma – Padoan: banche italiane solide – Ma MontePaschi va ancora giù – I titoli bancari recuperano in Borsa. Siena perde lo «sposo» Ubi e fa -5,2 – Sileoni (Fabi) «Etruria promessa a tutti gli istituti Sono scappati»
Marco Valeri
Si attenua, ma non scompare, la tensione per il sistema bancario italiano. Dopo un avvio di settimana catastrofico, ieri i principali titoli bancari italiani hanno messo a segno il rimbalzo, portando Piazza Affari – la borsa europea che più aveva perso nelle ultime sedute – a guidare la carica dei rialzi tra i listini del vecchio continente. Ma la risalita non ha riguardato tutti. E se per Unipol, Unicredit, Itesa e Ubi sembra tornata la fiducia dei mercati, spicca l’andamento in controtendenza di Monte dei Paschi di Siena. Che, dopo il no alla fusione arrivato proprio da Ubi, vive l’ennesima débâcle e lascia sul terreno il 6%, sprofondando verso un valore di poco superiore ai 40 cent di euro per azione. Segnale di una sofferenza che sembra andare oltre la volatilità dei mercati, che si inserisce nel quadro di incertezza e precarietà che ancora sembra circondare il comparto bancario italiano. tenere alta la tensione, infatti, è ancora il risiko popolari, come ammette lo stesso Ministro per l’Economia Pier Carlo Padoan, dall’Ecofin di Bruxelles. «Oltre che per le turbolenze sui mercati – spiega – le banche italiane sono al centro dell’attenzione anche per i possibili merger, che noi come Governo guardiamo dal di fuori, con estremo interesse e positività». Il tentativo di gettare acqua sul fuoco, per ò, riesce solo in parte. Il progetto di riforma del Governo, che prevede la creazione di un nuovo gruppo unico che raccolga tutti gli istituti italiani del credito cooperativo, è infatti al centro delle polemiche. mentre il Governo incassa il sì della Bcc Roma – che per ò sottolinea di non voler aderire a qualsiasi progetto Banco Popolare decolla in borsa dopo l’annuncio del matrimonio con Bpm entro il 20 febbraio, crescono anche le difficoltà. E se sul piano politico i principali nodi da sciogliere per il Governo sono la scelta di inserire nella riforma delle Bcc una «way out» per chi supera la so- di 200 milioni di riserve con un tassazione forfetaria al 20% e l’ostilità alla riforma da parte della minoranza PD, Bersani in testa, sul fronte dell’economia reale iniziano ad emergere dubbi e difficoltà sulla possibilità e sull’opportunità di procedere alle aggregazioni. mercati di questi giorni non sono un buon lubrificante per facilitare dialoghi e confronti» necessari per le aggregazioni, spiega l’ad di Bper Alessandro Vandelli. nemmeno certi scandali, come sottolinea Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Fabi, Federazione Autonoma Bancari Italiani. «Banca Etruria si era promessa in sposa a tutti gli istituti bancari del Paese – spiega – ma tutti hanno preferito restare single: forse hanno avuto paura dei massoni?». Anche le principali associazioni di settore appaiono dubbiose sulle mosse del Governo. «La riforma delle banche di credito – spiega il Presidente di Federcasse Alessandro Azzi – è un passo avanti, si resta in attesa di vedere il testo del decreto per dare un giudizio». Rincara la dose Corrado Sforza Fogliani, Presidente di Assopopolari, che «è pronta ad accogliere le Bcc che non vogliono aderire alla holding prevista dalla riforma delle banche del credito cooperativo appena varata dal Governo». L’approccio del Governo, secondo il banchiere, «soffre di un vizio di fondo e cioè che le aggregazioni creino efficienza e solidità. Tesi ampiamente smentita dai fatti: laddove ci sono state fusioni e altre forme di aggregazione più che sinergie abbiamo visto diseconomie e problemi di organizzazione».
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
sabato 13 febbraio 2016
IL CASO – 1,3 MILIARDI DI CAPITALIZZAZIONE NONOSTANTE 8 MILIARDI DI AUMENTI IN QUATTRO ANNI – Sfuma la fusione con Ubi Mps scivola ancora in Borsa
Il mercato rimbalza ma per Monte dei Paschi di Siena non è così. Rocca Salimbeni vive, ancora e per l’ennesima volta, una seduta da brividi in Piazza Affari. Sul Monte (-5,2 a 0,45 euro) pesa senz’altro la porta in faccia da parte di Ubi banca. Se al recente Forex di Torino un’eventualità del genere poteva essere accarezzata da Siena, le parole di ieri del Ceo dell’istituto bresciano, Victor Massiah hanno spezzato il sogno di una fusione. «Escludo un merger in questo momento» con Mps, «non ci sono le condizioni», le parole del banchiere. Tuttavia, «nella vita sono abituato a non escludere niente e quindi non si sa mai. In questo momento, per ò, abbi
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