Secondo Franzini tra il 1978 e il 2012 le retribuzioni degli amministratori delegati sono aumentate dell'876%, facendo lievitare il rapporto con quelle del lavoratore mediano dal 20% del 1965 al 273% del 2012. E, come sappiamo, anche il nostro settore non è certo escluso da questo genere di distorsioni, anzi.
Infatti, la retribuzione media annua (stipendio e parte variabile) di un amministratore delegato di società finanziarie quotate (banche, assicurazioni, Sgr) ammontava nel 2015 a 1,6 milioni. Tuttavia, c'è chi ostinatamente continua a ritenere che questo tipo di retribuzioni premino il merito. In realtà, il fatto che il valore aggiunto delle prestazioni di questi top manager sia proporzionalmente più alto dei lavoratori meno pagati è difficilmente riscontrabile a livello empirico e, anche considerando che oggi il grado di istruzione è piuttosto simile, non si riesce davvero a trovare giustificazioni plausibili. Potremmo, tuttavia, utilizzare qualche dato per cercare di fare le nostre valutazioni in maniera più oggettiva. Il grande problema che stiamo affrontando in questo momento nel settore è quello delle "sofferenze": sono 201 miliardi e, leggendo le elaborazioni del Centro Studi di Unimpresa su dati Banca d'Italia, scopriamo che il 70% (poco più di 141 miliardi) sono relativi a prestiti dai 500.000 euro in su. Cioè deliberati, molto spesso, proprio dagli stessi top manager super pagati. Anche prendendo in considerazione i valori degli attivi di bilancio, il risultato resta sconfortante: tra il 2011 e il 2014 una riduzione del 4,4%.
Insomma, molti top manager dovrebbero fare propri i moniti dell'Oracolo di Delfi che Platone erge a principi dell'etica: conosci te stesso e realizzati secondo misura. Altrimenti non ci rimane che pensare ad un elaborato e perverso sistema di merito al contrario.
Se i moniti dell'Oracolo non fossero sufficienti, si sta già attrezzando la Banca d'Inghilterra, che sta proponendo nuove regole per prevedere che, laddove emergessero comportamenti dannosi per la banca, gli ex numeri uno potrebbero essere obbligati a restituire i bonus, anche se hanno cambiato azienda. Oppure, in alcuni Paesi è già previsto che i banchieri condannati per frode possano essere obbligati a restituire persino gli ultimi dieci anni di stipendi. Nella nuova era del bail-in sarebbe una garanzia in più per i lavoratori e i risparmiatori.
Tutto questo, tuttavia, non basta. Occorre un nuovo modo di fare banca, che non sia collegato alla ricerca spasmodica di risultati di breve termine e che possa essere vicino al territorio, alle famiglie e alle imprese.
Noi pensiamo sia possibile mantenere i livelli occupazionali e, forse, anche garantire nuova occupazione, tenendo certo presente di come è cambiato il mondo e dimostrando che è ancora possibile portare la gente allo sportello. La nostra sfida per un nuovo modello di banca e per maggiore democrazia economica nella gestione delle imprese è una battaglia importantissima che riguarda tutti, anche e soprattutto la collettività.
Mattia Pari
Coordinatore F.A.B.I. Giovani