SILEONI VS VISCO: ?PENSI AGLI STIPENDI DEI MANAGER?
Il Segretario Generale non ci sta alle esternazioni del Governatore di Bankitalia. Tutta la stampa di oggi riprende le dichiarazioni del leader della FABI. Leggi i servizi
IL SOLE 24 ORE mercoledì 1° giugno 2016
Aggregazioni ed efficienze per trovare sprint
ROMA. Più efficienza e meno costi, diversificazione dei ricavi e aggregazioni, con le possibili sinergie. Solo così le banche potranno riconquistare la redditività perduta, ha scandito ieri il Governatore: negli ultimi cinque anni, tra il 2012 e il 2015, i profitti sono stati soffocati da 120 miliardi di rettifiche sui crediti, e ora che il costo del rischio si sta ridimensionando ecco profilarsi nuovi spettri, cioè i tassi negativi con «i bassi margini di interessi, il calo dei prezzi di alcuni servizi connesso con le innovazioni tecnologiche e la maggiore concorrenza», mette in guardia Visco.
Da sempre il governatore tocca il tasto della redditività. Ma ieri l’ha fatto con particolare enfasi, ricordando che senza di essa pu ò venire meno il sostegno all’economia reale nonché? la necessaria dotazione di capitale:?in pratica, senza una giusta dose di profitti le banche rischiano di non essere utili agli occhi dei propri clienti nè solide a quelle dei regolatori. Un incubo.
Il sistema è in bilico, e dal sismografo arrivano segnali non incoraggianti. Perché se è vero, come si legge nella relazione annuale di Via Nazionale – che la redditività dei primi cinque gruppi bancari italiani in termini di Roe è tornata lo scorso anno al livello del 2009, al 4,6%, rimane inferiore a quella delle banche europee. Il Roe dei gruppi italiani inclusi in un campione di grandi banche europee, si legge nella Relazione, è stato di 1,6 punti più basso di quello medio del campione lo scorso anno. E il 2016 è iniziato nel peggiore dei modi: i tassi sotto zero hanno compresso il margine d’interesse, mentre l’alta volatilità dei mercati ha penalizzato le commissioni, dimezzando così l’utile trimestrale dei primi dieci gruppi (si veda l’altro articolo in pagina).
E pensare che la strada, per certi aspetti, è segnata. L’hanno imboccata gli istituti più virtuosi, è scritta nei piani industriali degli altri. E gli ingredienti sono quelli indicati dal governatore stesso:?un recupero della redditività «passa necessariamente attraverso un aumento dell’efficienza, un contenimento dei costi, un ampliamento delle fonti di ricavo». E là dove non pu ò arrivarci una banca con le proprie gambe, pu ò valere la pena di pensare all’m&a:? «Mirate operazioni di aggregazione, condotte secondo logiche strettamente industriali, possono stimolare e favorire questo processo», ha detto Visco. Ricordando poi che sul fronte del cost/income lo spazio di manovra non manca: anche se al netto dei contributi straordinari versati al Fondo nazionale di risoluzione, nel 2015 i costi operativi delle banche sono rimasti stabili, con un peso sui ricavi, pari al 64%, superiore a quello osservato in media per i gruppi europei e (ma inferiore a quello delle principali banche tedesche e francesi). E dunque??«Per molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale, agendo su qualità e quantità degli organici in maniera coerente con gli sviluppi del mercato e della tecnologia», ha detto il governatore, ricordando tra le iniziative necessarie una riduzione degli sportelli, il cui numero è sceso lo scorso anno a circa 30mila, l’11% in meno rispetto al 2008.
Un punto, questo, su cui la reazione dei sindacati è stata immediata. «Visco chiede di intervenire sui costi, inclusi quelli sul personale, dimenticando che il settore ha rinnovato un contratto nazionale a costo zero», ha replicato Lando Sileoni, segretario generale Fabi. Per Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, «non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali», mentre dalla Uilca Massimo Masi ricorda l’«esodo volontario di 70mila colleghi negli ultimi 10 anni». Secondo Giulio Romani, segretario generale First/Cisl «stride l’assenza di una presa di posizione circa le responsabilità dei recenti dissesti bancari». © RIPRODUZIONE RISERVATA Ma.Fe.
AVVENIRE mercoledì 1° giugno 2016
Aggregazioni ed efficienze per trovare sprint
ROMA. Più efficienza e meno costi, diversificazione dei ricavi e aggregazioni, con le possibili sinergie. Solo così le banche potranno riconquistare la redditività perduta, ha scandito ieri il Governatore: negli ultimi cinque anni, tra il 2012 e il 2015, i profitti sono stati soffocati da 120 miliardi di rettifiche sui crediti, e ora che il costo del rischio si sta ridimensionando ecco profilarsi nuovi spettri, cioè i tassi negativi con «i bassi margini di interessi, il calo dei prezzi di alcuni servizi connesso con le innovazioni tecnologiche e la maggiore concorrenza», mette in guardia Visco.
Da sempre il governatore tocca il tasto della redditività. Ma ieri l’ha fatto con particolare enfasi, ricordando che senza di essa pu ò venire meno il sostegno all’economia reale nonché la necessaria dotazione di capitale:?in pratica, senza una giusta dose di profitti le banche rischiano di non essere utili agli occhi dei propri clienti nè solide a quelle dei regolatori. Un incubo.
Il sistema è in bilico, e dal sismografo arrivano segnali non incoraggianti. Perché se è vero, come si legge nella relazione annuale di Via Nazionale – che la redditività dei primi cinque gruppi bancari italiani in termini di Roe è tornata lo scorso anno al livello del 2009, al 4,6%, rimane inferiore a quella delle banche europee. Il Roe dei gruppi italiani inclusi in un campione di grandi banche europee, si legge nella Relazione, è stato di 1,6 punti più basso di quello medio del campione lo scorso anno. E il 2016 è iniziato nel peggiore dei modi: i tassi sotto zero hanno compresso il margine d’interesse, mentre l’alta volatilità dei mercati ha penalizzato le commissioni, dimezzando così l’utile trimestrale dei primi dieci gruppi (si veda l’altro articolo in pagina).
E pensare che la strada, per certi aspetti, è segnata. L’hanno imboccata gli istituti più virtuosi, è scritta nei piani industriali degli altri. E gli ingredienti sono quelli indicati dal governatore stesso:?un recupero della redditività «passa necessariamente attraverso un aumento dell’efficienza, un contenimento dei costi, un ampliamento delle fonti di ricavo». E là dove non pu ò arrivarci una banca con le proprie gambe, pu ò valere la pena di pensare all’m&a:? «Mirate operazioni di aggregazione, condotte secondo logiche strettamente industriali, possono stimolare e favorire questo processo», ha detto Visco. Ricordando poi che sul fronte del cost/income lo spazio di manovra non manca: anche se al netto dei contributi straordinari versati al Fondo nazionale di risoluzione, nel 2015 i costi operativi delle banche sono rimasti stabili, con un peso sui ricavi, pari al 64%, superiore a quello osservato in media per i gruppi europei e (ma inferiore a quello delle principali banche tedesche e francesi). E dunque??«Per molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale, agendo su qualità e quantità degli organici in maniera coerente con gli sviluppi del mercato e della tecnologia», ha detto il governatore, ricordando tra le iniziative necessarie una riduzione degli sportelli, il cui numero è sceso lo scorso anno a circa 30mila, l’11% in meno rispetto al 2008.
Un punto, questo, su cui la reazione dei sindacati è stata immediata. «Visco chiede di intervenire sui costi, inclusi quelli sul personale, dimenticando che il settore ha rinnovato un contratto nazionale a costo zero», ha replicato Lando Sileoni, segretario generale Fabi. Per Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, «non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali», mentre dalla Uilca Massimo Masi ricorda l’«esodo volontario di 70mila colleghi negli ultimi 10 anni». Secondo Giulio Romani, segretario generale First/Cisl «stride l’assenza di una presa di posizione circa le responsabilità dei recenti dissesti bancari». © RIPRODUZIONE RISERVATA Ma.Fe.
LIBERO mercoledì 1° giugno 2016
La ricetta salva istituti Visco: più fusioni Salvini: vai in galera – Il governatore di Bankitalia chiede più risiko tra sportelli e critica le norme Ue. Zero autocritica su Etruria. La Lega invoca il carcere
FRANCESCO DE DOMINICIS
Secondo Ignazio Visco, buona parte dei guasti del sistema bancario italiano è riconducibile alla crisi e in particolare al 2013, anno nel quale sarebbero iniziate le prime grane serie allo sportello. Insomma, nessuna responsabilità della vigilanza se oggi gli istituti di credito attraversano una delle fasi più delicate della storia: la Banca d’Italia ha le armi spuntate e più di tanto non pu ò fare per evitare la violazione delle norme da parte dei banchieri. Per difendersi, il governatore , ieri, leggendo le sue quinte «considerazioni finali» ha giocato sulla quantità e ha strumentalmente citato «200 ispezioni» annue nelle banche. Eppure, qualche falla nel sistema dei controlli deve pur esistere, se oggi si fanno i conti con una realtà durissima: sia alcuni big sia le realtà più piccole del credito cooperativo se la passano maluccio. E probabilmente, al contrario di quanto sostiene il governatore, bufera finanziaria internazionale e recessione non hanno cagionato la crisi dell’industria creditizia italiana, ma hanno semplicemente portato alla luce le magagne che il ciclo economico positivo contribuiva a tenere nascoste in bilanci chiusi – più o meno agevolmente – col segno «più»: al Monte dei paschi di Siena, tanto per fare un esempio, le perdite dei derivati Alexandria e Santorini non sono state «notate» per anni. Nessun atto d’accusa del numero uno di Bankitalia, nemmeno a quel pernicioso sistema relazionale che più dei parametri di Basilea ha regolato per decenni la concessione di finanziamenti: è soprattutto quel meccanismo ad aver creato la montagna di sofferenze ovvero quei 196 miliardi di euro di finanziamenti non rimborsati; poi, non c’è dubbio, in caduta libera ha giocato un ruolo non indifferente e i prestiti sono diventati «incagli». La soluzione per rimettere in piedi le banche del Paese, tuttavia, non pu ò essere quella, forse un po’ troppo semplicistica, proposta ieri nel lussuoso salone dei partecipanti di palazzo Koch, ossia tagliare i costi e ridurre il personale con licenziamenti (ipotesi di fronte alla quale il segretario generale della Fabi che i lavoratori sono pronti ad alzare le «barricate»). In ogni caso, la linea dell’inquilino di via Nazionale, non è nuova: vigilanza perfetta, colpa della crisi, tagli agli sportelli, fusioni e meno lavoratori per rilanciare il settore. La novità di ieri, semmai, va cercata nella definitiva contestazione all’Unione europea. Un attacco ad alzo zero che prende le mosse dal disastro provocato da Etruria, Marche, Chieti e Ferrara. è il novembre del 2015: governo e Bankitalia decidono di anticipare l’uso del bail in per evitare il crac di quei quattro istituti, ma un istante dopo si accorgono che le nuove regole Ue hannominatolafiducia dicorrentisti e risparmiatori. Visco, che vorrebbe più Europa ieri ha criticato la gestione delle norme bancarie da parte di Bruxelles ed è arrivato a invocare l’uso di denaro pubblico per salvare le banche. Per ora c’è Atlante (che usa anche i soldi della Cassa depositi e prestiti, la spa del Tesoro): per Visco, il fondo di salvataggio- in buona sostanza per aggirare le regole europee – sarà un «successo». Sul fronte bancario, sembra coperta da una sorta di velo autoassolutorio la relazione di Visco. Il quale ha anche affrontato, come al solito, temi di politica economica, suggerendo al governo di Matteo Renzi di agire sul cuneo fiscale (da ridurre) sugli investimenti pubblici (da aumentare). Ma sull’azione dell’esecutivo il governatore è stato meno sferzante rispetto al passato e anche rispetto ai predecessori. Sopra le righe, il commento di Matteo Salvini: giudizio del segretario della Lega, il governatore «invece di pontificare dovrebbe essere in galera». Una sparata offerta ai media da parte di chi è a caccia di voti in vista della tornata amministrativa di domenica. Visco resta legittimamente in via Nazionale. Abbia per ò il coraggio di avviare, come suggerito da Luigi Zingales sul Fatto Quotidiano «un’indagine interna per accertare le responsabilità». twitter@ © RIPRODUZIONE
IL GIORNALE mercoledì 1° giugno 2016
L’autodifesa del governatore «Pochi poteri sulle banche» «I comportamenti fraudolenti dei banchieri hanno aggravato le crisi ma Bankitalia non ha gli stessi strumenti di contrasto delle Procure
Forse qualcuno penserà che abbiamo parlato poco di banche, dei problemi che ci sono», ma di quei fatti è stato dato conto «in più occasioni, da ultimo con la testimonianza che ho reso in Senato lo scorso 19 aprile, dove vengono a fondo trattati i recenti casi di crisi di banche italiane». Excusatio non petita, accusatio manifesta: mettendo le mani avanti sul tema crisi bancarie, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha voluto allontanare da sé eventuali e ulteriori critiche al suo operato. La strategia dell’arrocco proprio nell’audizione di circa un mese e mezzo fa, aveva il suo fulcro. Non è compito facile, infatti, passare alla storia come il primo governatore che nell’arco del proprio mandato ha dovuto sperimentare norme che hanno penalizzato i risparmiatori mandando in fumo 330 milioni di obbligazioni subordinate. Ciampi, Fazio e Draghi, suoi predecessori, erano riusciti sempre a risolvere le grane in casa. E così ieri Visco ha ricordato per sommi capi i punti fondanti della tesi difensiva di Palazzo Koch. In primo luogo, agli effetti della recessione si sono aggiunti i «comportamenti imprudenti e a volte fraudolenti da parte di amministratori e dirigenti». La Vigilanza di Bankitalia «svolge un difficile lavoro di indagine, ma non dispone degli strumenti riservati all’Autorità giudiziaria come sequestri perquisizioni». In secondo luogo, «quando rileviamo ipotesi di reato informiamo subito le competenti Procure»: l’opinione pubblica non ne viene in generale a conoscenza sia in virtù del segreto d’ufficio sia per non creare «effetti destabilizzanti». Ultimo ma non meno importante, «prima dei recenti cambiamenti normativi, le crisi bancarie sono state risolte in Italia senza oneri per i depositanti e gli obbligazionisti». Insomma, la colpa non è di Bankitalia se il nostro Paese non è riuscito a farsi valere in sede europea e, soprattutto, non è riuscito a ottenere non solo luce verde all’intervento pubblico nei salvataggi bancari, ma nemmeno la creazione di un Fondo che mitigasse il problema delle sofferenze bancarie, attualmente poco sotto i 200 miliardi di euro. «L’esperienza internazionale mostra che, a fronte di un fallimento del mercato, un intervento pubblico tempestivo pu ò evitare una distruzione di ricchezza, senza necessariamente generare perdite per lo Stato, anzi spesso producendo guadagni», ha concluso. La normativa europea sul bail in andrebbe, perci ò, rivisitata perché il nostro Paese paga anche la scelta di non sostenere il sistema bancario fintantoché gli Stati potevano farlo, cioè fino ad agosto 2013. Il messaggio che Visco voleva far passare è sostanzialmente questo. non è necessariamente detto che sia autoassolutorio. Il governatore ha, inoltre, auspicato un’attuazione «celere» delle riforme delle Popolari e delle Bcc. Infine, «per molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale». Secondo il governatore, «il modello di attività, basato su una diffusa presenza territoriale, va ancora adeguato, proseguendo nella riduzione degli sportelli». Le Considerazioni finali hanno provocato l’immediata reazione deli sindacati. «Al primo licenziamento faremo le barricate», ha replicato il segretario Fabi, Lando Maria Sileoni.
LA STAMPA mercoledì 1° giugno 2016
I SINDACATI PRONTI AD ALZARE LE BARRICATE – "AL PRIMO LICENZIAMENTO BLOCCHIAMO TUTTO
PAOLO BARONI
ROMA. Altri tagli agli organici? Per i sindacati proprio non se ne parla. Dopo i 70 mila posti sacrificati sull’altare della crisi dal 2000 ad oggi è l’ora di finirla. «Quando parla di riduzione di costi – spiega il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni – Visco non sa di cosa parla. Tutti gli accordi che abbiamo fatto negli ultimi tempi, compreso l’ultimo contratto di categoria che abbiamo rinnovato a costo zero, non si occupano d’altro che del contenimento dei costi». Per questo, ora, «se qualcuno, compresi i gestori del Fondo Atlante, ha in mente di iniziare la stagione dei licenziamenti troverà pane per i suoi denti. Al primo licenziamento alzeremo le barricate e bloccheremo il settore». Sulla stessa linea anche Cgil, Cisl e Uil che come la Fabi lamentano il silenzio di Visco sulle malefatte dei manager che hanno portato sei banche italiane al dissesto. Basta con la «caccia selvaggia alla riduzione del costo del lavoro, un refrain troppo spesso usato come alibi dai nostri banchieri» dice Massimo Masi (Uilca). Niente tagli, insiste la Cisl. «Anche il sistema bancario deve fare oggi di più per lo sviluppo del Paese, con un nuovo modello di servizio e maggiore trasparenza – commenta Anna Il conto più grosso lo ha presentato Unicredit che solo in Italia intende tagliare circa 5700 dipendenti. Poi ci sono 4500 riconversioni professionali di Intesa Sanpaolo che se non andranno a buon fine si trasformeranno in esuberi, 8 mila uscite previste dal Montepaschi, 1300 da Bnl, 600 da Bper, oltre 700 da Popolare di Vicenza, 900 dal Banco Popolare e 500 da Ubi, 430 da Veneto Banca, 250 da Creval e 600 da Carige. Difendere Ovviamente i sindacati chiedono alle controparti di evitare tagli traumatici. «Non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali, anche per quelle banche in difficoltà – sostiene il segretario generale della FisacCgil Agostino Megale – Perché la difesa dell’occupazione del settore, non ricorrendo mai ai licenziamenti e prevedendo un parziale ingresso dei giovani, è stata e continuerà ad essere la nostra priorità». c BY Altri tagli agli organici? Per i sindacati proprio non se ne parla. Dopo i 70 mila posti sacrificati sull’altare della crisi dal 2000 ad oggi è l’ora di finirla. «Quando parla di riduzione di costi – spiega il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni – Visco non sa di cosa parla. Tutti gli accordi che abbiamo fatto negli ultimi tempi, compreso l’ultimo contratto di categoria che abbiamo rinnovato a costo zero, non si occupano d’altro che del contenimento dei costi». Per questo, ora, «se qualcuno, compresi i gestori del Fondo Atlante, ha in mente di PAOLO ROMA Maria Furlan -. Ma senza ridurre organici e sportelli». Sedici Dal 2000 ad oggi sono stati ben 68 mila i posti tagliati nel settore bancario, 48 mila solo negli ultimi 8 anni, ovvero dalla crisi del 2008 ad oggi, mentre in parallelo il numero delle filiali è sceso da 32.818 a 30.198 Attualmente il comparto occupa circa 307 mila persone, compresi 38 mila addetti delle Bcc che di qui a breve saranno a loro volta investiti dalla riforma che interesserà il loro comparto. Secondo le stime della Fabi entro il 2020 tra gruppi in crisi e piani di efficientamento si possono prevedere altri
23 mila esuberi. conto più grosso lo ha presentato Unicredit che solo in Italia intende tagliare circa 5700 dipendenti. Poi ci sono 4500 riconversioni professionali di Intesa Sanpaolo che se non andranno a buon fine si trasformeranno in esuberi, 8 mila uscite previste dal Montepaschi, 1300 da Bnl, 600 da Bper, oltre 700 da Popolare di Vicenza, 900 dal Banco Popolare e 500 da Ubi, 430 da Veneto Banca, 250 da Creval e 600 da Carige. Difendere Ovviamente i sindacati chiedono alle controparti di evitare tagli traumatici. «Non servono altri strumenti per affrontare gli eventuali problemi occupazionali, anche per quelle banche in difficoltà – sostiene il segretario generale della FisacCgil Agostino Megale – Perché la difesa dell’occupazione del settore, non ricorrendo mai ai licenziamenti e prevedendo un parziale ingresso dei giovani, è stata e continuerà ad essere la nostra priorità».
ITALIA OGGI mercoledì 1° giugno 2016
Visco a Renzi, si pu ò fare di più – Amministrative, nomi dei 14 impresentabili per l’Antimafia
FRANCO ADRIANO E EMILIO GIOVENTU’
Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nelle sue considerazioni finali all’assemblea si è ricavato il ruolo di grillo parlante. Sia nei confronti della maggioranza di governo («Sono deludenti le valutazioni sul potenziale di crescita della nostra economia. Si deve, si pu ò, fare di più»). Sia nei confronti delle opposizioni che cavalcano le crisi bancarie oltre i dati reali («Il valore dei crediti deteriorati è di poco inferiore a 200 miliardi. Più della metà si riferisce a situazioni in cui la difficoltà dei debitori è temporanea. Se ci si concentra sulle sole sofferenze, il valore netto è pari a meno di 90 miliardi»). Dunque, i crediti deteriorati sono un «problema serio», ma «non va sovrastimato». Una posizione che suscita poca simpatia, per esempio, nel leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che lo vorrebbe in galera per mancata vigilanza preventiva nei recenti casi di bancarotta. Sia nei confronti dell’Europa verso la quale Visco lancia una sfida postuma sul bail in. Fatto sta che le sensibili antenne di palazzo Koch «indicano per l’Italia il ritorno ai livelli di reddito precedenti la crisi in un tempo non breve». per sostenere una ripresa «più rapida e duratura», ha spiegato Visco, sono necessarie tre gambe: «è necessario il rilancio di investimenti pubblici mirati, anche in infrastrutture immateriali, lungo differiti; sono importanti un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale gravante sul lavoro, il rafforzamento di incentivi per l’innovazione il sostegno ai redditi dei meno abbienti, «particolarmente colpiti dalla crisi». Facile dirsi ma occorre trovare le risorse? margini oggi disponibili nel bilancio sono limitati», ha sottolineato Visco, «è comunque possibile programmare l’attuazione di questi interventi su un orizzonte temporale più ampio». E, poi, il Jobs Act sarà pure stata una buona carta da giocarsi in Europa portando risultati «più alti del previsto» ma «la disoccupazione resta troppo alta», ha sottolineato il governatore che, come già sottolineato, si è dimostrato più indulgente sia nei confronti di Bankitalia, verso la quale ha amministrato una sorta di autoassoluzione sia con le banche stesse: il peso dei crediti deteriorati sarà pure «un peso rilevante», ma «in larga parte esso è coperto da garanzie reali il cui valore è stato accuratamente esaminato nel corso dell’esercizio di valutazione approfondita dei bilanci delle maggiori banche dell’area dell’euro condotto nel 2014; a queste si aggiungono le garanzie personali». c’è di più: «La moderata ripresa economica in atto dallo scorso anno si sta riflettendo in un calo significativo del flusso di nuovi crediti deteriorati; nel 2015 essi sono stati pari al 3,7 del totale dei prestiti, contro il 4,9 del 2014; per il settore delle famiglie il flusso è ridisceso sui livelli pre- La tendenza alla normalizzazione sta proseguendo». Bankitalia vuol licenziare un bel po’ di bancari. Insorgono i sindacati Un ottimismo che si è infranto sulle banche più piccole, che a causa di questo problema devono aggregarsi subito, licenziando il personale superfluo. Sì, perché per le banche di dimensioni minori i problemi derivanti dall’elevato ammontare di esposizioni deteriorate, «dalla scarsa diversificazione delle fonti di ricavo» e «dalla necessità di adeguarsi agli sviluppi della tecnologia» potranno essere «acuti». In più casi andranno affrontati impostando per tempo operazioni di aggregazione che sfruttino «economie di scala e di scopo, la cui entità pu ò essere rilevante». Visco ha poi spiegando che è necessario procedere speditamente in questa direzione, superando vecchie logiche di mero presidio del territorio che hanno sovente contribuito a» acuire, anziché attenuare, le difficoltà dell’economia reale e delle stesse banche». Insomma, le banche devono tagliare i costi, anche sul personale. molte banche italiane resta forte l’esigenza di intervenire anche sui costi, inclusi quelli per il personale, agendo su qualità e quantità degli or- in maniera coerente con gli sviluppi del mercato e della tecnologia». Per Visco il modello di attività, basato su una diffusa presenza territoriale, va ancora adeguato, proseguendo nella riduzione degli sportelli, il cui numero è già sceso lo scorso anno «a circa 30mila 11% in meno rispetto al 2008». Secca la replica di Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi: «Il governatore parla di ulteriori sacrifici, ma non spende una parola per stigmatizzare gli alti e ingiustificati stipendi di alcuni manager bancari, proprio in un momento di crisi come quello attuale» «di- che negli ultimi anni sono usciti su base volontaria, attraverso i prepensionamenti, 48mila lavoratori bancari». «Aspettiamo ancora di vedere puniti quei banchieri che hanno distrutto sei banche italiane e portato sul lastrico i risparmiatori», è la conclusione del sindacalista. Sulla stessa linea anche le altre organizzazioni sindacali del settore. Tuttavia, se la svolta sui bancari di Visco non piace ai sindacati, è stata ben accolta dalle imprese. Cna, per esempio, giudica le considerazioni del governatore «mirate a trasmettere fiducia sulla capacità del Paese a uscire dalla crisi e sulla salute delle banche, oggetto di profonde trasformazioni». Lo ha dichiarato il presidente, Daniele Vaccarino che ha sottolineato anche il richiamo alle misure per lo sviluppo: «Misure che possono essere sintetizzate in più investimenti, più innovazione, meno tasse». Purtroppo, ha concluso Vaccarino le parole di Visco «non allontanano le nostre preoccupazioni sulla capacità delle banche di erogare il credito necessario alle piccole imprese, ancora una volta additate come fattore di fragilità. Amministrative, per l’Antimafia sono 14 i candidati impresentabili Sono stati scovati tutti di liste civiche. Sono 14 i nomi dei candidati «impresentabili» in- nella relazione della Commissione Antimafia, presentata ieri. Otto si riferiscono all’incandidabilità in base alla legge Severino («avendo certificato il falso su condanne gravi», ha spigato la presidente della Commissione, Rosi Bindi); tre sono casi di ineleggibilità («potevano essere candidati ma se eletti sarebbero stati sospesi dalle Prefetture»); mentre altri 3 casi riguardano il Codice di autoregolamentazione delle candidature. Gli otto incandidabili ai sensi della legge Severino, dovuti a condanne definitive, sono stati riscontrati in sei casi a Battipaglia (Salerno), uno al comune di Scalea (Cosenza) uno al VI Municipio di Roma. I sei di Battipaglia sono Carmine Fasano condannato in via definitiva per cessione illecita di stupefacenti; Daniela Minniti condannata per bancarotta fraudolenta a 2 anni di reclusione; Lucio Carrara condannato per bancarotta fraudolenta continuata e aggravata a 2 anni di reclusione; Francesco Procida condannato per riciclaggio; Bartolomeo D` (lista «Battipaglia a testa alta») che dopo un precedente patteggiamento per rapina è stato condannato per cessione illecita di stupefacenti; Demetrio Landi (lista «Moderati per Battipaglia») condannato per cessione illecita di stupefacenti e per violazione di domicilio, lesioni dolose e violenza privata tentata. Scalea l’incandidabilità riguarda Carmelo Bagnato dal cui certificato del casellario giudiziale risulta una sentenza di condanna a due anni di reclusione emessa dalla Corte di appello di Perugia il 3 dicembre 2010, irrevocabile il 19 aprile 2011 per il reato di bancarotta fraudolenta). Tra gli incandidabili nel VI Municipio di Roma c’è Antonio Carone (lista «Viva l’Italia con Tiziana Meloni»): tra le 8 condanne definitive, ne ha riportato una per ricettazione ed è pertanto incandidabile ai sensi della legge Severino. Per la commissione Antimafia «se tali situazioni fossero state rilevate tempestivamente, non avrebbero potuto partecipare alla competizione elettorale». tre candidati ineleggibili (potenziale sospensione, legati a condanne non definitive, ai sensi della legge Severino) sono stati riscontrati al comune di Battipaglia, al comune di San Sostene (Catanzaro) e uno tra i candidati al VI municipio di Roma Capitale. Battipaglia Giuseppe Del Percio (lista «Battipaglia- città che verrà») è stato condannato in primo grado per violazione delle norme sugli stupefacenti; sulla condanna pende appello. Se eletto, andrebbe sospeso. Al comune di San Sostene (Catanzaro) Alessandro Codispoti, candidato nella lista civica «Legalità e libertà» è attualmente sottoposto a procedimento penale. Roma invece ineleggibile
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