PIANO MPS E PROTESTA IN BPVI, LA FABI SULLA STAMPA
I giornali nazionali e locali riportano la posizione della FABI in merito alla presentazione del piano industriale del Monte dei Paschi con le dichiarazioni del leader Sileoni e del Segretario Nazionale Casini. A Vicenza, la protesta davanti alla Direzione della Banca Popolare.
Corriere del Veneto Edizione di Venezia e Mestre 26/10/2016
«Riunioni, telefonate, email così i manager di PopVicenza ci obbligavano a vendere» – Priante Andrea
VICENZA C’erano le telefonate. «Sempre più frequenti…». E le riunioni dei capiarea. «Tutti nella stessa sala, a sentirsi dire che le azioni andavano vendute». E qualche volta le indicazioni arrivavano via e-mail. «Ma capitava di rado, forse per non lasciare traccia. Quasi sempre l’ordine veniva impartito a voce…». Funzionava così, negli uffici della Banca Popolare di Vicenza. Le voci si accavallano, davanti all’ingresso della sede centrale dell’istituto di credito travolto da una crisi senza precedenti, trascinato a fondo da un sistema che, secondo la procura di Vicenza, si reggeva su irregolarità. Al centro delle indagini ci sono (soprattutto) le operazioni «baciate», cioè la concessione di finanziamenti destinati all’acquisto di azioni. Un meccanismo che per anni avrebbe consentito di «dopare» i conti della banca. Ma di chi era la colpa? La guardia di finanza ha messo nel mirino l’ex presidente Gianni Zonin e diversi componenti del vecchio Consiglio di amministrazione. Ma da mesi gli interrogatori si sono estesi anche ai funzionari di banca. C’è da capire chi abbia dato l’ordine di vendere le azioni e quanti, all’interno della Popolare, fossero a conoscenza del rischio che tale acquisto comportava. E con i 2omila soci che hanno perso tutto, il clima di caccia alle streghe ha finito per coinvolgere anche i dipendenti. «Ma noi eravamo l’ultimo anello della catena e agivamo sotto forti pressioni commerciali», racconta Gabriele Tambussi, 36 anni. Da otto anni lavora in una filiale BpVi di Pavia ed è rappresentante dell’Unisin, una delle sigle sindacali che ieri mattina hanno manifestato davanti alla sede centrale dell’istituto, a due passi dal centro storico di Vicenza. Un sit-in per chiedere chiarezza, dopo le indiscrezioni delle ultime settimane. I dubbi non riguardano soltanto l’ipotesi di una fusione con Veneto Banca, ma soprattutto il prossimo piano industriale con il rischio che gli eventuali esuberi si traducano in una parola che il settore bancario non ha mai neppure osato pronunciare: licenziamenti. Davanti agli uffici si sono quindi ritrovati i rappresentanti di Fabi, First-Cisl, Unisin e Fisac-Cgil, per chiedere «interventi forti da parte delle istituzioni: il settore deve fare sistema per evitare che la crisi delle banche generi conseguenze devastanti sull’intera economia italiana». Per i sindacati di settore, «i dipendenti non devono diventare il capro espiatorio di tutti i mali del Gruppo. Vicenza non farà da apripista a tentativi di tagli selvaggi e di risparmi a scapito dei lavoratori. Ora aspettiamo le decisioni del Cda (fissato per oggi, ndr.) e il piano industriale». Ma dietro a striscioni, bandiere e slogan (uno su tutti: «Siamo bancari e non banchieri»), ci sono le storie di chi ieri ha partecipato al presidio. Molti di loro sono anche soci, altri hanno convinto parenti e amici ad acquistare i titoli. «Dei 5.500 dipendenti della Popolare, 2.600 sono anche azionisti. E visto che non siamo masochisti, mi pare ovvio che agivamo in buona fede», spiega Arturo Albertini, pure lui dell’Unisin. è arrivato da Brescia, dove la BpVi acquist ò decine di sportelli del Gruppo Ubi. «Anch’io sono tra quelli che ha comprato azioni e le ho proposte ad alcuni familiari. Sembrava un investimento sicuro, ci mettevo la faccia…». Albertini e i suoi colleghi lo ripetono allo sfinimento: solo i vertici conoscevano il vero stato in cui versava l’istituto di credito. «Ho 63 anni e sono bancario da 43: dieci come vicedirettore e diciannove da direttore. Si proponeva l’acquisto come investimento alternativo. C’era molta pressione, alcuni dirigenti e capi-area forse hanno spinto un po’ troppo…». Gino Parisotto, della Fisac Cgil, da 38 anni è in Popolare di Vicenza: «Ci sentiamo traditi dal vecchio management. Provo rabbia perché qualcuno sta tentando di farci passare come i principali responsabili di quanto accaduto, scaricando le responsabilità sui dipendenti. Si lavora in un clima di sospetti e accuse…». I sindacalisti raccontano di bancari minacciati dai clienti o insultati per la strada. «E sempre peggio. Ma noi credevamo nella Popolare e agivamo sulla base di direttive: ci dicevano che la banca doveva crescere, aumentare la propria base…», ricorda Helga Boscato, rappresentante Fabi, da 23 anni in BpVi. «C’erano grandi pressioni – rincara Mauro Turatello (Fabi) – arrivavano perfino alle minacce: o vendete o sarete trasferiti. Ma a rassicurarci era anche il fatto che la Banca d’Italia e la Consob avevano sempre portato a termine le loro ispezioni senza trovare nulla di irregolare». La voce del presidio vuole servire da monito all’attuale management della Banca: «Noi non siamo complici, ma vittime». ***
Corriere della Sera 26/10/2016
Aumento Mps entro l’anno, giù in Borsa – F. Mas.
«Abbiamo dormito poco in questi ultimi giorno, si lascia scappare Marco Morelli, amministratore delegato di Mps in conferenza stampa. In effetti il board ha lavorato fino a tarda notte lunedì per approvare piano industriale e rafforzamento patrimoniale in modo da poter terminare il salvataggio da 5 miliardi di euro entro l’anno, se non ci saranno turbolenze sui mercati legati a un eventuale «no» al referendum del 4 dicembre, tali da far saltare il consorzio di garanzia. Su Siena il mercato è sempre in agitazione: ieri il titolo ha oscillato dal 20% della mattina al -15% della chiusura a 0,30 euro, dopo il l00% dell’ultima settimana. Ai nuovi azionisti e ai detentori di bond subordinati verrà offerto una banca nuova, ripulita dai crediti in sofferenza (npl). Sarà un Mps che farà credito affidandosi sempre di più ai sistemi automatizzati, per evitare i prestiti «di favore» che hanno portato alle enormi perdite di questi anni. E che amplierà l’approccio internet grazie all’esperienza maturata in soli 18 mesi dalla neonata banca online del gruppo, Widiba. L’obiettivo economico è di 41 miliardi di utili al 2019 con redditività all’11%. Per riuscirci Morelli taglierà 500 filiali (dalle attuali 2000) e 2.600 dipendenti utilizzando 550 milioni del Fondo di solidarietà. Previste anche 300 assunzioni, e questo ha spinto i leader sindacali Lando Sileoni (Fabi), Massimo Masi (Uilca) e Giulio Romani (First Cisl) a dare fiducia a Morelli. Il ceo dovrà adesso affrontare la partita finanziaria, insieme con il nuovo cfo Francesco Mele. L’iter per la cessione dei 27,7 miliardi di npl è già partito, e questo si riflette nella trimestrale chiusa con 849 milioni di perdite dopo 750 milioni di rettifiche. Ma perché la cartolarizzazione abbia successo serve che ci sia la copertura, cioè i 5 miliardi di nuovo patrimonio. Nel suo roadshow organizzato dalle banche Jp Morgan e Mediobanca Morelli volerà anche nel Golfo per incontrare i fondi sovrani di Qatar, Kuwait e Abu Dhabi, potenziali soci stabili contattati da Jp Morgan. II manager • II consigliere delegato del Monte dei Paschi di Siena, Marco Morelli, da circa un mese al vertice dell’istituto Primo appuntamento ufficiale: l’assemblea del 24 novembre. Da lì partirà la conversione volontaria dei 5 miliardi di bond subordinati, anche in mano ai risparmiatori; sulla base di quanto recuperato tra conversione e anchor investor si fisserà l’aumento di capitale vero e proprio, verosimilmente senza diritto di opzione. Sul piano alternativo di Corrado Passera, Morelli ieri è stato generico: «Massima apertura a considerare chiunque possa dare un contributo». Ma l’impianto generale resta quello di luglio, approvato dalla Bce. Ieri un appoggio è venuto dal ministro dell’Economia: il piano «è importante». Per Pier Carlo Padoan, che a Politics è tomato sull’uscita dell’ex ceo Fabrizio Viola, «è chiaro che un azionista importante come il Tesoro debba avere, come avuto, rapporti con il top management della banca. Ci siamo sentiti con il dottor Viola e valutato cosa fosse meglio per la banca. Francamente sentire parlare di accuse mi sembra ridicolo». • II consiglio di amministrazione ha approvato l’aumento di capitale F. Mas.
Corriere Fiorentino 26/10/2016
Il piano per il Monte: in tre anni 2.600 uscite e 500 filiali in meno – Monte, 2.600 esuberi in tre anni E 500 filiali in meno in tutta Italia – Ognibene Silvia
SIENA II nuovo piano industriale del Monte dei Paschi passa dalla chiusura di 500 filiali (su 2000) e dall’uscita di 2.600 lavoratori entro il 2019. Rocca Salimbeni si focalizzerà sull’attività bancaria per i clienti privati (puntando sui 4,7 milioni attuali) e sullo «small business». Il rilancio poggia quindi su una riduzione di organico di circa il lo per cento, comunicata ieri mattina ai sindacati prima che al mercato, incassando una reazione di apertura e spirito collaborativo. Il nuovo piano industriale «si focalizzerà su una maggiore efficienza mediante la riduzione di circa 2.600 dipendenti, lo spostamento sempre maggiore dei restanti alle attività commerciali e la chiusura di circa 500 filiali», ha spiegato la banca. In questo modo il costo del personale scenderà di circa il 9 per cento a 1,5 miliardi di euro nel 2019 da 1,6 miliardi di euro del 2016. Non si tratta di licenziamenti: la riduzione dei dipendenti avverrà mediante un turnover naturale e l’attivazione del fondo di solidarietà e sono previste 300 nuove assunzioni. I sindacati hanno mostrato fiducia verso il nuovo amministratore delegato, Marco Morelli, e la sua strategia: «Abbiamo espresso a Morelli la nostra disponibilità ad un confronto serrato e costruttivo che potrà essere avviato solo dopo la conclusione delle operazioni di aumento di capitale e la definitiva stesura del progetto di cartolarizzazione dei crediti deteriorati», spiega il segretario Uilca, Carlo Magni. Secondo la Fisac Cgil «non va sottovalutato l’apprezzamento per i 300 nuovi assunti, dopo anni in cui si è discusso solo di esuberi e di sacrifici». Alla riorganizzazione del personale, quindi, si metterà mano a partire dall’inizio del 2017, se tutto andrà come Morelli ha pianificato: aumento di capitale fino a 5 miliardi e de-consolidamento di oltre 27 miliardi di sofferenze entro l’anno. «Siamo fiduciosi nel nuovo corso. Le uscite dovranno essere gestite attraverso prepensionamenti volontari e incentivati e la stessa semplificazione organizzativa del gruppo lascia ben sperare», ha aggiunto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. Infatti, un altro dei pilastri sui quali si regge il piano, che punta ad un utile oltre il miliardo nel 2019, è la profonda revisione del modello organizzativo: semplificazione, con solo cinque responsabili di funzione che riportano direttamente all’Ad, e maggiore efficienza. L’organigramma di Mps prevede un «chiaro processo di assegnazione delle responsabilità, si sa con certezza chi fa cosa», ha spiegato Morelli illustrando il piano agli analisti. Mps avrà un nuovo modello organizzativo che «velocizza i processi decisionali e consente all’Ad di focalizzarsi sulla definizione delle strategie e sulla gestione dei rischi», ha aggiunto. L’assemblea degli azionisti, che dovrà nominare anche il nuovo presidente, è fissata per il 24 novembre, mentre «l’aumento potrebbe essere lanciato nei primi 7-8 giorni di dicembre». «Vediamo come va a finire, mi pare una situazione molto delicata», commenta il presidente della Regione, Enrico Rossi, che ha aggiunto: «Ovviamente mi auguro che il problema si risolva». Il mercato, dopo una galoppata durata cinque sedute, dopo l’annuncio dei numeri del piano ha frenato e il titolo ieri ha chiuso la seduta in calo di quasi il 15 per cento. Silvia Ognibene
Gazzetta del Mezzogiorno 26/10/2016
Mps, nel piano Morelli 1,1 miliardi di utili – Algisi Paolo
MILANO. Un obiettivo di 1,1 miliardi di utile nel 2019, da conseguire anche attraverso il taglio di 2.600 dipendenti e 500 filiali, con l’obiettivo di garantire una redditività del capitale dell’11% e di conseguire una solida posizione sia patrimoniale (con un indicatore Ceti al 13,5%) che di liquidità (liquidity coverage ratio del 140%). Se tutto andrà bene, a partire dal difficile aumento di capitale da 5 miliardi che servirà a deconsolidare 27,6 miliardi di sofferenze e ad alzare al 42% la copertura sui crediti deteriorati ancora in portafoglio, sarà questa la nuova banca che l’a.d Marco Morelli promette di «vendere» agli investitori nel corso del road show che inizierà oggi. «E’ un piano che ha assunzioni abbastanza conservative sia dal punto di vista dei ricavi che dei costi, e ovviamente basato sul lavoro molto importante di ridefinizione dell’approccio commerciale» ha detto Morelli, sottolineando che l’obiettivo è riportare Mps ad essere una banca con «un ruolo rilevante sul territorio nazionale». Per rilanciare l’attività Mps accelererà la digitalizzazione e si focalizzerà sui clienti retail (spingendo sull’on-line), le pmi e i clienti facoltosi, a cui si dedicheranno invece i gestori. I ricavi sono visti in crescita a 4,5 miliardi (5%) nel 2019 ma con un «upside» potenziale di 1 miliardo se Mps riuscirà ad adeguarsi alle migliori competitor sul mercato, mentre le perdite su crediti scenderanno da 1,5 a 0,5 miliardi, anche grazie a una più attenta gestione del rischio, e i costi operativi dell’8% a 2,2 miliardi. I 2.900 esuberi saranno in parte mitigati da 300 assunzioni. «Siamo fiduciosi nel nuovo corso» ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, sottolineando che le uscite andranno gestite con «prepensionamenti volontari e incentivati». Anche dalla Uilca e dalla First-Cisl sono arrivate parole di incoraggiamento a Morelli, nella consapevolezza che dalla partita su Mps dipende «la stabilità dell’intero settore». A fine piano, grazie alla pulizia dei crediti deteriorati, il loro peso sul totale del portafoglio scenderà dal 34,9% al 16%. II lavoro è già iniziato nell’ultime trimestre, con 750 milioni di rettifiche che hanno portato i conti dei nove mesi in rosso per 849 milioni. Lo spettro del bail-in ha anche fatto perdere 6,6 miliardi di raccolta, in scia alle turbolenze dei mercati e alla pubblicazione degli stress test tra luglio e agosto, portando i deflussi del 2016 a 14 miliardi (-11,6%). Tra le novità emerse ieri l’offerta da 520 milioni di Icbpi per il business del Merchant Acquiring (carte di credito e sistemi di pagamento), con cui Mps tratterà in esclusiva fino a fine anno. In Borsa Mps ha vissuto una seduta di grande volatilità. Dopo una partenza a razzo il titolo ha invertito bruscamente la rotta, complice anche il 100% messo a segno nelle sedute precedenti, chiudendo con un tonfo del 15% a 0,29 euro dopo continue sospensioni. «Non mi sento di fare nessun commento sul titolo, mi sto occupando della banca» ha detto Morelli. Per il broker Findentiis le azioni sono sopravvalutate in quanto Mps, capitalizzando un miliardo, esprime un multiplo di 0,6 volte il patrimonio netto. «II rialzo del titolo è ingiustificato» si legge in una nota in cui si sottolinea che «il tema chiave di questo piano è che ancora non conosciamo chi sottoscriverà l’aumento da 5 miliardi. Paolo Algisi ***
Gazzetta di Parma 26/10/2016
Morelli rilancia Mps: 1,1 mld di utile nel 2019 – Algisi Paolo
Un obiettivo di 1,1 miliardi di utile nel 2019, da conseguire anche attraverso il taglio di 2.600 dipendenti e 500 filiali, con l’obiettivo di garantire una redditività del capitale dell’11% e di conseguire una solida posizione sia patrimoniale (con un indicatore Ceti al 13,5%) che di liquidità (liquidity coverage ratio del 140%). Se tutto andrà bene, a partire dal difficile aumento di capitale da 5 miliardi che servirà a deconsolidare 27,6 miliardi di sofferenze e ad alzare al 42% la copertura sui crediti deteriorati ancora in portafoglio, sarà questa la nuova banca che l’ad Marco Morelli promette di «vendere» agli investitori nel corso del road show che inizia oggi. «E’ un piano che ha assunzioni abbastanza conservative sia dal punto di vista dei ricavi che dei costi, e basato sul lavoro importante di ridefinizione dell’approccio commerciale» ha detto Morelli, sottolineando che l’obiettivo è riportare Mps ad mere una banca con «un ruolo rilevante sul territorio nazionale». Per rilanciare l’attività Mps accelererà una digitalizzazione e si focalizzerà sui clienti retail (spingendo sull’on-line), le pmi e i clienti facoltosi, a cui si dedicheranno invece i gestori. I ricavi sono visti in crescita a 4,5 miliardi (5%) nel 2019 ma con un «upside» potenziale di 1 miliardo se Mps riuscirà ad adeguarsi alle migliori competitor, mentre le perdite su crediti scenderanno da 1,5 a 0,5 miliardi, anche grazie a una più attenta gestione del rischio, e i costi operativi dell’8% a 2,2 miliardi. I 2.900 esuberi saranno in parte mitigati da 300 assunzioni. «Siamo fiduciosi nel nuovo corso» ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, sottolineando che le uscite andranno gestite con «prepensionamenti volontari e incentivati». Anche dalla Uilca e dalla First-Cisl sono arrivate parole di incoraggiamento a Morelli, nella consapevolezza che dalla partita su Mps dipende «la stabilità dell’intero settore». A fine piano, grazie alla pulizia dei crediti deteriorati, il loro peso sul totale del portafoglio scenderà dal 34,9% al 16%. II lavoro è già iniziato nell’ultime trimestre, con 750 milioni di rettifiche che hanno portato i conti dei nove mesi in rosso per 849 milioni. Lo spettro del bail-in ha anche fatto perdere 6,6 miliardi di raccolta, in scia alle turbolenze dei mercati e alla pubblicazione degli stress test tra luglio e agosto, portando i deflussi del 2016 a 14 miliardi (-11,6%). Tra le novità emerse ieri l’offerta da 520 milioni di Icbpi per il business del Merchant Acquiring (carte di credito e sistemi di pagamento), con cui Mps tratterà in esclusiva fino a fine anno. In Borsa Mps ha vissuto una seduta di grande volatilità. Dopo una partenza a razzo il titolo ha invertito bruscamente la rotta, complice anche il 100% messo a segno nelle sedute precedenti, chiudendo con un tonfo del 15% a 0,29 euro. «Non mi sento di fare nessun commento sul titolo, mi sto occupando della banca» ha detto Morelli. Per il broker Findendis le azioni sono sopravvalutate in quanto Mps, capitalizzando un miliardo, esprime un multiplo di 0,6 volte il patrimonio netto. «II rialzo del titolo è ingiustificato» si legge in una nota, e si sottolinea che il team chiave è che non conosciamo chi sottoscriverà l’aumento da 5 miliardi».
Giornale 26/10/2016
Aumento Mps appeso al referendum – Restelli Massimo
Il Monte Paschi accelera la caccia del cavaliere bianco disposto a fare da «perno» del maxi-rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi, atteso al via il 7-8 dicembre. Un passo considerato fondamentale per avviare il percorso ufficializzato ieri dall’ad Marco Morelli insieme al nuovo piano industriale che promette 1,1 miliardi di utili al 2019, accanto alla chiusura di 500 filiali e 2.600 esuberi. L’impegno dell’anchor investor potrebbe essere di 1-1,5 miliardi, cui sommare un paio di miliardi dalla conversione dei bond subordinati e altrettanti di mezzi freschi. L’altra grande incognita è il referendum del 4 dicembre: Morelli ha definito «inutile» commentare l’esito della consultazione popolare, ma la fattibilità dell’intero impianto resta appesa all’impatto del voto sul listino. Come era accaduto con la Brexit, è la cosiddetta clausola di macro condition e «anche noi l’abbiamo», ha confermato l’ad, aggiungendo che la banca pagherà il consorzio di garanzia solo se ci sarà l’operazione. A dicembre si giocherà, quindi, sia la credibilità del governo sia il destino della terza della banca del Paese, di cui lo Stato possiede il 4% come eredità dei Monti bond. Il road show proseguirà a Londra e New York, ma la prima risposta del mercato non è delle migliori. Dopo uno strappo di oltre il 20%, il titolo ha infatti cambiato direzione proprio mentre Morelli illustrava il piano e poi ha chiuso in calo del 14,99% a 0,29 euro tra volumi pari al 12% del capitale. Gli investitori, hedge fund in testa, hanno iniziato a monetizzare i guadagni (Mps è raddoppiato in pochi giorni) mentre nelle sale operative si affaccia qualche perplessità sull’avanzamento dell’iter di risanamento della banca. Mps ha chiuso i nove mesi con un inaspettato rosso di 849 milioni, dopo un’altra pulizia di bilancio per 750 milioni; giù i ricavi (-16,6%). La road map senese prevede l’assemblea dei soci il 24 novembre, con una probabile raccolta delle deleghe di voto per garantire il quorum. Subito dopo ci sarà la conversione volontaria del debito subordinato e quindi la ricapitalizzazione e la cessione di 27 miliardi di sofferenze. Le azioni saranno raggruppate 100 a 1 e non ci sarà il diritto d’opzione. I vecchi azionisti avranno solo una prelazione, come fosse uri Ipo. Non ci saranno corsie preferenziali per analizzare i conti, ha poi assicurato Morelli, dando un’indiretta risposta a Corrado Passera sostenitore di un «piano B» per il rilancio. Gli investitori sono chiamati a puntare sulla Rocca sulla scorta del nuovo piano industriale che punta su una ma a ore spinta commerciale e sulla multicanalità: nel 2018 i conti dovrebbero tornare in utile per un miliardo, quindi 1,1 miliardi l’anno successivo a fronte di ricavi per 4,5 miliardi (5%) e a un Cet 1 al 13,5%. I costi scenderanno a 2,2 miliardi (-8%), con la riduzione da 2mila a 1.500 filiali e il taglio di 2.600 addetti, oltre il 10% dell’organico (25mila). Mps sarà tra le prime a sfruttare i 670 milioni di aiuti che il governo stanzia in Finanziaria, ma verserà anch’essa 550 milioni sul Fondo esuberi. Previste poi 300 assunzioni. Le uscite «dovranno essere tutte volontarie e incentivate», ha detto il capo della Fabi Lando Maria Sileoni. intanto l’Icbpi ha presentato un’offerta per comprare, per 520 milioni, le attività di gestione dei pagamenti delle carte di credito.
Giornale di Vicenza 26/10/2016
«Se con la fusione siamo appetibili pronti a parlarne» – Bassan Roberta
«La fusione tra BpVi e Veneto Banca sarebbe un disastro dal punto di vista occupazionale, mi viene male alpensiero di un centinaio di filiali da chiudere, perché sovrapposte sulla stessa piazza. Mion ci ha detto chiaramente che nessuno metterà un centesimo sulle due banche, se quindi la fusione è l’unica strada per far sì che qualcuno possa valutarne l’acquisizione, allora siamo pronti a parlarne». Sul tema nozze con l’altra ex Popolare salvata da Atlante i sindacati avevano fin qui alzato le barriere. Ieri, alla vigilia del Cdadi BpVi, Mauro Turatello, coordinatore Fabi, ha cominciato ad abbattere lo steccato della fusione tra le due banche che condividono lo stesso proprietario. E lo ha fatto nel mezzo della prima manifestazione davanti al quartier generale che i sindacalisti di vecchia data ricordino, presenti un centinaio di attivisti di Fabi, First Cisl, Cgil Fisac, Unisin da tutta Italia, preceduta da un’assemblea in sala Pavesi «con 250 persone, per la prima volta una partecipazione così ampia», un terzo dei dipendenti del centro direzionale, servizi del back office, Immobiliare stampa che fanno capo a via Framarin. Con loro anche la Uilca che ha tenuto la sua assemblea l’altro ieri e ieri ha partecipato alla manifestazione «per condividere – haspiegato Luca Lambrocco – un percorso comune senza divisioni, ma con intenti unitari per pesare di più in sede di trattativa». LAVORO. A tenere banco diversi temi con il filo conduttore della difesa dei dipendenti. A cominciare dal posto di lavoro minato da un piano industriale «che ancora non c’è» su cui «siipotizza un taglio di 1.400.500 persone, in realtà «per dimenticare i veri problemi dalle sofferenze, agli immorali compensi dei top manager, alle litigation con i soci, agli elevati costi amministrativi e delle consulenze, al ritardo vergognoso nell’azione di responsabilità». «Senza il costo del personale – evidenziano – la semestrale avrebbe chiuso in perdita comunque di 600 milioni (su -795 milioni), quindi il problema non siamo noi». FACCIA. Oltre alla difesa del posto di lavoro c’è quello della faccia: «Manifestiamo anche per avvicinarci alla gente e dire che siamo bancari e non banchieri, noi stessi siamo vittime e traditi tre volte: abbiamo perso i nostri risparmi perché avevamo comprato azioni, rischiamo il posto di lavoro e continuiamo ad avere pressioni commerciali. Ieri per vendere le azioni e oggi per vendere altri prodotti, non da ultimi i finanziamenti alle imprese con l’ultima operazione commerciale. Per questo diciamo al vicedirettore generale vicario Iacopo De Francisco che sostiene il buon clima in banca, che non è affatto vero» LICENZIAMENTI Il timore poi, esprimono Helga Boscato (Fabi) e Paolo Ghezzi (First/-Cisl), è che BpVi possa fare da «apripista» nel settore bancario a licenziamenti collettivi: «Con il fondo esuberi siamo in grado di favorire l’uscita di 6-700 colleghi in 5 anni, per il resto non vogliamo sentire parlare di legge 223 sui licenziamenti collettivi o di Naspi, che nel nostro settore non esiste». FUSIONE Alle barriere su vari temi fa da contraltare l’apertura su un tabù, la fusione con Veneto Banca. Unisin a metà ottobre aveva annunciato l’apertura di un tavolo comune con i sindacalisti di Montebelluna, con l’obiettivo di fare una squadra unica. Ieri, dopo aver auspicato sinergie, ha fatto capolino anche la parola nozze.
Italia Oggi 26/10/2016
I sindacati fiduciosi: positive le assunzioni
«Siamo fiduciosi nel nuovo corso di Mps, anche perché il gruppo non poteva diventare un ring dove si combatteva per fini che esulavano dal rilancio dell’azienda. II fatto che siano previste nuove assunzioni è di buon auspicio. Le uscite dovranno invece essere gestite attraverso prepensionamenti volontari e incentivati e la stessa semplificazione organizzativa del gruppo lascia ben sperare»: lo ha affermato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato di maggioranza dei bancari, a margine dell’incontro che si è svolto ieri mattina con i vertici dell’istituto senese. «La posta in gioco adesso non riguarda solo il rilancio del gruppo, ma la stabilità dell’intero settore e lo stesso mantenimento dell’italianità delle aziende bancarie del nostro paese. Mi auguro inoltre che il governo contribuisca a incrementare le risorse del nostro fondo esuberi». ***
Liberta’ 26/10/2016
Mps taglia 500 filiali. Via 2.600 dipendenti – Algisi Paolo
MILANO- Un obiettivo di 1,1 miliardi di utile nel 2019, da conseguire anche attraverso il taglio di 2.600 dipendenti e 500 filiali, con l’obiettivo di garantire una redditività del capitale dell’11% e di conseguire una sonda posizione sia patrimoniale (con un indicatore Cet1 al 13,5%) che di liquidità (liquidity coverage ratio del 140%). Se tutto andrà bene, a partire dal difficile aumento di capitale da 5 miliardi che servirà a deconsolidare 27,6 miliardi di sofferenze e ad alzare al 42% la copertura sui crediti deteriorati ancora in portafoglio, sarà questa la nuova banca che l’ad Marco Morelli promette di "vendere" agli investitori nel corso del road show che inizierà oggi. «E’ un piano che ha assunzioni abbastanza conservative sia dal punto di vista dei ricavi che dei costi, e ovviamente basato sul lavoro molto importante di ridefinizione dell’approccio commerciale» ha detto Morelli, sottolineando che l’obiettivo è riportare Mps ad essere una banca con «un ruolo rilevante sul territorio nazionale». Per rilanciare l’attività Mps accelererà la digitalizzazione e si focalizzerà sui clienti retail (spingendo sull’on-line), le pmi e i clienti facoltosi, a cui si dedicheranno invece i gestori. I ricavi sono visti in crescita a 4,5 miliardi ( 5%) nel 2019 ma con un "upside" potenziale di 1 miliardo se Mps riuscirà ad adeguarsi alle migliori competitor sul mercato, mentre le perdite su crediti scenderanno da 1,5 a 0,5 miliardi, anche grazie a una più attenta gestione del rischio, e i costi operativi dell’8% a 2,2 miliardi. I 2.900 esuberi saranno in parte mitigati da 300 assunzioni. «Siamo fiduciosi nel nuovo corso» ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, sottolineando che le uscite andranno gestite con «prepensionamenti volontari e incentivati». Anche dalla Uilca e dalla First-Cisl sono arrivate parole di incoraggiamento a Morelli, nella consapevolezza che dalla partita su Mps dipende «la stabilità dell’intero settore». A fine piano, grazie alla pulizia dei crediti deteriorati, il loro peso sul totale del portafoglio scenderà dal 34,9% al 16%. Il lavoro è già iniziato nell’ultime trimestre, con 750 milioni di rettifiche che hanno portato i conti dei nove mesi in rosso per 849 milioni. Lo spettro del ball-in ha anche fatto perdere 6,6 miliardi di raccolta, in scia alle turbolenze dei mercati e a
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