LA FABI CONTRO BANKITALIA
Sulla stampa di oggi la forte presa di posizione del sindacato contro l’ipotesi di licenziamenti nella Cassa di Risparmio di Ferrara. Sileoni: “Le Politica si ribelli. Così Bankitalia mette in mezzo alla strada lavoratori e risparmiatori”.
Brescia Oggi 30/12/2016
Ubi-good bank slitta Per la spa il «sostegno» del fondo Atlante
Slitta con molta probabilità a inizio 2017 la cessione delle 3 good bank (Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti) a Ubi, che per ò incassa il sostegno del Fondo Atlante ormai libero dall’operazione Mps dove l’intervento dello Stato ha superato la maxi operazione di smobilizzo delle sofferenze. IL FONDO rileverà i due terzi dei 3,7 miliardi di crediti ancora in portafoglio, così da permettere alla spa guidata da Victor Massiah di rilevare le tre banche ripulite da buona parte dei propri Npl. Una decisione che sarà sancita dai Consigli delle good bank oggi, ma che fa slittare ad almeno dopo l’Epifania l’operazione. Ubi poi deve ancora dare l’assenso finale considerato il fabbisogno di capitale, cui comunque dovrà fare fronte. C’è anche chi sostiene che il prolungarsi dei tempi sia dovuto a una richiesta di Bruxelles a Bankitalia, per rispettare le procedure d’asta, di compiere un giro di consultazioni fra i potenziali offerenti. L’offerta di Ubi sarebbe inferiore a quelle del passato e già giudicate non congrue. Bankitalia, quindi, dovrebbe chiedere agli altri potenziali interessati un loro eventuale interesse a rilevare le banche in questione alle stesse condizioni di Ubi. In acque agitate, invece, la quarta banca, la piccola Carife dove il sindacato Fabi ha tuonato contro la Banca centrale, azionista unico tramite il fondo di risoluzione che avrebbe minacciato la liquidazione coatta se non dovessero passare i licenziamenti collettivi. Sullo sfondo c’è la cessione a un terzo soggetto, forse la Bper ma a patto di un drastico ridimensionamento del perimetro aziendale. Se la vicenda delle banche in risoluzione sembra aver incasellato quasi tutti i tasselli (nel decreto Mps c’era anche l’ammortamento in più anni del «conguaglio» dei versamenti al fondo di risoluzione), resta aperto il tema dell’obbligo di trasformazione in spa delle popolari, scadenza che verrà decisa in via giudiziale. Nel decreto mille proroghe approvato dal Governo nel suo ultimo provvedimento dell’anno non è stata inserita la sospensiva del vincolo. Per le due realtà rimanenti, la Popolare di Bari e la Popolare di Sondrio, tutto è fermo per il verdetto dei tribunali di Milano e Bari in ossequio a quanto disposto dal Consiglio di Stato a metà dicembre su ricorso di alcuni soci. L’organo amministrativo tornerà a riunirsi il 12gennaio per confermare o meno quella decisione. Certo dovrà tener conto del rigetto, da parte della Corte Costituzionale, del ricorso della Regione Lombardia. ***
Corriere della Sera 30/12/2016
Salvataggi – Ubi: un euro per Etruria, Banca Marche e Chieti – Massaro Fabrizio
Un prezzo simbolico di 1 euro per Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti. E’ quanto mette sul piatto Ubi per accollarsi le tre good banks nate l’anno scorso dalla risoluzione delle vecchie banche con 1,8 miliardi di nuovo patrimonio versato dal Fondo di risoluzione, cioè dalle altre banche italiane. Lo stesso dovrebbe fare Bper per prendere CariFerrara, il più malconcio degli istituti affidati un anno fa a Roberto Nicastro. Ormai appare chiaro che si andrà ai primi di gennaio, dopo l’epifania. Ieri non si è giunti alle offerte vincolanti di Ubi ma è stato smarcato uno dei punti delicati ancora aperti: la vendita di 2,3 miliardi di crediti in sofferenza (pari a due terzi del totale) al Fondo Atlante 2, che ha effettuato un’offerta a circa il 30% del nominale, così che Ubi e Bper possano rilevare le banche ripulite. I board delle tre good banks dovrebbero votare oggi la cessione delle sofferenze (npl). Ieri i consigli di UBI hanno effettuato un aggiornamento sul dossier in attesa di risolvere altri punti come la permanenza dei contenziosi legali in capo alle vecchie banche e non alle good banks, nonché la possibilità di compensare perdite e utili futuri, il riconoscimento del badwill e l’uso dei modelli interni. L’impegno di Ubi sarà di 400-500 milioni di aumento di capitale dopo l’acquisto delle tre banche, dopo che saranno state a loro volta ricapitalizzate per 25o milioni dal Fondo di risoluzione. L’anno scorso il fondo aveva ricevuto un prestito-ponte da i,6 miliardi da un pool di banche, ora sostituito con il versamento di due annualità di contributi al fondo, come richiesto da Bankitalia. Resta il nodo CariFerrara, che di fatto dimezzerà i dipendenti dai circa 800 attuali, come condizione per essere comprata da Bper. «Bankitalia celebra il funerale di CariFerrara?», ha protestato il segretario generale Fabi, Lando Maria Sileoni, parlando di «pistola alla tempia ai lavoratori» e chiedendo perché la Banca d’Italia «abbia scelto quale unica e conclusiva soluzione l’applicazione della legge 223 sui licenziamenti collettivi o, in alternativa, la messa in liquidazione» dell’istituto.
Gazzetta del Mezzogiorno 30/12/2016
Popolari, niente proroga ora la parola alla Consulta
Slitta a inizio 2017 la cessione delle tre good bank a Ubi, che per ò incassa il sostegno del Fondo Atlante oramai libero dall’operazione Mps dove l’intervento dello Stato ha superato la maxi operazione di smobilizzo delle sofferenze. Il fondo rileverà i due terzi dei 3,7 miliardi di crediti ancora in portafoglio, così da permettere a Ubi di rilevare le tre banche ripulite da buona parte dei propri Npl. Una decisione che sarà sancita dai consigli delle good bank ma che fa appunto slittare ad almeno dopo l’Epifania l’operazione. Ubi poi deve ancora dare l’assenso inale considerato il fabbisogno di capitale, cui comunque dovrà fare fronte. C’è anche chi sostiene che lo slittamento sia dovuto a una richiesta di Bruxelles alla Banca d’Italia, per rispettare le procedure d’asta, di fare un giro di consultazioni fra i potenziali offerenti. L’offerta di Ubi, infatti, sarebbe inferiore a quelle arrivate in passato e già giudicate non congrue. Bankitalia dovrebbe chiedere così agli altri offerenti un loro eventuale interesse a rilevare le banche in questione alle stesse condizioni di Ubi. In acque agitate è invece la quarta banca, la piccola Carife dove il sindacato Fabi ha tuonato contro la Banca d’Italia, azionista unico tramite il fondo di risoluzione che avrebbe minacciato la liquidazione coatta se non dovessero passare i licenziamenti collettivi. Sullo sfondo c’è la cessione a un terzo soggetto, forse la Bper ma a patto di un drastico ridimensionamento del perimetro aziendale. Ma se la vicenda delle banche in risoluzione sembra aver incasellato quasi tutti i tasselli (nel decreto Mps c’era anche l’ammortamento in più anni del «conguaglio» dei versamenti al fondo di risoluzione), resta aperto il tema dell’obbligo di trasformazione in Spa delle popolari, scadenza che verrà decisa in via giudiziale. Nel decreto milleproroghe approvato dal governo nel suo ultimo provvedimento dell’anno infatti non è stata inserita la sospensiva dell’obbligo di trasformazione in spa delle Popolari per «congelare» il termine scaduto il 27 dicembre scorso. Per le due banche rimanenti, la Popolare di Bari e la Popolare di Sondrio, tutto è fermo così per decisione giudiziaria dei tribunali di Milano e Bari in ossequio a quanto disposto dal Consiglio di Stato a metà dicembre su ricorso di alcuni soci. L’organo amministrativo tornerà a riunirsi il 12 gennaio per confermare o meno quella decisione. Certo dovrà tener conto del rigetto, da parte della Corte Costituzionale, del ricorso della Regione Lombardia dove la Suprema Corte ha giudicato fondato l’uso del decreto legge. Ma sempre presso la Consulta pende ancora la decisione sul diritto di recesso (i cui limiti stabiliti dalla Banca d’Italia potranno così essere rimossi in maniera totale o parziale) e quindi da quella sentenza arriverà l’ultima parola sulla trasformazione. La Corte presumibilmente darà un periodo di tempo per la convocazione delle assemblee, ma appunto un termine a giugno avrebbe significato per le banche una maggiore e più comoda programmazione.
Libero Quotidiano 30/12/2016
Su CariFerrara Bankitalia tagliatore di teste – Spampinato Antonio
Metà dei dipendenti di CariFerrara perderà probabilmente il posto di lavoro. Una pessima notizia che suona ancora più sinistra se si considera che l’ordine proviene direttamente da Banca d’Italia. A pronunciare la sentenza è stato Roberto Nicastro, il presidente della banca-ponte nata dalle ceneri di Etruria, CariChieti, Banca Marche e, appunto, CaraFerrara, ma il regista si trova dentro le stanze dell’istituto di via Nazionale. Se il piano di esodo volontario non darà gli effetti sperati, 400 bancari su 847 totali della Nuova Cassa Ferrara dovranno lasciare la loro scrivania d’imperio. Così chi guida palazzo Koch, pur di rendere anche la quarta banca presentabile a un compratore, probabilmente Bper, si trasformerà in un freddo tagliatore di teste. Eppure sempre in quelle stanze dello stesso palazzo romano si sono succeduti coloro che hanno permesso si arrivasse a questo punto. E ora è stata scelta la via più drammatica ma anche più semplice. «Vogliamo conoscere, in via ufficiale, le motivazioni per le quali sembrerebbe che Bankitalia, prima azionista della CariFerrara e rappresentata localmente da suoi emissari, abbia scelto quale unica e conclusiva soluzione, nelle trattative in corso per il salvataggio della banca, l’applicazione della legge 223 sui licenziamenti collettivi o, in alternativa, la messa in liquidazione della stessa azienda». Una richiesta legittima quella di Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari. Ma oltre alle motivazioni sarebbe il caso che arrivassero anche proposte alternative. Per non fare pagare il conto di una gestione fallimentare solo ai dipendenti e ai risparmiatori.
Messaggero 30/12/2016
Good bank, la Bce si mette di traverso e rinvia la vendita – r.dim
ROMA Bce interviene nuovamente a gamba tesa sulle good bank rinviandone la vendita a gennaio: prima di chiudere, vanno risentiti i precedenti pretendenti che avevano presentato offerte non binding. Ieri, secondo quanto risulta al Messaggero, a ridosso del cdg e del cds di Ubi convocati a Milano per deliberare l’offerta sulle nuove Banca Etruria, Banca Marche e Cassa Chieti, Bankitalia, tramite il Fondo di Risoluzione (FdR), avrebbe frenato le trattative per conto della Vigilanza europea, d’intesa con Bruxelles. La quarta good bank, Cassa Ferrara invece, sarebbe nel mirino di Bper: questo negoziato per ò sarebbe a uno stadio meno avanzato e pertanto da FdR non sarebbe arrivato alcuno stop a Modena. Ieri sera intanto, alle banche italiane sarebbe pervenuta la lettera di FdR con cui «si richiamano due annualità» con riserva «di indicare con successivo provvedimento le modalità e i termini dei predetti contributi» con possibilità anche di riconsiderare la decisione». Gli istituti dovrebbero versare in tutto circa 1,5 miliardi necessari per far fronte alla vendita delle good bank. va ricordato che già a fine settembre l’intervento della Bce fren ò Ubi. Siccome la proposta finale di Victor Massiah sarebbe peggiorativa rispetto alle precedenti manifestazioni di interesse, la Bce ritiene che per garantire la concorrenza, vada rifatto il sondaggio nei confronti di coloro che in estate si erano fatti avanti: Apollo, Lone Star, Cerberus che per ò si è ritirata quasi subito, più Bper, allora interessata a un paio di banche-ponte e Popolare Bari che aveva messo nel mirino Chieti. Sembra che il sondaggio partirà oggi stesso e FdR darebbe tempo di formalizzare un eventuale interesse entro la fine della prossima settimana. Quindi ci sarebbero due settimane a disposizione per compiere una nuova due diligence. Tempi allungati per definire la vendita. Oggi in successione, si riuniranno i quattro consigli delle good bank per deliberare la cessione di circa 2,4 miliardi di sofferenze lorde ad Atlante: ieri il comitato investimento del fondo gestito da Quaestio, non senza discussioni e distinguo, avrebbe dato l’ok all’operazione che è uno dei tasselli della vendita. Sarebbe slittato invece, il closing del bridge da 1,4 miliardi che Intesa Spa, Unicredit, Ubi, Banco Popolare, CreVal e Popolare di Sondrio avrebbe concesso a Rev per rimborsare le quattro banche da un prestito di pari importo ricevuto nei mesi scorsi per acquistare i crediti deteriorati. Sulla Carife invece, la Fabi è scesa in campo pesantemente in quanto il Fondo di risoluzione pretende 400 esuberi contro una rispondenza ai criteri di 250: secondo Fabi gli altri 150 verrebbero licenziati. «Vogliamo conoscere, in via ufficiale, le motivazioni per le quali sembrerebbe che Bankitalia, prima azionista della Cariferrara, abbia scelto quale unica e conclusiva soluzione, nelle trattative in corso per il salvataggio della Carife, l’applicazione della legge 223 sui licenziamenti collettivi o, in alternativa, la messa in liquidazione della stessa azienda», tuona il leader Lando Sileoni.
Mf 30/12/2016
Carife, tornano i tagli Sileoni contro Bankitalia – Brustia Carlo
Svolta negativa nelle trattative sui 400 esuberi Carife. Nel documento presentato ieri ai sindacati è ricomparso l’obbligo a ricorrere alla procedura di licenziamenti collettivi in caso di mancato raggiungimento di un sufficiente numero di esodi volontari. «Vogliamo conoscere in via ufficiale le motivazioni per le quali sembrerebbe che Bankitalia, prima azionista della CariFerrara e rappresentata localmente da suoi emissari, abbia scelto quale unica e conclusiva soluzione, nelle trattative in corso per il salvataggio della banca, l’applicazione della legge 223 sui licenziamenti collettivi o, in alternativa, la messa in liquidazione della stessa azienda», è stata la reazione di Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. «In un colpo solo quindi l’istituto di vigilanza metterebbe in mezzo a una strada dipendenti e risparmiatori. Non si pu ò tollerare che nelle trattative in corso di fronte all’atteggiamento responsabile dei lavoratori si risponda puntando loro la pistola alla tempia. Se queste saranno le uniche condizioni presentate dalla CariFerrara, non ci sarà nessun tipo di accordo». (riproduzione riservata)
Repubblica 30/12/2016
Carife, arrivano i licenziamenti Fabi accusa Bankitalia – Greco Andrea
PRECEDENTE pericoloso nel negoziato per vendere Cariferrara a Bper. La forzosa cessione della "good bank" Cenerentola ( quella che Ubi non ha voluto ) pu ò sdoganare la temibile legge 223 sui licenziamenti collettivi in banca. Nel caso toccherebbe a 400 dipendenti della Cassa su 847. Solo un centinaio tra questi sono coperti dagli "scivoli" verso la pensione del Fondo esuberi. Per gli altri il proprietario ha fatto capire che o lasciano, o la banca andrà in liquidazione. Fatto significativo, da un anno il proprietario è Bankitalia, che è l’autorità di risoluzione. «In un colpo la vigilanza metterebbe per strada dipendenti e risparmiatori – tuona Lando Sileoni, segretario della Fabi – Non si pu ò tollerare che di fronte all’atteggiamento responsabile dei lavoratori si risponda puntando loro la pistola alla tempia». I sindacati temono che, con alle porte i riassetti Mps, Veneto-Vicenza, Carige, a Ferrara si aprano le cateratte.
Resto del Carlino Ferrara 30/12/2016
Carife, incubo licenziamenti – Carife, la scure dei licenziamenti
«Abbiamo la pistola alla tempia» – Lolli Stefano
«BANKITALIA celebra il funerale di Carife?». La sferzata di Lando Siloni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari, arriva poco dopo le 16. Da un paio d’ore la trattativa è in fase di stallo, la distanza tra le parti che mercoledì aveva segnato un timido avvicinamento, è tornata abissale. Perchè l’azienda, rappresentata al confronto dall’amministratore delegato Giovanni Capitanio, ha manifestato la volontà di non scendere di molto (o addirittura per nullo) dal numero dei 400 dipendenti da tagliare. Ed anzi, se il sindacato non agevolerà un accordo sugli esodi volontari e incentivati, è pronta ad applicare la legge 223 sui licenziamenti collettivi. LA PAROLA licenziamento, che in questi giorni non era mai stata neppure evocata, ieri invece è spuntata. Nero su bianco, in una bozza di documento che i sindacati hanno definito irricevibile. L’incontro, iniziato ieri alle 9.30, è stato sospeso per buona parte del pomeriggio ed è ripreso solo attorno alle 18. Ma in un clima di freddezza e sfiducia per una conclusione positiva e rapida della vertenza, dolorosa e spinosissima da qualunque parte la si guardi. «Vogliamo conoscere, in via ufficiale, le motivazioni per le quali sembrerebbe che Bankitalia, prima azionista della Cariferrara e rappresentata localmente da suoi emissari — tuona Lando Sileoni —, abbia scelto quale unica e conclusiva soluzione l’applicazione della legge 223 sui licenziamenti collettivi o, in alternativa, la messa in liquidazione della stessa azienda. Questo è quello che è stato dichiarato ai rappresentanti sindacali aziendali e nazionali presenti in trattativa». In pratica, alle richieste dei sindacati — che chiedevano di ridurre significativamente il numero dei dipendenti da ‘esodare’, aumentando peraltro l’ammontare degli incentivi —, Nuova Carife ha opposto i muscoli. Ovviamente spalleggiata, secondo il segretario del Fabi, da Bankitalia: «In un colpo solo quindi l’istituto di vigilanza metterebbe in mezzo a una strada dipendenti e risparmiatori. Non si pu ò tollerare che, nelle trattative in corso, di fronte all’atteggiamento responsabile dei lavoratori, si risponda puntando loro la pistola alla tempia. Se queste saranno le uniche condizioni presentate dalla Carife — incalza Sileoni —, non ci sarà nessun tipo di accordo, né ci impensieriscono le giustificazioni e gli alibi sul ruolo della Bce, né tantomeno accetteremo la logica delle scorciatoie sulla pelle dei dipendenti per la successiva acquisizione dell’istituto da parte di un altro gruppo bancario. Vogliamo poi ricordare a tutti che l’assemblea del personale ha deciso che un eventuale accordo, per essere applicato, dovrà poi passare al vaglio della stessa assemblea dei lavoratori. Se vivessimo in un Paese civile, tutte le forze politiche italiane dovrebbero ribellarsi a un aut aut del genere: o si accettano i licenziamenti o la banca va in risoluzione, dichiarato da chi dovrebbe garantire banca, clienti e lavoratori». IL SINDACATO, nella propria controproposta, chiedeva oltre alla riduzione dei tagli, di portare gli incentivi per i dipendenti che non avranno lo scivolo pensionistico sino a due anni di stipendio. Ma è scattato il muro contro muro, e la situazione si è fatta rovente.
Resto del Carlino Ferrara 30/12/2016
«Compromesso il patrimonio, l’alternativa è la liquidazione» – s.l
PER LA VENDITA di Nuova Carife in zona Cesarini a Bper Banca, unico potenziale acquirente, la strada obbligata sembra la riduzione del costo del lavoro di almeno il 50% con una riduzione di 400 dipendenti. Per raggiungere l’obiettivo, l’ente ponte, che ha come azionista l’Autorità di Risoluzione (ovvero Banca d’Italia) ha proposto ai sindacati un testo in cui si prevede l’apertura della procedura della legge 223 sui licenziamenti collettivi, in modo da attivare il fondo emergenziale. Il principale strumento a disposizione del settore, il fondo esuberi, nel caso di Ferrara non è sufficiente. La platea dei potenziali aderenti (quelli con un massimo di sette anni mancanti per maturare i requisiti pensionistici) è di 150 lavoratori, troppo pochi per raggiungere il target fissato da Nicastro. Gli altri 250 lavoratori considerati in esubero (perchè l’azienda non sembra disposta a scendere molto, al di sotto della soglia dei 400 tagli) verrebbero coperti dal fondo emergenziale’, un ammortizzatore sociale che offre un sostegno per un massimo di 24 mesi. Il trend economico negativo «ha compromesso gli indicatori di solidità patrimoniale della banca — si legge nella bozza presentata ai sindacati — scoraggiando i potenziali investitori».Per rendere appetibile Nuova Carife, è quindi necessaria «una rigorosa politica di riduzione strutturale dei costi», tra i quali il costo del personale, tale da ridare al gruppo una situazione economica di maggior equilibrio e di «salva-guardare, almeno parzialmente, l’occupazione». In assenza di acquirenti, infatti, lo scenario è la liquidazione, con conseguente perdita di tutti i posti di lavoro. SULLA VICENDA Carife ieri è tornato a parlare, alla trasmissione Sky Tg Economia, Luigi Marattin, consigliere economico dell’ex premier Renzi: «Sono venuti al pettine i nodi di una gestione inefficiente e clientelare — ha affermato l’esponente del Pd, riferendosi ovviamente all’epoca pre commissariamento —; la banca ha molti dipendenti, quasi il doppio rispetto a istituti con una capitalizzazione analoga. E quindi rischiano un taglio, che auspico non sia così ampio come annunciato». A chi gli chi chiedeva se nella vicenda non ravvisasse qualche colpa di Bankitalia, Marattin ha risposto ‘assolvendo’ di fatto via Nazionale: «Non escludo che qualcosa poteva esser fatto meglio, ma non avrebbe risolto il problema alla radice».
Secolo XIX 30/12/2016
Slitta a gennaio la vendita di Etruria & C CariFerrara, ultimatum sui licenziamenti –
Spini Francesco
MILANO. Slitta al 2017, nei primi giorni di gennaio (probabilmente dopo l’Epifania), l’acquisizione da parte di Ubi Banca di tre delle quattro banche che nel novembre del 2015 costituirono una specie di prova generale dell’attuale «bail in» (il salvataggio interno) per evitare la liquidazione, e che misero in ginocchio centinaia di possessori di obbligazioni subordinate. Le nuove Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti – nate nell’ambito della procedura di risoluzione che le scorpor ò dalle «bad bank», cariche dei crediti deteriorati – dovevano finire alla banca guidata da Victor Massiah entro il 31 dicembre. Per lo meno anche alla Vigilanza della Bce le attese erano queste, visto che proprio a questo giornale Ignazio Angeloni, membro del consiglio guidato da Danièle Nouy, pochi giorni fa aveva confidato la «fondata speranza» di Francoforte di veder chiusa l’operazione «in tempo utile». Invece no. II termine del 31 dicembre non è perentorio, ma legato ai contributi delle banche al Fondo di Risoluzione. Insomma, il termine potrà essere sforato senza conseguenze. E così sarà. Ieri si sono riuniti i consigli di gestione e di sorveglianza di Ubi Banca. I consiglieri sono stati informati dello stato dell’arte della trattativa, avanzatissima, ma per la firma l’appuntamento è stato dato a gennaio. Non ci dovrebbero essere intoppi: Ubi ha ottenute molte concessioni da Francoforte. II passaggio avverrà a un prezzo simbolico, la banca bresciana potrà estendere l’applicazione dei modelli interni sui rischi, godere di 600 milioni e passa di crediti fiscali, degli avviamenti negativi. Prima del passaggio il Fondo di Risoluzione ricapitalizzerà le tre banche per una cifra vicina ai 500 milioni per portare il loro indice patrimoniale Cetl al 9%, in seguito Ubi farà la sua parte con altri 350-400 milioni per mantenere il proprio indicatore all’11%. Prima della firma per ò ci sono ancora questioni legali da risolvere, inoltre va chiuso il cerchio sui crediti deteriorati successivamente alla risoluzione. Il comitato investimenti del fondo Atlante II ha dato il suo nulla osta all’acquisto di una fetta consistente di tali prestiti: circa 2,5 su 3,6 miliardi totali. Per oggi sono già stati preallertati i cda delle tre «good bank» guidate da Roberto Nicastro per il via libera alla vendita di tali crediti. All’appello, tra le «banche buone», ne manca una: Cari-Ferrara, la «Cenerentola» del gruppo. II suo acquisto è allo studio della Popolare dell’Emilia Romagna. Che per ò vuole una banca alleggerita dai costi. Il 21 dicembre l’istituto ha dichiarato 400 esuberi su 850 dipendenti. In 250 rischiano il licenziamento con 24 mensilità. Lando Sileoni, leader della Fabi, attacca: «Vogliamo conoscere, in via ufficiale, le motivazioni per le quali sembrerebbe che Bankitalia, prima azionista della CariFerrara, abbia scelto quale unica e conclusiva soluzione l’applicazione della legge 223 sui licenziamenti collettivi o, in alternativa, la messa in liquidazione della stessa azienda». In tal modo, dice Sileoni, Bankitalia «celebra il funerale di CariFerrara».
Sicilia 30/12/2016
Popolari e good bank tra rinvii e cessioni settore in fermento
ROMA. Slitta a inizio 2017 la cessione delle 3 good bank a Ubi, che per ò incassa il sostegno del Fondo Atlante ormai libero dall’operazione Mps dove l’intervento dello Stato ha superato la maxi operazione di smobilizzo delle sofferenze. Il fondo rileverà i due terzi dei 3,7 mld di crediti ancora in portafoglio, così da permettere a Ubi di rilevare le 3 banche ripulite da buona parte dei propri Npl. Una decisione che sarà sancita dai consigli delle good bank venerdì ma che fa appunto slittare a dopo l’Epifania l’operazione. Ubi poi deve ancora dare l’assenso finale considerato il fabbisogno di capitale, cui comunque dovrà fare fronte. C’è anche chi sostiene che lo slittamento sia dovuto a una richiesta Ue a Bankitalia, per rispettare le procedure d’asta con un giro di consultazioni fra i potenziali offerenti. L’offerta di Ubi, infatti, sarebbe inferiore a quelle arrivate in passato e giudicate non congrue. Bankitalia dovrebbe chiedere così agli altri offerenti un loro eventuale interesse a rilevare le tre banche alle stesse condizioni di Ubi. In acque agitate è invece la quarta banca, la piccola Carife dove il sindacato Fabi ha tuonato contro la Banca d’Italia, azionista unico tramite il fondo di risoluzione che avrebbe minacciato la liquidazione coatta se non dovessero passare i licenziamenti collettivi. Sullo sfondo c’è la cessione a un terzo soggetto, forse la Bper ma a patto di un drastico ridimensionamento del perimetro aziendale. Ma se la vicenda delle banche in risoluzione sembra aver incasellato quasi tutti i tasselli, resta aperto il tema dell’obbligo di trasformazione in Spa delle popolari, scadenza che verrà decisa in via giudiziale. Nel decreto Milleproroghe approvato ieri dal governo infatti non è stata inserita la sospensiva dell’obbligo di trasformazione in spa delle Popolari per "congelare" il termine scaduto il 27 dicembre scorso. Per le due banche rimanenti, la Popolare di Bari e la Popolare di Sondrio, tutto è fermo così per decisione giudiziaria dei tribunali di Milano e Bari in ossequio a quanto disposto dal Consiglio di Stato a metà dicembre su ricorso di alcuni soci. L’organo amministrativo tornerà a riunirsi il 12 gennaio per confermare o meno quella decisione. Certo dovrà tener conto del rigetto, da parte della Consulta, del ricorso della Regione Lombardia dove la Suprema Corte ha giudicato fondato l’uso del decreto legge. Ma sempre presso la Consulta pende ancora la decisione sul diritto di recesso e quindi da quella sentenza arriverà l’ultima parola sulla trasformazione. BANCHE, 2016 «HORRIBILIS" IN BORSA «Annus horribilis» per le banche italiane in Piazza Affari: l’indice Ftse Italia Banche ha perso in un anno più del 38% del suo valore sotto il peso di 360 mld di euro di sofferenze lorde, di cui una vigilanza europea inflessibile ha chiesto a più riprese lo smaltimento.
Sole 24 Ore 30/12/2016
Carife, dai sindacati no ai licenziamenti – Casadei Cristina
La trattativa tra i sindacati e Nuova Carife -che il 21 dicembre ha aperto una procedura per 400 esuberi su 850 lavoratori -scorre sempre di più sul filo politico e in uno scenario di forte contrapposizione tra la banca da un lato e i sindacati dall’altro. Delle 4 good bank, Nuova Carife è l’unica rimasta senza acquirente e che si ritrova oggi con un problema di forte tenuta dei conti. Fonti vicine al negoziato spiegano che la banca sta cercando di arrivare rapidamente a una sintesi con i sindacati perché la riduzione del personale è propedeutica alla cessione e ci sarebbe un termine al 31 dicembre da parte della Bce. I sindacati dal canto loro non sono disposti a nessuna accelerazione soprattutto perché vi è solo traccia parlata e non formale di un acquirente: i tempi della procedura 50 giorni sono e le sigle intendono prendersi tutto il tempo necessario a trovare la migliore soluzione per i lavoratori. Soluzione che non potrà essere i licenziamenti collettivi ex lege 223/1991. Le sigle non sono infatti disposte a mettere la loro firma su un accordo che non contempli la volontarietà delle uscite e a creare un precedente nel settore che ha sempre agevolato le uscite attraverso il fondo di solidarietà. Le trattative sono in corso e proprio ieri si è svolto un acceso incont
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