le=”text-align: justify”>Il segretario generale della FABI fa il punto sulla situazione nelle banche. Dal risparmio tradito e la necessità di recuperare la fiducia dei risparmiatori, agli esuberi da gestire: “Serve un cambio di passo, nuove prospettive anche nel prossimo rinnovo contrattuale”. Leggi gli articoli di oggi
Corriere del Veneto Venezia e Mestre 07/01/2017
«Sui rimborsi serve uno sforzo in più Le ex popolari vendano gli immobili» – Nicoletti Federico
VENEZIA Il piano rimborsi di Bpvi e Veneto Banca? «Serve uno sforzo in più. Le risorse si possono trovare vendendo parte del patrimonio immobiliare, che vale intorno agli 800 milioni». Resta al centro della scena d’inizio anno l’Offerta di transazione ai soci sulle azioni azzerate, che Popolare Vicenza e Veneto Banca presenteranno dopodomani a Padova. E non solo sul fronte politico, con il movimento Cinque Stelle che dal blog di Grillo annuncia il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo e chiede il rimborso totale, e l’ex sottosegretario Enrico Zanetti che replica dicendo che si tratta «della solita campagna elettorale a buon mercato, a spese delle sofferenze dei risparmiatori veneti». Sulla partita rimborsi, fondamentale sulla strada della fusione delle due ex popolari, prende posizione anche Lando Sileoni, segretario nazionale del sindacato autonomo dei bancari Fabi. Che mette le mani avanti sul ruolo del fondo Atlante: «Altro che speculazione. Atlante, e soprattutto Giuseppe Guzzetti e Alessandro Penati (presidente di Fondazione Cariplo e tra i fautori della nascita del fondo, il primo, dominus di Quaestio, la sgr che lo gestisce, il secondo, ndr), vanno ringraziati per essersi fatti carico delle due banche». E per ò, per Sileoni, proprio per questo l’offerta di transazione dovrebbe fare un passo in più. «Il 1596 di rimborso non è molto. Andrebbe messo sul piatto tutto quanto si pu ò, per un accordo il più ampio possibile e disinnescare il rischio cause: tagliando le spese di consulenza, vendendo parte del patrimonio immobiliare. E poi, oltre che con i clienti azionisti, si deve passare anche per un accordo politico con le associazioni dei consumatori». Resta che il piano rappresenta una novità assoluta. Sia nel meccanismo, dopo un enorme lavoro di analisi posizione per posizione, sia nella dimensione. Il tentativo di far la pace con 170 mila soci azzerati (poco meno di 95 mila a Vicenza, il resto a Montebelluna), l’85% degli oltre 200 mila totali, sulle macerie delle gestioni Zonin a Vicenza e Consoli-Trinca a Montebelluna, per quanto limitato visto dagli azionisti, mette sul piatto 600 milioni di euro. Se i particolari saranno svelati dopodomani, le linee essenziali sono ormai note. L’offerta propone il rimborso delle azioni acquistate negli ultimi dieci anni(escludendo quelle acquistate con i finanziamenti delle banche) al 15%-20% del prezzo di carico. E le banche sperano che i soci facciano i conti sulle cifre davvero investite, più che sui prezzi «lunari» massimi (62,5 e 40,75 euro) attribuitisi dalle banche. L’offerta sarà rivolta socio per socio con un invito a presentarsi in filiale e sarà valida per tre mesi. Se la si accetta, rinunciando a far causa, i soldi, esentasse, dovrebbero essere liquidati in tre settimane. L’offerta si legherà poi a una proposta d’investimento ai soci. Per recuperare clienti e raccolta, e riavviare i rapporti commerciali, cercando di mantenere in casa i 600 milioni che si è pronti a pagare. Con un’offerta vantaggiosa per chi manterrà i soldi nelle due banche, che potrebbe alzare il livello del rimborso, ad esempio per i 34 mila soci acquirenti dei pacchetti da cento azioni nel 2013 e 2014, anche al 30%. Comunque sia, con lunedì, si avviano per le due banche tre mesi decisivi. L’obiettivo resta l’80% di adesioni indicato a fine novembre dal presidente di Bpvi, Gianni Mion. Perché solo una riduzione drastica dei rischi legali permetterà ad Atlante di trovare sul mercato i soldi per l’aumento di capitale in primavera, dopo la chiusura dei bilanci 2016 (e si profila un altro bagno di sangue) e la vendita dei crediti in sofferenza (3,6 miliardi netti complessivi), permettendo la fusione tra le due ex popolari venete. «La prima cosa da fare con la fusione – riprende Sileoni – è cambiare nome per dare un segnale di discontinuità rispetto alle precedenti gestioni». Dichiarazione che suona come un appoggio al piano. «Più che altro – aggiunge il segretario Fabi – non ci sono soluzioni alternative. E con quella ci prepariamo a confrontarci». Anche sul fronte esuberi. Capitolo centrale, e tutto da esplorare, del piano di fusione. Dopo le polemiche sui licenziamenti tra Mion e i sindacati, a Vicenza con una trattativa – lampo si è chiuso un accordo per 234 prepensionamenti. Ma con il piano di fusione sono attesi almeno altri izoo-i3oo esuberi totali. Il tema è come regolarli, di fronte a risorse limitate e se non si potranno fare molti altri prepensionamenti. Intanto in Cariferrara, sindacati e banca hanno chiuso un’intesa, ratificata dalle assemblee dei dipendenti, per 35o esuberi su 800 dipendenti. Con 95 prepensionamenti, ma anche il ricorso a corposi incentivi fino a 4 anni di stipendio, per chi non si oppone al licenziamento volontario. Una strada che si potrà usare anche in Veneto? «A Ferrara non ci sono state forzature, perché non ci sono stati i licenziamenti collettivi e si è mantenuto la volontarietà delle dimissioni, a fronte di incentivi importanti – conclude Sileoni -. Siamo disposti a discutere degli strumenti possibili, se non ci obbligano a opporci ai licenziamenti collettivi». Federico Nicoletti
Corriere della Sera 07/01/2017
Mini-rimborsi per Veneto Banca e Vicenza – Chiesa Fausta
Tre mesi per decidere se accettare l’offerta, che prevede un rimborso del 15% del valore delle azioni per chi le ha comprate negli ultimi dieci anni. E il tempo che avranno a disposizione i soci delle due banche venete salvate dal Fondo Atlante, circa 88 mila di Veneto Banca e no mila della Popolare di Vicenza. Il periodo di adesione all’offerta di transazione, che sarà presentata lunedì prossimo a Padova dai vertici dei due istituti, durerà fino alla fine di marzo. Poi, se almeno l’8o96 dei soci aderirà — ed è una condizione sospensiva — scatterà l’indennizzo che sarà pagato entro cinque giorni. I soci rimarranno tali: l’offerta è un indennizzo, un ristoro a fronte delle perdite subite (le azioni dei due istituti valgono 0,1 euro e prima del crollo avevano toccato un massimo di 40,75 per la Banca di Montebelluna e di 62,5 per la Vicentina). Se la accetteranno, i soci si dovranno impegnare a non rivalersi nei confronti della banca. La proposta sarà deliberata dai due board lunedì. Fondamentale, per il futuro delle due banche, sarà mantenere la clientela, fermando la perdita che si è verificata negli ultimi dodici mesi Secondo indiscrezioni, Pop Vicenza anche nel secondo semestre del 2016 ha perso il 25% della raccolta diretta e indiretta, Veneto Banca potrebbe aver perso qualcosa di più, confermando il trend negativo del primo semestre. Per incentivare i soci che nella maggior parte dei casi sono anche clienti della banca, i due istituti destinati a fondersi offriranno condizioni agevolate per conti correntie mutui. Nella vicenda è intervenuto anche Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato dei bancari più rappresentativo. «Occorre trovare accordi con i clienti azionisti ma anche con le associazioni dei consumatori per disinnescare il più possibile i contenziosi». Le risorse — secondo Sileoni — si possono trovare vendendo anche parte del patrimonio immobiliare che, complessivamente, vale intorno a 800 milioni. La somma destinata ai rimborsi dovrebbe aggirarsi attorno ai 600 milioni I soldi per pagare potrebbero provenire anche dalle risorse finanziarie arrivate due giorni fa dal fondo Atlante, che ha versato 628 milioni a Veneto Banca e aio a Pop Vicenza in «conto futuro aumento di capitale». Il M5s chiede il rimborso totale e sta ricorrendo alla Corte europea «per tutelare i risparmiatori danneggiati dal dissesto di queste banche. Chi doveva controllare —come Bankitalia e Consob — non ha controllato e chi doveva tutelare il risparmio, cioè lo Stato, non lo ha fatto», si legge nel post sul blog di Beppe Grillo a firma dell’europarlamentare David Borrelli e del M55 Veneto. «Nel chiedere rimborsi addirittura totali per gli azionisti Beppe Grillo fa la solita campagna elettorale a buon mercato», ha replicato Enrico Zanetti, parlamentare veneto, segretario di Scelta Civica e vice ministro all’Economia fino a fine 2016. Fausta Chiesa RIPRODUZIONE RISERVATA
Milano Finanza 07/01/2017
Il salva-banche non basta
Secondo Lando Maria Sileoni, i 20 miliardi messi a disposizione dal governo a sostegno delle banche italiane non bastano. Per il segretario generale della Fabi la messa in sicurezza del sistema bancario necessita di maggiori risorse ed è da attuare rapidamente, «prima che scada la presidenza di Mario Draghi alla Banca Centrale Europea», ovvero prima dell’ottobre 2019. «I tedeschi ci puntano e, comunque, dopo Draghi le cose per noi saranno più difficili», perché il banchiere centrale italiano «ha colmato il vuoto di una politica nazionale che ha trascurato il settore del credito». D’altro canto Sileoni riconosce la validità dell’intervento governativo sugli ammortizzatori sociali per il settore: «Per i prossimi due anni con i 658 milioni messi a disposizione dal governo e i 160 milioni presenti nel Fondo di Garanzia finanziato dalle banche possiamo affrontare la situazione dei 25 mila esuberi». ***
Sole 24 Ore Plus 07/01/2017
Banche e bancari – A dicembre circa 10mila esuberi – Borzi Nicola
Nicola Borzi- Il 2017 inizia sotto i peggiori auspici per il mondo del lavoro bancario. «Abbiamo perso più di 6mila posti di lavoro solo a dicembre», commenta Giulio Romani, segretario generale di First/Cisl, dopo la raffica di accordi sugli esuberi. L’Ufficio Studi di First/Cisl stima che le intese siglate nel solo dicembre scorso produrranno uscite complessive per 6.690 lavoratori. Sono 2.750 le uscite decise in Ubi, 1800 nel neonato gruppo Banco Bpm, 780 in Bnl – Bnp Paribas, altre 600 al Monte dei Paschi di Siena, 300 in Crédit Agricole (CariParina e Friuladria), 230 di Popolare di Vicenza e del Credito Valtellinese. Ma la conta non è finita perché il totale potrebbe sfondare quota 10mila: a questi dati va ancora aggiunto il numero di uscite che deriveranno dall’esito della trattativa sul piano industriale di UniCredit, presentato anch’esso a dicembre, che punta a tagliare altri 3.900 posti. Vi sono poi vertenze caldissime. [ Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, nei giorni scorsi ha tuonato contro l’indifferenza e la disattenzione delle autorità pubbliche sulla situazione dei dipendenti della CariFerrara, una delle quattro banche mandate in "risoluzione" il 22 novembre 2015. Solo il 31 dicembre banca e sindacati, dopo una maratona negoziale ininterrotta durata più giorni, hanno trovato un accordo unitario che ha ridotto gli esuberi da 400 a 35 su 800 dipendenti. Le uscite sono tutte volontarie e incentivate tramite il Fondo di solidarietà, oltre all’adesione volontaria al Fondo emergenziale con 40 mensilità di incentivo più 24 mesi di assegno. In questo modo è stata scongiurata l’applicazione della legge 223 che avrebbe portato a licenziamenti collettivi. Ma la soluzione, sebbene positiva rispetto alle premesse iniziali, comunque pesante per l’occupazione che in CariFerrara viene ridotta di quasi il 45%. Ci sono infine situazioni ormai definitive, come quella di Hypo Alpe Adria Bank, filiale italiana della banca austriaca andata in liquidazione. 1128 dicembre gli ultimi dipendenti tra i 104 lavoratori di Hypo che hanno aderito all’accordo sindacale sul licenziamento collettivo, hanno firmato i verbali per usufruire delle tutele. L’ultimo giorno di lavoro è stato il 30 dicembre. nicola.borzi@ilsole24ore.com RIPRODUZIONE RISERVATA ***