Le Organizzazioni Sindacali del credito scrivono al Ministro dell'Economia per chiedere che gli stipendi dei vertici del Monte dei Paschi vengano adeguati ai tetti e alle regole previsti per i dirigenti pubblici. Le dichiarazioni riprese dalla stampa di oggi">

MPS, I SINDACATI A PADOAN: ?TAGLIARE STIPENDI MANAGER?

Le Organizzazioni Sindacali del credito scrivono al Ministro dell’Economia per chiedere che gli stipendi dei vertici del Monte dei Paschi vengano adeguati ai tetti e alle regole previsti per i dirigenti pubblici. Le dichiarazioni riprese dalla stampa di oggi
MPS, I SINDACATI A PADOAN: ?TAGLIARE STIPENDI MANAGER?

le=”text-align: justify”>Le Organizzazioni Sindacali del credito scrivono al Ministro dell’Economia per chiedere che gli stipendi dei vertici del Monte dei Paschi vengano adeguati ai tetti e alle regole previsti per i dirigenti pubblici. Le dichiarazioni riprese dalla stampa di oggi.

Italia Oggi 10/01/2017
Mps tagli gli stipendi dei vertici
I sindacati del credito chiedono al Tesoro di tagliare drasticamente gli stipendi dei vertici del Montepaschi, adeguandoli ai tetti e alle regole previsti per i dirigenti pubblici. «Il venir meno dell’ipotesi di mercato», si legge in una lettera aperta al ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, firmata da Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Unità sindacale, «e la conseguente decisione di avviare tramite intervento pubblico la ricapitalizzazione precauzionale della Banca Mps, impone senza ulteriori indugi un intervento di riduzione drastica delle retribuzioni del top management, da troppo tempo, come nell’intero settore, assolutamente fuori controllo». Per i rappresentanti dei lavoratori «si tratta di un intervento non più rinviabile e che corrisponde alla necessità di riportare tali retribuzioni a un livello eticamente accettabile e commisurato ai risultati ottenuti, spesso del tutto inesistenti, soprattutto in una banca nella quale da anni i dipendenti fanno pesanti sacrifici economici al fine di consentirne il risanamento e il rilancio».
Libero Quotidiano 10/01/2017
In meno di seicento si sono presi 22,5 miliardi – De Dominicis Francesco
I nomi dei «bidonisti» delle banche sono custoditi nel cervellone della Banca d’Italia. Si chiama «Centrale dei rischi» ed è il gigantesco database che raccoglie, tra altro, i dati sull’andamento dei rimborsi dei prestiti. E il sistema che viene compulsato, a esempio, dagli stessi istituti di credito quando devono verificare, prima di deliberare nuovi «affidamenti», se un cliente è un buon pagatore oppure uno abituato a rifilare «pacchi». L’idea di pubblicare una lista nera delle imprese che hanno inguaiato i bilanci delle banche salvate dallo Stato è stata lanciata domenica da Libero e contemporaneamente avallata dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. I fari sono puntati soprattutto sul Monte dei paschi di Siena per il quale il Tesoro, prelevando denaro dalle tasche dei contribuenti, spenderà grosso modo 6 miliardi e mezzo di euro. Chi ha messo nei guai Mps ha chiesto il numero uno dell’Associazione bancaria? Chi ha provato il buco nei conti della ex banca del Pd tappato a spese della finanza pubblica? Di qui l’invito di Patuelli, di fatto in tandem con questo giornale, a rendere noti i nomi dei «soloni» per colpa dei quali il governo di Paolo Gentiloni ha creato il fondo da 20 miliardi proprio per risolvere le emergenze bancarie. Accedere a quei dati sembra impossibile, anche se ieri il Garante della privacy, ha aperto un varco ampio spiegando che dal 2011 le imprese non hanno alcuna tutela per quanto riguarda la riservatezza dei dati personali. Superare le resistenze per rendere noti quei nomi, tuttavia, non sarà facile. A spulciare le carte di Bankitalia, comunque, salta fuori qualche tabella assai interessante. A esempio quella che fotografa le categorie dei «soloni». Si scopre, tanto per cominciare, che sono 572 i peggiori: so: etti, ai quali sono stati concessi finanziamenti superiori a 25 milioni, che non versano le rate. Clienti – si tratta senza dubbio di grandi aziende, vista l’entità del denaro prestato – che non onorano le scadenze e hanno creato «sofferenze» per 22 miliardi e mezzo su un totale che sfiora i 200 miliardi. Insomma, ai contribuenti italiani viene chiesto (senza possibilità di rifiutarsi) di salvare le banche per colpa di pochi paperoni che non restituiscono i quattrini presi allo sportello. Altri 43 miliardi di finanziamenti in perdita sono «colpa» di appena 5257 clienti ai quali sono stati erogati quattrini tra i 5 e i 25 milioni. In effetti, sono davvero pochissimi i so : etti che hanno messo nei guai gli istituti: basta pensare che, in totale, sono un milione e 267mila di clienti «problematici». Ma di questi, ben 775mila (più della metà del totale) hanno ricevuto piccoli finanziamenti, tra i 250 euro e i 30mila euro: è il credito al consumo (destinato ad acquistare tv, smartphone ed elettrodomestici) al quale sono legate sofferenze per poco più di 5 miliardi. Insomma, «i colpevoli non vanno cercati tra pmi e famiglie» ha detto ieri il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. Secondo il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, «è molto grave» se nei primi 100 debitori insolventi di Mps ci sono anche «grandi imprenditori perché noi abbiamo bisogno di un clima di fiducia per rilanciare il Paese e certamente la fiducia non la si costruisce con situazioni nelle quali si vede che c’è chi paga e chi la fa franca». In attesa di capire che fine farà la campagna sui «bidonisti», vale la pena analizzare un altro aspetto, sollevato ieri dalla Fabi, il principale sindacato del settore bancario. Chi ha autorizzato quelle sciagurate linee di credito che oggi stanno mettendo in ginocchio il settore? Il segretario generale, Lando Maria Sileoni, punta il dito contro i vertici delle banche, osservando che « il 78% dei prestiti trasformatisi in sofferenze sono stati deliberati dai vertici degli istituti di credito ossia dalle direzioni generali, dai consigli di amministrazione e dai consigli di gestione». Accanto alla lista dei cattivi pagatori, dunque, per completare il quadro informativo, potrebbe essere utile aggiungere il nome del banchiere che ha autorizzato il prestito trasformatosi in perdita. In ballo, ha spiegato ancora Sileoni, ci sono i «crediti deteriorati frutto di finanziamenti agli “amici degli amici” che vengono poi scaricati, nei piani industriali, sui lavoratori in termini di recupero dei costi e di riduzione ed esuberi del personale». Il sindacalista a unge un elemento di peso: crome awangono le nomine nei ponti di comando degli istituti? Il sospetto è che ci siano rapporti perniciosi tra le aziende e i cda bancari. C’è poi un’altra questione, messa sul tavolo da tutte le organiz7azioni sindacali. Che hanno chiesto al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, di «ridurre drasticamente gli stipendi del top managementdi Mps» che sta per essere nazionalizzato. In teoria, le regole europee, per questi casi, stabiliscono il tetto a 500mila euro. Il primo taglio dovrebbe riguardare la retribuzione dai 1,5 milioni dell’amministratore delegato, Marco Morelli. In teoria.
Nazione Siena 10/01/2017
La crisi Mps I sindacati a Padoan «Taglia gli stipendi» – I sindacati Mps scrivono a Padoan «Adesso basta con i mega stipendi»
«BASTA MAXI STIPENDI». Sul fronte Monte dei Paschi, la battaglia si gioca anche sul piano salariale. In particolare, nel mirino ci sono le retribuzioni (stellari) dei manager. I sindacati del credito non ci stanno. E hanno ufficialmente scritto al Tesoro chiedendo di tagliare drasticamente gli stipendi dei vertici, adeguandoli ai tetti e alle regole previsti per i dirigenti pubblici. «Il venir meno dell’ipotesi di mercato e la conseguente decisione di avviare tramite intervento pubblico la ricapitalizzazione precauzionale della Banca Mps — così nella missiva — impone senza ulteriori indugi un intervento di riduzione drastica delle retribuzioni del top management da troppo tempo, come nell’intero settore, assolutamente fuori controllo». IL DESTINATARIO dell’appello-denuncia è il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e la lettera porta la firma dei sindacati del credito Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Unità Sindacale. «Si tratta di un intervento non più rinviabile e che corrisponde alla necessità di riportare tali retribuzioni a un livello eticamente accettabile e commisurato ai risultati ottenuti, spesso del tutto inesistenti, soprattutto in una banca nella quale da anni i dipendenti fanno pesanti sacrifici economici al fine di consentirne il risanamento ed il rilancio», spiegano le sigle sindacali. E ANCORA: «Tale intervento consentirà inoltre l’interrompersi dello sconcertante via vai di manager che interessa negli ultimi tempi la nostra azienda. Dirigenti che spesso arrivano con retribuzioni e clausole d’ingaggio e di rescissione riservate e se ne vanno senza aver ottenuto il minimo risultato. Occorre immediatamente adeguare — concludono i sindacati — tali retribuzioni ai tetti ed alle regole previste per i dirigenti pubblici».
Conquiste del Lavoro 10/01/2017
Mps, i sindacati a Padoan: giù gli stipendi dei manager
Adeguare gli stipendi dei banchieri a quelli dei dirigenti pubblici. Una richiesta che qualche tempo fa sarebbe suonata provocatoria, ma che oggi – dopo la prova non proprio brillante offerta da alcuni manager nelle banche già salvate o in via di salvataggio – potrebbe riscuotere consensi anche fuori dal perimetro del sistema bancario italiano. A lanciarla – o meglio, a rilanciarla – sono i sindacati del coordinamento di Mps. Una battaglia, la loro, che viene portata avanti da anni a livello nazionale dei sindacati del credito, che da quando la crisi finanziaria è esplosa nel 2008 non si stancano di ricordare, ai responsabili come all’opinione pubblica, l’incongruenza tra certe retribuzioni e i risultati raggiunti da coloro che le incassano. Mps è un caso emblematico. Hanno fatto storia i 4 milioni di buonuscita percepiti nel 2012 da Antonio Vigni, uno dei protagonisti al fianco dell’allora presidente Mussari del crac della banca e delle successive inchieste. Ma nemmeno i loro successori ci sono andati leggeri. Fabrizio Viola, tanto per citare l’ultimo caso, se n’è andato con un assegno da tre milioni in tasca dopo i dissensi con le banche del consorzio di garanzia sull’aumento di capitale, poi fallito; e le cose a Siena non è che siano migliorate nel frattempo (pure se il manager romano qualche risultato l’ha centrato: vedi il ritorno all’utile nel primo semestre del 2016). II nuovo ad Marco Morelli, alla guida di una banca che si appresta ad essere nazionalizzata, ha negoziato una retribuzione di un milione e 400mila euro, anche se appena entrato in carica ha devoluto 200mila euro (metà della sua indennità di amministratore delegato) al fondo di solidarietà interno. Non abbastanza, comunque, per far sbollire i sindacati. Che hanno preso carta e penna e si sono rivolti direttamente al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan invitandolo ad impugnare le forbici: “Un intervento di riduzione drastica delle retribuzioni del top management da troppo tempo, come nell’intero settore, assolutamente fuori controllo”, questa la richiesta. Per i sindacati si tratta di “un intervento non più rinviabile e che corrisponde alla necessità di riportare tali retribuzioni ad un livello eticamente accettabile e commisurato ai risultati ottenuti, spesso del tutto inesistenti, soprattutto in una banca nella quale da anni i dipendenti fanno pesanti sacrifici economici al fine di consentirne il risanamento ed il rilancio”, proseguono le sigle sindacali Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Unità Sindacale secondo cui un intervento di riduzione delle retribuzione “consentirà inoltre l’interrompersi dello sconcertante via vai di manager che interessa negli ultimi tempi la nostra azienda”, dirigenti che spesso “arrivano con retribuzioni e clausole d’in – gaggio e di rescissione riservate e se ne vanno senza aver ottenuto il minimo risultato”. Conclusione: “Occorre immediatamente adeguare tali retribuzioni ai tetti ed alle regole previste per i dirigenti pubblici”. C.D’O. ***
FINANZA.REPUBBLICA.IT 09/01/2017
Mps, i sindacati chiedono al Tesoro di tagliare gli stipendi dei manager – Economia e Finanza con Bloomberg – Repubblica.it
MILANO – I sindacati del Monte dei Paschi chiedono al Tesoro, che diventerà azionista della più antica banca del mondo con una quota intorno al 70% a seguito del salvataggio di Stato, di tagliare pesantemente gli stipendi dei vertici equiparandoli a quelli dei dipendenti pubblici: se messa in campo alla lettera, l’indicazione porterebbe a tagliare lo stipendio dell’ad Marco Morelli dagli 1,4 milioni lordi onnicomprensivi assicuratigli a metà settembre a 240mila euro. In una lettera aperta inviata al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, i rappresentanti dei lavoratori del credito domandano “un intervento di riduzione drastica delle retribuzioni del top management da troppo tempo, come nell’intero settore, assolutamente fuori controllo”. Secondo i sindacati del coordinamento Mps “si tratta di un intervento non più rinviabile e che corrisponde alla necessità di riportare tali retribuzioni ad un livello eticamente accettabile e commisurato ai risultati ottenuti, spesso del tutto inesistenti, soprattutto in una banca nella quale da anni i dipendenti fanno pesanti sacrifici economici al fine di consentirne il risanamento ed il rilancio”, dettagliano le sigle sindacali Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Unità Sindacale. Secondo i sindacati, un intervento di riduzione delle retribuzioni “consentirà inoltre l’interrompersi dello sconcertante via vai di manager che interessa negli ultimi tempi la nostra azienda. Dirigenti che spesso arrivano con retribuzioni e clausole d’ingaggio e di rescissione riservate e se ne vanno senza aver ottenuto il minimo risultato”, sottolineano nella lettera i sindacati che poi concludono: “Occorre immediatamente adeguare tali retribuzioni ai tetti ed alle regole previste per i dirigenti pubblici”. Mentre i sindacati prendono questa forte posizione, la vicenda politica e finanziaria del Monte dei Paschi si appresta a vivere un’ennesima settimana di fuoco: al Senato parte martedì l’iter per il decreto sul salvataggio della banche, con il relativo fondo da 20 miliardi. La relazione tecnica del decreto dettaglia il costo per lo Stato dagli interessi passivi, in caso di emissione di 20 miliardi di debito aggiuntivo: oltre 800 milioni da qui al 2020. Nel fine settimana hanno fatto rumore le parole di Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, che a titolo personale ha chiesto dalle colonne del Mattino di conoscere i nomi dei principali debitori delle banche che richiedano risorse pubbliche per la loro sopravvivenza. Secondo Patuelli, sarebbe legittimo fare una eccezione alla legge sulla privacy. Morelli ha poi in agenda incontri con il Tesoro per la stesura del nuovo piano industriale. Dalle quattro banche messe in risoluzione a fine 2015 (Etruria, Ferrara, Chieti e Marche), intanto, l’associazione delle “Vittime del Salvabanche” chiede uniformità di trattamento con gli investitori del Monte dei Paschi: “Mentre in questi giorni il governo ha deliberato l’intervento pubblico nell’istituto senese attuando una ricapitalizzazione preventiva garantendo così la massima tutela possibile anche a tutti gli investitori, per i 4 istituti ormai risolti il precedente governo ha scelto di non intervenire tempestivamente, permettendo così che la situazione patrimoniale degenerasse fino alla risoluzione ed il conseguente azzeramento di 130.000 risparmiatori, che ancora oggi gridano giustizia”. Considerando che in questi giorni anche gli obbligazionisti della portoghese “Espirito Santo” sono al centro di un rimborso indistinto, i risparmiatori chiedono un emendamento per assegnare agli investitori azzerati obbligazioni o warrant per gli azionisti.
LAREPUBBLICA.IT 09/01/2017
Mps, i sindacati chiedono al Tesoro di tagliare gli stipendi dei manager
MILANO – I sindacati del Monte dei Paschi chiedono al Tesoro, che diventerà azionista della più antica banca del mondo con una quota intorno al 70% a seguito del salvataggio di Stato, di tagliare pesantemente gli stipendi dei vertici equiparandoli a quelli dei dipendenti pubblici: se messa in campo alla lettera, l’indicazione porterebbe a tagliare lo stipendio dell’ad Marco Morelli dagli 1,4 milioni lordi onnicomprensivi assicuratigli a metà settembre a 240mila euro. In una lettera aperta inviata al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, i rappresentanti dei lavoratori del credito domandano “un intervento di riduzione drastica delle retribuzioni del top management da troppo tempo, come nell’intero settore, assolutamente fuori controllo”. Secondo i sindacati del coordinamento Mps “si tratta di un intervento non più rinviabile e che corrisponde alla necessità di riportare tali retribuzioni ad un livello eticamente accettabile e commisurato ai risultati ottenuti, spesso del tutto inesistenti, soprattutto in una banca nella quale da anni i dipendenti fanno pesanti sacrifici economici al fine di consentirne il risanamento ed il rilancio”, dettagliano le sigle sindacali Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Unità Sindacale. Secondo i sindacati, un intervento di riduzione delle retribuzioni “consentirà inoltre l’interrompersi dello sconcertante via vai di manager che interessa negli ultimi tempi la nostra azienda. Dirigenti che spesso arrivano con retribuzioni e clausole d’ingaggio e di rescissione riservate e se ne vanno senza aver ottenuto il minimo risultato”, sottolineano nella lettera i sindacati che poi concludono: “Occorre immediatamente adeguare tali retribuzioni ai tetti ed alle regole previste per i dirigenti pubblici”. Mentre i sindacati prendono questa forte posizione, la vicenda politica e finanziaria del Monte dei Paschi si appresta a vivere un’ennesima settimana di fuoco: al Senato parte martedì l’iter per il decreto sul salvataggio della banche, con il relativo fondo da 20 miliardi. La relazione tecnica del decreto dettaglia il costo per lo Stato dagli interessi passivi, in caso di emissione di 20 miliardi di debito aggiuntivo: oltre 800 milioni da qui al 2020. Nel fine settimana hanno fatto rumore le parole di Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, che a titolo personale ha chiesto dalle colonne del Mattino di conoscere i nomi dei principali debitori delle banche che richiedano risorse pubbliche per la loro sopravvivenza. Secondo Patuelli, sarebbe legittimo fare una eccezione alla legge sulla privacy. Morelli ha poi in agenda incontri con il Tesoro per la stesura del nuovo piano industriale. Dalle quattro banche messe in risoluzione a fine 2015 (Etruria, Ferrara, Chieti e Marche), intanto, l’associazione delle “Vittime del Salvabanche” chiede uniformità di trattamento con gli investitori del Monte dei Paschi: “Mentre in questi giorni il governo ha deliberato l’intervento pubblico nell’istituto senese attuando una ricapitalizzazione preventiva garantendo così la massima tutela possibile anche a tutti gli investitori, per i 4 istituti ormai risolti il precedente governo ha scelto di non intervenire tempestivamente, permettendo così che la situazione patrimoniale degenerasse fino alla risoluzione ed il conseguente azzeramento di 130.000 risparmiatori, che ancora oggi gridano giustizia”. Considerando che in questi giorni anche gli obbligazionisti della portoghese “Espirito Santo” sono al centro di un rimborso indistinto, i risparmiatori chiedono un emendamento per assegnare agli investitori azzerati obbligazioni o warrant per gli azionisti.
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