123? CONSIGLIO, LE PROPOSTE DELLA FABI SULLA STAMPA
Le proposte della FABI per salvare il settore e le banche in crisi ottengono la ribalta mediatica. Leggi gli ampi servizi presenti sui principali quotidiani nazionali e locali con le dichiarazioni del leader della FABI Sileoni: “Fronte comune contro i licenziamenti”
IL SOLE 24 ORE 14 GIUGNO 2017
«Regìa comune sulle crisi»
Cristina Casadei —ll contratto collettivo nazionale dei bancari non si tocca E non saranno certo le crisi delle banche popolari venete e del Monte dei Paschi ad aprire la strada alle deroghe. Al 123esimo consiglio nazionale della Fabi, il segretario generale, Lando Maria Sileoni chiede all’Abi «un accordo programmatico per ricercare soluzioni a favore di quelle banche in difficoltà dove è previsto l’intervento dello Stato, ossia le popolari venete e Mps. Servono soluzioni di sistema e una cabina di regia Abi-sindacati che consentano di gestire queste situazioni di difficoltà, stabilendo un quadro di regole condivise a tutela dei lavoratori». E avverte che comunque agli eventuali licenziamenti «risponderemo con la massima fermezza». La destrutturazione del mondo protetto dei bancari, caratterizzato da un ammortizzatore sociale che consentito sempre i prepensionamenti volontari e da un contratto ricco di tutele, non partirà nè da Vicenza, nè da Treviso, nè da Siena. Ma il sistema bancario cosa dice considerando che si tratta pur sempre di un sistema guidato dalla lucina del mercato e della concorrenza? II presidente del Casl di Abi, Eliano Omar Lodesani parla di «massima disponibilità ad un tavolo di confronto Abi sindacati sulle situazioni di crisi e sul contratto. «è importante vederci. Sileoni mi ha passato Il cerino, quando lo passa brucia ma illumina anche». E ricorda, il manager che è anche chief operating oflìcer di Intesa Sanpaolo, che «nonostante le difficoltà abbiamo firmato Il contratto, Il sindacato e le banche insieme hanno fatto la differenza e dato il la ad altri contratti. Orgogliosamente dobbiamo continuare su quella strada insieme». Lodesani difende II tavolo delle relazioni industriali nel settore bancario e anche il ruolo di apripista che il contratto dei bancari ha svolto anche per altri settori nell’adozione di alcuni strumenti, non solo dei servizi ma anche dell’industria E ci tiene a sottolineare e ripetere la parola «insieme» perché nel settore i traguardi come il contratto o l’ultimo accordo sulle vendite sostenibili sono stati fatti insieme appunto. «Sediamo per provare a valutare se si trova insieme una cornice per situazioni critiche e straordinarie e dico subito di sì», aggiunge Lodesani. Il 21 giugno ci sarà un comitato esecutivo di Abi e il presidente del Casl immagina una risposta positiva all’ipotesi di un tavolo di confronto sulle crisi: «Non credo ci negheranno di sederci con il sindacato». A conferma, lo stesso direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, dice che «la richiesta di un confronto all’interno del Casl per cercare di individuare anche per le banche in crisi le soluzioni migliori, è assolutamente accolta, lavoreremo anche su questo». In assenza di una cornice complessiva, fl timore, soprattutto nel sindacato, è che possano partire a raffica le deroghe al contratto collettivo nazionale che verrebbe così indebolito. La proposta della Fabi non è un’apertura incondizionata: se ci saranno i presupposti dovrà essere unitaria e soprattutto condivisa dalle strutture aziendali e di gruppo perché, sostiene Sileoni, «alcune banche sono silenti per non dare vantaggi le une alle altre, mentre in sede di trattativa aziendale si scatenano e chiedono continuamente deroghe al contratto». Sullo sfondo del consiglio della Fabi a cui erano presenti anche i segretari generali di altre sigle, riemerge anche II dialogo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di cui ieri i capi delle risorse umane dei io gruppi bancari che sono intervenuti hanno spiegato il valore, soprattutto per gli strumenti che ha saputo offrire. Il contratto scade a fine 2018 e l’evoluzione molto rapida che c’è stata negli ultimi mesi chiede che si cominci a discutere. Certamente, quando si parla di contratto c’è una tempistica che va rispettata «Sediamo – dice Lodesani – pur mantenendo la scadenza sul rinnovo e dico subito di sì».
Mf 14 GIUGNO 2017
Abi dice sì alla proposta Sileoni di una cabina di regia per le crisi bancarie – Sì dell’Abi alla proposta Sileoni
DI ANTONIO SATTA Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il principale sindacato dei bancari, un primo risultato l’ha già ottenuto con il sì dell’Abi alla richiesta di una cabina di regia sulle crisi bancarie che veda al suo interno la presenza sia delle banche sia dei sindacati. L’ipotesi, anticipata ieri in un’ intervista pubblicata su questo giornale e poi formalizzata di fronte ai 1.500 delegati del 123 Consiglio nazionale della Fabi, ha infatti ottenuto il sì del direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, e del presidente del Casl, il comitato affari sindacali e lavoro dell’Associazione Bancaria, Eliano Lodesani, che è anche coo di Intesa Sanpaolo. «Chiediamo ad Abi», ha detto Sileoni, «un accordo programmatico per ricercare soluzioni a favore di quelle banche in difficoltà dove è previsto l’intervento dello Stato, ossia le popolari venete e Mps. Servono soluzioni di sistema e una cabina di regia Abi sindacati che consentano di gestire queste situazioni di difficoltà, stabilendo un quadro di regole condivise a tutela dei lavoratori. Agli eventuali licenziamenti risponderemo con la massima fermezza». Un lavoro che potrebbe richiedere anche deroghe al contratto collettivo, ma queste «potranno essere stabilite unicamente a livello nazionale, poiché non accetteremo forzature all’interno delle singole aziende e dei gruppi bancari. In Abi alcune banche sono silenti per non dare vantaggi le une alle altre, mentre in sede di trattativa aziendale si scatenano e chiedono continuamente deroghe al contratto. Ora, con la nostra proposta, il cerino passerà nelle loro mani». E la risposta dell’associazione non si è fatta attendere. Per Sabatini la richiesta «di un confronto all’interno del Casl per
cercare di individuare anche per le banche in crisi le soluzioni migliori, è assolutamente accolta, lavoreremo
anche su questo», mentre per Lodesani «c’è la disponibilità massima a incontrarci». «Le banche italiane», ha aggiunto, «al di là dei comportamenti censurabili di alcuni, hanno sempre aiutato la nostra economia. Sindacato e banche insieme hanno fatto la differenza, hanno dato il «la» ad altri contratti di altre categorie, dobbiamo continuare su quella strada insieme». Oltre alla cabina di regia sulle crisi, la Fabi chiede anche «una riapertura preventiva del dibattito sul nuovo contratto nazionale dei bancari, mantenendo pert) inalterata la scadenza dell’attuale al 31 dicembre 2018 per poter gestire al meglio i cambiamenti e le innovazioni di settore senza doverle subire successivamente e poter creare le condizioni per mantenere i livelli occupazionali, definendo le nuove professionalità e nuovi mestieri». Le Fabi, ha anche rivolto un altro appello, questa volta al governo, riguardo le popolari venete. Per Sileoni, infatti, è ormai «opportuno uscire da questo letargo». Il suo invito è che il ministero dell’Economia e tutto il Governo prendano «una posizione chiara sia verso la Commissione europea sia verso le banche. Non accetteremo che diktat delle autorità Ue siano utilizzati dai nostri banchieri come un alibi per licenziare». I lavori dell’assemblea proseguiranno oggi e saranno poi seguiti dai 98 congressi provinciali dell’organizzazione, fissati in autunno in vista del congresso nazionale di marzo 2018 per il rinnovo degli organismi direttivi. (riproduzione riservata)
Milano Finanza 14 GIUGNO 2017
Il sindacato ha fatto la mossa giusta, ora tocca a banche e governo
DI ANGELO DE MATTIA Raramente si è verificata una presenza così nutrita di banchieri nei convegni organizzati dai sindacati del credito, come sta, invece, accadendo in questi ultimi anni. Dopo i convegni della Uib e, poi, dei bancari della Cisl, oggi è in corso il consiglio nazionale della Fabi di Lando Sileoni, del quale ieri è stata pubblicata una intervista su queste colonne. La crisi e le trasformazioni indotte dalla globalizzazione hanno inciso pesantemente sul lavoro e sull’occupazione, stanno mutando la scala delle gerarchie, inducono una mobilità non sufficientemente regolata. Le difficoltà non generalizzate, ma significative, in determinate aree del sistema bancario e finanziario e le prospettive di evoluzione del ruolo della banca e degli intermediari finanziari accrescono l’importanza di scelte partecipate con i lavoratori e stimolano proposte, quale quella avanzata da Sileoni per concordare non solo la preparazione del rinnovo contrattuale, ma anche, nelle forme da definire, i piani industriali. Sbaglierebbe gravemente chi pensasse di aderire a una tale esigenza immaginando nei sindacati una funzione di copertura per un’esclusiva strategia dei tagli. Ma sbaglierebbe anche chi ritenesse che il sindacato, confermando una propria saldezza ed essenzialità, possa legittimare ruoli apicali e dirigenziali o, peggio ancora, favorire questa o quella cordata di manager ovvero consentire, in ogni caso, di aggiungere un presunto preventivo favor di tali organizzazioni al curriculum dei banchieri. Le organizzazioni sindacali fanno il proprio mestiere confermando il loro ruolo distinto e dialettico che non esclude, anzi ammette come fisiologica, la possibilità di convergenze, nonché la capacità di discernere, nell’ambito del settore, gli interlocutori più validi perché sostenitori di tesi, come Sileoni afferma a proposito del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli per l’impegno sull’occupazione, sulle quali sono possibili incontri tra i diversi interessi. In questa fase di intensi, oggettivi mutamenti c’è bisogno di una grande intesa tra le parti sociali e con i poteri pubblici per concordare alcuni punti fermi del governo di tale evoluzione. E per l’avvertita esigenza di non navigare in mare aperto senza bussola che è riscontrabile la speciale attenzione, anche da parte dei banchieri, ai momenti di confronto all’interno dei sindacati del credito, al di là delle indubbie capacità degli esponenti sindacali di cogliere, come ha fatto Sileoni, questa circostanza per rafforzare la centralità del problema e la soggettività sindacale. Il ridisegno della professionalità, della cultura, in generale dello habitus del bancario corrispondentemente alla revisione della governance, dell’organizzazione, della struttura territoriale, del rapporto con la clientela delle banche, a seguito dei potenti cambiamenti che in quest’ultimo versante indurrà la digitalizzazione, evoca le fasi passate della rivoluzione industriale e legittima il parlare di una rivoluzione bancaria che ora si coglie solo per gli effetti della crisi, ma che è destinata a proseguire per la riorganizzazione e il consolidamento in una fase meno tempestosa. Data l’assoluta centralità, nella banca, del capitale umano, l’evoluzione e il suo governo non potranno essere affrontati contro o a prescindere da forme di partecipazione che potrebbero arrivare fino a corrette ipotesi di cogestione, rivedendo nel profondo le relazioni industriali ed emarginando chi, come è accaduto anche in non lontani momenti di confronto tra Abi e sindacati, avrebbe voluto miopemente cogliere le difficoltà del momento per costringere il sindacato su posizioni nichiliste o di retroguardia. Dovrebbe essere chiaro che le parti sociali, solo convergendo su obiettivi di grande portata, magari dopo un ampio confronto dialettico, possono assicurare al sistema una evoluzione non darwiniana. E’ ovvio che, poi, il Governo non potrebbe essere un convitato di pietra. E lo schema dovrebbe diventare trilatero, senza tema di evocare esperienze passate di concertazione che diedero un contributo determinante alla salvezza del Paese. Corsi e ricorsi storici. Il sindacato, nel caso la Fabi, fa un’opera meritoria, forte pure del ruolo svolto in passato, affrontando con grande attenzione e professionalità i temi della trasformazione. (riproduzione riservata)
LA REPUBBLICA 14 GIUGNO 2017
Banche venete salve senza bail in
ANDREA GRECO MILANO. La Commissione rispetta i paletti del Tesoro nel salvataggio delle ex popolari Vicenza e Veneto banca: «Sono sempre in corso contatti costruttivi per trovare una soluzione in linea con le regole Ue senza il "bail in" degli obbligazionisti senior, e per quanto riguarda i depositanti saranno in ogni caso pienamente garantiti – ha detto una portavoce di Bruxelles sul dossier -, le autorità coinvolte nelle discussioni stanno lavorando fianco a fianco». è un assist importante per il ministro Pier Carlo Padoan, che tre settimane fa aveva escluso che toccasse alle due categorie più "tranquille" ripianare le vecchie perdite di Vicenza e Montebelluna; e che da allora con i dirigenti del Tesoro lavora per concretizzare tali obiettivi. Ieri mattina, anche per rasserenare il cda riunito a Vicenza, Padoan ha ribadito: «La soluzione non contemplerà alcuna forma di bail in, i senior e i depositi saranno in ogni caso pienamente garantiti». E aggiunto: «La soluzione è ormai prossima, le interlocuzioni con le istituzioni europee sono incoraggianti». La doppia garanzia, benché verbale, ha sciolto l’atmosfera del cda in cui l’ad Fabrizio Viola ha informato sui lavori per trovare gli 1,25 miliardi di capitali privati necessari a sbloccare l’aumento di Stato da 5 miliardi. «Il cda si è svolto in un clima sereno perché è stato preceduto dalla nota del ministro Padoan, a cui è seguita quella Ue. Ci sentiamo rassicurati e anche il mercato l’ha presa bene: il prezzo dei bond senior ha recuperato il 10%». Fin qui buone notizie, mala soluzione per formare la cordata di soci privati resta tutta da costruire. Unicredit e Intesa Sanpaolo – che ieri ha discusso il dossier nel suo cda, si dice in modo generico, ma senza voci contrarie – avevano chiesto al Tesoro di "spalmare" gli 1,25 miliardi tra i primi 30 sottoscrittori del Fondo tutela depositi, quello che rimborserebbe 11 miliardi di conti correnti veneti garantiti in caso di liquidazione. Finora però i possibilisti a fare la colletta sembrano una manciata: con le due ex Bin, Mediolanum, Poste, Unipol Banca. Presto il governo potrebbe convocare molti istituti per fare proseliti. Sull’ altro verso le banche venete lavorano a una nuova revisione del piano che possa – con cessioni lampo di attivi, una vendita meno impattante dei 9 miliardi di sofferenze e simili misure – ridurre attorno a 700 milioni il deficit di fondi privati, rendendo l’obolo pro quota più gestibile per tanti. Tra i punti più critici ci saranno, poi, gli esuberi: il piano portato a Bruxelles prevede un 40% di minori costi. I sindacati, temendo per gli 11 mila bancari (finora sfiorati dai tagli ) cercano di evitare il tabù licenziamenti. Il segretario della Fabi Lando Sileoni al 123 consiglio nazionale ha detto: «Chiediamo un accordo programmatico per cercare soluzioni di sistema e una cabina di regia Abi-sindacati che consenta di gestire le situazioni delle banche in difficoltà in un quadro di regole condivise. Ipotetiche deroghe al contratto collettivo vanno stabilite solo a livello nazionale, non accetteremo forzature di singole aziende». Lunedì il concetto l’ aveva espresso il segretario di Fisac Cgil, Agostino Megale: «Il sistema sappia che sulle due banche venete dovrà lavorare come sistema. Nessun lavoratore sarà lasciato solo». Il responsabile dell’Abi Omar Lodesani (anche direttore operativo di Intesa) ha detto: «Sediamoci per un confronto sul rinnovo del contratto e per valutare se si trova una cornice per casi critici e straordinari».
LIBERO 14 GIUGNO 2017
Messina e Mustier salveranno le venete
FRANCESCO DE DOMINICIS
A Vicenza e Montebelluna possono tirare un sospiro di sollievo. Il paracadute di sistema per le due banche del Nord Est sta per essere aperto. L’Unione europea e il governo italiano sono vicini a un’intesa, come confermato ieri prima dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e poi dalla Commissione di Bruxelles. «La soluzione è ormai prossima e le interlocuzioni con le istituzioni europee sono incoraggianti» ha dichiarato l’inquilino di via Venti Settembre. Che o alla Camera potrebbe fornire ulteriori dettagli durante il previsto question time. La formali77azione dell’accordo, tuttavia, arriverà solo dopo che sarà stata chiusa un’altra partita, quella a Francoforte: con la Banca centrale europea si discute principalmente dell’apporto di capitale necessario per risollevare le sorti di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Con la squadra del presidente Bce, Mario Draghi, stanno dialogando in prima persona i due principali banchieri italiani: Carlo Messina (IntesaSanpaolo) e Jean Pierre Mustier (Unicredit), come filtrato ieri a Roma al Consiglio nazionale della Fabi, hanno aperto un filo diretto con l’Eurotower. I due colossi del Paese sono chiamati a fare da capofila alla truppa di soggetti "privati" invitati a coprire una parte della ricapitalizzazione precauzionale, parte imposta dall’Antitrust Ue per evitare di violare le regole sugli aiuti di Stato. In ballo ci sono 1,2 miliardi di euro che andrebbero a sommarsi ai 4-5 miliardi versati dal Tesoro (lo Stato sarà il primo azionista, a tempo). Ma più che sulla cifra, che peraltro potrebbe essere tagliata a 7- 800 milioni, Messina e Mustier si sono concentrati su un altro aspetto: pretendono dagli sceriffi della Bce che l’apporto finanziario sia una tantum e che l’operazione non si trasformi in un pozzo senza fondo. Le perplessità riguardano non solo le perdite future, ma soprattutto le sorprese legate alle precedenti operazioni finanziarie e alla montagna di sofferenze accumulate. Frattanto, il governo continua a valutare un intervento proprio sui crediti marci del settore: dalle banche è arrivata la richiesta di agevolazioni fiscali sulle cartolarizzazioni e di nuove regole per velocizzare il recupero crediti. Il pacchetto potrebbe rientrare in uno scambio col salvataggio delle venete. Nel Nord Est, in ogni caso, sembra tornato un «clima più sereno» come ha detto il presidente di Bpvi, Gianni Mion. Le rassicurazioni di Padoan e della Ue hanno evitato strappi, ieri, nei consigli di amministrazione di Vicenza e Montebelluna. ll più nervoso, l’ad di Vicenza, Fabrizio Viola, resta al suo posto. Resta da capire, però, quale sarà il sacrificio imposto agli obbligazionisti subordinati. L’Ue è orientata a graziare soltanto i titoli senior.
Per i risparmiatori, insomma, le sorprese non sono finite del tutto, anche se la prospettiva più dolorosa – quella del bail in, già testata con effetti devastanti nel fallimento pilotato di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara – sembra accantonata. Non è chiaro il quadro sul versante occupazionale. I sindacati, come ribadito ieri dal segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, «non accetteranno licenziamenti». Le sigle puntano a esodi e prepensionamenti solo su base volontaria. Un tema, quello dei lavoratori, che comunque non riguarda solo PopVicenza e Veneto Banca. Non a caso, la Fabi, prima organizzazione del settore, ha proposto alle banche di anticipare la discussione sul rinnovo del contratto di lavoro, che scade a fine 2018. L’Abi, attraverso il capo del Comitato affari sindacali, Eliano Omar Lodesani, ha accettato immediatamente. Sul tavolo c’è anche una cabina di regia per gestire le crisi, compresa quella del Monte Paschi di Siena (Rocca Salimbeni ha già chiuso la trattativa
AVVENIRE 14 GIUGNO 2017
Padoan promette: «Eviteremo il bail in»
FRANCESCO DAL MAS VICENZA Quella di ieri era temuta come la giornata più nera. Dietro l’angolo c’erano anche le dimissioni dei vertici di Bpvi e Veneto Banca. «La soluzione è ormai prossima» e «le interlocuzioni con le istituzioni europee sono incora: 4 anti»: è bastato, in mattinata, questo incoraggiamento del ministro Pier Carlo Padoan per raddrizzare gli umori piegati verso il peggia Ed o Padoan spiegherà, al question time, perché è meno pessimista di qualche giorno fa. Ne ha risentito positivamente il cda di Vicenza, così come oggi accadrà per quello di Montebelluna. «II consiglio si è svolto in un clima sereno perché è stato preceduto dal comunicato del ministro Padoan – ha infatti -, ha dichiarato il presidente di Bpvi, Gianni Mion, a margine del cda – che ha rassicurato sulla brevità dei tempi e sulla possibilità di trovare una soluzione». Soluzione, si badi, che potrebbe anche non passare per la fusione delle due ex Popolari. II dialogo tra il Ministero dell’Economia e le autorità europee, infatti, prosegue in maniera costruttiva. Si allontana così lo spettro del bail in. Lo ha confermato lo stesso Padoan precisando che la soluzione peri due istituti «non contemplerà alcuna forma di bail in» e che «obbligazionisti senior e depositanti
saranno in ogni caso pienamente garantiti». Detto, fatto. «Per quanto riguarda la situazione di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, la Commissione Ue, il Single Supervisory Mechanism e le autorità italiane lavorano fianco a fianco – ha infatti subito dopo confermato un portavoce della stessa Commissione -. Sono in corso contatti costruttivi per raggiungere una soluzione per le due banche in linea con le regole Ue, senza il bail in degli obbligazionisti senior. I depositi saranno in ogni caso pienamente garantiti». Par di capire che il cantiere in corso tra Roma e Bruxelles stia verificando la possibilità una riduzione della richiesta sul fabbisogno privato – per ora fissato a 1,25 miliardi – e contemporaneamente con il sistema bancario italiano perché sostenga proprio questa parte di ricapitalizzazione privata. Il cda di Vicenza ha atteso notizie, in questo senso, da Milano, dove si è tenuto il cda di Intesa Sanpaola «ll dossier è aperta II nostro presidente, il nostro Ad e l’intero Cda stanno seguendo il dossier con attenzione, competenza e senso di responsabilità istituzionale», ha fatto sapere il consigliere di IntesaSanpaolo, Giovanni Costa. Unicredit, si sa, ha già dato la propria disponibilità al salvataggio. Così pure Mediolanum. Ieri Andrea Moltrasio, di Ubi, ha chiarito che se il Tesoro dovesse chiedere un intervento la banca prenderà in considerazione la richiesta. E a Vicenza il dg Gabriele Piccini ha così reagito: «Il ministro Padoan e la Commissione Ue hanno detto chiaramente che escludono qualsiasi forma di bail-in e proteggono risparmi e bond senior. Questo è quello che sappiamo. Noi siamo tranquilli per i nostri clienti e per i nostri colleghi Ci hanno dato tutte le rassicurazioni che volevamo e a questo punto siamo a posto». Con questi presupposti si è dissolta anche
la paura delle dimissioni in blocco. Non andrà diversamente il cda di Veneto Banca che dovrebbe occuparsi della finalizzazione delle iniziative perla messa in sicurezza dell’istituto. La soluzione potrebbe arrivare in settimana.
Fiducioso Giovanni Sabatini, dg. dell’Abi, a margine del Congresso della Fabi. E Luca Zaia, governatore del
Veneto, è tomato sulla questione ricordando che «è il momento di andare ai conti: il bailin costerebbe 11 miliardi al fondo interbancario di garanzia, per salvarle basterebbe invece solo un miliardo. Mi sembra logico che convenga investire questo miliardo, fregandosene dell’Europa, per garantire i risparmiatori e salvaguardare i loro risparmi«.
CITTADINO DI LODI 14 GIUGNO 2017
Istituti in crisi Popolari Venete, Padoan rassicura: «non scatta il bail in»
E’ in dirittura d’arrivo una soluzione positiva per le banche venete. II ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan rende noto che «la soluzione è ormai prossima e che le interlocuzioni con le istituzioni europee sono incoraggianti». «II Ministro ribadisce – si legge in un comunicato – che la soluzione non contemplerà alcuna forma di bailin e che obbligazionisti senior e depositanti saranno in ogni caso pienamente garantiti.
Contemporaneamente il sindacato bancario Fabi, chiede «soluzioni di sistema e una cabina di regia Abi- sindacati che consentano di gestire queste situazioni di difficoltà. Agli eventuali licenziamenti risponderemo con la massima fermezza». ***
CORRIERE DEL VENETO 14 GIUGNO 2017
Il sindacato guarda già alla partita esuberi «Procure troppo lente»
VENEZIA La linea di intervento è doppia. Da un lato un attacco duro alla lentezza dei procedimenti giudiziari,
dall’altro una presa di posizione che anticipa la futura partita degli esuberi, cuore della ristrutturazione delle due venete, che dovrà partire se dovesse arrivare il via libera alla ricapitalizzazione. è corsa lungo questi due binari ieri a Roma l’intervento incentrato sulle due venete del segretario della Fabi, Lando Sileoni, al consiglio nazionale della Fabi, il maggiore sindacato di categoria. «Vorrei che finisse questo periodo di impunità. Esistono i colpevoli e ci sono procure che stanno troppo alla finestra, mentre il tempo scorre verso la prescrizione – ha affermato Sileoni-. Rimaniamo sconcertati che gli autori di certi scandali siano ancora a piede libero. Ma crediamo ancora nel valore della magistratura come ultimo baluardo». Poi il discorso si è spostato sulla partita esuberi che si profila per le venete, al pari di Mps. Sileoni ha chiesto una cabina di regia nazionale per affrontare le due partite in maniera ordinata, evitando che scardinino la cornice delle regole del settore. «Chiediamo all’Abi un accordo programmatico per cercare soluzioni a favore di quelle banche in difficoltà dov’è previsto l’intervento dello Stato:
ex popolari venete ed Mps. Servono soluzioni di sistema e una cabina di regia Abi-sindacati che consentano di gestire queste situazioni di difficoltà, stabilendo un quadro di regole condivise a tutela dei lavoratori. Agli eventuali licenziamenti risponderemo con fermezza». E poi ha aggiunto: «Le eventuali deroghe al contratto collettivo potranno essere stabilite unicamente a livello nazionale: non accetteremo forzature all’interno delle singole aziende e dei gruppi bancari. In Abi alcune banche sono silenti per non dare vantaggi le une alle altre, mentre in sede di trattativa aziendale si scatenano e chiedono continuamente deroghe al contratto. Con la nostra proposta il cerino passerà nelle loro mani». Sulle banche venete «abbiamo ascoltato dichiarazioni positive da parte del ministro dell’Economia», ha replicato il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini. Anche per quanto riguarda la tutela del lavoro in queste realtà, secondo Sabatini bisognerà «osservare quali sono gli scenari che si aprono». A riguardo, ha aggiunto il dg di Abi, anche la richiesta della Fabi per «un confronto» volto a individuare per le banche in crisi «le soluzioni migliori, è assolutamente accolta, lavoreremo – ha assicurato – anche su questo».
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Giornale di Vicenza 14 GIUGNO 2017
L’Ue mette in sicurezza BpVi – Padoan e l’Ue assicurano BpVi «Zero rischi per i correntisti»
Marina Smidarle. Se il peso delle parole è proporzionale a chi le pronuncia, i correntisti e gli obbligazionisti di
BpVi possono dormire tra due guanciali. Prima ancora che il Cda «decisivo» di BpVi cominci, infatti, ci pensa il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a disinnescare la mina delle paventate dimissioni in blocco dell’ad
Fabrizio Viola, del presidente Gianni Mion e di tutti i consiglieri: «La soluzione è ormai prossima – fa scrivere
Padoan in una nota diffusa dal dicastero di via XX settembre – e le interlocuzioni con le istituzioni europee sono incoraggianti». Sì, ma quanto incoraggianti? «La soluzione – conclude la nota – non contemplerà alcuna forma di bail-in:gli obbligazionisti senior e i depositanti saranno in ogni caso pienamente garantiti». EUROPA A dir la verità, la rassicurante presa di posizione di Padoan, che pare quasi una risposta diretta alle preoccupazioni espresse da Viola e Mion nei giorni scorsi, non contiene novità. Lo stesso ministro aveva già detto che «l’opzione bail-in è esclusa» per BpVi e Veneto Banca. Certo, in contemporanea è previsto anche il Cda di Intesa Sanpaolo (vedi articolo della pagina a fianco) che comincia ad affrontare la questione, insieme a Unicredit. Ma siamo sempre nel campo degli annunci di buone intenzioni. Che non mettono in territorio di sicurezza i vertici della Popolare, attenti a non rimanere col cerino in mano davanti alle autorità moneta
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