INTESA SI PREPARA AD ACQUISIRE LE VENETE. PLAUSO DELLA FABI

“Giusta soluzione per risolvere un gravoso problema che incombe sul settore. Necessario garantire futuro ai lavoratori”. Le dichiarazioni del Segretario Generale Sileoni riprese da quotidiani nazionali, locali e siti economici.

Corriere del Veneto Venezia e Mestre 22/06/2017
Venete, un decreto per Intesa – Nicoletti Federico
Ex popolari, Intesa avanza la sua offerta. Un’offerta sulla parte «buona» di Popolare Vicenza e Veneto Banca, la polpa, che prevede l’incorporazione, per un euro, della raccolta e degli impieghi in bonis, oltre a 9.700 dipendenti, in un’operazione non traumatica, che garantirebbe riduzioni solo con i prepensionamenti, evitando di aprire lo spettro dei licenziamenti per l’intero settore bancario. Operazione che i sindacati hanno sposato subito. «Esprimiamo forte apprezzamento e sostegno all’offerta, anche alla luce dell’attenzione alle persone – ha detto ad esempio il segretario della Fabi, Lando Sileoni -. Siamo convinti sia la giusta soluzione per un gravoso problema. Se il progetto si concretizzerà, dovremo garantire insieme un futuro alle lavoratrici e ai lavoratori delle due banche e ai clienti». E a sposare la linea anche il governatore del Veneto, Luca Zaia: «A portare la medicina è un gruppo sano che conosce bene il nostro territorio. Penso possa essere la soluzione». «Il piano che avevamo presentato non è stato apprezzato: dobbiamo prenderne atto – ha commentato per parte sua il presidente di Bpvi, Gianni Mion -. Speriamo nasca una soluzione positiva per il territorio». Lo schema dell’intervento di Intesa, si materializza, ieri, nel primo pomeriggio, dopo un cda straordinario del colosso bancario la mattina a Milano, che segue alla riunione del giorno prima, con al centro l’analisi del nuovo piano industriale, che scatterà nel 2m8. Cade a fagiolo, per analizzare l’allargamento del perimetro a un pezzo consistente dell’attività di Vicenza e Montebelluna. Bisogna decidere subito: alle 12 scade il termine per presentare le offerte a Rothschild, che lo Stato ha scelto come consulente per trovare soggetti interessati al salvataggio delle due venete. In tanti sono andati a vedere i dati, ma offerte non se ne vedono, Dopo Iccrea, anche Credit Agricole si sfila. A calare l’asso è invece Intesa. Il cda approva all’unanimità – e in serata arrivano le dichiarazioni di appoggio delle Fondazioni – l’offerta sulle due venete. D’altra parte l’operazione com’è congegnata è una soluzione vantaggiosa, che rende Intesa leader in Veneto, e la rafforza in Pimonte, Lombardia e Toscana; non a caso il titolo, in calo in mattinata, balza in Borsa del 2,45% il pomeriggio. L’offerta riguarda l’acquisizione, «a un prezzo simbolico – come afferma la nota emessa dalla banca – di certe attività e passività e certi rapporti giuridici». Insieme alla raccolta (41 miliardi il dato totale in Veneto Banca, 30 quello in Bpvi, pur se il dato è di fine 2016, prima del nuovo salasso degli ultimi mesi), senza per ò i bond subordinati destinati alla conversione, i crediti, escludendo per ò i deteriorati e quelli «in bonis ad alto rischio» (14,3 i miliardi i crediti in bonis a fine 2016 a Montebelluna, 17,5 a Vicenza, pur se non si sa come abbiano inciso le svalutazioni imposte a inizio anno da Bce). Esclusi anche «partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali», affermazione che fa pensare alle controllate estere, a Bim, alla partecipazione nella sgr Arca, ma anche a Banca Apulia e Banca Nuova, per cui a Rothschild sarebbero pervenute offerte da fondi d’investimento. Attività che, dopo la cessione del ramo d’azienda a Intesa, resteranno, con le cause, in una bad bank, che procederà alla liquidazione ordinata. Pur se il fatto che ci saranno ancora crediti in bonis e cause complica il quadro, imponendo comunque che resti aperta una banca. Qui decisivo sarà vedere come sarà ricapitalizzata la bad bank, e se l’Unione europea permetterà allo Stato di farlo con i fondi in origine destinati alla ricapitalizzazione precauzionale. A definire in dettaglio gli elementi dell’operazione (a partire dalla governance) dovrebbe essere un decreto-legge da convertire rapidamente, atteso per l’inizio della prossima settimana, subito dopo il ballottaggio elettorale, quando è già convocato, martedì, anche un cda di Bpvi. Fondamentale far presto: Intesa ha affermato di considerare «necessaria per la conclusione e l’efficacia dell’operazione, una cornice approvata e definitiva», cosa che rimanda ad una legge. Che assicuri «la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione connessi all’acquisizione», ma anche le «misure per raggiungere gli obiettivo della totale neutralità rispetto» all’attuale dotazione di capitale di Intesa e alla capacità di generare dividendi. Particolari decisivi e che si tengono. Il tema riguarda come Intesa possa aggiungere miliardi di attività senza un aumento di capitale, espressamente escluso ieri, o una discesa sui requisiti di capitale. La questione in prospettiva pare risolversi nei fatti con una partita di giro con i fondi per gli esuberi finanziati dal governo. Secondo una prima ricostruzione, dopo aver lasciato le controllate, Intesa porterebbe via 9.700 degli u mila dipendenti delle due venete, mantenendo aperte solo un numero scelto strategicamente di filiali tra le 980. Secondo i calcoli eseguiti fin qui, si parla di quattromila esuberi nelle due venete e mancherebbero mille addetti con i requisiti per i prepensionamenti. Ma a far quadrare la questione sarebbe l’apertura di un fondo esuberi volontario in Intesa, che proiettato su sette anni disporrebbe di una platea di 8.2oo dipendenti tra cui pescare.
Corriere della Sera 22/06/2017
Offerta di Intesa sulle venete – Intesa in campo, svolta per le banche venete – Righi Stefano
MILANO Intesa Sanpaolo fa un passo avanti verso Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. All’advisor del Tesoro, Rothschild, è arrivata solo un’offerta, approvata all’unanimità dal consiglio di amministrazione di ieri. Il gruppo guidato da Carlo Messina si rende disponibile «a fronte di un corrispettivo simbolico» ad acquisire «certe attività e passività e certi rapporti giuridici» che fanno capo alle due ex popolari venete, affondate dalla ventennale gestione di Gianni Zonin e Samuele Sorato a Vicenza e di Vincenzo Consoli e Flavio Trinca a Montebelluna. La volontà di Intesa è subordinata a «condizioni e termini che garantiscano (…) la totale neutralità dell’operazione» sui propri conti. Ovvero, Intesa non vuole pregiudicare la propria solidità patrimoniale, né i dividendi promessi. Men che meno intende affrontare un aumento di capitale. L’operazione richiama l’acquisizione da parte di Ubi di Etruria, Marche e Chieti. In quel caso la bad bank, ovvero il contenitore di quanto non verrà acquisito da Intesa, venne messa a carico del Fitd, il Fondo Interbancario partecipato dalle banche italiane, mentre stavolta sembra essere il governo a dover farsene carico, sempre che non si arrivi alla cessione al Fondo di risoluzione o al medesimo Fitd. La posizione di Intesa è netta, tanto che si «considera necessaria per la conclusione e l’efficacia dell’operazione una cornice legislativa, approvata e definitiva che, fra l’altro, assicuri le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi della totale neutralità dell’operazione» sui conti dell’acquirente, considerando anche «la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione connessi all’acquisizione e la sterilizsazione di rischi, obblighi e impegni comunque avanzati nei confronti di Intesa per fatti antecedenti la cessione». Finiscono in vendita Bim e le banche del Sud, Apulia e Nuova. Per le ultime due ci sono già delle offerte. Mentre Arca sgr (409) non interessa a Intesa. Intesa prende, ma nulla vuole dei guai miliardari causati dal crac delle due venete. Ben si comprende il perché, visto che è già oggi la prima banca del Nordest con un numero di sportelli (800) molto vicino a quello che sommano Vicenza e Veneto. Il nodo degli esuberi sarà quindi una delle partite più delicate. Farsi carico della gestione delle due banche a un passo dal default appare più un’operazione di «solidarietà nei confronti del Paese», come l’ha definita il presidente di Unicredit, Giuseppe Vita, che un ricco business. Proprio Unicredit, che ha lavorato a lungo sul dossier, non sembra interessata ad andare avanti, anche se traspare una logica di supporto a un’operazione che è vista con favore, anche perché rende più forte il sistema nazionale, diminuendo la percezione del rischio. Il terzo partecipante alla fase finale di analisi, i francesi di Bnp Paribas, si è invece sfilato nella notte della vigilia. Positive le reazioni. In Borsa, prima dell’annuncio, Intesa perdeva lo 0,5%; dopo è arrivata a guadagnare il 2,45% trascinando il listino. Favorevoli alla soluzione i presidenti della Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo, e della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, che sono i due principali azionisti di Intesa. Ottimismo dal fronte sindacale, con Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi, che ha evidenziato come quella prospettata da Intesa «sia la giusta soluzione per risolvere un gravoso problema che incombe sull’intero settore bancario e sulla stessa economia italiana». La soluzione si avvicina. Ma servirà l’ok dell’Europa e dell’Antitrust, oltre a un decreto governativo che potrebbe arrivare lunedì prossimo. Stefano Righi
Eco di Bergamo 22/06/2017
Banche venete, Intesa pronta a salvarle – Banche venete, Intesa lancia la sua offerta: 1 euro per le good bank
Intesa si fa avanti per le banche venete. Alla scadenza per la presentazione delle offerte all’advisor del Tesoro, Rothschild, il cda della banca ha deliberato all’unanimità «la disponibilità» a rilevare le good bank nate dalla separazione delle attività problematiche di Veneto Banca e Popolare di Vicenza I paletti posti da Intesa, che offre un prezzo simbolico di 1 euro, sono molto stringenti. Anzitutto oggetto dell’interesse è un «perimetro segregato» delle due banche che esclude non solo tutti i crediti deteriorati (oltre agli npl, le inadempienze probabili e le esposizioni scadute) ma anche i crediti in bonis «ad alto rischio», i bond subordinati nonché «i rapporti giuridici considerati non funzionali» all’acquisizione. Altra condizione è la «totale neutralità» dell’operazione sul patrimonio (Cet1) e sulla politica dei dividendi (per quest’anno sono previsti 3,4 miliardi di cedole). La banca «esclude pertanto aumenti di capitale», differenziandosi, per esempio da quanto fatto da Ubi Banca in occasione dell’acquisizione delle good bank Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti. Ancora, Intesa considera «necessaria» una «cornice legislativa, approvata e definitiva», cioè una legge dello Stato, che garantisca la «neutralità» su patrimonio e dividendi, ma anche «la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione» (ci sarebbero 4 mila esuberi da gestire attraverso un rifinanziamento del fondo di settore) nonché la «sterilizzazione» dei rischi (alcune decine di migliaia di soci azzerati non hanno aderito alla transazione delle due banche) e degli impegni legati a fatti antecedenti all’acquisizione. Se per Intesa i vantaggi di un’operazione così strutturata sono innegabili (il titolo è balzato in Borsa del 2,45%), si tratterà di capire se la strada resta «politicamente» percorribile, anche con Bruxelles, alla luce del fatto che lo Stato, e dunque i contribuenti, dovranno farsi carico dei costi della «risoluzione» soft, ricapitalizzando le good bank, rilevando gli Npl e accollandosi i rischi legali. «Il punto di domanda è se il Mef sarà autorizzato a iniettare capitale nella bad bank da parte della Dg Comp» rileva Equita Sim, che stima in 2,5 miliardi i costi di ristrutturazione. «La principale ambiguità», sottolinea Mediobanca, «riguarda chi si farà carico del conto della bad bank, se lo Stato» o «le banche». L’escamotage per schivare diktat da Bruxelles potrebbe essere quello di negare la rilevanza sistemica di Veneto Banca e Popolare Vicenza, gestendo internamente il problema e garantendo comunque il «burden sharing» sia di azionisti (il fondo Atlante) che dei bond subordinati (con un rimborso ai retail). La palla passa ora al Tesoro che, esaminato l’esito dell’asta, dovrà verificare con Bruxelles la percorribilità della strada intrapresa La strada, visto che Intesa chiede una cornice legislativa «approvata e definitiva», potrebbe essere quella di formulare un emendamento, forse già prima del weekend, al decreto che la scorsa settimana ha congelato il bond di Veneto Banca in modo da convertirlo rapidamente. Il Tesoro è comunque fiducioso di poter destinare parte dei 20 miliardi a disposizione degli istituti in crisi per finanziare la bad bank. «Prendo atto di una manifestazione di interesse i cui termini e condizioni aspettiamo ci vengano meglio spiegati dal Mef», ha commentato Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza, che martedì prossimo riunirà il cda. A favore dell’operazione, che ha trovato l’esplicito appoggio delle grandi fondazioni di Intesa, Compagnia San Paolo e Cariplo, si sono schierati tutti i sindacati. Lando Maria Sileoni della Fabi ha espresso un «forte apprezzamento e sostegno all’offerta». «Chiediamo al governo di fare la sua parte» finanziando la bad bank, ha commentato Massimo Masi della Uilca.
Gazzetta di Parma 22/06/2017
Banche venete: c’è l’offerta di Intesa
MILANO Intesa si fa avanti per le banche venete. Alla scadenza per la presentazione delle offerte all’advisor del Tesoro, Rothschild, il Cda della banca ha deliberato all’unanimità «la disponibilità» a rilevare le good bank nate dalla separazione delle attività problematiche di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. I paletti posti da Intesa, che offre un prezzo simbolico di 1 euro, sono molto stringenti. Anzitutto oggetto dell’interesse è un «perimetro segregato» delle due banche che esclude non solo tutti i crediti deteriorati (oltre agli npl, le inadempienze probabili e le esposizioni scadute) ma anche i crediti in bonis «ad alto rischio», i bond subordinati nonchè «i rapporti giuridici considerati non funzionali» all’acquisizione. Altra condizione è la «totale neutralità» dell’operazione sul patrimonio (Ceti) e sulla politica dei dividendi (per quest’anno sono previsti 3,4 miliardi di cedole). La banca «esclude pertanto aumenti di capitale», differenziandosi, ad esempio da quanto fatto da Ubi Banca in occasione dell’acquisizione delle good bank Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti. Ancora, Intesa considera «necessaria» una «cornice legislativa, approvata e definitiva», cioè una legge dello Stato, che garantisca la «neutralità» su patrimonio e dividendi ma anche «la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione» (ci sarebbero 4 mila esuberi da gestire attraverso un rifinanziamento del fondo di settore) nonchè la “sterilizzazione» dei rischi (alcune decine di migliaia di soci azzerati non hanno aderito alla transazione delle due banche) e degli impegni legati a fatti antecedenti all’acquisizione. Se per Intesa i vantaggi di un’operazione così strutturata sono innegabili (il titolo è balzato in Borsa del 2,45%), si tratterà di capire se la strada resta politicamente percorribile, anche con Bruxelles, alla luce del fatto che lo Stato, e dunque i contribuenti, dovranno farsi carico dei costi della «risoluzione» soft, ricapitalizzando le good bank, rilevando gli Npl e accollandosi i rischi legali. «Il punto di domanda è se il Mef sarà autorizzato a iniettare capitale nella bad bank da parte della Dg Comp» rileva Equita Sim, che stima in 2,5 miliardi i costi di ristrutturazione. «La principale ambiguità», sottolinea Mediobanca, «riguarda chi si farà carico del conto della bad bank, se lo Stato» o «le banche». L’escamotage per schivare diktat da Bruxelles potrebbe essere quello di negare la rilevanza sistemica di Veneto Banca e Popolare Vicenza, gestendo internamente il problema e garantendo comunque il «burden sharing» sia di azionisti (il fondo Atlante) che dei bond subordinati (con un rimborso ai retail). La palla passa ora al Tesoro che, esaminato l’esito dell’asta, dovrà verificare con Bruxelles la percorribilità della strada intrapresa. La strada, visto che Intesa chiede una cornice legislativa «approvata e definitiva», potrebbe essere quella di formulare un emendamento, forse già prima del weekend, al decreto che la scorsa settimana ha congelato il bond di Veneto Banca in modo da convertirlo rapidamente. Il Tesoro è comunque fiducioso di poter destinare parte dei 20 miliardi a disposizione degli istituti in crisi per finanziare la bad bank. «Prendo atto di una manifestazione di interesse i cui termini e condizioni aspettiamo ci vengano meglio spiegati dal Mef», ha commentato Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza, che martedì prossimo riunirà il Cda. A favore dell’operazione, che ha trovato l’esplicito appoggio delle grandi fondazioni di Intesa, Compagnia San Paolo e Cariplo, si sono schierati tutti i sindacati: Lando Maria Sileoni della Fabi ha espresso un «forte apprezzamento e sostegno all’offerta». «Chiediamo al Governo di fare la sua parte» finanziando la bad bank, ha commentato Massimo Masi della Uilca, mentre la First Cisl è fiduciosa che Intesa affronterà «in maniera sostenibile anche la questione delle eccedenze di personale». • Ricapitalizzazione da 8,3 miliardi Mps vede la fine del tunnel A luglio lo Stato sarà proprietario ..Mancano gli ultimi dettagli, le cifre vengono limate ora per ora, ma l’agenda del salvataggio di Montepaschi è ormai definitiva. A fine giugno (I 29 o il 30) il cda senese si riunirà per esaminare il piano di ristrutturazione concordato con Europa, Tesoro e Bce. Nelle settimane successive, ci sarà il passaggio in Commissione europea per l’ultimo via libera. A quel punto, sulla base di un decreto del governo, lo Stato diventerà azionista di riferimento della banca. «E’ molto probabile» che questo processo si compia a luglio, ha confermato il presidente il Mps, Alessandro Falciai. Secondo quanto anticipato dal quotidiano Mf, e confermato da fonti vicine al dossier, sui numeri l’Ue avrebbe «concesso» a Mps una certa flessibilità, sarebbe cioè andata incontro alle richieste senesi, in cambio della possibilità di far eseguire a un soggetto indipendente, come una società di revisione, un monitoraggio semestrale sul raggiungimento degli obiettivi previsti nel piano di ristrutturazione. Salvo aggiustamenti la ricapitalizzazione, che inizialmente la Bce aveva fissato in 8,8 miliardi, scenderà a 8,3 miliardi, con un intervento dello Stato di circa 6 miliardi, o forse qualcosa di meno. Il restante sarà colmato coinvolgendo azionisti e titolari di obbligazioni subordinate, con modalità che verranno stabilite in un secondo decreto del governo. La quota pubblica, quindi, salirà dall’attuale 4% a oltre il 70%. Per quanto riguarda i lavoratori, sono attesi fra i 6 e i 7 mila esuberi su un totale di circa 25 mila dipendenti.• ***
Gazzettino 22/06/2017
Pieno accordo dei sindacati Le critiche dei piccoli soci – Zanardo Mattia
TREVISO L’ok di Intesa Sanpaolo al salvataggio delle banche venete è accolto con favore dai sindacati dei bancari. Lando Maria Sileoni, segretario nazionale della Fabi, esprime “forte apprezzamento e sostegno”. “Siamo convinti che sia la giusta soluzione per risolvere un gravoso problema che incombe sull’intero settore bancario e sulla stessa economia italiana – sottolinea – Se questo progetto si concretizzerà, dovremo garantire insieme un futuro alle lavoratrici e ai lavoratori delle due banche e alla stessa clientela”. Pur attendendo i dettagli e le autorizzazioni europee, anche Giuseppe Algeri, responsabile per la Fabi di Veneto Banca, mostra un certo ottimismo: “Sarebbe finalmente ora che le banche voltassero pagina e si trovasse una soluzione per riprendere a lavorare e a guardare il futuro serenamente”. I rappresentanti dei lavoratori guardano con fiducia soprattutto alla tradizione di relazioni industriali positive con Ca’ de Sass: “Mi pare emerga senso di responsabilità da parte del gruppo Intesa, dal punto di vista sia delle ricadute sociali, sia di quelle economico-strutturali – nota Massimiliano Paglini, segretario nazionale per Veneto Banca della First Cisl -. Un salvataggio del genere, ancorché debba essere confermato nei fatti, tutela il paese. Intesa ha sempre gestito eventuali eccedenze tramite uscite volontarie e percorsi accompagnati: se anche questa prassi sarà confermata, non pu ò che rafforzare le nostra valutazione positiva”. Ben più critiche le associazioni degli azionisti. “Come al solito hanno deciso la grande finanza e un governo che non c’è – afferma Andrea Arman, del Coordinamento Don Torta -. E’ un colpo devastante per l’economia del Veneto, perché le banche, ancorché cadaveri, potevano essere rianimate grazie all’intervento dei risparmiatori. Ma è evidente che il sistema bancario non lo vuole, perché significherebbe perdere parte di quei 25 miliardi di depositi e 4-500mila clienti che in questi mesi sono passati in istituti concorrenti. Ora le ossa vengono trasferite all’Erario, mentre la carne se la prende il sistema finanziario”. Per Patrizio Miatello, dell’associazione Ezzelino III da Onara, le bad bank “sarebbero la distruzione del Nordest, un’apocalisse economica da far impallidire la crisi dei subprime Usa. Voglio sperare che Intesa porti avanti la ricapitalizzazione e la fusione, pur con tutti i problemi che comporta, chi dice che la bad bank è l’unica soluzione, deve cambiare mestiere”. riproduzione riservata
Giornale 22/06/2017
Intesa offre un euro per le banche venete – Per le banche venete Intesa offre un euro ma alle sue condizioni – Restelli Massimo
Intesa Sanpaolo si fa avanti per assorbire, al prezzo «simbolico» di un euro e a condizione di non subire alcun impatto su patrimonio e dividendi, gli sportelli e altri asset «sani» di Popolare Vicenza e Veneto Banca. Tutto il resto delle due malate del nord est finirebbe in una bad bank, chiamata a smaltire anche una decina di miliardi di deteriorati. L’offerta, approvata ieri all’unanimità dal cda dell’istituto di Carlo Messina, se andrà in porto risolverà l’ultimo problema «sistemico» del credito dopo il salvataggio di Etruria e C da parte di Ubi e la decisione di statalizzare Monte Paschi. Il clima di svolta si è subito diffuso in Borsa, dove Intesa e Unicredit sono scattate del 2,4% e Ubi del 5%. Intesa muove in una logica di sistema dopo che è fallito, come già per Mps, ogni tentativo di costruire una cordata pubblico-privata per ricapitalizzare – come imposto dalla Bce – Vicenza e Montebelluna per sei miliardi entro fine mese. Maggiore chiarezza sarà fatta dal decreto legge in arrivo lunedì, ma le condizioni di Messina sono nette: Ca’ de Sass subordina l’espansione in Veneto alla garanzia, «anche sul piano normativo e regolamentare», di una «totale neutralità» su Cet 1 e dividendi. Escluso, quindi, un aumento di capitale. Non solo Intesa fissa come condizione «necessaria» per l’«efficacia» dell’operazione una cornice legislativa «definitiva» che assicuri «la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione», oltre alla «sterilizzazione di rischi, obblighi e impegni» per fatti antecedenti la cessione o relativi a cespiti non inclusi nel perimetro selezionato. I decreto legge finanzierà quindi il fondo esuberi, allungandolo a sette anni (si parla d 8.200 potenziali uscite nell’intera «nuova Intesa». Messina non si farà inoltre carico di alcuna pendenza della vecchia gestione, che ha portato Atlante ad avviare una azione di responsabilità verso le vecchie gestioni di Gianni Zonin e Vincenzo Consoli. E ci sarebbero già fondi interessati a rilevare le controllate Banca Nova ed Apulia. Da definire, invece, il destino dei crediti commerciali e quindi dei fornitori. Dal mirino di Ca de’ Sass restano fuori appunto i crediti deteriorati, quelli in bonis ad alto rischio e i bond subordinati, «nonché partecipazioni e altri rapporti giuridici non funzionali all’acquisizione». La parola passa alle Authority ma il piano di Messina è appoggiato dalle fondazioni azioniste: si sono apertamente schierati accanto all’ad sia il presidente della Cariplo Giuseppe Guzzetti sia quello di Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo. «Chiediamo al governo di fare la sua parte – dice il segretario della Uilca, Massimo Masi -, ristorando il Fondo di Solidarietà, affinché l’operazione non abbia alcuna ripercussione sui ratio economici di Intesa». «Esprimiamo forte apprezzamento e sostegno all’offerta» di Intesa, ha rimarcato il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni. E soddisfazione per l’epilogo delle Venete trapela anche da ambienti vicini a Unicredit, che dopo aver lavorato in una logica di sistema fino alla data room, vede ora la fine di ogni percezione di rischio di settore.
Giornale di Vicenza 22/06/2017
Offerta, promossa dai sindacati «Questa è la soluzione giusta» – R. b.
In ordine sparso ma con la stessa conclusione: «Questa è la soluzione giusta». Meno di un mese fa i sindacati generali dei bancari minacciavano la marcia a Bruxelles e intimavano al Governo di non accettare ricatti dall’Europa. A rischio 4 dipendenti su 10, quattromila dipendenti sugli 11 mila delle due banche. Venerdì scorso la trattativa sulla riduzione dei costi del lavoro in BpVi era stata sospesa in attesa di certezze. Tutte le sigle ora concordano sulla bontà della soluzione e sui rapporti già collaudati con Intesa. «Esprimiamo forte apprezzamento e sostegno all’offerta che Intesa Sanpaolo ha avanzato nei confronti delle banche venete, anche alla luce dell’attenzione alle persone, alla sostenibilità sociale nonché alla cura delle relazioni sindacali che il gruppo ha espresso in questi ultimi anni, di concerto con le organizzazioni sindacali dell’istituto – afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi -. Siamo convinti che sia la giusta soluzione per risolvere un gravoso problema che incombe sull’intero settore e sulla stessa economia italiana». Non si discosta molto Giulio Romani, segretario generale First Cisl: «Siamo certi che, in coerenza con le migliori tradizioni che hanno caratterizzato in questi anni il dialogo sociale all’interno del gruppo, Intesa vorrà risolvere in maniera sostenibile anche la questione delle eccedenze di personale che venissero a crearsi». Qualche puntiglio della Uilca: «Si tratterà ora di appurare, nei minimi dettagli, i criteri e i requisiti nella loro complessità – afferma il segretario generale Massimo Masi – chiediamo al Governo di fare la sua parte ristorando il Fondo di solidarietà del settore, affinché questa operazione non abbia alcuna ripercussione sui ratio economici di Intesa Sanpaolo. Questa soluzione consentirebbe di mantenere un forte presidio economico nel Veneto e grazie anche agli storici buoni rapporti sindacali in Intesa Sanpaolo, una garanzia per i dipendenti delle due banche. E consentirà di spazzare viale storiche divisioni del tavolo sindacale in BpVi». • R.B.
Mattino 22/06/2017
Intesa offre 1 euro per salvare le banche venete – Banche venete, salvataggio nel nome di Intesa – Dimito Rosario
ROMA Intesa Sanpaolo è disponibile ad acquistare a 1 euro attività, passività, sportelli, dipendenti, qua si tutte le partecipazioni di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, tranne sofferenze e Bim. è una ciambella di salvataggio per scongiurare il bail in e quindi mettere in sicurezza l’intero sistema bancario allontanando un rischio contagio: la borsa ha subito apprezzato il passo in avanti della grande banca italiana facendo correre il titolo che ha chiuso a 2,60 euro (+ 2,45%) e rendendo positivo il listino. Ora la parola passa al governo che da ieri sera sta valutando il piano. Comunque lo scoglio maggiore sarebbe rappresentato dalla dg comp della Ue e della Bce che avrebbero fatto filtrare al Teso ro i dubbi. Si profila quindi la possibilità di un negoziato con l’acquirente per alcuni aggiustamenti. Ieri mattina un cda straordinario di Intesa Sp tenutosi a Milano con molti consiglieri in call, ha approvato l’offerta vincolante predisposta dal team del ceo Carlo Messina, coadiuvato da Pedersoli studio le gale e consegnata poco prima delle 15 a Rothschild. All’advisor del Tesoro sarebbe pervenuta anche un’offerta di Unicredit dal valore simbolico: l’acquisto solo di alcune centinaia di sportelli delle due banche venete. La proposta sarebbe stata fatta per presentare agli occhi dell’Europa offerte alternative. In ambienti Unicredit fanno sapere che negli ultimi giorni si è lavorato in uno spirito costruttivo con Intesa Sp e valutano positivamente la soluzione complessiva che rafforza il sistema Italia. Con voto unanime il cda della Ca’ de sass presieduto da Gian Maria Gros Pietro ha dato «disponibilità all’acquisto di certe attività e passività e certi rapporti giuridici facenti capo a Popolare di Vicenza e Veneto Banca, purché a condizioni e termini che garantiscano, anche sul piano normati

BCC, IPOTESI DI NUOVO CONTRATTO APPROVATA COL 98% DEI SÌ

23/09/2024 |

BCC, IPOTESI DI NUOVO CONTRATTO APPROVATA COL 98% DEI SÌ

Via libera di lavoratrici e lavoratori del credito cooperativo all’’accordo sul ccnl sottoscritto da Fabi, …

BANCHE, A RADIO24 LE STIME FABI SUL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ

23/09/2024 |

BANCHE, A RADIO24 LE STIME FABI SUL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ

L’emittente del gruppo Sole24Ore riprende i dati riportati su Messaggero e Gazzettino in un articolo …