INTESA E BANCHE VENETE, L’APPELLO DI SILEONI SULLA STAMPA

Il Segretario Generale della Fabi lancia l’allarme e chiede una presa di posizione di Gentiloni: “In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Pop Vi e Veneto banca. Governo eviti gioco al massacro”. Le dichiarazioni riprese da quotidiani nazionali, locali e siti finanziari.
Avvenire 24/06/2017
Banche venete oggi si decide Allarme esuberi – Sacc ò Pietro
MILANO E’ prevista per oggi la riunione del Consiglio dei ministri chiamato ad approvare il decreto perla liquidazione coatta di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Il tempo è poco (l’obiettivo è chiudere tutto al più tardi entro domenica sera) ei passaggi necessari sono diversi. Prima, ieri sera la Banca centrale europea ha attestato formalmente che i due istituti sono “failing o likely to fair, cioè vicini al fallimento. Quindi il Meccanismo di risoluzione unico (Srm), che è un ente europeo indipendente, ha stabilito che la condizione delle due banche non pregiudica la “stabilità finanziaria”: Veneto Banca e Pop. Vicenza possono pertanto essere sottoposte alla procedura prevista dalle norme italiane, evitando la “risoluzione” europea (quella, per intenderci, che colpì a novembre 2015 i 4 istituti locali, Etruria in testa). Con questo doppio “Ok” i ministri potranno approvare il decreto per liquidare i due istituti. Per permettere il trasferimento alcune delle attività “buone” delle due venete a Intesa Sanpaolo, il testo dovrà accontentare per ò le richieste della banca guidata da Carlo Messina, che ha chiesto esplicitamente «una cornice legislativa, approvata e definitiva» che accompagni l’operazione. Intesa vuole escludere ogni possibile sovracosto e impatto sui suoi conti per rispettare gli impegni presi con gli azionisti riguardo i dividendi e non dover essere costretta a un aumento di capitale per rafforzare i suoi coefficienti patrimoniali una volta assorbiti gli sportelli e i crediti sani delle due banche. Questo significa anche non doversi fare carico del personale in eccesso. Ma su questo punto ieri è scoppiato un caso. Secondo Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, la direzione Concorrenza della Commissione europea avrebbe chiesto all’Italia, come condizione per approvare l’operazione, che i dipendenti in eccesso non escano con prepensionamenti a carico dello Stato (come invece accadrebbe secondo il piano disegnato da Intesa Sanpaolo) ma con licenziamenti secchi o comunque senza spese perle casse pubbliche. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca», ha attaccato Sileoni facendo appello al governo perché protegga anche i bancari. Una richiesta rilanciata da First Cisl e Fisac Cgil. Da Bruxelles non hanno confermato né smentito di avere chiesto di non usare i fondi pubblici per gestire il personale in eccesso: «Sono in corso contatti costruttivi per raggiungere una soluzione praticabile in linea con le regole Ue e si stanno facendo buoni progressi al riguardo», si è limitato a ripetere un portavoce della Commissione. Paolo Gentiloni, che ieri mattina era nella capitale belga per partecipare al Consiglio europeo prima di precipitarsi a Roma per fare il punto con Padoan, non è stato generoso di dettagli, ma non ha citato i dipendenti: «Mi sento di confermare totalmente la garanzia peri risparmiatori e i correntisti», si è limitato a dire. In gioco ci sono diverse migliaia di dipendenti. Secondo le stime l’integrazione delle due banche con il gruppo Intesa porterebbe a circa 4mila persone di troppo (su 11mila addetti totali delle due venete), per un costo totale di 1,2 miliardi. Di questi, per ò, solo 1.200 nelle 2 venete avrebbero i requisiti, mentre gli altri esuberi sarebbero di Intesa Dovrebbe provvedere il fondo del settore, finanziato dalle stesse banche ma “asciugato” dalla crisi di questi anni. Il governo lo ha rifinanziato con l’ultima manovra, stanziando 648 milioni in 5 anni peri prepensionamenti dei bancari. Fondi da utilizzare per un massimo di 25mila persone, tra quest’anno e il 2019. Ma gli esuberi “strutturali” previsti dal sistema bancario per adeguarsi all’innovazione sono circa il doppio e quelli delle banche salvate si vanno ad aggiungere a questo conto. E non è per nulla scontato che Bruxelles accetterà che sia lo Stato a provvedere ad aiutare le banche ad alleggerirsi dal personale in eccesso. Altro nodo è il “no” di Intesa alla richiesta del governo di partecipare al rimborso dei titolari di obbligazioni subordinate, che saranno praticamente azzerate insieme agli azionisti.
Corriere del Veneto Venezia e Mestre 24/06/2017
Banche, il governo vara il decreto – Ex popolari, il governo vara il decreto dopo l’ultimo scontro con l’Europa – Nicoletti Federico
Ex popolari, il governo pronto a varare il decreto di liquidazione. Dopo i passi fiera in serata di Bce e Ue, che hanno chiuso l’ultimo scontro con Bruxelles, che nel tardo pomeriggio pareva sul punto di far deragliare il salvataggio. L’annuncio è arrivato ieri sera dopo le 22 direttamente dal ministero dell’Economia, che ha ufficializzato la riunione del governo, attesa entro la mattinata di oggi, per «adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior». Ovvero ad approvare il decreto che avvierà la liquidazione ordinata di Popolare Vicenza e Veneto Banca, lungo il piano che vedrà scendere in campo Intesa Sanpaolo, con la suddivisione delle attività delle due banche tra quelle sane, consegnate a due banche-ponte che restano in attesa della acquisizione da parte di Intesa, separandole dai crediti in sofferenza e dai bond subordinati, che verranno posti in liquidazione lungo le regole italiane. Un passo che è stato preso ieri sera, dopo che la Banca centrale europea aveva dichiarato le due banche venete «in dissesto» e ha informato il Consiglio unico di risoluzione (Srb) che ha deciso di non applicare la procedura di risoluzione, che avrebbe comportato l’applicazione del bail-in. Questo mentre da Bruxelles arrivavano segnali distensivi, con dichiarazioni che parlavano di «progressi» e «soluzione molto presto». Passi che hanno spianato ieri in serata il piano di salvataggio del Tesoro. Dopo che nel pomeriggio le nubi si erano addensate, facendo temere il braccio di ferro definitivo tra governo e Unione europea, con il rischio che l’accordo sul salvataggio saltasse e si arrivasse per Bpvi e Veneto Banca all’epilogo più drammatico, il fallimento. La preoccupazione era montata all’improvviso ieri pomeriggio, con l’allarme lanciato dai sindacati dei bancari. «Ci appelliamo al presidente del consiglio Polo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese», ha sostenuto il segretario nazionale degli autonomi della Fabi, Lando Sileoni, seguito a ruota dai colleghi delle altre sigle. E anche il vicepresidente di Confindustria, il veneto Alberto Baban, aveva detto: «C’è forte preoccupazione per come stia evolvendo la situazione». Il nodo del contendere stava tutto in una lettera del commissario alla concorrenza Ue, Margrethe Vestager, giunta al Tesoro, che in sostanza contestava una soluzione in cui Intesa non mette soldi nel salvataggio. In ballo era tornata la famosa cifra dei 1.200 milioni di fondi privati che l’Ue nella precedente versione del salvataggio con la ricapitalizzazione precauzionale pretendeva per dare il via libera ai fondi pubblici. La contestazione poteva ora applicarsi allo schema che prevede che sia lo Stato a rifinanziare il fondo esuberi, che dovrebbe permettere di risolvere il nodo dei quattromila addetti in più per le venete. Numero che, nel piano di Intesa, sarebbe risolto evitando i licenziamenti affiancando agli addetti delle venete con i requisiti per i prepensionamenti uscite volontarie da Intesa, da gestire dopo che il colosso bancario si porterebbe via, con i depositi e gli impieghi «sani», anche 9.700 dipendenti di Vicenza e Montebelluna. La critica situazione ha condotto ieri sera ad un doppio vertice: un confronto tra Tesoro, Bankitalia e Intesa, dall’altro un vertice tra il premier Gentiloni e il ministro Padoan. Con il tentativo di trovare un compromesso, alzando la trattiva direttamente sul piano politico tra governo italiano e Commissione europea, saltando i veti della Dg Comp. In serata lo sblocco, con le dichiarazioni di Bce, Ue e Tesoro. Oggi il consiglio dei ministri dovrebbe approvare il decreto che consegna le attività di Bpvi e Veneto Banca in banche-ponte, disponendo la liquidazione delle banche in cui sono rimaste sofferenze e bond subordinati e che saranno ricapitalizzati con 3 miliardi dallo Stato. Le due banche-ponte resteranno in attività fino alla conversione in legge dei decreti, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale lunedì, consentendo a quel punto ad Intesa di acquisire i rami d’azienda con attività e filiali. Per domani è attesa la decadenza dei due consigli di amministrazione, come si è appreso dopo le rapide riunioni di ieri. Le sedi centrali delle due banche rimarranno aperte anche oggi. Intanto verranno nominate le strutture commissariali, di cui faranno parte probabilmente gli Ad delle due banche, Fabrizio Viola e Cristiano Carrus. Probabilmente per ò le polemiche intorno al destino delle venete non sono destinate a finire. Una prova è venuta ieri sera dalla notizia lanciata dall’agenzia Reuters, secondo cui i quatto fondi d’investimento internazionali Sound Point Capital, Cerberus, Attestor e Varde, con Deutsche Bank come advisor, avrebbero presentato il 3o maggio al Tesoro un’offerta per ricapitalizzare le due venete con i,6 miliardi – 1,3 di bond convertibili e 300 in azioni – senza avere per ò risposta. Con il piano, secondo Reuters, i fondi puntavano al 15% nelle due banche e al controllo della governance, confermando l’Ad Fabrizio Viola, in una ricapitalizzazione precauzionale a fianco dello Stato.
Corriere della Sera 24/06/2017
Banche venete, sì alla liquidazione – M. Sen.
ROMA Primo via libera della Vigilanza della Banca centrale europea e della Commissione Ue alla liquidazione «ordinata» di Veneto Banca e Popolare Vicenza, senza la risoluzione e il temutissimo «bail-in» europeo, e con la salvaguardia dei depositanti e dei piccoli investitori. Oggi si riunirà il Consiglio dei ministri per adottare i provvedimenti necessari, su proposta della Banca d’Italia, cioè il commissariamento dei due istituti e la messa in liquidazione coatta amministrativa. «dl governo si riunirà nel fine settimana per adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior» si legge in una nota del Tesoro. Di fatto si stabiliranno anche le condizioni per la cessione delle attività buone dei due istituti a Banca Intesa, che consentirà la regolare apertura degli sportelli delle popolari venete lunedì mattina, senza alcuna discontinuità. Lo Stato garantirà la copertura dei crediti deteriorati, che finirebbero in una società a parte, una «bad bank». Il piano comporterebbe un esborso da parte delle casse pubbliche stimato tra 8 e io miliardi di euro. Ma deve essere ancora definito nei dettagli. La decisione della Bee è arrivata in tarda serata. La Vigilanza ha stabilito che Veneto Banca e Popolare di Vicenza «stanno fallendo o sono in via di fallimento» perché il loro patrimonio è ripetutamente sceso sotto i limiti regolamentari. «La Bce ha dato tempo agli istituti di presentare dei piani di ricapitalizzazione, ma le banche non sono state in grado di sottoporre soluzioni credibili su come procedere». Subito dopo il Fondo unico di risoluzione, l’organismo che gestisce le maggiori crisi bancarie, ha stabilito che non ci sono le condizioni per la messa in risoluzione delle banche venete secondo le direttive Ue, e che i due istituti possono essere liquidati secondo le procedure di insolvenza nazionali. I due passaggi erano il presupposto fondamentale per la liquidazione ordinata, che comunque imporrà il sacrificio degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati, che tuttavia nei piani del governo dovrebbero poi essere rimborsati degli investimenti perduti. «Siamo in continuo contatto con le autorità europee. Mi sento di confermare totalmente la garanzia della tutela dei risparmiatori e dei correntisti» aveva assicurato poche ore prima, da Bruxelles, il premier Paolo Gentiloni. La direzione antitrust della Commissione Ue sembra disposta ad assecondare una soluzione rapida. «Abbiamo discussioni costruttive sulle ipotesi che ci sono state prospettate dal governo per gli aiuti di Stato e sono stati fatti buoni progressi per arrivare a una decisione molto presto. I depositanti saranno totalmente protetti, in linea con le regole Ue» ha fatto sapere ieri sera la Commissione. Le regole Ue, ha aggiunto Bruxelles, «consentono il sostegno pubblico in simili situazioni» escludendo dal «burden sharing», cioè dalla condivisione delle perdite, «i possessori di obbligazioni senior e i depositanti». Alcuni dettagli del piano devono ancora essere messi a punto, e ieri il confronto tra Intesa e le autorità si è fatto a tratti duro. Così come restano ancora da definire alcuni passaggi con la direzione antitrust di Bruxelles. Ma c’è ottimismo sulla possibilità di chiudere a breve la partita. I sindacati, con la Fabi e la Fisac, premono sull’esecutivo perché assecondi le richieste di Intesa anche sulla gestione degli esuberi di personale. Ma non dovrebbe essere un problema insormontabile. M. Sen.
Il Giornale di Vicenza
Roberta Bassan
Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza sono « in fallimento, o in probabile fallimento». Il comunicato della Bce arriva poco prima delle 22 e non suona bene. Anche perché da Francoforte si aggiunge che le due banche «non sono state in grado di offrire soluzioni credibili per andare avanti». In realtà, per quanto paradossale possa sembrare, è una notizia “positiva”. Sì, perché in questo modo le febbrili trattative durate tutto il giorno tra Governo, Commissione europea, Bce, Banca d’Italia e Intesa Sanpaolo finalmente si sbloccano. Il Single resolution board della Bce ha concluso che «non c’erano alternative di vigilanza o misure del settore privato che potessero prevenire il fallimento delle due banche» e quindi «per queste due banche un’azione di risoluzione non garantiva il pubblico interesse». In particolare nessuna delle due banche fornisce funzioni vitali e «il loro fallimento non è atteso abbia un impatto significativo contrario alla stabilità finanziaria». Per questo le due banche verranno liquidate secondo la procedura prevista dalle norme italiane.
OK EUROPEO. Sì, perché in ballo c’era il via libera agli aiuti di Stato connessi all’offerta di Intesa Sanpaolo. A Bruxelles non andava a genio che Roma iniettasse risorse pubbliche, per esempio, anche per gli scivoli del personale chiesti da Ca’ de Sass puntando invece sui licenziamenti. Per questo in giornata i sindacati erano insorti e avevano invitato il Governo a puntare i piedi. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di BpVi e Veneto Banca – ha allertato Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi -. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo a istituzioni e forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato». A ruota la Cisl con il segretario Annamaria Furlan e il segretario FirstCisl (primo sindacato a Montebelluna) Giulio Romani: «Se fosse vero che da parte dell’Europa si sta realizzando il tentativo di far fallire le due banche venete, proprio adesso che una soluzione sembrava possibile, il danno sarebbe senza precedenti». Invece il fallimento consente a Bruxelles di inviare una nota in cui la Commissione «prende nota della decisione della Bce e sta ora alle autorità italiane determinare la strada da prendere per le due banche, in linea con la legislazione italiana sul fallimento». Bruxelles «sta avendo discussioni costruttive con le autorità» sulle proposte di sostegno statale, ci sono «progressi per trovare molto presto una soluzione», precisando che i depositi e i senior bond saranno protetti.
GOVERNO. Di fatto è il via libera all’offerta di Intesa, con tanto di aiuti pubblici. Infatti il ministero dell’Economia si accoda alla Bce e a Bruxelles spedendo una nota in cui assicura che «il Governo si riunirà nel fine settimana per adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior». Per chi avesse ancora dei dubbi «le regole sugli aiuti di Stato consentono la possibilità di dare sostegno statale in questo tipo di situazioni, in linea con la Comunicazione bancaria del 2013, che comprende i requisiti di burden sharing», spiega la Commissione. Ok, ci siamo. Il fallimento dichiarato dalla Bce è in realtà un favore fatto al Governo italiano e ai depositanti delle due venete. Oggi arriverà il decreto che chiude un’epoca.
La Nuova Sardegna
di Giampaolo Grassi MILANO
Bce e Single Resolution Board hanno dato il via libera alla liquidazione di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, dopo aver accertato che sono «in dissesto». Si tratta del primo passo formale verso la creazione della good bank che verrà acquistata da Intesa e della bad bank che si accollerà lo Stato. Ora serve il decreto del governo, che arriverà al termine di un Cdm in programma per sabato. L’obiettivo, spiega il Tesoro, è «adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior e junior retail». In serata, da Bruxelles sono arrivati segnali incoraggianti: ci sono «discussioni costruttive» e «progressi per trovare molto presto una soluzione». In vista del decreto, il premier Paolo Gentiloni ha incontrato a Palazzo Chigi il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan. «Mi sento di confermare totalmente la garanzia per quanto riguarda i risparmiatori e i correntisti», ha ribadito il presidente del consiglio. Fra Tesoro e Intesa sembrerebbe comunque esserci un braccio di ferro su tema degli esuberi. L’operazione dovrebbe comportare circa 4.000 uscite, per un costo di circa 1,2 miliardi di euro. Dei posti di lavoro da tagliare con i prepensionamenti, solo 1.200 nelle Venete avrebbero i requisiti, mentre gli altri sarebbero di Intesa che, per ò, anche dopo l’acquisizione delle good bank, non intende sostenere costi e nemmeno considerare l’ipotesi licenziamenti. Servirà quindi un rafforzamento del fondo esuberi con un intervento pubblico. In quel caso, Cà de Sass potrebbe usufruirne anche per i propri dipendenti. Un’ipotesi che non sembra essere ben vista dalla Commissione Ue. Per questo dai sindacati sono arrivati appelli al governo. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti» ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni. Altro nodo è il no di Intesa alla richiesta del governo di partecipare al rimborso dei titolari di bond subordinati, che saranno praticamente azzerati insieme agli azionisti. C’è poi la necessita, per Intesa, di avere la certezza che vi sarà corrispondenza fra il decreto e la legge in cui verrà convertito. Il governo ha fatto presente che pu ò garantire il suo impegno e che i tempi saranno veloci, ma non risulta che ci siano tecnicismi normativi in grado di blindare il testo. Intanto, i Cda delle Venete hanno fatto il punto della situazione in due riunioni lampo, nel pomeriggio. «Tutti adesso pensano basti un euro – ha detto Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza a margine di un evento a Milano – Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. E stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». Fiducioso il presidente emerito di Intesa, Giovanni Bazoli, secondo il quale l’offerta di Cà de Sass «avvia il problema verso una soluzione finale e rapida del problema, che è quello che tutti ci auspichiamo».
Gazzetta del Mezzogiorno 24/06/2017
Banche venete, arriva il «sì» alla liquidazione – Grassi Giampaolo
MILANO. Bce e Single Resolution Board hanno data il via libera alla liquidazione di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, dopo aver accertato che sono «in dissesto». Si tratta del primo passo formale verso la creazione della good bank che verrà acquistata da Intesa e della bad bank che si accollerà lo Stato. Ora serve il decreto del governo, che arriverà al termine di un cdm in programma per oggi. L’obiettivo, spiega il Tesoro, è «adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior e junior retail». In serata, da Bruxelles sono arrivati segnali incoraggianti: ci sono «discussioni costruttive» e «progressi per trovare molto presto una soluzione». In vista del decreto, il premier Paolo Gentiloni ha incontrato a Palazzo Chigi il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan. «Mi sento di confermare totalmente la garanzia per quanto riguarda i risparmiatori e i correntisti», ha ribadito il presidente del consiglio. Fra Tesoro e Intesa sembrerebbe comunque esserci un braccio di ferro su tema degli esuberi. L’operazione dovrebbe comportare circa 4.000 uscite, per un costo di circa 1,2 miliardi di euro. Dei posti di lavoro da tagliare con i prepensionamenti, solo 1.200 nelle venete avrebbero i requisiti, mentre gli altri sarebbero di Intesa che, per ò, anche dopo l’acquisizione delle good bank, non intende sostenere costi e nemmeno considerare l’ipotesi licenziamenti. Servirà quindi un rafforzamento del fondo esuberi con un intervento pubblico. In quel caso, Cà de Sass potrebbe usufruirne anche per i propri dipendenti. Un’ipotesi che non sembra essere ben vista dalla Commissione Ue. Per questo dai sindacati sono arrivati appelli al governo. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti» ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni. Altro nodo è il «no» di Intesa alla richiesta del governo di partecipare al rimborso dei titolari di bond subordinati, che saranno praticamente azzerati insieme agli azionisti. C’è poi la necessità, per Intesa, di avere la certezza che vi sarà corrispondenza fra il decreto e la legge in cui verrà convertito. Il governo ha fatto presente che pu ò garantire il suo impegno e che i tempi saranno veloci, ma non risulta che ci siano tecnicismi normativi in grado di blindare il testo. Intanto, i cda delle venete hanno fatto il punto della situazione in due riunioni lampo, nel pomeriggio. «Tutti adesso pensano basti un euro – ha detto Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza a margine di un evento a Milano – Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. è stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». Fiducioso il presidente emerito di Intesa, Giovanni Bazoli, secondo il quale l’offerta di Cà de Sass «avvia il problema verso una soluzione finale e rapida del problema, che è quello che tutti ci auspichiamo». Anche per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, l’offerta «è buona». Quindi, ha aggiunto, «accontentiamoci pragmaticamente di un’offerta e di una grande banca senza la quale avremmo avuto molti più problemi».
Gazzettino 24/06/2017
«Gentiloni ora si faccia sentire con l’Europa: vogliono licenziamenti, non uscite volontarie»
I SINDACATI «Gentiloni ora si faccia sentire con l’Europa: vogliono licenziamenti, non uscite volontarie» MILANO – L’operazione che prevede l’intervento di Intesa SanPaolo sarebbe a rischio perché la Dg Comp della Commissione europea vorrebbe licenziamenti e non prepensionamenti o uscite volontarie. A denunciarlo è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari, che si appella al Governo Gentiloni e al ministro Pier Carlo Padoan. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato», dice Sileoni in una nota. Al premier Paolo Gentiloni si chiede di «intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione». Gli fa eco il segretario della Fisac Cgil, Agostino Megale: «Chiediamo al Governo di operare con fermezza nei confronti della Dg competition della Commissione europea per impedire che passi la volontà di chi vorrebbe i licenziamenti nelle due banche Venete. Cc’è chi da tempo vuole utilizzare le crisi bancarie per far pagare il prezzo sociale più alto al nostro Paese. Questo è inaccettabile e va respinto senza se e senza ma». Il Governo italiano «deve assumere una posizione molto più chiara e rigida nelle prossime ore a livello europeo», aggiungono la Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan ed il Segretario generale di First Cisl, Giulio Romani.
Giornale 24/06/2017
Oggi il decreto per le due venete
Gian Maria De Francesco Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono tecnicamente fallite e la loro procedura di liquidazione sarà gestita attraverso un decreto che sarà emanato oggi dal Consiglio dei ministri. La Bce ieri sera ha dichiarato le due banche venete «in dissesto» o «prossime al dissesto» (failing o likely to fail secondo la terminologia dell’Eurotower) informando il Single Resolution Board, l’Authority europea per la risoluzione delle banche in crisi presieduta dalla tedesca Elke König, che non era applicabile lo standard comunitario. Dunque entrambi i vigilanti hanno concluso che le due banche dovranno essere liquidate secondo le normative italiane. Il ministero dell’Economia ha successivamente reso noto che il governo adotterà «le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior». In pratica oggi l’esecutivo varerà un decreto legge che crea le condizioni per la cessione degli asset della due banche a Intesa Sanpaolo che intende acquistarne le attività in bonis. Il dl ha lo scopo di consentire la regolare apertura degli sportelli lunedì mattina, senza alcuna discontinuità. Nel frattempo i due istituti potranno presentare l’istanza per la liquidazione coatta amministrativa dichiarandosi insolventi e Banca d’Italia provvederà alla nomina di uno o più commissari per ciascuna di concerto con il Tesoro. I problemi tecnici, per ò, sono numerosi. In primo luogo, occorre cambiare la «destinazione d’uso» del Fondo Salvarisparmio da 20 miliardi varato dalla legge di Bilancio perla ricapitalizzazione preventiva di Mps. Andrà utilizzato pure per finanziare la bad bank che assorbirà gli 11 miliardi di non performing loan dei due istituti (3-4 miliardi il costo atteso). In seconda istanza, bisognerà provvedere alla salvaguardia degli obbligazionisti subordinati individuali che, come specificato dal comunicato, saranno colpiti dal fallimento assieme agli azionisti (cioè il Fondo Atlante che vi ha iniettato 3,5 miliardi) secondo il principio del «burden sharing». Ultimo ma non meno importante punto nella trattativa Italia-Bruxelles è minimizzare l’impatto delle penalizzazioni imposte dall’esecutivo comunitario. «Le regole permettono la possibilità di concedere aiuti di Stato in questo tipo di situazioni», ha fatto sapere la Commissione Ue aggiungendo che sono in corso discussioni «costruttive con le autorità italiane su bozze di proposte» per un «sostegno pubblico» e che sono stati fatti progressi per trovare «una soluzione molto presto». Senza contare che Intesa non vuole licenziare, ma vorrebbe un sostegno statale al Fondo esuberi per gestire le eccedenze. L’Europa non vede questo di buon occhio e la Fabi ha protestato. «Vogliono i licenziamenti», s’è lamentato il segretario Sileoni. Reuters, invece, ha rivelato che a maggio quattro hedge fund si sarebbero fatti avanti, ma furono respinti dal Tesoro.
Il Fatto Quotidiano 24/06/2017
Credito, la Ue vuole solo licenziamenti – Rotunno Roberto
L’allarme è scattato ieri, tra voci di corridoio e reazioni preoccupate dei sindacati: l’acquisizione delle due banche venete da parte di Intesa San Paolo produrrà ben 4 mila esuberi. Ovvero, 4 mila posti di lavoro in meno considerando tutti e tre gli istituti di credito coinvolti. E non è nemmeno tutto. Cosa ancora più grave, da Bruxelles starebbero spingendo affinché queste persone vengano licenziate in tronco senza la possibilità di attutire il colpo ricorrendo al fondo per i pre-pensionamenti del settore bancario. Una vicenda che ha già colpito 170 mila azionisti, i quali si sono visti praticamente azzerati i portafogli, e che sta per travolgere decine di migliaia di obbligazionisti, avrà anche una pesante ricaduta occupazionale. “In Europa – ha avvertito Lando Sileoni, segretario della Federazione autonoma bancari Fa

BCC, IPOTESI DI NUOVO CONTRATTO APPROVATA COL 98% DEI SÌ

23/09/2024 |

BCC, IPOTESI DI NUOVO CONTRATTO APPROVATA COL 98% DEI SÌ

Via libera di lavoratrici e lavoratori del credito cooperativo all’’accordo sul ccnl sottoscritto da Fabi, …

BANCHE, A RADIO24 LE STIME FABI SUL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ

23/09/2024 |

BANCHE, A RADIO24 LE STIME FABI SUL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ

L’emittente del gruppo Sole24Ore riprende i dati riportati su Messaggero e Gazzettino in un articolo …