SILEONI ALL? ABI: ?UN TAVOLO TECNICO PER PARLARE DI INNOVAZIONE?
I dati parlano chiaro: prepensionamenti e chiusure di sportelli al centro dei prossimi anni. Per ora nessun licenziamento, ma il futuro? Leggi l’intervista al Segretario Generale su La Stampa e gli articoli dei principali quotidiani di oggi
La Stampa 03/01/2018
Tagli in vista 3 mila sportelli pronti a saltare – “Addio a tremila sportelli Ora un tavolo sulle banche” – De Ponte Fabio
Un tavolo con l’Abi per affrontare i nodi dell’innovazione e «prevedere nuove figure professionali». Lo chiede Lando, segretario generale della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), il principale sindacato di settore. Entro il 2019, secondo un’analisi sui piani industriali di cinque dei principali istituti italiani (Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi) diffusa dalla stessa sigla sindacale, saranno chiuse circa tremila filiali. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. Di più. Nei prossimi quattro anni, annuncia, «usciranno volontariamente circa 25 mila lavoratori, come risultato di accordi sottoscritti tra sindacati e gruppi bancari», che si aggiungeranno agli altri 40 mila già usciti. Le banche oggi impiegano circa 300 mila persone, più altre 37 mila che lavorano nelle banche di credito cooperativo. La nota positiva è che «questi 65 mila li abbiamo gestiti ottenendo anche 18 mila assunzioni di giovani a tempo indeterminato». Ma «una volta che avremo esaurito questo bacino di prepensionamenti, quando arriveranno nuove aggregazioni, l’alternativa sarà passare ai licenziamenti». Allora qual è la soluzione? «Serve una flessibilità gestita e non subita. Abbiamo fatto le nuove assunzioni con un contratto misto, sia da promotore finanziario che da impiegato di banca». Insomma «bisogna prevedere nuove figure professionali. Con Intesa e Banco Bpm – spiega – abbiamo concordato a livello aziendale lo smart working, cioè il lavoro da casa. Questa è una forma alternativa che pu ò dare risultati, se gestita bene». Sileoni scuote la testa rispetto agli scenari prospettati dal vicedirettore di Bankitalia Fabio Panetta che, in una intervista ieri a La Stampa, esortava gli istituti di credito a «migliorare il ricorso all’innovazione» perché «la scommessa è sostituire, non affiancare». «Io non credo – dice il sindacalista – che ci sarà un cambiamento radicale del modo di fare banca. I banchieri sono molto gelosi del loro ruolo. Non saranno mai disponibili a cedere il potere contrattuale che hanno rispetto al quanto e se concedere un certo fido alla clientela. Per mantenere questo rapporto di forza con la clientela non adotteranno mai criteri trasparenti per il metodo del credito». E poi, sottolinea, da noi il digitale non corre a tappe forzate come altrove: «Nei piccoli centri le operazioni via internet sono molto limitate». Perci ò «chiudere le filiali nei paesini lasciando tutto in mano agli uffici postali solo perché non producono reddito significa non avere le idee chiare su quello che sarà il modello di banca. La filiale, intesa come punto di riferimento delle aziende e delle famiglie, rimarrà sempre in piedi». La prossima parola sulla questione, spiega, la dirà Banca Intesa: «Stanno aspettando tutti il piano industriale che arriverà nei prossimi due mesi. Nel gruppo dirigente c’è stata una rivoluzione, ci aspettiamo un cambiamento profondo rispetto al modello organizzativo».
Libero Quotidiano 03/01/2018
Addio sportelli: gli istituti pronti a chiudere altre 3mila filiali
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati della Fabi, diffusi dall’Adnkronos, che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2.809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. «L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio», ha denunciato il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo «che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali». Secondo il sindacalista «un conto è la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente». In quest’ultimo caso, «il problema è quasi sempre la pessima organizzazione». La chiusura degli sportelli, secondo la Fabi, significa anche meno concorrenza e meno assistenza finanziaria a famiglie e imprese. Se è vero, infatti, che l’81% dei clienti utilizza ormai i canali digitali delle banche soprattutto per le operazioni e i pagamenti di tutti i giorni, la maggior parte di loro va ancora in filiale per le scelte finanziarie più complesse (consulenza, assistenza, richiesta di mutui, affidamenti su conto corrente). Senza contare che a pagare questo ridimensionamento sono soprattutto gli anziani, che non usano le nuove tecnologie, e i piccoli centri, dove le filiali stanno praticamente scomparendo.
Messaggero 03/01/2018
Banche, in tre anni via 3 mila sportelli – A.Fons
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la metamorfosi delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre tremila chiusure secondo i dati della Fabi che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa Sp, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. «L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio», denuncia il segretario generale Fabi, Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, «che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali». Sileoni evidenzia come «un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente». In quest’ultimo caso, «il problema è quasi sempre la pessima organizzazione del lavoro». Nell’analisi di Sileoni, «la chiusura degli sportelli più che alla riduzione del personale serve per creare pesanti ristrutturazioni tecnologiche».
Secolo d’Italia 03/01/2018
Banche a picco
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la “trasformazione” delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati della Fabi, diffusi dall’Adnkronos, che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. “L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio”, denuncia interpellato dall’Adnkronos il segretario generale della Fabi Lando Sileoni.
ILFOGLIO.IT 02/01/2018
Banche, chiuderanno altri 3mila sportelli
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati della Fabi, diffusi dall’Adnkronos, che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. “L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio”, denuncia interpellato dall’Adnkronos il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, “che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali”. Sileoni evidenzia come “un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente”. In quest’ultimo caso, “il problema è quasi sempre la pessima organizzazione”. Nell’analisi del leader Fabi, “la chiusura degli sportelli più che alla riduzione del personale serve per creare pesanti ristrutturazioni tecnologiche”. In questo senso, “sarà fondamentale il piano industriale che presenterà Intesa Sp e da lì vedremo che piega prende il settore”. Quello che è certo, conclude, è che “il sindacato deve ottenere e non più chiedere un confronto sia a livello Abi sia a livello aziendale sull’innovazione tecnologica”. La chiusura degli sportelli, secondo il sindacato, significa anche meno concorrenza e meno assistenza finanziaria a famiglie e imprese. Se è vero, infatti, che L’81% dei clienti utilizza ormai i canali digitali delle banche soprattutto per le operazioni e i pagamenti di tutti i giorni, la maggior parte di loro va ancora in filiale per le scelte finanziarie più complesse (consulenza, assistenza, richiesta di mutui, affidamenti su conto corrente). Senza contare che a pagare questo ridimensionamento sono soprattutto gli anziani, che non usano le nuove tecnologie, e i piccoli centri, dove le filiali stanno praticamente scomparendo.
La Verita’ 03/01/2018
Bankitalia firma la resa: il futuro è Amazon – Antonelli Claudio
Bankitalia apre le porte ai grandi colossi del Web. Al primo posto nella corsa si piazza ovviamente l’azienda fondata da Jeff Bezos. Amazon in Italia vanta anche l’opportunità di avere un proprio ex manager come consulente di Palazzo Chigi. Diego Piacentini è stato infatti chiamato da Matteo Renzi a supervisionare lo sviluppo del digitale lungo la penisola. Resterà al suo posto anche dopo le elezioni. Avrà letto con grande soddisfazione le dichiarazioni rilasciate ieri al quotidiano torinese La Stampa da parte del vicedirettore generale di Bankitalia, Fabio Panetta. L’intervista non è casuale. Cade giusto giusto in vista di una rivoluzione che scardinerà i rapporti tra banche e clienti. Come ha riportato La Verità, il prossimo i3 gennaio entrerà in vigore una nuova normativa europea. Si tratta della Payment service directive 2: un insieme di nuove regole che hanno lo scopo di aumentare la protezione dei consumatori quando pagano online, ma anche di promuovere lo sviluppo dei pagamenti in mobilità attraverso l’open banking (un sistema di comunicazioni bancarie aperte tra diversi soggetti). Con la Psd2 si potrà accedere ai servizi bancari non più solo con le app proprietarie degli istituti, ma anche attraverso applicazioni sviluppate da terze parti. Questo permetterà all’utente di mettere a confronto i vari servizi e di scegliere quello migliore al prezzo più conveniente. Senza considerare che, nel rispetto della privacy, avendo accesso alle transazioni e alle abitudini dei clienti delle banche, i big del Web potranno creare servizi più competitivi e più economici accelerando la migrazione della clientela verso tecnologie migliori. Sarà per ò un passaggio delicato in quanto la cessione dei dati avrà risvolti diretti pure per i clienti. A fronte di una cessione della privacy potrebbero arrivare offerte convenienti sui mutui o sulla gestione dei conti correnti. Il fatto è che attorno ai dati si svilupperà tutta la futura battaglia. Non a caso La Stampa chiede a Panetta se il possesso di dati possa giustificare acquisizioni nel settore. «Sì», risponde il numero tre di Bankitalia. «Perché Alibaba o Amazon, che hanno un ritorno sugli investimenti elevatissimo, dovrebbero comprare una banca, che se va bene rende i15%? Distruggerebbero valore. L’impulso put) derivare unicamente dall’obiettivo di acquisirne i dati». Da qui il passaggio successivo. Dopo aver acquisito i dati, servirebbe una licenza bancaria. «Le licenze sono europee, la prassi è eguale per tutti», prosegue Panetta. «Se si ponesse il caso, imbastiremmo la pratica e la porteremmo alla Bce per discuterla. Amazon ha una reputazione, è una potenza finanziaria, offre garanzie di tenuta, ha competenze tecniche e l’ipotesi che faccia riciclaggio mi pare per lo meno remota. Con tutti i requisiti sarebbe un atto dovuto. E, comunque, perché no?». Insomma, messaggio molto chiaro e diretto alle banche. Tanto più che arriva nel giorno in cui la Fabi, il sindacato dei colletti bianchi, conferma che nei prossimi tre anni ci saranno altri 3.000 tagli di dipendenti. D’altronde il numero degli sportelli crolla visibilmente e l’aggressività di colossi del Web rischia di accelerare il trend. «Qualora i pagamenti via Facebook o Alibaba spazzassero via le nostre banche e queste venissero a protestare, che farebbe?», chiede La Stampa a Panetta. La risposta è secca. Di più, sincera quanto sconcertante. «Avrei una sola possibilità: spiegare che c’è il mercato, che ci son delle regole, e che è li che si svolge la partita», conclude il dirigente di Palazzo Koch. «Proteggerle sarebbe una violazione del nostro mandato». In poche parole, banche state serene. Un messaggio che in Italia ricorda il celebre messaggio di Renzi a Enrico Letta. Ecco perchè non è certo un caso se poche settimane fa, il presidente del cda di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro, a titolo esclusivamente personale ha sottolineato che, nel caso in cui dovesse nascere un mercato dei dati bancari, le multinazionali del Web dovrebbero avere l’obbligo di remunerare le banche per la comunicazione di dati personali sui propri clienti. La guerra a questo punto sembra essere stata dichiarata. Speriamo che i veri proprietari dei dati, i clienti, ne abbiano alla fine qualche concreto beneficio.
Voce di Mantova 03/01/2018
Banche: «Altri tremila sportelli chiuderanno nei prossimi 3 anni»
MILANO Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati del sindacato autonomo Fabi che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. «L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio», denuncia il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, “che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali”. Sileoni evidenzia come “un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente”. In quest’ultimo caso, “il problema è quasi sempre la pessima organizzazione”.
La Voce di Reggio Emilia – 03/01/18
Banche “Altri tremila sportelli chiuderanno nei prossimi 3 anni”
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati del sindacato autonomo Fabi che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. «L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio», denuncia il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, “che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali”. Sileoni evidenzia come “un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente”. In quest’ultimo caso, “il problema è quasi sempre la pessima organizzazione”.
ADNKRONOS.COM 02/01/2018
Banche, chiuderanno altri 3mila sportelli
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati della Fabi, diffusi dall’Adnkronos, che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. “L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio”, denuncia interpellato dall’Adnkronos il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, “che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali”. Sileoni evidenzia come “un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente”. In quest’ultimo caso, “il problema è quasi sempre la pessima organizzazione”. Nell’analisi del leader Fabi, “la chiusura degli sportelli più che alla riduzione del personale serve per creare pesanti ristrutturazioni tecnologiche”. In questo senso, “sarà fondamentale il piano industriale che presenterà Intesa Sp e da lì vedremo che piega prende il settore”. Quello che è certo, conclude, è che “il sindacato deve ottenere e non più chiedere un confronto sia a livello Abi sia a livello aziendale sull’innovazione tecnologica”. La chiusura degli sportelli, secondo il sindacato, significa anche meno concorrenza e meno assistenza finanziaria a famiglie e imprese. Se è vero, infatti, che L’81% dei clienti utilizza ormai i canali digitali delle banche soprattutto per le operazioni e i pagamenti di tutti i giorni, la maggior parte di loro va ancora in filiale per le scelte finanziarie più complesse (consulenza, assistenza, richiesta di mutui, affidamenti su conto corrente). Senza contare che a pagare questo ridimensionamento sono soprattutto gli anziani, che non usano le nuove tecnologie, e i piccoli centri, dove le filiali stanno praticamente scomparendo.
AFFARITALIANI.IT 02/01/2018
BANCHE, CHIUDERANNO ALTRI 3MILA SPORTELLI
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati della Fabi, diffusi dall’Adnkronos, che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. “L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio”, denuncia interpellato dall’Adnkronos il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, “che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali”. Sileoni evidenzia come “un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente”. In quest’ultimo caso, “il problema è quasi sempre la pessima organizzazione”. Nell’analisi del leader Fabi, “la chiusura degli sportelli più che alla riduzione del personale serve per creare pesanti ristrutturazioni tecnologiche”. In questo senso, “sarà fondamentale il piano industriale che presenterà Intesa Sp e da lì vedremo che piega prende il settore”. Quello che è certo, conclude, è che “il sindacato deve ottenere e non più chiedere un confronto sia a livello Abi sia a livello aziendale sull’innovazione tecnologica”. La chiusura degli sportelli, secondo il sindacato, significa anche meno concorrenza e meno assistenza finanziaria a famiglie e imprese. Se è vero, infatti, che L’81% dei clienti utilizza ormai i canali digitali delle banche soprattutto per le operazioni e i pagamenti di tutti i giorni, la maggior parte di loro va ancora in filiale per le scelte finanziarie più complesse (consulenza, assistenza, richiesta di mutui, affidamenti su conto corrente). Senza contare che a pagare questo ridimensionamento sono soprattutto gli anziani, che non usano le nuove tecnologie, e i piccoli centri, dove le filiali stanno praticamente scomparendo.
AREZZOWEB.IT 02/01/2018
Banche, chiuderanno altri 3mila sportelli
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati della Fabi, diffusi dall’Adnkronos, che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. “L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio”, denuncia interpellato dall’Adnkronos il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, “che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali”. Sileoni evidenzia come “un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente”. In quest’ultimo caso, “il problema è quasi sempre la pessima organizzazione”. Nell’analisi del leader Fabi, “la chiusura degli sportelli più che alla riduzione del personale serve per creare pesanti ristrutturazioni tecnologiche”. In questo senso, “sarà fondamentale il piano industriale che presenterà Intesa Sp e da lì vedremo che piega prende il settore”. Quello che è certo, conclude, è che “il sindacato deve ottenere e non più chiedere un confronto sia a livello Abi sia a livello aziendale sull’innovazione tecnologica”. La chiusura degli sportelli, secondo il sindacato, significa anche meno concorrenza e meno assistenza finanziaria a famiglie e imprese. Se è vero, infatti, che L’81% dei clienti utilizza ormai i canali digitali delle banche soprattutto per le operazioni e i pagamenti di tutti i giorni, la maggior parte di loro va ancora in filiale per le scelte finanziarie più complesse (consulenza, assistenza, richiesta di mutui, affidamenti su conto corrente). Senza contare che a pagare questo ridimensionamento sono soprattutto gli anziani, che non usano le nuove tecnologie, e i piccoli centri, dove le filiali stanno praticamente scomparendo.
CATANIAOGGI.IT 02/01/2018
Banche, chiuderanno altri 3mila sportelli
Sempre meno filiali e meno sportelli aperti al pubblico. Continua la trasformazione delle banche italiane: nei prossimi tre anni si prevedono altre 3mila chiusure secondo i dati della Fabi, diffusi dall’Adnkronos, che emergono dall’analisi dei piani industriali dei cinque principali gruppi. Un trend che si consolida, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. A risentirne sono soprattutto i piccoli centri e la clientela meno digitalizzata, a partire dagli anziani. In particolare in Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. E da adesso fino al 2019 si prevedono altre 2809 chiusure, un numero che potrebbe crescere ulteriormente con la presentazione dei nuovi piani industriali. “L’innovazione tecnologica è un alibi per la chiusura degli sportelli, che significa perdere un rapporto storico con il territorio”, denuncia interpellato dall’Adnkronos il segretario generale della Fabi Lando Sileoni. Un ruolo, prosegue, “che acquisiranno sempre di più gli sportelli degli uffici postali”. Sileoni evidenzia come “un conto sia la chiusura per sovrapposizioni dovute alle fusioni, giustificata, e un conto quella delle agenzie che, a giudizio della banca, non producono redditività sufficiente”. In quest’ultimo caso, “il problema è quasi sempre la pessima organizzazione”. Nell’analisi del leader Fabi, “la chiusura degli sportelli più che alla riduzione del personale serve per creare pesanti ristrutturazioni tecnologiche”. In questo senso, “sarà fondamentale il piano industriale che presenterà Intesa Sp e da lì vedremo che piega prende il settore”. Quello che è certo, conclude, è che “il sindacato deve ottenere e non più chiedere un confronto sia a livello Abi sia a livello aziendale sull’innovazione tecnologica”. La chiusura degli sportelli, secondo il sindacato, significa anche meno concorrenza e meno assistenza finanziaria a famiglie e imprese. Se è vero, infatti, che L’81% dei clienti utilizza ormai i canali digitali delle banche soprattutto per le operazioni e i pagamenti di tutti i giorni, la maggior parte di loro va ancora in filiale per le scelte finanziarie più complesse (consulenza, assistenza, richiesta di mutui, affidamenti su conto corrente). Senza contare che a pagare questo ridimensionamento sono soprattutto gli anziani, che non usano le nuove tecnologie, e i piccoli centri, dove le filiali st
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