Nessuna diffamazione da parte della FABI contro l'ex vice Direttore Generale della Popolare di Vicenza. Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Milano che ha confermato la sentenza di I grado. Leggi la sentenza in formato integrale
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FABI NON HA DIFFAMATO EX MANAGER BPVI CAUDURO

Nessuna diffamazione da parte della FABI contro l’ex vice Direttore Generale della Popolare di Vicenza. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Milano che ha confermato la sentenza di I grado. Leggi la sentenza in formato integrale
FABI NON HA DIFFAMATO EX MANAGER BPVI CAUDURO

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La Corte d’Appello di Milano, con sentenza di oggi 2 luglio 2018, ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza con cui era stata rigettata la domanda di risarcimento del danno per asserita diffamazione in misura pari ad € 250,000,00 che era stata proposta da Adriano Cauduro, unico membro del vecchio management ad essere sin qui sopravvissuto allo scandalo della Banca Popolare di Vicenza, contro la FABI, Lando Sileoni (segretario generale) e Giuliano Xausa (segretario nazionale), condannando Cauduro al pagamento delle spese processuali in misura pari ad € 6615,00 oltre accessori.
Cauduro aveva accusato i vertici FABI di averlo gravemente diffamato, sottoponendolo ad una “vera e propria campagna di stalking mediatico“, per averne in varie occasioni, ma sempre in sedi sindacali, chiesto la rimozione, quale unico superstite del vecchio management coinvolto nel noto scandalo delle banche venete.
La Corte d’Appello di Milano, come già il Tribunale di Monza, ha accolto in toto le difese dalla FABI (difesa dagli Avv.ti Antonio Pileggi ed Emilio Festa), ritenendo che la FABI, attraverso i propri vertici, abbia esercitato del tutto correttamente il proprio ruolo sindacale “coerentemente con la propria funzione“, nei confronti della controparte datoriale, ed abbia espresso “una valutazione del Sindacato di natura squisitamente politica nella gestione generale dell’azienda” e ci ò in una “prospettiva di ben più ampio respiro attinente al futuro dell’azienda“.
Il pensiero critico così espresso” prosegue la Corte d’Appello di Milano, “non appare, pertanto, gratuito, ma giustificato in un ambito di dialettica sindacale sempre più aspra, e non è rivolto a denigrare la persona in quanto tale“.
La Corte d’Appello di Milano ritiene del tutto legittimo ed appropriato il modo con cui la FABI ha condotto la propria battaglia, anche se con particolare incisività ed asprezza, ad esempio quando “rassicura i lavoratori di non voler in alcun modo trascurare il proprio compito di impegno politico di lotta, insistendo nelle azioni di “responsabilità del vecchio cda essendo interesse dei lavoratori che l’Azienda assuma nuove linee e nuovi indirizzi, prendendo comunque le distanze dal passato“, e quando sostiene con forza “la necessità di un cambio generazionale della vecchia gestione“.
La Corte ha concluso osservando che “All’esito delle valutazioni esposte ritiene, pertanto, il Collegio di dover escludere, come già valutato dal Tribunale, qualsivoglia profilo diffamatorio agli scritti esaminati, espressione del tutto legittima del diritto di critica sindacale nel rispetto dei criteri sanciti dalla Corte di Legittimità“.
Roma, 02/07/2018
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