TECHNOSTRESS, NUOVA BESTIA NERA

Riunione il 13 e 14 novembre del Dipartimento nazionale Salute & Sicurezza Fabi e Assemblea RLS

TECHNOSTRESS, NUOVA BESTIA NERA

Riunione plenaria del Dipartimento Salute & Sicurezza, non solo rito annuale, ma fruttuoso scambio di esperienze e laboratorio di idee per la migliore qualità operativa dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza sull’intero territorio nazionale. Presiedute da Mattia Pari, segretario nazionale di riferimento, coadiuvato dal Responsabile del Dipartimento, Loris Brizio, le due giornate di studio hanno visto una sala davvero stracolma di dirigenti sindacali, “a dimostrazione – ha detto Brizio – del fatto che cresciamo e che i problemi connessi con la salute e la sicurezza dei lavoratori è molto sentito dalla nostra organizzazione”.

La Costituzione italiana assicura, all’art. 41, Art. che l'iniziativa economica privata è libera. Che non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Per questo il legislatore ha introdotto “il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”.

L’ergonomia raccomanda il coinvolgimento dei lavoratori e pone molta enfasi sulla comunicazione; la valutazione deve imperniarsi sulla partecipazione effettiva e il coinvolgimento dei lavoratori e degli RLS. L’aspetto della partecipazione dei lavoratori, nel caso dei rischi organizzativi, appare quindi irrinunciabile.

In un mondo lavorativo ideale, pertanto, non dovrebbero sorgere problemi di stress. Ma purtroppo non è così.
Per questo, da anni, parliamo di stress lavoro correlato, cioè di reazioni fisiche ed emotive dannose, che si manifestano quando le richieste lavorative non sono eccessive e sproporzionate alle capacità, alle risorse disponibili o alle esigenze del lavoratore.

“Cioè, lo stress lavoro – correlato si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le capacità e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste”

Lo stress, quando è prolungato nel tempo, diventa un rischio per la salute personale e per la sicurezza propria e degli altri.
Così si manifestano disturbi digestivi, disturbi del sonno, ritmo rallentato, insicurezza, irritabilità, difficoltà a prendere decisioni, errori frequenti, preoccupazione, difficoltà a concentrarsi.

“Di qui la necessità di svolgere il nostro compito con scrupolo e seguendo sia i dettami delle norme sia il buon senso e l’esperienza sul campo” – ha rammentato Loris Brizio.

Ora, da questa situazione, si sta passando ad una nuova forma di stress lavorativo, chiamato “technostress”.
Di che si tratta? Di uno stress causato da una incapacità di far fronte alla nuova tecnologia computerizzata in maniera sana.
Di solito si manifesta in due modi distinti ma correlati: nella lotta per accettare la tecnologia informatica e operare con essa; sotto forma di sovraidentificazione con la tecnologia.

Craig Brod, lo psicologo che per primo parlò di technostress, ha individuato i sintomi e i disturbi del fenomeno. I principali erano: ansia, affaticamento mentale, attacchi di panico, depressione, incubi, attacchi di rabbia (dovuti in particolare alle difficoltà di utilizzo dei computer e dei software) causato dall’incapacità di gestire le moderne tecnologie informatiche.

Quindi abbiamo una nuova bestia nera da cui difenderci? Purtroppo, sì.
È il technostress lavoro correlato. Dipende da diversi fattori, quali l’uso di varie tecnologie, e soprattutto dal multitasking, quando cioè si opera su più dispositivi contemporaneamente e per diverse ore consecutive (smartphone, tablet, telefono, fax, pc ecc). Il multitasking porta al dividere l’attenzione su più azioni, causando un sovraccarico cognitivo.

È un tipo comportamentale che comprende diverse sottocategorie: dipendenza da videogiochi, dipendenza da chat e relazioni virtuali, gioco d’azzardo online. Tutto ciò crea un enorme divario tra la vita reale e la vita virtuale, portando il soggetto ad alienarsi dalla realtà, compromettendo tutte le attività quotidiane: lavoro, scuola, sfera relazionale ed affettiva ecc.

Gli studi evidenziano ricadute negative sullo stato psicofisico degli individui: senso di impotenza sul controllo del tempo e dello spazio personale; sovraccarico di informazioni provenienti da fonti diverse; riduzione della fiducia e del confort nell’uso delle tecnologie digitali.
Insomma, sintomi psicofisici anche gravi.

Che fare? Intanto comprendere che si tratta di una malattia professionale, come ha sentenziato anche il Giudice Giuariniello, poi preservare la salute dei lavoratori secondo la legge italiana, che dispone che ogni azienda svolga una valutazione dei rischi da stress lavoro – correlato.
In questa valutazione le aziende devono rilevare la presenza del rischio tecnostress, e indicare delle misure di prevenzione e di intervento.
Qui s’inserisce il lavoro fondamentale dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, che spesso s’identificano con i sindacalisti, quindi funzione imprescindibile del sindacato.

La proposta della FABI: Valutare il rischio tecnostress. La sua presenza, il suo grado, i suoi sintomi, è il primo passo che le imprese devono mettere in atto per non dover pagare nel tempo, un prezzo troppo elevato alla propria innovazione tecnologica, a danno dei lavoratori.
Come secondo passo, mettere in atto dei programmi di prevenzione- principalmente intesi come attività di formazione/informazione, che diano ai lavoratori degli strumenti semplici ed efficaci per alleviare il rischio tecnostress nel lavoro quotidiano.

“Sul piano pratico occorre fare pause «digitali»; organizzare l’uso delle tecnologie, se possibile una alla volta (ridurre la sindrome di multitasking); ridurre le ore di lavoro tecnologico; introdurre l’obbligo di formazione e informazione da parte dell’azienda sull’utilizzo dei mezzi tecnologici”.

Il segretario nazionale, Mattia Pari, che aveva portato i saluti del segretario generale e di tutta la segreteria nazionale, e aveva introdotto i temi più di politica sindacale, come lo stato dell’arte sulla trattativa per il rinnovo del CCNL, ha poi concluso dicendo un no secco alla politica dello struzzo delle banche: “Lo stress da lavoro correlato deve fare emergere il problema delle pressioni commerciali e delle carenze organizzative, ci vogliono opportuni piani di miglioramento e azioni correttive, che valorizzino, ad esempio, strumenti come la commissione delle politiche commerciali. La convinzione che lo struzzo nasconda la testa sotto la sabbia è soltanto una leggenda diffusa, purtroppo non si può dire la stessa cosa dei troppi istituti di credito che, secondo noi, non affrontano in maniera approfondita il fenomeno”.

Rimini, 13 novembre 2019

 

 

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