BANCO BPM, CARENZA DI ORGANICI E CESSIONE UTP: GRAVI RISCHI PER LAVORATORI E CLIENTELA
Marioli: “Noi riteniamo che le persone debbano essere sempre al centro. Per questa banca è così o i lavoratori sono solo una matricola e un costo da tagliare?”
“Sono anni che rincorriamo il problema degli organici insufficienti e, giorno dopo giorno, nel Gruppo Banco BPM, il tutto si riduce a un’unica verità: la nostra azienda non sta assumendo abbastanza”.
Questo quanto denunciato dal comunicato unitario che la Fabi e gli altri sindacati hanno diramato in data odierna.
A fronte delle tante uscite degli ultimi anni, derivanti dal Fondo di Solidarietà, dal naturale turn-over e dai crescenti casi di dimissioni di colleghi delusi che vanno altrove (circa 3.000 uscite complessive nell’arco del piano industriale vigente), l’azienda non ha, infatti, fatto fronte a sufficienti nuovi ingressi.
I pochi inserimenti di giovani derivano da accordi sindacali che l’azienda è chiamata a rispettare e a cui, spesso, dà effettivo seguito soltanto dopo il “richiamo” da parte delle organizzazioni sindacali.
“Le risposte avute sulla richiesta di verifica puntuale dei neoassunti, così come quelle sul monitoraggio costante degli organici, per noi sono inaccettabili e inadeguate. A nostro avviso,manifestano la palese volontà di questa azienda di giocare con i numeri e di avere la totale libertà di azione”, dichiara Piero Marioli, coordinatore nazionale Fabi del Gruppo Banco BPM.
“Il tutto si riflette su una continua diminuzione di organico della rete e, nonostante la tanto sbandierata volontà di portare il numero minimo di dipendenti per filiale a 3, oggi siamo sempre più spesso di fronte a casi di filiali sguarnite o che devono addirittura temporaneamente chiudere per carenza di personale”.
Negli ultimi 21 mesi è arrivato infatti a 1386 il numero delle uscite e, nonostante la chiusura di oltre 600 sportelli, in molte realtà si fa fatica ad aprire al pubblico ogni mattina.
“È questa la People Strategy tanto decantata urbi et orbi dal Condirettore Generale Salvatore Poloni? O forse l’unico vero obiettivo è quello di tagliare i costi del personale nel brevissimo periodo senza una visione di lungo termine?” si chiede ancoraMarioli.
“Anche il prendere tempo, da parte aziendale, sulla richiesta delle organizzazioni sindacali di estendere il miglior trattamento assicurativo a tutti i colleghi del Gruppo, rimandando l’argomento di settimana in settimana, giustificandosi con il cambiamento del broker, non ci convince: è solo un’ulteriore scusa per risparmiare – prosegue Marioli – Vogliamo ribadire che non basta riempire gli articoli dei media di belle parole, ma bisogna dimostrare l’attenzione ai colleghi con fatti concreti. Noi riteniamo che le persone debbano essere sempre al centro. Per questa banca è così o sono solo una matricola e un costo da tagliare? Ad oggi, sulle assunzioni l’azienda è sicuramente inadempiente: ci sono dei tempi e dei numeri da rispettare. Se così non fosse, dal 1 gennaio ci sentiremo liberi di qualsiasi azione non escludendo quelle legali”.
Alla difficile situazione degli organici si aggiunge la perigliosa tematica degli UTP: gli “Unlikely To Pay”, ossia inadempienze probabili, che il Gruppo intende smaltire attraverso il probabile utilizzo di services esterni.
È questo uno dei potenziali strumenti utilizzabili, che presenta, però, il rischio di recidere il rapporto banca-cliente, disperdendo valore specie laddove è ancora elevato il contenuto industriale.
Le intenzioni del Gruppo sono state espresse da Mattia Mastroianni, responsabile gestione NPE (Non Performing Exposures), in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Reuters.
Ricordiamo che stiamo parlando di semplici crediti deteriorati, potenzialmente ancora recuperabili, ben diversi dagli NPL.
La cessione non meglio definita di un portafoglio si inserisce nella già citata politica di cessioni e chiusure di filiali che poco a poco sta depauperando il Gruppo. In questo caso, oltre ai rischi per il futuro occupazionale dei lavoratori potenzialmente coinvolti, si aggiungono anche i rischi economico-sociali, potenzialmente devastanti, che una scelta del genere potrebbe provocare sui territori dove Banco BPM opera. La banca stessa afferma di non ignorare tale rischio, ma condividerlo e non escludere a priori alcuna opzione, aggrava ancora di più la portata di queste dichiarazioni.
È evidente come questa scelta industriale andrebbe ad incidere sulle economie locali: un’ impostazione, quella di Banco BPM,totalmente inconciliabile con la vocazione di banca del territorio che ha segnato la nascita di questo gruppo.
Milano, 22 novembre 2019