«INACCETTABILI 6.000 ESUBERI E LA CHIUSURA DI 450 FILIALI»
La posizione e i paletti della Fabi al piano industriale del gruppo di piazza Gae Aulenti, esposti dal coordinatore in UniCredit Stefano Cefaloni, in un’intervista a MF-Milano Finanza
Dopo l’avvio del confronto sul piano industriale e i tagli al personale dichiarati da UniCredit - il 75% dei quali riguarderebbe proprio il nostro Paese - la Fabi è pronta ad alzare le barricate. Lo fa sapere tramite il suo coordinatore in UniCredit, Stefano Cefaloni, che in un’ampia intervista a MF-Milano Finanza espone la posizione del sindacato sul futuro del gruppo bancario. A cominciare proprio da una ferma opposizione ai tagli previsti: «Daremo battaglia a difesa dell’occupazione, i 6.000 esuberi così come la chiusura di 450 filiali sono inaccettabili».
La scelta di Unicredit appare, dati alla mano, quantomeno incomprensibile: secondo Cefaloni, il gruppo non ha problemi di costi (il precedente piano industriale ha già contato 14.000 uscite su base volontaria) e l’Italia è il secondo perimetro in cui UniCredit raccoglie i migliori risultati, superiori a quelli di Germania e Austria. Un target di assoluta eccellenza nel panorama bancario europeo. Perché, allora, far pagare un prezzo così alto al nostro Paese?
Il dubbio sollevato dal coordinatore Fabi è che si voglia favorire una politica di cessioni e dismissioni di valore, per poi remunerare gli azionisti, a danno dell’occupazione. Ma una politica aziendale di soli tagli è inaccettabile per un sindacato: «Per noi si dovrà assolutamente procedere all’assunzione di almeno 1 giovane ogni 2 uscite su base volontaria», dichiara Cefaloni. Gli strumenti ci sono: il Fondo di Solidarietà per accompagnare i lavoratori verso la pensione ed il Fondo per la buona e nuova Occupazione. Obiettivo della Fabi è che UniCredit si concentri sullo sviluppo dei ricavi. Per riuscirci, è fondamentale puntare sulla riconversione e riqualificazione professionale, rafforzare l’attività di ricerca di nuovo credito e lo sviluppo di nuova tecnologia. Il fintech non può costituire un alibi per le banche per tagliare il personale: deve rappresentare invece «un’opportunità che valorizzi il capitale umano», sottolinea Cefaloni. Che ricorda, a tal proposito, l’importanza della costituzione di una cabina di regia sulla digitalizzazione, fortemente voluta dalla Fabi nella recente trattativa sul rinnovo del contratto nazionale.
Roma, 6 marzo 2020