TURATELLO: «SMART WORKING DA REGOLARE, PIÙ TUTELE PENALI PER I QUADRI DIRETTIVI»

Il responsabile del dipartimento Quadri direttivi Fabi, Mauro Turatello, intervistato da MF-Milano Finanza, mette in fila criticità e nodi di un’ampia categoria di lavoratori bancari che «in alcune banche arriva al 50% dei dipendenti».

TURATELLO: «SMART WORKING DA REGOLARE, PIÙ TUTELE PENALI PER I QUADRI DIRETTIVI»

La prestazione in relazione all’orario di lavoro, l’autogestione della performance lavorativa non rispettata e la necessità di regolamentare lo smart working. Poi, i demansionamenti e la conseguente perdita di professionalità acquisita negli anni. E, ancora, la protezione da eventuali responsabilità penali, come i pericoli relativi alle erogazioni dei finanziamenti garantiti dallo stato.

Questi i temi affrontati da Mauro Turatello, responsabile nazionale quadri direttivi della Fabi, intervistato dal quotidiano economico-finanziario di Class Editori.

«Da molto tempo chiediamo che venga regolamentata la prestazione lavorativa in rapporto all’orario di lavoro: le aziende, con promesse di futura crescita professionale – spesso disattese – penalizzano i lavoratori, chiedendo prestazioni lavorative ben oltre il normale orario, ed in alcuni casi anche al sabato» lamenta Turatello.

Nonostante l’autogestione della prestazione lavorativa sia regolamentata dal Contratto nazionale di lavoro, pare siano pochi gli istituti di credito che rispettano la norma prevista: e un eccessivo controllo da parte dell’azienda non è, per sua natura, compatibile con la caratteristica principale della categoria dei quadri direttivi.

Tempi difficili per la categoria: la crisi degli scorsi anni ha fatto finire i quadri direttivi nel mirino delle banche che avevano il solo obiettivo di abbattere i costi. «I colleghi sono arretrati sia sul piano economico sia su quello professionale – denuncia il responsabile Fabi – buttando all’aria carriere conquistate sul campo, con anni di sacrifici ed esperienze acquisite».

Poi, l’impatto con le filiali online, che ha penalizzato ulteriormente i lavoratori: molti quadri direttivi sono stati infatti costretti a riciclarsi come operatori di call center, rinunciando alla propria professionalità e accettando palesi demansionamenti.

La criticità più recente è sorta in seguito al dopo-Covid, con il decreto liquidità che ha puntato i riflettori sulle responsabilità penali dei bancari. Da qui, la necessità di protezioni legali, indispensabili a chi lavora in prima linea: «A seguito di ordini arrivati dai vertici bancari, i colleghi si ritrovano ad essere l’unica barriera nei confronti della clientela esasperata» racconta Turatello. «Quotidianamente, vengono colpiti da procedimenti penali per aver agito nel vincolo di subordinazione che li lega alla propria azienda».

Con il lockdown legato alla pandemia è anche notevolmente cresciuto lo smart working, un argomento che necessita una immediata regolamentazione con accordi sindacali: «Molti colleghi, presi dall’entusiasmo di lavorare in un ambiente protetto e familiare, concedono la propria prestazione senza vincoli di orario», dichiara il responsabile Fabi. In palese contrasto, quindi, con il rispetto del diritto alla disconnessione, introdotto con il contratto nazionale rinnovato lo scorso 19 dicembre.

Milano, 26 giugno 2020

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