Mf Milano Finanza del 15 settembre 2020
Sileoni (Fabi): in Italia aggregazioni limitate dopo Intesa-Ubi
di Alessandro Carollo
«Dopo Intesa e Ubi, la partita più impor- tante si giocherà a Siena. Per Mps ci sono le opzioni Unicredit e Banco Bpm, ma per noi può rimanere pubblica», dice il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni. «Abbiamo gestito bene il lockdown e tutelato le lavoratrici e i lavoratori. La Fabi non si è mai fermata», aggiunge. Domani a Roma si riunisce il comitato direttivo centrale della Federazione. Sileoni indica poi gli obiettivi della Fabi: «Salvaguardia dell’occupazione, assunzioni di giovani, rinnovo della classe dirigente, dove possa prevalere il merito in un modello di banca condiviso
con lavoratori e sindacati».
Domanda. Dopo quella fra Intesa e Ubi ci saranno altre operazioni nel settore?
Risposta. La partita più importante si giocherà a Siena: Mps ha più di 20.000 dipen- denti e 1.400 sportelli e gestisce circa il 5% della raccolta bancaria italiana avendo il 5-6% degli impieghi. Ma il campionato è lungo e il calendario è fitto di appuntamenti: Popolare di Bari e la conseguente Banca del Sud, la tenuta dei gruppi di credito coopera- tivo trasformatisi in spa, le piccole e medie banche, mai interessate da piani industriali, che dovranno fare i conti con il mercato. Non mancherà il nostro impegno a tutela di lavoratrici e lavoratori.
D. Ci sono banche interessate a Mps?
R. Unicredit e Banco Bpm potrebbero, a mio avviso, essere interessate, a condizione che il governo si assuma il costo totale degli eventuali esuberi. La condizione per agire è questa; prendere o lasciare. Il ministero dell’Economia, che ha il 68% di Mps, ha alla guida un dg, Alessandro Rivera, preparato, riservato e serio. E credo che si adopererà per trovare un partner alla banca.
D. Tra le varie ipotesi per Mps, c’è sempre quella dello spezzatino.
R. Il ministro Gualtieri è stato chiaro: nessuno spezzatino interesserà la banca. Ne consegue che, in assenza degli importanti interventi finanziari richiesti sottovoce da Unicredit e Banco Bpm al governo, la banca avrà una sola possibilità: rimanere pubblica. E questa eventualità non ci dispiace affatto. Lo ribadiamo per l’ennesima volta: non accetteremo licenziamenti e bloccheremo il settore solo se ne sentiremo parlare. Gli eventuali esuberi dovranno essere gestiti solo su base volontaria. Un eventuale intervento economico del governo per finanziare gli esuberi lo vedo abbastanza improbabile. Mi auguro però che alcune componenti del governo facciano cadere le loro pregiudiziali.
D. Come giudica l’opas di Intesa e Ubi da
poco conclusa?
R. Ho seguito l’operazione minuto per minuto. Conosco anche le vicende più impensabili, i colpi bassi dati e quelli ricevuti, i costi dell’intera vicenda. Tengo tutto per me. Ma a differenza di altri addetti ai lavori, compresi i banchieri, non sono rimasto sorpreso. I segnali da parte della Bce erano evidenti e ho sempre avuto le antenne dritte per cercare di intercettare quello che c’è nell’aria. Non mi sbagliavo.
D. Non dica però che non l’ha stupita nulla in questa delicatissima partita.
R. Le risponderò sinceramente: sono rimasto colpito da cinque aspetti. Primo: nessuno fra i banchieri italiani ha mai messo in conto un’operazione non concordata; questa è stata la vera novità. Secondo: un’operazione del genere, preparata da mesi, per la prima volta ha evidenziato la massima riservatezza degli attori che hanno lanciato l’offerta. Terzo: nessuno fra quanti sono venuti a conoscenza dell’offerta ha avuto interesse a riferirla ai vertici di Ubi e sono rimasto sorpreso che gli stessi vertici non abbiano avuto sentore di quello che stava per accadere. Quarto: l’ipocrisia di certi personaggi che nelle loro dichiarazioni parlavano di difesa del territorio e dei lavoratori come se mai gli fosse fregato qualcosa. Mi riferisco ad alcuni esponenti delle fondazioni e ad alcuni imprenditori locali. Quinto: i guardiani del tempio, o se preferite i cani da guardia, durante e non alla conclusione dell’opas sono stati i primi a cercare protezione e complicità in Intesa per tentare di salvare le loro poltrone; un vero esempio di opportunismo e sfacciata ipocrisia.
D. A voi cosa interessa sul piano sindacale?
R. Quello che ci interessa sono le parole dell’amministratore delegato di Intesa: che farà 2.500 assunzioni di giovani a fronte di 5 mila fuoriuscite solo su base volontaria; che costituirà a Bergamo e Brescia, Pavia e Bari quattro direzioni generali per tutelare i territori; che non verrà meno il sostegno economico a imprese e famiglie; che ci sarà una crescita professionale per le lavoratrici e per i lavoratori di Ubi che confluiranno in Intesa e Bper, e su questo impegneremo anche l’ad Alessandro Vandelli. Questa è la cornice, poi ci saranno le trattative fra sindacati e gruppi bancari a completare l’opera.
D. Oggi al posto di Victor Massiah c’è Gaetano Micciché: che cosa si aspetta dal nuovo amministratore delegato di Ubi?
R. Non mi aspetto nulla, ma se non sbaglio Intesa chiede entro april una piena integrazione tra i due gruppi, senza dilatazioni. Micciché non lo conosco, ma a me piacciono i personaggi che non hanno la puzza sotto il naso, che non sono pieni di boria e non si considerano i più furbi del reame. Controlleremo e vigileremo.
D. Lo smart working è stato fondamentale in banca durante il lockdown. E adesso?
R. Dentro le banche convivono due componenti. Una predilige il contatto di lavoratrici e lavoratori con la clientela, considerandolo un punto di forza. L’altra invece spinge per una digitalizzazione spregiudicata e vorrebbe lasciare tutti i dipendenti in smart working in via strutturale. Noi vogliamo la volontarietà: il periodo che stiamo vivendo è legato all’emergenza, ma poi, superato il Covid, varrà la norma del contratto nazionale.
D. Come è stato affrontata l’emergenza Covid dai lavoratori?
R. Abbiamo raggiunto accordi importanti con Abi che tutelano al meglio la categoria, partendo dal presupposto che il nostro settore – secondo la legge – svolge un servizio pubblico essenziale. Le agenzie bancarie sono rimaste sempre aperte, assicurando la massima protezione a dipendenti e clienti. Per noi, la salute dei lavoratori non ammette deroghe e, se necessario, chiederemo all’Abi dei correttivi.
D. L’emergenza è finita anche per voi: la Fabi è ripartita?
R. In realtà non ci siamo mai fermati. Domani a Roma è convocato il comitato direttivo centrale: la riunione sarà gestita in massima sicurezza. Il lavoro della segreteria nazionale Fabi e dei coordinamenti di gruppo della Federazione non si è mai bloccato. Io per primo non ho staccato mai la spina. Gli obiettivi della Fabi: salvaguardia dell’occupazione, assunzioni di giovani, rinnovo della classe dirigente dove possa prevalere il merito in un modello di banca condiviso con lavoratori e sindacati, dando conseguentemente stabilità al settore. Come d’altronde chiede la Bce.
D. Cosa prevede per il settore bancario italiano in termini di aggregazioni?
R. Ci saranno aggregazioni domestiche limitate, perché il più è stato fatto con Intesa e Ubi. Poi ci saranno incorporazioni a livello europeo per quei gruppi bancari che hanno abbondanza di capitale, tipo Unicredit. Saranno decisioni inevitabili per competere con i grandi gruppi europei e per non essere costretti a subire il prossimo futuro.